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Le proteste contro la Shell, nel ricordo di Ken Saro-Wiwam

27/05/2014

Ken Saro Wiwa

 

Una coincidenza a dir poco singolare. Cinque giorni fa cadevano i 20 anni dall’arresto del poeta e attivista nigeriano Ken Saro-Wiwa, che 18 mesi dopo sarebbe stato giustiziato a seguito di un processo farsa messo in piedi dal dittatore Sani Abacha e dai suoi sodali. Sempre il 22 maggio, ma di quest’anno, a Londra la oil corporation anglo-olandese Shell ha tenuto la sua assemblea degli azionisti. Varie organizzazioni britanniche, tra le quali Platform, da tempo in prima fila nel denunciare i disastri combinati in giro per il mondo dalle multinazionali del petrolio, hanno colto l’occasione per reiterare le loro richieste al nuovo amministratore delegato della Shell, Ben Van Beurden. Richieste semplici quanto nette: ripulite il Delta del Niger – macro-regione nel sud della Nigeria dove si trova la quasi totalità delle riserve petrolifere del Paese africano – e rispettate così quanto messo nero su bianco in un rapporto delle Nazioni Unite nel 2011. Quel dettagliato studio degli esperti dell’agenzia dell’Onu per l’ambiente, per il momento rimasto lettera morta, in realtà riguardava solo uno spicchio di Delta. Più precisamente la zona denominata Ogoniland, della quale era originario Ken Saro-Wiwa e dove il grande poeta e scrittore condusse le sue strenue battaglie contro la Shell, accusata di violare i diritti umani e di martoriare l’ambiente. Fin dagli anni ottanta infatti Saro-Wiwa si fa portavoce delle rivendicazioni della propria etnia Ogoni, maggioritaria nella regione, nei confronti delle multinazionali responsabili di continue perdite di greggio che ancora oggi danneggiano le colture di sussistenza e l’ecosistema della zona. Nel 1990 fonda il Mosop (Movement for the survival of the Ogoni people) e grazie a lui il movimento ottiene risonanza internazionale con una manifestazione di 300mila persone, che Saro-Wiwa guida al suo rilascio da una detenzione di alcuni mesi comminata senza processo.

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La peste del ventunesimo secolo e le due medicine

 

Uno dei grandi tabù del nostro tempo è la medicina “industriale”. Possiamo chiamarla così? Dato che è nelle mani di poche grandi industrie multinazionali, le quali condizionano le politiche sanitarie dei governi, le informazioni (e le menzogne) dei media ufficiali, le ricerche pubblicate (o non pubblicate) sulle riviste scientifiche ufficiali, i corsi universitari e l’ascesa o la caduta di carriere mediche, direi che possiamo chiamarla così.

La medicina industriale sta alla medicina naturale come l’agricoltura industriale sta all’agricoltura biologica. D’altra parte, ambedue si occupano di creature viventi: l’agricoltura e la medicina industriale unicamente per trarne profitto economico e, in ambedue i casi, il profitto principalmente della grande industria. L’agricoltura e la medicina naturale, escludono la grande industria (tutto ciò che è naturale pare essere incompatibile con la grande industria) e, benché chi ci lavora debba cercare di portarsi a casa la pagnotta, ambedue le attività hanno come presupposto filosofico, ideologico e morale, la necessità di mantenere o ripristinare la salute e la forza, l’equilibrio e il benessere delle creature a loro affidate.

La medicina e l’agricoltura industriale hanno presupposti e obiettivi completamente differenti: vogliono sterminare i nemici degli organismi di cui si occupano; organismi che considerano imperfetti, deboli e inetti; nemici che vedono nella natura che ci circonda e nella nostra stessa natura: virus, batteri e predisposizioni genetiche. Natura di cui facciamo parte, della cui sostanza siamo composti e ci nutriamo.

Virus e batteri che ricerca avidamente e combatte indefessamente (a furia di antibiotici somministrati anche per una sbucciatura al ginocchio, noi si diventa immunodeficienti e i batteri antibiotico resistenti).

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Medicina Democratica Onlus sulla vicenda Tirreno Power sequestro degli impianti e fermata dei gruppi a carbone: una prima misura da consolidare ed estendere

marzo 18, 2014

Centrale Tirreno Power

Medicina Democratica Onlus di Savona e il Direttivo Nazionale valutano positivamente l’iniziativa della Magistratura, che pone un primo importante stop al pesantissimo inquinamento causato da decenni dalla combustione del carbone nella Centrale Tirreno Power di Quiliano/Vado Ligure.
I temi emersi dalla indagine riguardano diversi aspetti. Principalmente il pesantissimo inquinamento ambientale provocato dalle emissioni e dalla gestione complessiva delle unità a carbone, i danni alla salute delle popolazioni ancor più accentuati dal colpevole ritardo nella ridefinizione delle autorizzazioni (Autorizzazione integrata ambientale delle sezioni esistenti) e dalle ulteriori mancanze nella attuazione della tardiva e per diversi aspetti inadeguata autorizzazione.

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Il parco del Pollino ostaggio della lobby dell’energia

La centrale uccide il parco

Era nell’aria. Nonostante la presenza ieri a Castrovillari di una nutrita rappresentanza delle comunità e dei movimenti della valle del Mercure e del Pollino, contraria alla riattivazione della centrale Enel di Laino, la Comunità del Parco con il suo presidente pro tempore, Sandro Berardone, ha votato a maggioranza per il si alla riattivazione della centrale. Contrari solo i sindaci di Viggianello, Rotonda, San Severino Lucano, Morano Calabro e Acquaformosa. Le forti lusinghe politiche sui rappresentanti delle due Regioni e le promesse ai sindaci fatte da Enel – riferiscono i cittadini – hanno convinto anche i sindaci che in passato si erano dichiarati contrari, ribaltando così una decisione contraria presa in passato dalla Comunità del parco, oggi invece schieratasi per il si. A dare manforte al fronte del si, c’era ieri a Castrovillari anche il presidente della Regione Basilicata, Marcello Pittella che, dopo le contestazioni di Marsico Nuovo ha preso parte all’incontro decisivo favorevole alla centrale. Presenti anche l’assessore all’ambiente della Regione Calabria, con il contestatissimo presidente del parco, Domenico Pappaterra.

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Appello alle autorità lombarde e al governo: non costruite!

Appello al Sindaco e al Consiglio Comunale di Milano, al Presidente e al Consiglio della Regione Lombardia, al Presidente e al Consiglio Provinciale di Milano, al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Parlamento della Repubblica.

 

- Non costruite nuove autostrade ; impiegate le risorse disponibili  per il trasporto pubblico e la mobilità sostenibile , per bonificare aree inquinate e migliorare il paesaggio urbano.

- Non costruite a Milano l’autostrada in città, la vecchia Gronda Nord /Strada Interquartiere  Nord; trasformate il suo tracciato in corridoio verde, ciclopedonale e metro- tramviario.

- Non costruite un canale, chiamato impropriamente ‘via d’acqua’,  che devasterebbe quattro parchi urbani; riqualificate e salvate i navigli rispettando la loro storia e le loro caratteristiche paesaggistiche.

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