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La tanto lodata Autonomia Scolastica era una bufala

da vivalascuola

Sono amaramente contenta – si è dimostrato in modo definitivo, con l’ultimo taglio al Fondo d’Istituto, quanto posticcio, velleitario, falso e bugiardo fosse il progetto dell’autonomia scolastica. Non ci voleva un genio per capire che, ab origine, l’autonomia scolastica nasceva storpia e figlia di un mostruoso parto plurigemellare. Il Contratto collettivo nazionale di lavoro (si parla di tempi in cui i contratti, male e in ritardo, venivano comunque rinnovati; era il 1999) affermava, all’articolo 6:

“Contestualmente con la piena attuazione dell’autonomia scolastica e con l’attribuzione della dirigenza ai capi d’istituto, ciascuna istituzione scolastica è sede di contrattazione integrativa, nel rispetto delle competenze del capo di istituto e degli organi collegiali”.

Eccoli qui, gli altri “gemelli”: la dirigenza dei capi d’istituto e la contrattazione integrativa. Autonomia scolastica e differenziazione retributiva del personale della scuola, attraverso l’attribuzione del salario accessorio, nascono quindi strettamente legate. Ma, ricordiamolo, il Fondo di Istituto non è nient’altro che una parte del monte salariale complessivo dei lavoratori della scuola destinata a retribuire prestazioni lavorative aggiuntive: è una quota che potrebbe essere suddivisa tra tutti, ma che viene destinata – previa contrattazione di istituto – a pochi.

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A Quirra, niente uranio, ma si bonifica

 Uranio Impoverito. In Sardegna, l'inchiesta è chiusa. Ma come mai sui poligoni piovono bonifiche?


25 gennaio 2013


 

di Monica Soldano

E' un silenzio affollato di avvocati e di una strenua caccia all'errore tecnico o procedimentale, nel tentativo di osservare chi cade per primo sulla buccia di banana, fosse anche solo una dichiarazione inopportuna, una citazione di troppo sui giornali, quello che circonda il tribunale di Lanusei dove il magistrato per le indagini preliminari, Domenico Fiordalisi ha portato da tempo le carte della difficile ma ostinata istruttoria. Un clima pesante, con il fiato sospeso fino al 20 febbraio, quando il Gup, Nicola Clivio, dovrà decidere se accogliere o meno i venti rinvii a giudizio, formulati da Fiordalisi. Tra gli indagati, per la prima volta nella storia di questo Paese, una lista di generali, colonnelli, sindaci, esperti di importanti società di controllo di qualità, come la SGS, che vede indagati due chimici, per falso ideologico in atto pubblico nel corso del progetto di caratterizzazione ambientale voluto dal ministero della Difesa.

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Uranio Impoverito: Lo Abbiamo Stoccato In Italia

Uranio Impoverito: Lo Abbiamo Stoccato In Italia

Le istituzioni non possono produrre informazioni non corrette

 

E’ stato recentemente affermato sui mass-media che in Italia non abbiamo stoccato armi all’uranio impoverito.

Ma questo non è vero. Nelle basi di Aviano e Gioia del Colle, basi al Comando di Ufficiali italiani, abbiamo custodito le armi all’uranio on cui gli aerei alleati hanno colpito postazioni in Bosnia e nel Kossovo, precisamente 10800 proiettili all’uranio impoverito sono stati lanciati in Bosnia e 31 mila in Kossovo. Inoltre sono stati lanciati missili da crociera.

I Comandi italiani, da cui sono decollati gli aerei italiani ricevono i rapporti di volo e nei rapporti di volo debbono essere specificate le armi che sono state impiegate nelle missioni. Inoltre i Comandi sono ovviamente al corrente dei piani d’impiego degli aerei. Il fatto poi che si affermi che l’Italia non impiega armi all’uranio impoverito non significa che il nostro personale non abbia corso dei rischi perché i rischi che ha corso sono dipendenti dagli obiettivi colpiti dagli aerei Alleati con armi all’uranio impoverito.

In Italia esistono poi anche basi straniere, ad esempio vedi Vicenza, Sanrossore  (Pisa – Camp Derby). Gli Alleati possono stoccarvi le armi in loro uso, comprese quelle all’uranio impoverito. Nelle basi vi sono anche mine antiuomo e armi nucleari. I rischi dell’uranio impoverito sono specificati nelle normative della Kfor (forza multilaterale dei Balcani) del 22 novembre 1999 a firma del Col. Osvaldo Bizzari e resi noti ai nostri Comandi.

Le armi all’uranio impoverito possono provocare tumori e malformazioni alla nascita.

L’opinione pubblica deve essere correttamente informata.

 

Falco Accame

Presidente Anavafaf

La scoperta delle spese militari da ridurre

LA SCOPERTA DELLE SPESE MILITARI DA RIDURRE

CI VOLEVA IL FULMINE

RE-ISTITUIRE LA “COMMISSIONE ARIOSTO”[1]

 

Ci voleva il fulmine che colpisce l’aereo F35 per fare notizia nel dibattito politico in merito alla riduzione delle spese militari. Una tematica completamente dimenticata nella cosiddetta “spending review”.

Peraltro, solo in modo estremamente superficiale, si può ridurre la questione dell’eccesso delle spese militari (e anche di tanti sperperi), alla questione degli aerei F35, a cui si è aggiunta nei giorni scorsi la notizia dei due sommergibili da acquistare dalla Germania[2].

Ma si tratta soltanto di uno dei programmi di acquisti non meno costosi di altri (vedi ad esempio fregate Fremm e radar tabulari di altissima potenza, i Muos - Mobile User Objective System).

Il problema della riduzione delle spese militari riguarda infatti ben altri settori e soprattutto strutturali (cioè non “una-tantum”). Tra le questioni strutturali che quindi incidono nel tempo, potremmo  citare le seguenti: 1) la pleonastica struttura dell’apparato con un vertice gerarchico di entità ben tre volte superiore a quello esistente in Germania (del tipo “all chief and no indians”); 2) la pletorica struttura territoriale, in parte necessaria per giustificare l’esistenza di Comandi per la struttura di vertice (una struttura territoriale che risale ancora a quando era necessario inviare un messaggero a cavallo da Roma alla periferia per portare una notizia); 3) affidare l’attività di parata a pattuglie di acrobazia aerea costituite da piloti civili e quindi non incidenti sui bilanci della Difesa, mentre oggi un intero aeroporto (Rivolto), con centinaia di persone, oltre ai piloti degli aerei, gravano sulle spese del bilancio militare; 4) sospendere (almeno per qualche anno (mettendo in naftalina) l’attività della portaerei da 26 mila tonnellate, un “lusso militare” che l’Italia di questi tempi, non può permettersi; 5) una drastica riduzione delle nostre “Forze di proiezione”, con un ridimensionamento sostanziale di contingenti all’estero mantenuti più per questioni di rappresentanza che di esigenze operative.

Mi limito a segnalare questi punti. Un più ampio e dettagliato elenco è stato comunque inviato al Commissario Straordinario Enrico Bondi.

Lo scrivente ritiene anche che sarebbe al più presto necessario re-istituire la “Commissione Ariosto” che individuò in passato gravissime irregolarità e sprechi nelle spese militari.

 

Falco Accame

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UN DECALOGO SULLE POSSIBILI AZIONI DA INTRAPRENDERE NEI POLIGONI IN ATTESA DI UN POSSIBILE SMANTELLAMENTO

UN DECALOGO SULLE POSSIBILI AZIONI DA INTRAPRENDERE

NEI POLIGONI IN ATTESA DI UN POSSIBILE SMANTELLAMENTO

 

Circa le azioni che si possono intraprendere sin da ora per ridurre i pericoli nei poligoni, alcune possono essere le seguenti:

1) abolire le operazioni di brillamento periodicamente effettuate nei poligoni perché la nube di polvere che si genera nel brillamento e che si rideposita sul terreno, può avere effetti inquinanti (il materiale di scarto dei poligoni dovrebbe essere sistemato sotto terra, in appropriati depositi bunker);

2) fare divieto alle ditte straniere di operare nei poligoni italiani, salvo casi eccezionali in cui la sperimentazione può essere di grande importanza per interessi nazionali e, in questi casi eccezionali, proibendo agli Enti di avvalersi di autocertificazioni (in guanto impediscono i controlli sul loro operato);

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