Cuba Notizie Cuba (gennaio 2019)

 

Un paese libero, indipendente e padrone del suo destino

Discorso pronunciato dal Generale d’Esercito Raúl Castro Ruz, Primo Segretario del Comitato Centrale del Partito Comunista di Cuba, a  Santiago di Cuba, il 1º gennaio 2019,  «Anno 61º della Rivoluzione».

Santiaghere e santiagheri;

Compatrioti di tutta  Cuba:

Oggi ci riuniamo per celebrare il 60º anniversario del trionfo rivoluzionario, e lo facciamo nuovamente a Santiago di Cuba, culla della Rivoluzione, nel cimitero di Santa Ifigenia, dove si onorano i resti immortali di molti dei migliori figli della nazione, vicino alle tombe dell’Eroe Nazionale, del Padre e della Madre della Patria e del Comandante in Capo della Rivoluzione Cubana.

Non vengo qui a parlare a titolo personale, lo faccio in nome degli eroici sacrifici del nostro popolo e delle migliaia di combattenti che hanno offerto la loro vita in più di 150 anni di lotta.

Sembra incredibile che il destino ci abbia riservato il privilegio di poterci dirigere ai nostri compatrioti in un giorno come oggi, per commemorare sei decenni dal trionfo, occasione in cui con la guida di Fidel per la prima volta il popolo cubano conquistò il potere politico e i mambí entrarono vittoriosi a Santiago di Cuba, in coincidenza con il 60º anno in cui si era instaurato il dominio assoluto dell’imperialismo nordamericano su  Cuba.

Pochi mesi fa ci siamo riuniti a La Demajagua per ricordare il 150º anniversario dell’inizio delle guerre per l’indipendenza di Cuba, il 10 ottobre del 1868, data che segna l’inizio della nostra Rivoluzione, che sopravvisse a momenti d’amarezza e divisione, come il Patto del Zanjón, e a episodi luminosi come quello che vide protagonista Antonio Maceo nella Protesta di Baraguá.

La Rivoluzione visse nuovamente nel 1895, grazie al genio e alla capacità di Martí di unire i migliori e più esperti capi della guerra dei 10 anni  preparare la «guerra necessaria» contro il colonialismo spagnolo. Quando l’esercito coloniale era già praticamente sconfitto, con una scarsa volontà combattiva, circondato dai mambí in quasi tutta l’Isola, decimato dalle malattie tropicali che solamente nel 1897, per fare un esempio, provocarono 201.000 perdite tra i militari, la vittoria fu usurpata con l’intervento  nordamericano e l’occupazione militare del paese, che permisero l’inizio di un lungo periodo d’oppressione da parte di governi corrotti e asserviti ai loro disegni egemonici.

La fiamma redentrice del popolo cubano non si spense nemmeno in quelle difficili circostanze e questo fu evidenziato da figure della grandezza di Baliño, Mella, Villena, Guiteras e Jesús Menéndez, tra i tanti che non si rassegnarono a vivere sottoposti all’affronto e all’obbrobrio.

Nemmeno la Generazione del Centenario, che con la guida di Fidel assaltò le caserme Moncada e Carlos Manuel de Céspedes il 26 di Luglio del 1953, era disposta a tollerare, a 100 anni dalla nascita  di Martí, i crimini e gli abusi di una tirannia sanguinosa totalmente subordinata agli interessi degli Stati Uniti. Sopravvennero allora momenti di profondo dolore e tristezza dopo la sconfitta e l’assassinio di molti dei combattenti rivoluzionari che avevano partecipato a quelle azioni, denunciati con valore da Fidel nel suo storico discorso “La storia mi assolverà”,  che divenne il programma della Rivoluzione.

A pochi metri da qui giacciono i resti dei morti di quel 26 di Luglio e di altri martiri delle gesta dell’insurrezione, che includono anche coraggiosi giovani santiagheri della lotta clandestina, e i figli di questa città che morirono nelle gloriose missioni internazionaliste. Nei duri anni di prigionia e di vessazioni non si persero il fervore e l’impegno d’iniziare nuovamente la lotta e crebbero il prestigio e l’autorità dei leader rivoluzionari che si aggiunsero alle forze contro la dittatura. L’esilio in Messico non conobbe riposo e servì per preparare il decisivo combattimento che ci portò con il Granma a las Coloradas il 2 dicembre 1956. Il ritardo dovuto alla difficile navigazione non permise l'appuntamento con il Sollevamento di Santiago di Cuba, il 30 novembre, organizzato dall’audace e valoroso Frank País García, dirigente del Movimento 26 Luglio che non aveva ancora compiuto 22 anni quando fu brutalmente assassinato dagli sbirri della tirannia, il 30 luglio  del 1957.

Nemmeno il disastro di Alegría de Pío, che quasi  annichilì  i Ribelli, riuscì ad estinguere l’ottimismo e la fede di Fidel nella vittoria, che lo portò ad esclamare il 18 dicembre, quando ci incontrammo nuovamente con appena sette fucili «Adesso sì che vinciamo la guerra!».

Da  Santiago di Cuba, come risultato degli infaticabili sforzi del movimento clandestino  diretto da Frank País, ricevemmo nella Sierra Maestra il primo rinforzo di giovani  combattenti, armi e munizioni, che significò un apporto fondamen6tale alla capacità combattiva del nascente Esercito Ribelle.

Trascorsero mesi d’incessanti combattimenti prima nella Sierra Maestra, e poi la lotta si estese ad altre regioni con l’apertura di nuovi fronti e colonne e con la sconfitta della grande offensiva delle truppe di Batista contro il Primo Fronte guidato da Fidel, che segnò l’inizio della controffensiva strategica e la svolta radicale della guerra che condusse alla caduta del regime e alla presa  del potere della Rivoluzione.

Già l’8 gennaio del 1959, al suo arrivo a L’Avana, il Capo della Rivoluzione disse: «La tirannia è caduta, l’allegria è immensa e senza dubbio ci resta molto da fare tuttavia. Non inganniamoci credendo che d’ora in avanti tutto sarà facile. Forse d’ora in avanti, tutto diventerà più difficile».

Le premonizioni espresse da Fidel non tardarono a farsi realtà. Iniziava una fase di lotte che scosse le basi della società cubana. Il 17  maggio, ad appena quattro mesi e mezzo dal Trionfo, nel Quartier Generale de la Plata, nel cuore della Sierra Maestra, si promulgò la prima Legge di Riforma Agraria, come indicava il Programma della Moncada, che danneggiò i poderosi interessi economici dei monopoli nordamericani e della borghesia cubana, che raddoppiarono le cospirazioni contro il processo rivoluzionario.

La nascente Rivoluzione si vide sottoposta ad ogni genere di aggressioni e minacce, con le azioni delle bande armate finanziate dal Governo nordamericano, i piani degli attentati contro Fidel e altri dirigenti; l’assassinio di giovani alfabetizzatori, molti ancora adolescenti, il sabotaggio e il terrorismo in tutto il paese con il terribile saldo di 3478 morti e 2099 invalidi; il blocco economico, commerciale e finanziario e altre azioni politiche e diplomatiche con il fine d’isolarci; le campagne di menzogne per denigrare la Rivoluzione e i suoi leader, l’invasione mercenaria di Playa Girón nell’aprile del 1961; la Crisi d’Ottobre nel 1962, quando negli Stati Uniti si preparò l’invasione militare a Cuba. Una lista interminabile di fatti ostili contro la nostra Patria.

Nessuno può negare che quella Rivoluzione, che nasceva quel Primo Gennaio, in 60 anni non ha mai avuto un  minuto di pace; sono già 12 le amministrazioni nordamericane che non hanno mai smesso di forzare il cambio di regime a Cuba, utilizzando una o un’altra via con maggiore o minore aggressività. Il popolo eroico di ieri e di oggi, orgoglioso della sua storia e della sua cultura nazionale, impegnato con gli ideali e l’opera della Rivoluzione che somma già quattro generazioni di cubani, ha saputo resistere e vincere nei sei decenni d’ininterrotta lotta in difesa del socialismo, sempre stretto e unito attorno al Partito e a Fidel.

Solo così si può comprendere l’impegno a resistere nei duri anni del Periodo Speciale, quando restammo soli, a 90 miglia dagli Stati Uniti. Allora, nessuno al mondo avrebbe scommesso un centesimo sulla sopravvivenza della Rivoluzione. Senza dubbio, abbiamo sopportato e vinto la sfida senza violare nemmeno uno dei principi etici del processo rivoluzionario, meritando l’inestimabile appoggio dei movimenti di solidarietà che non hanno mai smesso di credere in noi. Ora il Governo nordamericano sembra riprendere la rotta della contrapposizione a Cuba e presentando il nostro paese, pacifico e solidale, come una minaccia per la regione, rifacendosi alla oscura Dottrina Monroe per far rivivere quell’epoca vergognosa in cui i governi sottoposti a dittature militari si aggregarono alla politica di isolamento contro Cuba.

Altri funzionari dell’attuale amministrazione, con la complicità di alcuni lacchè, diffondono nuove falsità e di nuovo cercano di incolpare Cuba di tutti i problemi della regione, come se questi non fossero conseguenza delle spietate politiche neoliberali che provocano povertà, fame, disuguaglianza, crimine organizzato, narcotraffico, corruzione politica, abuso e privazione dei diritti ai lavoratori e ai profughi, sfratto dei contadini, repressione degli studenti e precarie condizioni di salute, educazione e casa per la grande maggioranza.

Sono gli stessi che vogliono continuare a forzare la degenerazione delle relazioni e promuovono nuove misure di blocco economico, commerciale e finanziario per contrastare lo sviluppo dell’economia nazionale, provocare limiti addizionali al consumo  e al benessere del popolo, ostacolare sempre più il commercio estero e frenare il flusso dell’investimento straniero.  

Dicono d’essere disposti a sfidare il Diritto Internazionale, contravvenire le regole del commercio e delle relazioni economiche internazionali e applicare più aggressivamente misure e leggi di carattere extraterritoriale contro la sovranità degli altri Stati.

Rinnovo la nostra disposizione a convivere civilmente, nonostante le differenze, in relazione di pace, rispetto e beneficio mutuo con gli Stati Uniti. Abbiamo anche affermato molto chiaramente che siamo preparati a resistere a una situazione di conflitto che non desideriamo, e speriamo che scelte più equilibrate del Governo nordamericano possano evitarlo.

Nuovamente si accusa Cuba, ma è ampiamente dimostrato che il debito estero, i flussi migratori senza controllo e il saccheggio delle risorse naturali sono il risultato del dominio delle multinazionali sul continente. La forza della verità ha sbaragliato le menzogne e la storia ha collocato i fatti e i protagonisti al loro posto. La responsabilità della Rivoluzione Cubana e di questo eroico popolo consiste nell'esempio della piena indipendenza, della resistenza vittoriosa, della giustizia sociale, dell'altruismo e dell'internazionalismo.

Come parte di Nuestra América, il rispetto e la solidarietà nei confronti dei paesi fraterni è stata e sarà irriducibile; più di 347.000 medici e lavoratori della salute cubani hanno lavorato in molti luoghi isolati e difficili, e qui hanno studiato più di 27.200 giovani.

Poche settimane fa, migliaia di medici cubani che hanno prestato servizio in Brasile sono stati calunniati e respinti dal nuovo presidente con il proposito di distruggere il programma sociale e obbedendo agli orientamenti della destra reazionaria della Florida che condiziona la politica degli Stati Uniti verso Cuba. Sono tornati con dignità, con la riconoscenza e l’affetto di milioni di pazienti, soprattutto delle zone rurali e della popolazione indigena.

A 60 anni dal Trionfo, possiamo affermare che non ci spaventano e non ci intimidiscono né il linguaggio della forza né le minacce, che già non ci intimorirono quando il processo rivoluzionario non era ancora consolidato. E non ci riusciranno nemmeno ora che l’unità del popolo si è fatta indistruttibile realtà.

Lo scorso 26 di Luglio, qui a  Santiago, avevo spiegato che si era nuovamente formato uno scenario avverso, una nuova euforia dei nemici montava nell'ansia di realizzare il sogno di distruggere l’esempio di Cuba. Così avevo anche espresso la convinzione che si stesse stringendo l’assedio attorno al Venezuela, al Nicaragua e al nostro paese, e i fatti hanno  purtroppo confermato questa previsione.

Dopo quasi un decennio, i circoli del potere di Washington hanno messo in atto metodi di guerra non convenzionale per rompere la continuità o frenare il ritorno dei governi progressisti, hanno patrocinato colpi di Stat0, prima uno militare per far cadere in Honduras il presidente Zelaya e poi colpi parlamentari e giudiziari contro Lugo in Paraguay e Dilma Rousseff in Brasile. Hanno promosso processi giudiziari politici e manipolati, campagne di manipolazione e discredito contro dirigenti e organizzazioni progressisti facendo uso del controllo del monopolio dei mezzi di informazione di massa. Così sono riusciti a incarcerare Lula da Silva e lo hanno privato del diritto di candidarsi alle elezioni presidenziali del Partito dei Lavoratori, per evitare la sua sicura vittoria.

Approfitto dell’occasione per fare un richiamo a tutte  le forze politiche oneste del pianeta  perché reclamino la sua liberazione, perché smettano gli attacchi e la persecuzione giudiziaria contro le ex presidenti Dilma Rousseff e Cristina Fernández de Kirchner. Coloro che s’illudono di restaurare il dominio imperialista nella nostra regione dovrebbero comprendere che l’America Latina e i Caraibi sono cambiati, e anche il mondo. Noi  continueremo a contribuire attivamente ai processi  di consenso e integrazione nella regione basati sul concetto dell’unità nella diversità.

Abbiamo contribuito al processo di pace in Colombia su richiesta del suo Governo, delle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia e dell’Esercito di Liberazione Nazionale, e continueremo a farlo nonostante i rischi e le difficoltà. L’autorità politica e morale di Cuba si è cementata nella storia, nessuna minaccia ci farà desistere dalla nostra solidarietà con la

Repubblica Bolivariana del Venezuela. Le azioni aggressive contro questa nazione fraterna devono finire.

Come avevamo previsto, le ripetute accuse al Venezuela di costituire minaccia alla sicurezza nazionale degli Stati Uniti, gli aperti richiami al colpo militare contro il suo governo costituzionale, le esercitazioni militari in prossimità delle frontiere venezuelane così come le tensioni e gli incidenti nella zona, possono solo sfociare nella instabilità e in conseguenze imprevedibili. La regione somiglia a una grande prateria in tempo di siccità: una scintilla può innescare un incendio incontrollabile che danneggerebbe gli interessi nazionali di tutti.

Alla stessa stregua è pericoloso e inaccettabile che il Governo degli Stati Uniti stabilisca sanzioni unilateralmente, e proclami anche la Repubblica del Nicaragua una minaccia per la sua sicurezza nazionale. Respingiamo i tentativi della OSA (Organizzazione degli Stati Americani) di immischiarsi nei temi di questa fraterna nazione. Di fronte alla Dottrina Monroe dovremo applicare e difendere, per il bene di tutti, i principi del Proclama dell’America Latina e dei Caraibi come Zona di Pace, firmato all’Avana dai capi di Stato e di Governo e che ora alcuni alleati degli Stati Uniti pretendono di ignorare.

Il più forte insegnamento che come rivoluzionari e movimenti progressisti possiamo ricavare dalla situazione che si è delineata, è di non trascurare mai l'importanza dell’unità del popolo e di non indietreggiare nella lotta in difesa degli interessi degli oppressi, per quanto difficili siano le circostanze.

Per noi, seppur nella complessa congiuntura internazionale, restano di grande attualità le parole del leader storico della Rivoluzione cubana quando, presentando il documento del Partito nel Primo Congresso del 1975, disse: «Finché esisterà l’imperialismo, il Partito, lo Stato e il popolo presteranno la massima attenzione ai servizi della difesa. La guardia rivoluzionaria non verrà mai sottovalutata: la storia insegna con perfino troppa eloquenza che chi dimentica questo principio non sopravvive all’errore».

Continueremo a dare priorità ai compiti di preparazione per la difesa a tutti i livelli, nell’interesse della salvaguardia dell’indipendenza e dell’integrità territoriale, della sovranità  e della pace, a partire dal concetto strategico della Guerra di Tutto il Popolo, come si legge nella Costituzione della Repubblica recentemente approvata.

È nostro dovere prepararci meticolosamente ad ogni scenario compresi i peggiori, e non solo sul piano militare, in modo da non lasciare spazio all’improvvisazione che colpisce chi ha scarsa volontà d'azione, con l’ottimismo e la fiducia nella vittoria che ci ha insegnato Fidel.

Un impegno che dovremo affrontare nell’anno che comincia oggi è la situazione dell’economia, colpita dalle tensioni delle finanze esterne per via dei danni alle entrate delle esportazioni e dell’inasprimento del blocco nordamericano e dei suoi effetti extraterritoriali.

Come ha detto il nostro Ministro di Economia e Pianificazione, nell’ultimo periodo di sessioni dell’Assemblea Nazionale, il costo del blocco per Cuba, calcolato con il metodo internazionalmente riconosciuto, ha toccato l’anno scorso i 4321 milioni di dollari, cioè circa 12 milioni al giorno, un dato formulato dagli analisti che abitualmente calcolano il volume dell’economia nazionale.

Indipendentemente dal blocco e dal suo inasprimento, noi cubani abbiamo enormi riserve da sfruttare senza incrementare il debito estero. Per questo è necessario prima di tutto ridurre le spese non necessarie e incrementare e differenziare le esportazioni, elevare l’efficienza degli investimenti stranieri che, come si può leggere nei documenti del Partito, non è un complemento, ma un elemento fondamentale dello sviluppo.

In questo stesso scenario, nell’Assemblea Nazionale del 22 dicembre, il Presidente dei  Consigli di Stato e dei Ministri, il compagno Miguel Díaz-Canel, ha riassunto il bilancio dello Stato del 2018 e il piano previsto per il 2019, e ha sottolineato che la battaglia economica continua ad essere l’impegno più importante e complesso, perché è la maggiore speranza per  il nostro popolo.

Con questo proposito ha precisato che è necessario un atteggiamento più produttivo, intelligente e concreto dei dirigenti, incoraggiando soluzioni solide ai problemi attraverso la ricerca continua di risposte efficienti. Alla stessa stregua ha richiamato alla coerenza con il Modello Economico e Sociale e con le Linee della Politica Economica e Sociale del Partito e della Rivoluzione.

È opportuno dire che la direzione del Partito Comunista di Cuba sostiene con convinzione le affermazioni e le azioni del compagno Díaz-Canel alla guida dello Stato e del Governo da quando ha assunto l’incarico, compreso il suo metodo di lavoro; l'impegno con i collettivi e lo scambio diretto con la popolazione; la promozione della rendicontazione dei dirigenti attraverso i media e le reti sociali, così come il controllo sistematico dei principali programmi di sviluppo e l'incoraggiamento di uno stile di conduzione collettiva degli organi statali e di governo.

Senza voler affrettare analisi e conclusioni, posso affermare che il processo di trasferimento delle responsabilità alle nuove generazioni procede bene, anzi molto bene, senza esitazioni, e siamo sicuri che continueremo così. Noi che più di 65 anni fa avemmo il privilegio di combattere con Fidel dalla Moncada al Granma, dall’Esercito Ribelle alla lotta clandestina, a Girón, al contrasto delle bande controrivoluzionarie e alle missioni internazionaliste, oggi ci sentiamo insieme all’eroico popolo cubano profondamente soddisfatti, felici e fiduciosi delle nuove generazioni che assumono la missione di dare continuità alla costruzione del socialismo, unica garanzia dell’indipendenza e della sovranità nazionale.

Sono passati 60 anni dal 1° gennaio 1959, ma senza dubbio la Rivoluzione non è invecchiata, è sempre giovane, e non è retorica, è un fatto storico, perché fin dal primo momento protagonisti furono i giovani, ed è sempre stato così lungo questi primi sei decenni.

Il processo rivoluzionario non è legato alla vita biologica di coloro che l’hanno avviato, ma alla volontà e all’impegno dei giovani che ne assicurano la continuità. Le nuove generazioni hanno il dovere di garantire che la Rivoluzione cubana sia sempre una Rivoluzione di giovani, e nello stesso tempo una Rivoluzione Socialista degli umili, per gli umili e con gli umili.

In questa data significativa non può mancare il giusto omaggio alla donna cubana, da Mariana ad oggi, sempre presente nelle nostre lotte per l’emancipazione della Patria e nella costruzione della società che oggi edifichiamo.

 

Compagne e  compagni:

La Seconda  Sessione Ordinaria dell’attuale legislatura dell’Assemblea Nazionale del Potere Popolare ha approvato la nuova Costituzione della Repubblica che sarà sottoposta a referendum il prossimo 24 febbraio.

Precedentemente, per quasi tre mesi, è stato realizzato un vasto processo di consultazione popolare nel quale i cittadini hanno espresso liberamene le loro opinioni sul contenuto del Progetto, apportando modifiche al 60% degli articoli, dando così la più chiara evidenza del carattere profondamente democrático della Rivoluzione, in cui le principali decisioni che definiscono la vita della nazione si elaborano con l’apporto di tutti i cubani.

I nostri media hanno offerto una dettagliata copertura al processo e questo mi libera dalla necessità di scendere nei dettagli del progetto.

Tra pochi giorni si distribuirà un tabloid con il testo definitivo della nuova Costituzione. Sono sicuro che ancora una volta il nostro nobile e indomito popolo saprà dimostrare nelle urne il sostegno alla sua Rivoluzione e al Socialismo con la ratifica della Costituzione nell’anno in cui commemoriamo il 150º anniversario della prima Carta Magna approvata a Guáimaro dai precursori della guerra per l’indipendenza.

Dopo 60 anni di lotte, sacrifici, sforzi e vittorie, siamo fieri di vivere in un paese libero, indipendente e padrone del suo destino. Immaginando il domani, l’opera fin qui realizzata ci permette di credere in un avvenire degno e prospero per la Patria.

Grazie all’eroica storia di lotta dei cubani, in nome del nostro popolo, con totale ottimismo e fiducia nel futuro, posso esclamare «Viva per sempre la Rivoluzione cubana!».

Molte grazie.

 

Versione stenografica del Consiglio di Stato. Traduzione di Gioia Minuti.

 

 


 

 

Cuba respinge energicamente la minaccia di attivazione del Titolo III della

Legge Helms Burton

Dichiarazione del Ministero delle Relazioni Estere:

Il 16 gennaio 2019, il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha annunciato la decisione di sospendere, solo per 45 giorni, l’applicazione del Titolo III della legge Helms-Burton “per realizzare un’accurata revisione alla luce degli interessi nazionali degli Stati Uniti e degli sforzi per accelerare una transizione verso la democrazia in Cuba e includere elementi come la brutale oppressione del regime contro i diritti umani e le libertà fondamentali e l’appoggio imperdonabile ai regimi sempre più autoritari e corrotti del Venezuela e del Nicaragua”.

Il governo del Presidente Donald Trump lancia questa nuova minaccia, la quale rafforzerebbe pericolosamente il blocco contro Cuba, violerebbe in flagranza il Diritto Internazionale, attaccherebbe direttamente la sovranità e gli interessi dei paesi terzi.

Cuba respinge questa minaccia in modo energico, fermo e categorico, considerandola azione ostile d’estrema arroganza e irresponsabilità, e condanna inoltre il linguaggio irrispettoso e calunniatore del Dipartimento di Stato.

La Legge Helms-Burton, entrata in vigore nel 1996, fu concepita per inasprire la politica di blocco economico, commerciale e finanziario imposta ufficialmente a partire dal 1962 con  l’obiettivo di sovvertire e far cadere il governo di Cuba e imporre un regime gradito al Governo degli Stati Uniti. Si caratterizza per la sua portata extraterritoriale, per le violazioni delle norme e dei principi del Diritto Internazionale, perché contravviene alle regole del commercio e delle relazioni economiche internazionali e perché lede la sovranità di altri

Stati, soprattutto per le disposizioni contro le compagnie e le persone.

È stata respinta dalla comunità internazionale in sede di Nazioni Unite e in altri organismi internazionali e regionali come la Comunità degli Stati Latinoamericani e Caraibici e L’Unione Africana. Molti paesi hanno promulgato leggi nazionali per compensare gli effetti extraterritoriali di questa legge. Tra i fini principali della legge Helms-Burton c’è la quello di fiaccare le relazioni economiche, commerciali e finanziarie di Cuba con terzi paesi per danneggiarne la capacità di richiamare investimenti dall'estero per il suo sviluppo. A questo proposito sono dedicati espressamente i titoli III e IV della legge.

Il titolo III autorizza i cittadini statunitensi a presentare nei tribunali degli Stati Uniti denunce contro ogni straniero che realizzi “traffichi commerciali” aventi per oggetto ex proprietà statunitensi nazionalizzate da Cuba, nel decennio dei '60, attraverso procedimenti riconosciuti legittimi e nel totale rispetto del Diritto Internazionale addirittura dalla Corte Suprema degli Stati Uniti. Aberrazione più incredibile, l'articolo estende l'autorizzazione a proprietari che non erano cittadini degli Stati Uniti al tempo delle nazionalizzazioni e non richiede alcun certificato che attesti la proprietà.

In virtù di quanto disposto dalla legge Helms-Burton, tutti i Presidenti degli Stati Uniti, a partire dal 1996 e compreso Trump nel 2017 e 2018, sono ricorsi alla sospensione della vigenza del Titolo III ogni sei mesi, riconoscendone di fatto l'asprezza e l'inaccettabilità secondo il Diritto Internazionale e la sovranità degli Stati. Inoltre, è facile immaginare quale conflitto comporterebbe la sua applicazione per risolvere i reclami e stabilire i compensi quand'anche i cittadini statunitensi potessero legittimamente rivendicare la loro proprietà.

Il 2 novembre del 1999 il Tribunale Popolare Provinciale de L’Avana ha accolto la denuncia contro il Governo degli Stati Uniti per Danni Umanitari e lo ha condannato a indennizzare il popolo cubano con la somma $181 100 milioni di dollari e, il 5 maggio del 2000, anche per

Danni Economici condannandolo all'indennizzo di $ 121 000 milioni di dollari.

Il Ministero delle Relazioni Estere ha rinnovato la disponibilità di Cuba a trovare una soluzione alle rivendicazioni reciproche. Se il governo degli Stati Uniti dovesse realmente adottare la misura minacciata, questa implicherebbe, contrariamente a quanto stabilisce il Diritto Internazionale, che individui ed entità straniere che stanno legittimamente conducendo affari con Cuba, possano vedersi reclamare diritti infondati dai tribunali degli Stati Uniti. È nota e risaputa la condotta venale e politicamente motivata di alcune corti della Florida, spesso usate come arma contro Cuba. Per il nostro popolo, ciò comporta rispondere ancora una volta in maniera ferma e decisa all’impegno dell’imperialismo statunitense di sottomettere al suo dominio il destino della nostra Nazione.

Se il titolo III si applicasse come minaccia l’annuncio del Dipartimento di Stato, ogni cubano e ogni comunità avrebbe la possibilità di vedere con i loro occhi i luoghi dai quali provengono le rivendicazioni dei cittadini americani, i loro posti di lavoro, le scuole dei loro figli, le cliniche dove ricevono assistenza medica, i terreni su cui sono edificati i loro quartieri, e potrebbero così valutare la loro pretesa di togliere ai cubani le loro case, le terre, le industrie,

le risorse naturali, le infrastrutture energetiche e le basi su cui poggiano e si sviluppano la

scienza e la tecnologia. Tutti dovremmo ricordare gli aberranti contenuti del Piano Bush che

descrive e spiega dettagliatamente le modalità di spoliazione delle famiglie cubane.

Per più di vent’anni, la Legge Helms Burton ha "illuminato" la strada degli interventisti anticubani degli Stati Uniti per aggredire la nostra nazione e schiacciarne la sovranità.

Attraverso la sua applicazione sono state stanziate centinaia di milioni di dollari per sovvertire l’ordine interno di Cuba e sono state attuate innumerevoli misure per provocarne il cambio di regime. Il suo effetto economico ha implicato un alto costo per il nostro paese e per il benessere della popolazione.

La minaccia di applicare pienamente il titolo III si propaganda attraverso importanti agenzie di governo degli Stati Uniti e con l’influenza raggiunta da persone la cui carriera politica è segnata dall'impotenza e dal risentimento contro Cuba, fondata su menzogna e ricatto. La maggioranza dell’opinione pubblica degli Stati Uniti si oppone in maniera fortemente al blocco economico, come evidenziano i sondaggi più qualificati.

La storia ci mostra con sufficiente chiarezza che la politica del blocco economico e i problemi tra Cuba e Stati Uniti non hanno origine nelle nazionalizzazioni che, obbedendo alla legge e al diritto furono applicate dal governo rivoluzionario. Le aggressioni militari, economiche e terroriste contro Cuba da parte del governo degli Stati Uniti cominciarono prima delle nazionalizzazione delle proprietà statunitensi. È noto che tutte le nazionalizzazioni, comprese quelle dei beni statunitensi, furono regolate con compensi che il governo degli Stati Uniti non volle nemmeno discutere, mentre furono invece accettati dai governi di altri paesi, e tutti ottennero la debita compensazione.

Il Ministero delle Relazioni Estere ricorda i postulati della Legge di Riaffermazione della Dignità e Sovranità Cubane (Ley No. 80), e sottolinea che la Legge Helms-Burton è illecita, inapplicabile e senza valore né effetto giuridico. Conseguentemente, considererà nulla ogni rivendicazione di persona naturale o giuridica, qualsiasi sia la cittadinanza e la nazionalità.

Il governo di Cuba si riserva il diritto di rispondere opportunamente a questa nuova aggressione.

 

L’Avana, 17 gennaio 2019

 


 

Díaz-Canel e lo sviluppo dell’investimento straniero nel turismo

Il Presidente dei Consigli di Stato e de Ministri Miguel Díaz-Canel Bermúdez ha definito il turismo un buon esempio di sviluppo, settore in cui l’impatto dell’investimento straniero è stato più significativo.

"Questo impulso" ha detto Díaz-Canel "lo abbiamo ottenuto senza compromettere la sovranità del paese come pensavano alcuni, ma al contrario l’abbiamo difesa e preservata, così mercati e capitali ne hanno acquisito conoscenza e si è affermata un’immagine di prestigio nel mondo".

Il Presidente cubano ha fatto queste dichiarazioni durante una recente riunione di verifica dello sviluppo dell’investimento straniero nel turismo e ha aggiunto che si deve continuare a rafforzare il legame tra l’industria nazionale e settore non statale per ridurre il volume ancora troppo alto delle importazioni destinate a questa attività.

Il ministro del Turismo Manuel Marrero Cruz, ha spiegato nella riunione che fino ad oggi sono state costituite 27 imprese miste con 5091 abitazioni a quattro o cinque stelle. Nel programma degli investimenti stranieri del 2019 sono compresi 176 progetti che riguardano nuovi hotel, centri ricreativi, stabilimenti balneari e campeggi.

Poi ha segnalato il permanere di alcuni margini di miglioramento per quanto riguarda i lunghi tempi ancora necessari per la formazione, l’approvazione e la liquidazione dei lavori eseguiti con capitali stranieri, e un deficit di controllo nel compimento degli obblighi delle società delle imprese miste.

Il ministro Marrero ha riconosciuto che "è necessario incentivare il lavoro a tutti i livelli per garantire il compimento dei programmi e la crescita in termini di quantità e qualità dei progetti necessari".

Il ministro del Commercio Estero e dell’Investimento Straniero, Rodrigo Malmierca Díaz, ha affermato che il paese ha una forza significativa nel turismo per attirare capitale straniero ed esportare servizi, ma nello stesso tempo deve seguire i lavori che si stanno realizzando per assicurare il resto dell’economia nazionale.

 

Leticia Martínez Hernández, 16 gennaio 2019

 


 


Bilancio a vocazione sociale, nonostante i problemi

I membri della Commissione degli Affari Economici hanno analizzato il piano 2018 e le previsioni di bilancio per il 2019 e. La crescita del Prodotto Interno Lordo nel 2018 è relazionata, fondamentalmente, alla dinamica di settori come il trasporto e le comunicazioni, l’industria manifatturiera, il commercio, la salute pubblica, la cultura e lo sport.

In accordo con il ministro all’Economia Alejandro Gil Fernández, nel 2018 si è sofferto un calo dell’industria dello zucchero, dell’agricoltura e dell'edilizia, oltre a quello delle attività minerarie.

In conseguenza di ciò, le esportazioni sono risultate inferiori alle aspettative e anche le importazioni sono state carenti. In generale, il quadro ha quindi inciso sul livello di attività.

Gil Fernández ha fatto riferimento all’elevato livello d’indebitamento, un problema che impatterà sulla gestione del 2019 perché questa tensione finanziaria non si risolverà a breve.

Il ministro ha poi informato che sul piano degli investimenti si resterà più o meno all'85%, una cifra sulla quale influisce per esempio il mancato raggiungimento degli obiettivi per quanto riguarda le fonti di energia rinnovabili: 3,5 contro il 4,5% programmato.

Anche nei trasporti delle merci non sono state raggiunte le mete auspicate, mentre è cresciuto il trasporto passeggeri pur se l'offerta resta ancora inferiore alla domanda.

In quanto al turismo, Gil Fernández ha precisato che si stima l’arrivo di 4 .750 000 visitatori. Il Ministro dell'Economia ha detto che nonostante le tensioni, le misure implementate nel secondo semestre dell’anno hanno dato risultati positivi orientati a una maggiore razionalità delle decisioni sulle importazioni e delle spese in divisa, alla riduzione del consumo di combustibile e all’utilizzo degli inventari per le attività prioritarie.

Il saldo favorevole è stato evidente, ha sottolineato, nell’esecuzione di programmi prioritari come le ferrovie, il terminale di Santiago e l’ampliamento delle linee telefoniche e dell’accesso a Internet. Alcuni prodotti come il tabacco, le aragoste, i gamberi e il rum hanno ottenuto buoni risultati nelle esportazioni, e i piani di produzione di riso e fagioli sono stati raggiunti, così come i volumi di produzione della carne di maiale.

Alejandro Gil ha anche citato i miglioramenti logistici legati al recupero dei magazzini di alimenti, alla rete di rifornimento di acqua e alla costruzione di case statali, senza tralasciare le opere della Tarea Vida e della Zona Speciale di Sviluppo Mariel.

E anche se non si riesce a coprire la domanda, si nota un impulso favorevole nell’industria nazionale del "packaging", nella produzione di laterizi, lampade, attrezzi da cucina e accessori per l’igiene personale. Tutti questi risultati, anche se modesti, ha affermato il ministro, si sono ottenuti nonostante l’inasprimento del blocco che ha provocato solo nel 2018 un danno di almeno 4321 milioni di dollari.

 

Yudy Castro Morales, 16 gennaio 2019