La politica della Corte Penale Internazionale. Il caso C. Taylor

Questa è la verità non detta sulla Corte Penale Internazionale e su come attualmente opera. E’ certo che determinati individui provenienti da determinati paesi, non verranno mai incriminati di fronte a questo tribunale. “E’ solo una questione tra chi ha lo stesso potere, mentre i forti fanno quello che vogliono, i deboli soffrono quanto devono”, ha scritto Courtenay Griffiths QC, che fu l’avvocato dell’ex presidente della Liberia Charles Taylor durante il processo della Corte Speciale in Sierra Leone.

Ero una novellina quando iniziai a difendere Charles Taylor, l’ex presidente della Repubblica di Liberia nel luglio 2007. La mia esperienza in questo campo nei successivi quattro anni, particolarmente dopo le operazioni degli USA e della NATO in Libia, mi hanno portato a pensare che fondamentalmente non si può svolgere la pratica coi soli occhi dell’avvocato e colla sola conoscenza teorica del diritto penale, ma si deve tenere bene in mente le sagge lezioni che la storia ci fornisce, in particolar modo la storia del colonialismo americano ed europeo.

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Mali, Algeria : io sono africano e nient'altro!

23-01-2013

Io sono allergico a certe parole, non ho mai visto un europeo insultare un altro europeo o, con il pretesto di appropriarsi di una offesa verbale, chiamare un altro europeo        “maiale raschiato”. Io non capisco tuttora ciò che passa nella testa di un africano che mi aggredisce e mi insulta rivolgendomi parole come “ negro, negroide ecc.”. Quali che siano le ragioni tali parole sono state create per insultarci. Una recente polemica è sorta a Hollywood poiché dei registi cinematografici, per esprimere l'odio razziale, hanno usato attori afro-americani per scambiarsi a vicenda l'offesa di “negro”. Così all'uscita di un cinema, non si potrebbe accusare chiunque di razzismo dal momento che sono gli stessi afro-americani a insultarsi con tali epiteti. La banalizzazione di una pretesa auto-discriminazione. Allo stesso modo non comprendo degli africani che si fanno chiamare “Kamit” per dire che gli egiziani si chiamano “neri” Per qualcuno come me che non si accontenta di ciò che si è voluto far dire alla storia, come nel caso di quella polemica dei cineasti americani, ma che fa piuttosto dello storicismo intellettuale, non è comprensibile come un popolo fiero della propria identità può definirsi “nero” , vale a dire periferia a una centralità che non gli appartiene. Perchè in sociologia ciascun gruppo, ciascuna etnia, ciascuna razza si considera come il referente, la centralità, la norma, lo standard di riferimento, e guarda gli altri in rapporto al proprio standard, il proprio riferimento quale punto di partenza.

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Libia: porre termine alla caccia ai migranti

29 novembre 2012

“ …E’ stato difficile prima della guerra, terribile durante la guerra, ma oggi è peggio..”(Un lavoratore nigeriano, in Libia da più di 5 anni, rinchiuso in un campo da oltre 5 mesi)

In un momento in cui la situazione in Libia non sembrava ancora stabilizzata, la FIDH (Federazione Internazionale Diritti Umani), Migreurop, e la JSFM ( Justice sans frontières pour les migrants) hanno pubblicato un agghiacciante rapporto sulla situazione dei migranti, rifugiati e richiedenti asilo in Libia, in particolare di quelli originari dell’Africa sub sahariana. Il rapporto rivela le violazioni flagranti e generalizzate dei diritti umani fondamentali, di cui sono vittime gli immigrati, caduti nelle mani di milizie fuori controllo. Vi è anche un’analisi critica del ruolo dell’Unione Europea e dei suoi stati membri nella definizione e nell’implementazione delle politiche sull’immigrazione in Libia, mentre nuovi accordi di cooperazione sono in via di negoziazione e l’obbiettivo della gestione dei flussi migratori continua ad essere prevalente rispetto alla protezione dei diritti umani. Tutto questo emerge da una missione di ricerca, condotta nel giugno 2012, nel corso della quale membri delle nostre organizzazioni hanno visitato 7 campi di detenzione, a Tripoli, Bengasi e nella regione di Djebel Nafoussa. Polo naturale d’attrazione per le migrazioni intra-africane In Libia, prima della guerra, i lavoratori migranti e le loro famiglie costituivano circa un terzo della popolazione.

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Dichiarazione di fondazione del Movimento Nazionale Popolare Libico

 

                                            

 In Libia la situazione sta peggiorando di giorno in giorno.  Nel disinteresse dei media internazionali  in tutto il paese stanno accadendo cose orrende: tortura sistematica di prigionieri, esecuzioni extra-giudiziarie, conflitto armato fra tribù, controllo straniero in campo economico e politico, furto della ricchezza nazionale, controllo effettivo di  Al Qaeda in alcune parti del paese, invenzione e imposizione di identità frammentate, regionali e trans-frontaliere in sostituzione di una identità nazionale unitaria, politiche contro gli africani di colore da parte delle milizie armate, trasferimento forzato di intere tribù, fuga di un terzo della popolazione nei paesi vicini per paura di persecuzioni.

In questa atmosfera di orrore, milioni di Libici che sostenevano il defunto leader Muammar Gaddafi    vengono esclusi da ogni reale soluzione politica nel paese. Vivono con la paura di ritorsioni e non possono esercitare i loro diritti civili o sentirsi abbastanza sicuri da poter opporsi alle decisioni delle milizie o dalle deboli autorità centrali del paese.

Di conseguenza, ci stiamo riorganizzando al di fuori della Libia in un movimento politico inclusivo che vuole rivolgersi a tutti i Libici che comprendono la terribile realtà nel paese, affermando che solo con un cambiamento onesto e radicale i Libici potranno evitare il pericolo di un’altra guerra civile sostenuta e finanziata da agende straniere.

La seguente Dichiarazione intende fondare il “Movimento nazionale popolare Libico” ed è stata scritta e concordata dalla maggior parte dei comandi politici/militari/sociali della Libia Verde.

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Lo stato di emergenza in Mali: l’MP22 insorge contro Dioncounda.

Durante una conferenza stampa alla radio Kaira, sabato 12 gennaio 2013, i responsabili dell’MP22 hanno voluto denunciare l’applicazione dello stato di emergenza di fronte alla crisi nel nord del Mali. Hanno anche smentito qualsiasi intervento militare straniero per la riconquista di Konna.

Dr Oumar Mariko.

 A questo proposito, i responsabili dell’MP22 hanno prima di tutto ricordato che, a seguito del coalizzarsi dei ribelli mercoledì 9 gennaio 2013, per attaccare la città di Konna, è stato solamente grazie al coraggio delle nostre forze armate che i banditi sono stati respinti. Nella sua relazione il dottor Oumar Mariko ha affermato che la Francia non ha fatto altro per aiutare il Mali, che inviare degli elicotteri. Secondo lui: “Questo scontro diretto, il primo del genere dall’inizio della guerra imposta al popolo del Mali dai terroristi islamici e altri narcotrafficanti, ci pone vivaci interrogativi in merito al ruolo giocato da Dioncounda Traoré, il Fdr e certi ambienti della Cedeao, agenti riconosciuti dell’imperialismo francese, che bloccano un efficace riarmo delle  nostre forze armate e di sicurezza”.

Quanto all’applicazione dello stato d’emergenza, i responsabili dell’MP22 hanno denunciato l’illegalità della procedura applicata dal presidente della repubblica, Dioncounda Traoré. A questo proposito Me Mariam Diawara ha affermato che lo stato di emergenza costituisce un ostacolo al progresso del movimento democratico. “Quando si guarda alla portata e al significato dello stato d’emergenza, ci si rende conto che è un gioco di parole che questi dirigenti utilizzano per rimanere perpetuamente al potere. In realtà serve a frenare il progresso del movimento democratico. Tutto quello che interessa a Diouncunda Traoré con i suoi amici del Fdr, è il mantenimento del potere a qualsiasi costo, anche se il prezzo dovesse essere la perdita della libertà e dell’indipendenza del nostro popolo” ha ribadito con forza.

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