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Sulla prevenzione dei conflitti

Il Problema della Prevenzione dei conflitti è un problema vastissimo con molteplici sfaccettature. La Prevenzione dei conflitti è in genere desiderabile, ma non sempre. Basti pensare che l'Italia è una repubblica nata (ufficialmente) dalla Resistenza. Cioè dalla lotta contro fascisti e nazisti e quindi da un conflitto. Non è dubbio che un conflitto come questo venga valutato positivamente e non sia tra quelli da prevenire. L'uso della violenza in conflitti di genere è accettato, anche se ovviamente è auspicabile il minimo possibile uso della violenza. In genere la violenza delle forze di polizia è accettata e così la violenza delle forze Partigiane nell'intesa che liberino da una oppressione. Ed anche quelle di un esercito di liberazione in cui la violenza è applicata a fini legittimi e giustificati sul piano etico. L'uso della violenza potrà essere ridotto al minimo accentuando un comportamento basato in larga misura sull'astuzia, cioè un comportamento strategico. La strategia può definirsi come ciò che è in grado di piegare la forza (i lillipuziani piegano Gulliver con una mossa strategica). Dunque nella Prevenzione dei conflitti si introduce il problema della riduzione della violenza e quindi dei comportamenti strategici. Stabilito che occorre distinguere tra conflitti da evitare e conflitti da auspicare ( al limite si accetta perfino l'idea del tirannicidio!)  si tratta di individuare misure per prevenire quei conflitti che si ritengono da evitare. Per far ciò occorre studiare le cause dei conflitti. Ciò concerne una materia amplissima che riguarda oltre la sociologia, l’economia, la psicanalisi, la psicologia, la filosofia.

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La prevenzione dei conflitti armati

 

LA PREVENZIONE DEI CONFLITTI ARMATI
L'ALTERNATIVA DEI CORPI CIVILI DI PACE

 

Vorrei ringraziare molto la presidenza del convegno per la cortese presentazione.

In particolare vorrei ringraziare l'amico Alberto, che mi ha informato dell'esistenza di

questa tavola rotonda. E' un evento che mi ricorda un convegno tenuto anni fa a

Firenze sulle opere di Sharp, organizzato appunto da Alberto e che toccava appunto

alcune delle questioni di cui oggi si discute.

In quel convegno, avevo precisato che per costruire il nuovo, che Sharp auspicava, era

prima di tutto necessario decostruire le situazioni esistenti che impedivano il

cambiamento. E perciò credo sia necessario, in primo luogo, analizzare il contesto in

cui ci troviamo e valutare in esso ciò che in questo contesto può ostacolare nuovi

progetti. Si tratta di individuare situazioni e tendenze che sono ravvisabili nell'ambito

militare e che possono costituire un grave ostacolo al progetto di cui si parla.

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Il dott. Armando benedetti del cisam, nell’audizione presso la commissione uranio impoverito del senato tenutasi il 25 maggio 2011, riconosce che non si puo’ essere certi che nei poligoni non siano stati esplosi proiettili all’uranio impoverito

In merito all’audizione del Dott. Benedetti, lo scrivente ritiene che sarebbe auspicabile che egli fornisca qualche ulteriore precisazione circa la sua affermazione secondo cui: “Non si può  escludere peraltro che  all’insaputa delle stesse forze armate nei poligoni siano stati esplosi proiettili all’uranio impoverito. Per quel che riguarda in particolare il poligono di Salto di Quirra, se tali proiettili fossero stati esplosi se ne sarebbero trovati di certo, residui sui bersagli”.

L’affermazione del Dott. Benedetti pone infatti il problema circa quali controlli le forze armate possono eseguire, specie nei riguardi di ditte straniere in relazione agli armamenti sperimentati nei poligoni, dato che tali ditte, come più sopra ricordato, sono autorizzate all’autocertificazione ed inoltre ad effettuare “in proprio” (cioè senza controlli esterni italiani) la bonifica nelle zone che hanno utilizzato per test o esercitazioni.

In secondo luogo, l’affermazione del Dott. Benedetti pone la questione “dell’esame” dei bersagli e di quali controlli vengano effettuati sui bersagli da parte delle Autorità italiane, in seguito a sperimentazioni o test stranieri. In proposito non ci è dato sapere quali controlli sono stati eseguiti sui bersagli. Scarsissime informazioni vennero date anche ai parlamentari nel corso della visita effettuata i poligoni all’epoca della prima Commissione del Senato sull’uranio impoverito (un’attenta rilettura degli atti parlamentari relativa a quella visita è, a parere dello scrivente, di grande interesse).

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Uranio impoverito: i dinieghi errati

TUTTI DA RIFARE: I DINIEGHI DEI RISARCIMENTI ALLE VITTIME
PER URANIO IMPOVERITO E NANOPARTICELLE

 

Due gravissimi casi di errore nella negazione dei risarcimenti a militari gravemente malati e deceduti per contaminazione da uranio impoverito e nanoparticelle sono recentemente emersi in modo indiscutibile. Il caso del capitano Antonino Caruso e il caso del lanciere Fulvio Pazzi hanno messo in evidenza la necessità di riesaminare tutti i dinieghi di risarcimenti finora formulati (oltre 300). Le errate motivazioni dei dinieghi relativi ai precedenti casi sono comuni anche agli altri casi. Nel caso del capitano Antonino Caruso sono occorsi 11 anni per correggere i gravi errori commessi e nel caso del lanciere Fulvio Pazzi sono stati necessari ben 9 anni. Ben 5 dinieghi errati sono stati cancellati per “autotutela”, il ché significa il riconoscimento degli errori commessi. Per lunghi anni i familiari sono stati privati di elementari diritti.

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Comunicato maro’: Il processo si terra’ in india – Qualche insegnamento da trarre

Quanto accaduto nella vicenda dei due Marò dovrebbe indurre a qualche insegnamento.

1) Non inviare personale militare su navi mercantili che svolgono compiti commerciali semplicemente al fine di far risparmiare gli armatori sull’affitto del personale civile specializzato (contractors). Delle conseguenze internazionali che possono emergere dall’invio di personale armato su navi civili, si sarebbe dovuto tener conto in tempo utile.

2) Non inviare personale militare su navi mercantili che operano non al diretto interesse dello Stato. Per di più tale personale deve essere specializzato in compiti di polizia marittima (tale specializzazione appartiene solo ai Carabinieri e alla Guardia di Finanza). I “fucilieri” del S. Marco sono specializzati in operazioni di sbarco, non in “operazioni di polizia militare marittima”. E non debbono essere coinvolti in queste attività.

3) Costringere gli armatori, che inviano navi in acque a rischio, di dotarsi di un duplice sistema satellitare: non è accettabile che per colpa di un’avaria a un sistema satellitare, non si possa conoscere la posizione in cui si è venuta a trovare una nave (come è accaduto con la Lexie), dando quindi adito a diverse valutazioni dei fatti circa la presenza eventuale della nave in acque internazionali.

4) Precisare cosa si intende per “acque internazionali”, in particolare tenendo conto del fatto che vari paesi (v. l’India) considerano come estensione delle acque territoriali anche uno spazio marino di 12 miglia, ulteriore rispetto a quello delle 12 miglia di acque nazionali, cioè, nell’insieme, uno spazio marino di 24 miglia. Tra l’altro proprio l’Italia è stata in passato una fautrice della estensione a 24 miglia delle acque in cui un paese può esercitare i propri controlli.

5) Chiarire chi deve ritenersi responsabile dell’ordine di intervenire con azioni a fuoco laddove vi sia personale armato. In particolare chiarire se la responsabilità debba risalire al Comandante oppure al capo della scorta armata. E’ inconcepibile che non sia stata chiarita questa fondamentale posizione nel caso Lexie. E certamente confondere un traballante peschereccio, che può muoversi sì e no a una velocità di 10 nodi con un motoscafo d’assalto in grado di sviluppare 25 nodi, non può essere ammesso. Chi ordina il fuoco deve essere una persona che abbia una dovuta esperienza di “cose di mare”.

 

Falco Accame

Presidente Anavafaf

e Presidente Comitato Seagull