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Amianto: sentenza di Monfalcone

Condanne per un totale di 55 anni e 8 mesi a 13 dei 35 imputati di omicidio colposo per le morti di 85 operai del cantiere di Monfalcone a causa dell'eposizione all'amianto.

ll nostro Comitato e il Coordinamento delle Associazioni (CNA) si associano alla soddisfazione dei famigliari delle vittime e dell’Associazione Esposti amianto di Monfalcone al seguito della sentenza odierna del Tribunale che ha visto la condanna degli imputati dei cantieri di Monfalcone con pene da due a sette anni di reclusione.

Come sempre la partecipazione dei cittadini e dei famigliari delle vittime organizzate in Associazioni e Comitati è fra i fattori determinanti per ottenere una po' di giustizia, per quanto tardiva.

Inviamo per conoscenza il comunicato stampa inviato ai giornali, precisando che sulle discariche e sull'uso di miniere per smaltire amianto il nostro Comitato esprime un disaccordo.

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Rifugiati e profughi a Torino

Via Paganini, ex Clinica S. Paolo, “Casa Bianca”, Corso Chieri, ex Villaggio Olimpico (MOI)……..E’ l’elenco, finora, degli edifici occupati a Torino negli ultimi anni da parte di rifugiati, richiedenti asilo, profughi: tutti, tranne l’ex clinica, tuttora occupati.

Migranti, profughi, rifugiati: se ne parla tanto (ma con quanta ipocrisia….) in questo periodo, sull’onda emotiva scatenata dall’ennesima enorme tragedia che ha visto 300 morti annegati di fronte a Lampedusa, uomini, bambini, donne anche incinte. Ma da 20 anni è uno stillicidio di morti in mare, sono oltre 15.000 nel nostro bel mar Mediterraneo, diventato una tomba collettiva (qualche anno fa uscì un interessante libro, di Marcella delle Donne, sul diritto d’asilo in Europa, dal titolo “Un cimitero chiamato Mediterraneo”, ed. DeriveApprodi).

Morti che sono il frutto d’un atteggiamento che da anni caratterizza la “Fortezza Europa”, quello di considerare il fenomeno sempre più imponente e continuo del “people in movement”, gente che fugge da guerra violenza miseria per cercare protezione, rischiando la vita, nei nostri paesi, come null’altro che un’emergenza, da affrontare in termini di ordine pubblico: quindi respingimenti in mare, internamenti in centri dove ogni diritto è bandito, espulsione e criminalizzazione. Si tratta invece d’una  drammatica realtà ormai intrinseca ad un mondo globalizzato e martoriato dai conflitti e dallo sfruttamento, una realtà che esige risposte improntate a dignità, umanità e rispetto delle convenzioni e dei trattati internazionali da tanti stati firmati e per nulla applicati, in primis dall’Italia (unico paese dell’Unione Europea che non ha ancora una legge organica sul diritto d’asilo).

Questi impegni internazionali vorrebbero, tra l’altro,  che chi ha ottenuto una protezione internazionale (status di rifugiato o protezione sussidiaria) goda di una serie di diritti, che gli consentano la concreta possibilità d’integrarsi attraverso una casa, un percorso d’istruzione e formazione, un lavoro. In realtà, nel caso italiano, lo SPRAR (Sistema di Protezione per Rifugiati e Richiedenti Asilo) è finora molto carente rispetto alle esigenze (6mila posti/anno a fronte di quasi 60.000 rifugiati), anche se una riforma in atto ne prevede l’aumento fino a 16mila. Va anche sottolineato che, nonostante le strida allarmistiche di tante forze politiche, l’Italia conta un numero di rifugiati irrisorio rispetto ad altri paesi europei: la Francia ne accoglie 200.000, la Germania 600.000…….

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Uranio: Visita Della Commissione D'inchiesta Del Senato Al Poligono Di Nettuno

Uranio: Visita Della Commissione D'inchiesta Del Senato Al Poligono Di Nettuno

 

In relazione alla visita programmata della Commissione presso il poligono d'uso internazionale di

Nettuno, si allegano due articoli tratti dal settimanale locale "Il caffè" del 2 marzo 2004 e 15 aprile

2004. In questi articoli si segnala l'alto tasso di tumori registrato nella zona e si segnala anche la possibilità

della presenza di (ilio tempore) di un lotto di armi di produzione israeliana calibro 105/51. Questo

calibro è stato in dotazione ad esempio dei nostri mezzi blindati Centauro. Tali mezzi che hanno

operato tra l'altro in Somalia, potrebbero aver impiegato proiettili all'uranio impoverito (originariamente

di produzione tedesca e venduti a Israele e da Israele a noi). In merito si allega un articolo del

quotidiano Il Tempo del13 febbraio 2001. E' bene tener presente che la Germania è il paese che per primo (1942)

ha approntato proiettili all'uranio. Si trattava però di uranio  naturale e non di uranio  impoverito.

Le prime armi all'uranio impoverito sono state prodotte in Usa con il materiale di scarto delle centrali nucleari.

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Accoglienza Rifugiati, Italia ultima tra i grandi paesi Ue

Stando ai numeri forniti da Eurostat (l'ufficio statistico dell'Unione europea) l'Italia è solo al sesto posto per numero di rifugiati accolti, con valori assoluti molto più bassi dei paesi più grandi. Ma i numeri dell’accoglienza sono ancor più sorprendenti se si guarda all’incidenza dei rifugiati sul totale della popolazione. In questo caso il nostro paese scivola, infatti, al 14esimo posto del’Ue a 28, ultimo tra le grandi nazioni dell’Unione europea esclusa la Spagna. In base alla popolazione hanno molti più rifugiati di noi Germania, Francia e Inghilterra ma anche paesi piccoli e lontani dal bacino del Mediterraneo come la Svezia, il Lussemburgo, l’Olanda, Cipro, il Belgio e l’Olanda. A guidare la classifica, basata sull’incidenza percentuale dei rifugiati sul totale degli abitanti è invece Malta, meta come l’Italia dei flussi via mare. Qui i rifugiati sul totale della popolazione sono quasi il 2 per cento.

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Lampedusa: perseguitare i vivi, premiare i morti

Se vogliamo parlare della tragedia di Lampedusa, c’è poco da aggiungere agli ipocriti lamenti delle autorità europee e alle giustissime denunce di attivisti, organizzazioni e migranti. Da anni il teologo del Costarica di origine tedesca Franz Hinkelammert ha riassunto in due parole questa abbondanza di cadaveri ormai di routine, raccolti nei mari e nei deserti delle frontiere d’Occidente: “genocidio strutturale”.

Questa idea di “genocidio strutturale” implica, naturalmente, un’accusa: le strutture non si impongono da sole ma hanno bisogno di politiche che le mantengono in moto, decisioni politiche che eventualmente potrebbero anche disattivarle.

Quando una struttura è incompatibile nelle sue radici con la Dichiarazione dei Diritti Umani e con la più elementare dignità umana, le decisioni prese per mantenerla viva acquisiscono un’aura necessariamente truculenta, un odore di ludica crudeltà infantile, la forma di un grande sbadiglio nichilista.

Immagino che a Barroso e a Letta non sia piaciuto essere ricevuti a Lampedusa al grido di “assassini”. Non si sentono “assassini” e probabilmente provano un sincero orrore davanti alla pila di cadaveri ammucchiati ai loro piedi. Ma devono inghiottirsi gli insulti e i rimorsi di coscienza e rispondere in modo responsabile ai loro impegni con la “struttura”, dai quali in qualche misura dipendono anche i voti dei loro elettori.

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