9 maggio 1945: l’umanità è liberata


 

Provate a pensare alle nostre celebrazioni del 25 aprile, rituali, stanche, ordinarie, senza ormai più alcuna emozione ardente e spesso fatte quasi per consuetudine, gestite da esponenti di apparati politici che la memoria dei partigiani e della Costituzione, l’hanno in questi anni oltraggiata e in alcuni articoli come l’undicesimo relativo alla guerra, addirittura abusato e calpestato.

Guardiamo invece queste immagini, dei popoli che la lotta di liberazione dal nazifascismo l’hanno vinta, pagando prezzi spaventosi e sofferenze indicibili, guardiamo con quali emozioni  e sentimenti il popolo, nel suo insieme  (nonni veterani, figli, nipoti, pronipoti) ha mantenuto una memoria storica fondata su valori etici e morali, al di là di differenze politiche, culturali o religiose.

E guardiamo con quale gioia, serenità e positività i giovani là,vivono questo giorno.

                                                                            

A cura di  Enrico Vigna – CIVG.IT       -   Maggio 2014

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Documento segreto rivela il conto alla rovescia per l’aggressione dei golpisti nel Sud- Est

Grazie all'aiuto di un ufficiale patriottico del “SBU“ (Servizi Sicurezza ucraini), si è venuti a conoscenza di alcuni dettagli dell'operazione, che si apprestano a tenere contro le zone "ribelli" i governanti di Kiev. Non è la prima volta che un fuoriuscito dalla giunta di Kiev permette di contrastare i loro piani.

Il nuovo piano si compone di diverse fasi. Nella prima fase viene effettuato un blocco delle aree "ribelli" della Repubblica Popolare del Donbass. Istituiti posti di controllo prima della fine della settimana, dovrebbero essere installati in tutti gli ingressi alla città e ai villaggi, nonché sulle principali strade e incroci, in grado di paralizzare completamente il movimento delle milizie ribelli tra le città e "sigillare" le stesse città per impedire l’entrata e l’uscita dei "ribelli".

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Il Kosovo, ancora il Kosovo, dopo la Crimea, ora anche nell’Ucraina orientale, la “ questione Kosovo” ineluttabilmente riemerge, come una metastasi.

maggio 2014

Nei drammatici avvenimenti e scenari di guerra in Ucraiana e non solo, la cosiddetta “questione Kosovo” attraversa analisi, riferimenti, raffronti, alle volte in modo consono, altre volte strumentale. Chi semina vento raccoglie tempeste, si potrebbe sintetizzare, riferendosi alle strategie e scelte delle leadership occidentali e statunitensi in primis. Un aspetto sicuramente emerge come dato di fatto, grazie all’ ”operazione Kosovo”, gestita dalla NATO, lo stravolgimento e annichilimento del Diritto Internazionale, cominciato con il processo di distruzione della Jugoslavia e approdato alla rapina della provincia alla Serbia, ha aperto scenari di destabilizzazione e conflittualità dilaganti e a macchia d’olio in ogni angolo del mondo. Ma il Kosovo resta un modello solo per quelle realtà filo occidentali e vogliose di vendere la propria indipendenza e sovranità ai grandi poteri finanziari e militari occidentali. Al contrario per  paesi e popoli alla ricerca di autonomi ed indipendenti processi di sviluppo e soluzione dei propri problemi, il Kosovo non può essere un modello; semplicemente perché il Kosovo è una soluzione imposta con una guerra della NATO, estraneo a qualsiasi processo di emancipazione, liberazione o indipendenza di un popolo. Il Kosovo è semplicemente un entità che esiste e sopravvive solo grazie alla presenza di forze militari straniere che impongono lo status quo, per propri interessi geostrategici e per una scelta geopolitica, estranea agli stessi interessi della popolazione onesta albanese. Senza di queste in pochi giorni tornerebbe ad essere ciò che è sempre stato, una provincia serba in cui hanno da sempre convissuto, quattordici minoranze paritariamente, e non ciò che è oggi: un narcostato nel cuore dell’Europa, teatro di pulizie etniche, violenze, terrore e criminalità, imposte da una dirigenza criminale e terrorista alla popolazione civile, occupato militarmente da migliaia di soldati stranieri ( occidentali) e dalla più grande base statunitense dai tempi del Vietnam. Così come è stato calpestato il principio che fu stabilito agli inizi della crisi jugoslava negli anni novanta, dalla stessa “comunità internazionale” con l’avallo dell’ONU, della intangibilità delle frontiere del 1945.

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Le ragioni del sostegno finanziario dell’unione europea all’autorità palestinese. Le ragioni del perche' le politiche europee devono cambiare.

A seguito agli accordi di Oslo del 1994 l'Unione Europea ha considerevolmente aumentato la cooperazione con la Palestina, passando dall'erogare oltre 2,7 miliardi di euro nel periodo 1994-2006 a 2,9 miliardi nel quinquennio 2007-2012. C'e' da tenere presente che la Palestina rappresenta uno dei punti più sensibili nel bilancio generale Europeo per l’assistenza finanziaria esterna. Gli importi annuali disponibili per la Palestina vengono resi noti molto tardi nella procedura di bilancio, mentre, al contrario, l'instabile situazione politica richiederebbe una maggiore vigilanza e la rivalutazione delle specifiche situazioni. Una vigilanza e controllo che, ovviamente, le politiche dell' Unione Europea non posso accettare, perche' questo implicherebbe la possibilita' di ridurre i finanziamenti all'Autorita' Palestinese (A.P.), azione non perseguibile stante che l'aiuto economico e' un potente effetto leva sul dialogo politico tra Israele, Unione Europea e Autorita' Palestinese.

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Intimidazione e minacce al Monastero di Decani in Kosovo Methoija

Scritte dell’UCK sulla porta del Monastero di Decani , 24 aprile 2014     

Nella notte della festa di Pasqua, elementi della banda terrorista UCK, hanno compiuti un atto grave non per l’aspetto materiale in sé, ma perché dimostra da un lato qual è il clima nell’area e dall’altro la potenzialità di cui dispongono le forze terroriste e violente. In perfetto stile mafioso, questo atto vuole far sapere che in qualsiasi momento, nonostante il Monastero sia,… dopo 15 anni dalla fine della guerra, tuttora circondato e protetto da check point e presidi armati, è nella condizione di venire attaccato. Oggi una scritta e se la prossima volta sarà una bomba? Il messaggio è chiaro per chi conosce ed è a contatto con la realtà della provincia serba: c’è posto solo per gli albanesi, la provincia deve essere etnicamente pulita, anche dagli edifici della identità religiosa e culturale serba.

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