Perché è peccato mangiare gamberi anche di venerdì
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- Scritto da Sonia Savioli
“L’uomo non ha tessuto la trama della vita, in essa egli non è che un filo” disse più di un secolo fa il rappresentante di uno di quei popoli “sottosviluppati” e primitivi che la società di guerra e progresso ha sterminato, convertito, corrotto e perseguitato in tutta la sua storia: perché erano la testimonianza inoppugnabile di una diversa possibilità di vita e, di conseguenza, la testimonianza dei suoi errori e della sua follia.
Questo filo che è l’uomo si è strappato volontariamente dalla trama della vita e ormai, ad ogni suo movimento contribuisce a distruggerla, a renderla sempre più fragile: una rete piena di buchi che non può che cedere e deteriorarsi alla minima pressione.
“Tutto quello che fa alla trama, lo fa a sé stesso”.
Magari non sarà il proverbiale, e un po’ fiabesco, battito d’ali della farfalla a un capo del mondo che provoca un terremoto all’altro capo, ma non c’è niente di fiabesco nel nostro risotto ai gamberetti che ha provocato, per esempio, una buona parte di quei centocinquantamila e più morti uccisi dallo tsunami del 2004.
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Il bambino che ci ha fatto piangere
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- Scritto da Alessandro Marescotti
E' morto Lorenzo, il piccolo malato con un tumore al cervello. Due anni fa il padre salì sul palco per dire STOP all'inquinamento
30 luglio 2014
"Cari amici volevo avvisarvi che Lorenzino ci ha fatto uno scherzetto... ha voluto diventare un angioletto..."
Mauro Zaratta sul palco nel 2012 a Taranto con il cartello
Ce lo ha comunicato in serata su Facebook in questo modo, Mauro Zaratta, padre di Lorenzo, bimbo di 5 anni malato di tumore al cervello.
A 3 mesi di vita avevano trovato a Lorenzo un tumore alla testa di 5 centimetri. «Era più grande il tumore che la sua testolina», diceva il padre Mauro Zaratta.
Mauro era diventato un "papà coraggio" perché oltre che accompagnare il figlio in lunghi viaggi della speranza, ebbe la forza di salire sul palco nel 2012 e di dire a tutti di fermare l'inquinamento, portando con sé su un cartello l'immagine del figlio.
Mauro era andato a Firenze per non fare respirare più l'aria malata di Taranto e per curare il suo bambino dopo pochi mesi dalla nascita.
"Lorenzo - disse Mauro dal palco - ha un tumore al cervello dalla nascita e ha perso la vista. Io spero che continui a vivere e sono qui perchè condivido la protesta della gente. Voglio però anche dire che i bambini della città devono poter vivere serenamente e in salute: bisogna fermare questo massacro".
A Oristano continua la lotta all’amianto
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- Scritto da associazioneitalianaespostiamianto
Morti da amianto. Accuse a istituzioni, magistratura e forze dell’ordine
Terza vittima nell’arco di due mesi a causa delle fibre killer dell’amianto. Il drammatico annuncio arriva dall’Associazione ex esposti amianto di Oristano: “E’ dell’altro giorno il decesso di un nostro socio, residente a Oristano, pensionato, ex dipendente nel settore dell’edilizia”.
Giampaolo Lilliu
“Ormai”, scrive in una nota il presidente dell’Associazione Giampaolo Lilliu, “siamo in piena emergenza sanitaria e ambientale derivante dal rischio amianto e non sono più ammissibili ritardi nell’intervenire in modo serio, concreto e definitivo per tutelare l’ambiente e la salute degli ex esposti, dei nuovi esposti e di tutti i cittadini”.
Lilliu va anche oltre a attacca duramente: “Condanniamo con forza l’atteggiamento di indifferenza delle istituzioni, della magistratura e delle forze dell’ordine del nostro territorio sulle problematiche dell’amianto, che a nostro avviso è un freno alla ricerca di soluzioni reali e concrete al problema. Pensiamo, come associazione, che non ci possono essere ex esposti di seria A e ex esposti di serie B, come dimostrato da quanto accaduto a Casale Monferrato in cui si è vista una forte attenzione da parte delle istituzioni e della magistratura, grazie a un impegno di un sostituto procuratore quale è il dottor Guariniello”.
Le proteste contro la Shell, nel ricordo di Ken Saro-Wiwam
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- Scritto da Luca Manes
27/05/2014
Ken Saro Wiwa
Una coincidenza a dir poco singolare. Cinque giorni fa cadevano i 20 anni dall’arresto del poeta e attivista nigeriano Ken Saro-Wiwa, che 18 mesi dopo sarebbe stato giustiziato a seguito di un processo farsa messo in piedi dal dittatore Sani Abacha e dai suoi sodali. Sempre il 22 maggio, ma di quest’anno, a Londra la oil corporation anglo-olandese Shell ha tenuto la sua assemblea degli azionisti. Varie organizzazioni britanniche, tra le quali Platform, da tempo in prima fila nel denunciare i disastri combinati in giro per il mondo dalle multinazionali del petrolio, hanno colto l’occasione per reiterare le loro richieste al nuovo amministratore delegato della Shell, Ben Van Beurden. Richieste semplici quanto nette: ripulite il Delta del Niger – macro-regione nel sud della Nigeria dove si trova la quasi totalità delle riserve petrolifere del Paese africano – e rispettate così quanto messo nero su bianco in un rapporto delle Nazioni Unite nel 2011. Quel dettagliato studio degli esperti dell’agenzia dell’Onu per l’ambiente, per il momento rimasto lettera morta, in realtà riguardava solo uno spicchio di Delta. Più precisamente la zona denominata Ogoniland, della quale era originario Ken Saro-Wiwa e dove il grande poeta e scrittore condusse le sue strenue battaglie contro la Shell, accusata di violare i diritti umani e di martoriare l’ambiente. Fin dagli anni ottanta infatti Saro-Wiwa si fa portavoce delle rivendicazioni della propria etnia Ogoni, maggioritaria nella regione, nei confronti delle multinazionali responsabili di continue perdite di greggio che ancora oggi danneggiano le colture di sussistenza e l’ecosistema della zona. Nel 1990 fonda il Mosop (Movement for the survival of the Ogoni people) e grazie a lui il movimento ottiene risonanza internazionale con una manifestazione di 300mila persone, che Saro-Wiwa guida al suo rilascio da una detenzione di alcuni mesi comminata senza processo.
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La peste del ventunesimo secolo e le due medicine
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- Scritto da Sonia Savioli
Uno dei grandi tabù del nostro tempo è la medicina “industriale”. Possiamo chiamarla così? Dato che è nelle mani di poche grandi industrie multinazionali, le quali condizionano le politiche sanitarie dei governi, le informazioni (e le menzogne) dei media ufficiali, le ricerche pubblicate (o non pubblicate) sulle riviste scientifiche ufficiali, i corsi universitari e l’ascesa o la caduta di carriere mediche, direi che possiamo chiamarla così.
La medicina industriale sta alla medicina naturale come l’agricoltura industriale sta all’agricoltura biologica. D’altra parte, ambedue si occupano di creature viventi: l’agricoltura e la medicina industriale unicamente per trarne profitto economico e, in ambedue i casi, il profitto principalmente della grande industria. L’agricoltura e la medicina naturale, escludono la grande industria (tutto ciò che è naturale pare essere incompatibile con la grande industria) e, benché chi ci lavora debba cercare di portarsi a casa la pagnotta, ambedue le attività hanno come presupposto filosofico, ideologico e morale, la necessità di mantenere o ripristinare la salute e la forza, l’equilibrio e il benessere delle creature a loro affidate.
La medicina e l’agricoltura industriale hanno presupposti e obiettivi completamente differenti: vogliono sterminare i nemici degli organismi di cui si occupano; organismi che considerano imperfetti, deboli e inetti; nemici che vedono nella natura che ci circonda e nella nostra stessa natura: virus, batteri e predisposizioni genetiche. Natura di cui facciamo parte, della cui sostanza siamo composti e ci nutriamo.
Virus e batteri che ricerca avidamente e combatte indefessamente (a furia di antibiotici somministrati anche per una sbucciatura al ginocchio, noi si diventa immunodeficienti e i batteri antibiotico resistenti).
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