Pietre tombali: le stragi del traghetto Moby Prince e del treno pendolari a Pioltello
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- Scritto da Comitato per la difesa della salute nei luoghi di lavoro e nel territorio
Martedì 25 febbraio scorso il procuratore del PM del tribunale di Livorno ha chiesto al giudice per le indagini preliminari l'archiviazione dell'inchiesta sul disastro del Moby Prince, il traghetto andato a fuoco il 10 aprile del 1991, dopo la collisione con la petroliera Agip Abruzzo davanti al porto di Livorno.
140 morti asfissiati o bruciati, l’intero equipaggio e i passeggeri, un solo superstite.
Il PM ha spiegato che dopo 34 anni sono cadute in prescrizione (ma và....) tutte le ipotesi di reato tranne quella di “strage dolosa”, e quindi ha chiesto l’archiviazione del procedimento.
140 morti senza verità né giustizia, come spesso è accaduto nel nostro Bel Paese delle stragi impunite.
Anche qui, dopo anni di tentativi di attribuire la responsabilità della più grande tragedia e del più grave incidente sul lavoro della navigazione mercantile alla condotta dell’equipaggio della Moby Prince, scende una pietra tombale.
Sul fatto che quella notte, in rada, c’erano navi militari statunitensi non autorizzate (ben 9) che caricavano e scaricavano armi (siamo vicini alla base militare USA di Camp Derby),un’altra imbarcazione appartenente ad una flotta Somala (che 3 anni dopo sarà oggetto di un’inchiesta della giornalista Ilaria Alpi e del suo fotografo Milan Hrovatin che finirà.... con la morte – anch’essa misteriosa – dei due), un elicottero non identificato che volava sul mare neanche una parola. La colpa è... della nebbia che non c’era, come affermato da numerosi testimoni anche davanti alla Commissione parlamentare.
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Padova - Il diritto allo studio non si misura
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- Scritto da globalproject
Un appello del Collettivo Universitario Spina alla comunità universitaria, accademica e al mondo della formazione contro i fogli di via emessi a 12 studenti.
Dodici studentɜ dell’Università di Padova sono stati allontanati dalla città con un foglio di via, una misura preventiva che vieta la permanenza per quattro anni. Il provvedimento, emesso dopo una risposta a una provocazione neofascista, colpisce giovani con contratti d’affitto e radicati nella vita universitaria. Il Collettivo Universitario Spina denuncia l’uso politico della repressione e chiama la comunità accademica a mobilitarsi. Per questo, mercoledì 26 febbraio alle 17:30 ha lanciato un’assemblea aperta al Polo Beato Pellegrino per discutere e organizzare una risposta collettiva.
Protesta pacifista davanti al consiglio regionale
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- Scritto da Comitato Pace e Disarmo
7 febbraio 2025
Cresce la militarizzazione della scuola, ma l’Ufficio Scolastico Campania continua ad ignorare proposte di educazione alla pace
Da oltre un decennio il Comitato Pace e Disarmo Campania organizza e mette in rete iniziative per diffondere una cultura nonviolenta e la pratica dell’educazione alla e per la pace. Viceversa, in questi anni, scolaresche di ogni ordine e grado sono state oggetto d’iniziative propagandistiche delle Forze Armate sia all’interno degli istituti, sia con discutibili visite ‘didattiche’’ a comandi militari, caserme ed aeroporti.
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Uniti si vince!!!
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- Scritto da Cobas
10 Febbraio 2025
Dal 17 gennaio u.s. 48 lavoratrici e lavoratori, dopo decenni di lavoro precario in appalto presso gli uffici amministrativi della ASL Roma 1, prima in qualità di dipendenti di società esterne e negli ultimi 4 anni con contratto di somministrazione, sono rimasti senza lavoro. La giunta Rocca giustifica ipocritamente il mancato rinnovo con l’internalizzazione delle attività e la sostituzione del personale precario con neoassunti tramite procedure concorsuali, pur sapendo della falsità di quanto afferma, in considerazione che le posizioni occupate per decenni da questi lavoratori sono tutt’ora vacanti, con grave danno per il servizio sanitario pubblico reso ai cittadini, ovvero le medesime attività sono state affidate nel frattempo a cooperative esterne.
La forza di un progetto concreto, non di un sogno
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- Scritto da Luigi Mezzacappa
L’ingegner Adriano Olivetti
Si dichiarava antifascista, e tutta la sua famiglia si comportò sempre con coerenza, salvando e guidando la fabbrica al riparo del delirio bellico. In qualche caso, arrivò anche a rischiare la vita per proteggere chi era finito nel mirino dei nazisti. Però rifiutava con veemenza l’etichetta di comunista che gli affibbiava con disprezzo chi non lo conosceva o capiva, per screditarlo agli occhi della nascente borghesia industriale o a quelli degli elettori quando intentò la carriera politica. Si proclamava socialista-liberale, o cristiano-socialista: “Tutt’al più” – diceva – “sono comunitarista”. Soprattutto, si dichiarava anti-partitico. Non riusciva a credere che il sistema della rappresentanza attraverso i partiti potesse esprimere un’autentica democrazia: troppo esposto agli interessi del denaro e dei prepotenti.
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