F35 e altro – 3 NO

 NO A FORZE ARMATE “STATUS SYMBOL”. NO A FORZE ARMATE FINMECCANIZZATE. NO A FORZE ARMATE “ALL CHIEFS AND NO INDIANS”

Di un anno fa la notizia delle 19 Maserati, di ieri la notizia degli aerei vip con mogli a bordo - ma le proprie terga possono essere spostate in modo più economico.

Del 26 aprile 2013 la notizia sull’Unione Sarda: “Uranio. Perde un testicolo per tumore. Militare ottiene un indennizzo di 1300 euro”. Questo la dice lunga sulla cura dell’uomo e sui “nostri ragazzi”. Solo da qualche mese ci siamo accorti dei prezzi che gli aerei F35 avevano quando li abbiamo ordinati. Ma il mezzo militare come status symbol è vecchio di almeno 70 anni. Mussolini si gloriava delle otto corazzate. Sappiamo come sono finite. Ora abbiamo la portaerei, uno status symbol, ma l’abbiamo potuta impiegare solo come nave Croce Rossa ad Haiti. L’altro giorno, il 18 giugno, il Gen. Mini ha tuonato “ufficiali trasformati in trafficanti di armi”. Ma non c’è solo la Finmeccanica. Alla Fincantieri abbiamo offerto due marò in affitto a prezzi ridotti rispetto a quelli dei contractors civili.

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Sulla prevenzione dei conflitti

Il Problema della Prevenzione dei conflitti è un problema vastissimo con molteplici sfaccettature. La Prevenzione dei conflitti è in genere desiderabile, ma non sempre. Basti pensare che l'Italia è una repubblica nata (ufficialmente) dalla Resistenza. Cioè dalla lotta contro fascisti e nazisti e quindi da un conflitto. Non è dubbio che un conflitto come questo venga valutato positivamente e non sia tra quelli da prevenire. L'uso della violenza in conflitti di genere è accettato, anche se ovviamente è auspicabile il minimo possibile uso della violenza. In genere la violenza delle forze di polizia è accettata e così la violenza delle forze Partigiane nell'intesa che liberino da una oppressione. Ed anche quelle di un esercito di liberazione in cui la violenza è applicata a fini legittimi e giustificati sul piano etico. L'uso della violenza potrà essere ridotto al minimo accentuando un comportamento basato in larga misura sull'astuzia, cioè un comportamento strategico. La strategia può definirsi come ciò che è in grado di piegare la forza (i lillipuziani piegano Gulliver con una mossa strategica). Dunque nella Prevenzione dei conflitti si introduce il problema della riduzione della violenza e quindi dei comportamenti strategici. Stabilito che occorre distinguere tra conflitti da evitare e conflitti da auspicare ( al limite si accetta perfino l'idea del tirannicidio!)  si tratta di individuare misure per prevenire quei conflitti che si ritengono da evitare. Per far ciò occorre studiare le cause dei conflitti. Ciò concerne una materia amplissima che riguarda oltre la sociologia, l’economia, la psicanalisi, la psicologia, la filosofia.

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Il dott. Armando benedetti del cisam, nell’audizione presso la commissione uranio impoverito del senato tenutasi il 25 maggio 2011, riconosce che non si puo’ essere certi che nei poligoni non siano stati esplosi proiettili all’uranio impoverito

In merito all’audizione del Dott. Benedetti, lo scrivente ritiene che sarebbe auspicabile che egli fornisca qualche ulteriore precisazione circa la sua affermazione secondo cui: “Non si può  escludere peraltro che  all’insaputa delle stesse forze armate nei poligoni siano stati esplosi proiettili all’uranio impoverito. Per quel che riguarda in particolare il poligono di Salto di Quirra, se tali proiettili fossero stati esplosi se ne sarebbero trovati di certo, residui sui bersagli”.

L’affermazione del Dott. Benedetti pone infatti il problema circa quali controlli le forze armate possono eseguire, specie nei riguardi di ditte straniere in relazione agli armamenti sperimentati nei poligoni, dato che tali ditte, come più sopra ricordato, sono autorizzate all’autocertificazione ed inoltre ad effettuare “in proprio” (cioè senza controlli esterni italiani) la bonifica nelle zone che hanno utilizzato per test o esercitazioni.

In secondo luogo, l’affermazione del Dott. Benedetti pone la questione “dell’esame” dei bersagli e di quali controlli vengano effettuati sui bersagli da parte delle Autorità italiane, in seguito a sperimentazioni o test stranieri. In proposito non ci è dato sapere quali controlli sono stati eseguiti sui bersagli. Scarsissime informazioni vennero date anche ai parlamentari nel corso della visita effettuata i poligoni all’epoca della prima Commissione del Senato sull’uranio impoverito (un’attenta rilettura degli atti parlamentari relativa a quella visita è, a parere dello scrivente, di grande interesse).

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Comunicato maro’: Il processo si terra’ in india – Qualche insegnamento da trarre

Quanto accaduto nella vicenda dei due Marò dovrebbe indurre a qualche insegnamento.

1) Non inviare personale militare su navi mercantili che svolgono compiti commerciali semplicemente al fine di far risparmiare gli armatori sull’affitto del personale civile specializzato (contractors). Delle conseguenze internazionali che possono emergere dall’invio di personale armato su navi civili, si sarebbe dovuto tener conto in tempo utile.

2) Non inviare personale militare su navi mercantili che operano non al diretto interesse dello Stato. Per di più tale personale deve essere specializzato in compiti di polizia marittima (tale specializzazione appartiene solo ai Carabinieri e alla Guardia di Finanza). I “fucilieri” del S. Marco sono specializzati in operazioni di sbarco, non in “operazioni di polizia militare marittima”. E non debbono essere coinvolti in queste attività.

3) Costringere gli armatori, che inviano navi in acque a rischio, di dotarsi di un duplice sistema satellitare: non è accettabile che per colpa di un’avaria a un sistema satellitare, non si possa conoscere la posizione in cui si è venuta a trovare una nave (come è accaduto con la Lexie), dando quindi adito a diverse valutazioni dei fatti circa la presenza eventuale della nave in acque internazionali.

4) Precisare cosa si intende per “acque internazionali”, in particolare tenendo conto del fatto che vari paesi (v. l’India) considerano come estensione delle acque territoriali anche uno spazio marino di 12 miglia, ulteriore rispetto a quello delle 12 miglia di acque nazionali, cioè, nell’insieme, uno spazio marino di 24 miglia. Tra l’altro proprio l’Italia è stata in passato una fautrice della estensione a 24 miglia delle acque in cui un paese può esercitare i propri controlli.

5) Chiarire chi deve ritenersi responsabile dell’ordine di intervenire con azioni a fuoco laddove vi sia personale armato. In particolare chiarire se la responsabilità debba risalire al Comandante oppure al capo della scorta armata. E’ inconcepibile che non sia stata chiarita questa fondamentale posizione nel caso Lexie. E certamente confondere un traballante peschereccio, che può muoversi sì e no a una velocità di 10 nodi con un motoscafo d’assalto in grado di sviluppare 25 nodi, non può essere ammesso. Chi ordina il fuoco deve essere una persona che abbia una dovuta esperienza di “cose di mare”.

 

Falco Accame

Presidente Anavafaf

e Presidente Comitato Seagull

 

 

 

Il poligono di Teulada e l "santuari" nel poligoni

ZONE DI SACRIFICIO NAZIONALE- E IL N EVADA NON E' TEULADA

Dopo la chiusura del poligono di Viequez in Portorico vi è stata una intensificazione delle esercitazioni di tiro contro-costa della VI Flotta degli Usa nell'area di Teulada (zona di PortoScuso). Tra l'altro, in qualche esercitazione hanno operato anche navi della 2A Flotta USA che in precedenza si erano esercitate nel poligono di Viequez. Si è concentrato così nel poligono di Teulada un enorme volume di fuoco e si è aggravato il problema su cui finora si è taciuto, cioè delle "aree non più bonificabili". Quando in un poligono si genera un enorme accumulo di residui di proiettili e altro materiale distrutto si viene a determinare una area non più bonificabile e permanentemente interdetta all'abitazione. Un problema ovviamente assai grave perché si tratta di un terreno che diventa inaccessibile. Su questo gravissimo problema ci saremmo attesi, ma purtroppo così non è stato, un'ampia discussione nella relazione finale della Commissione d'Inchiesta del Senato del 9 gennaio 2013 e soprattutto l'accertamento delle gravissime responsabilità di quanto accaduto. Avrebbe dovuto essere stato monitorato per anni il personale che ha operato senza alcuna misura di protezione in una zona a così alto rischio.

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La scoperta delle spese militari da ridurre

LA SCOPERTA DELLE SPESE MILITARI DA RIDURRE

CI VOLEVA IL FULMINE

RE-ISTITUIRE LA “COMMISSIONE ARIOSTO”[1]

 

Ci voleva il fulmine che colpisce l’aereo F35 per fare notizia nel dibattito politico in merito alla riduzione delle spese militari. Una tematica completamente dimenticata nella cosiddetta “spending review”.

Peraltro, solo in modo estremamente superficiale, si può ridurre la questione dell’eccesso delle spese militari (e anche di tanti sperperi), alla questione degli aerei F35, a cui si è aggiunta nei giorni scorsi la notizia dei due sommergibili da acquistare dalla Germania[2].

Ma si tratta soltanto di uno dei programmi di acquisti non meno costosi di altri (vedi ad esempio fregate Fremm e radar tabulari di altissima potenza, i Muos - Mobile User Objective System).

Il problema della riduzione delle spese militari riguarda infatti ben altri settori e soprattutto strutturali (cioè non “una-tantum”). Tra le questioni strutturali che quindi incidono nel tempo, potremmo  citare le seguenti: 1) la pleonastica struttura dell’apparato con un vertice gerarchico di entità ben tre volte superiore a quello esistente in Germania (del tipo “all chief and no indians”); 2) la pletorica struttura territoriale, in parte necessaria per giustificare l’esistenza di Comandi per la struttura di vertice (una struttura territoriale che risale ancora a quando era necessario inviare un messaggero a cavallo da Roma alla periferia per portare una notizia); 3) affidare l’attività di parata a pattuglie di acrobazia aerea costituite da piloti civili e quindi non incidenti sui bilanci della Difesa, mentre oggi un intero aeroporto (Rivolto), con centinaia di persone, oltre ai piloti degli aerei, gravano sulle spese del bilancio militare; 4) sospendere (almeno per qualche anno (mettendo in naftalina) l’attività della portaerei da 26 mila tonnellate, un “lusso militare” che l’Italia di questi tempi, non può permettersi; 5) una drastica riduzione delle nostre “Forze di proiezione”, con un ridimensionamento sostanziale di contingenti all’estero mantenuti più per questioni di rappresentanza che di esigenze operative.

Mi limito a segnalare questi punti. Un più ampio e dettagliato elenco è stato comunque inviato al Commissario Straordinario Enrico Bondi.

Lo scrivente ritiene anche che sarebbe al più presto necessario re-istituire la “Commissione Ariosto” che individuò in passato gravissime irregolarità e sprechi nelle spese militari.

 

Falco Accame

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Uranio Impoverito: Lo Abbiamo Stoccato In Italia

Uranio Impoverito: Lo Abbiamo Stoccato In Italia

Le istituzioni non possono produrre informazioni non corrette

 

E’ stato recentemente affermato sui mass-media che in Italia non abbiamo stoccato armi all’uranio impoverito.

Ma questo non è vero. Nelle basi di Aviano e Gioia del Colle, basi al Comando di Ufficiali italiani, abbiamo custodito le armi all’uranio on cui gli aerei alleati hanno colpito postazioni in Bosnia e nel Kossovo, precisamente 10800 proiettili all’uranio impoverito sono stati lanciati in Bosnia e 31 mila in Kossovo. Inoltre sono stati lanciati missili da crociera.

I Comandi italiani, da cui sono decollati gli aerei italiani ricevono i rapporti di volo e nei rapporti di volo debbono essere specificate le armi che sono state impiegate nelle missioni. Inoltre i Comandi sono ovviamente al corrente dei piani d’impiego degli aerei. Il fatto poi che si affermi che l’Italia non impiega armi all’uranio impoverito non significa che il nostro personale non abbia corso dei rischi perché i rischi che ha corso sono dipendenti dagli obiettivi colpiti dagli aerei Alleati con armi all’uranio impoverito.

In Italia esistono poi anche basi straniere, ad esempio vedi Vicenza, Sanrossore  (Pisa – Camp Derby). Gli Alleati possono stoccarvi le armi in loro uso, comprese quelle all’uranio impoverito. Nelle basi vi sono anche mine antiuomo e armi nucleari. I rischi dell’uranio impoverito sono specificati nelle normative della Kfor (forza multilaterale dei Balcani) del 22 novembre 1999 a firma del Col. Osvaldo Bizzari e resi noti ai nostri Comandi.

Le armi all’uranio impoverito possono provocare tumori e malformazioni alla nascita.

L’opinione pubblica deve essere correttamente informata.

 

Falco Accame

Presidente Anavafaf

Uranio: Visita Della Commissione D'inchiesta Del Senato Al Poligono Di Nettuno

Uranio: Visita Della Commissione D'inchiesta Del Senato Al Poligono Di Nettuno

 

In relazione alla visita programmata della Commissione presso il poligono d'uso internazionale di

Nettuno, si allegano due articoli tratti dal settimanale locale "Il caffè" del 2 marzo 2004 e 15 aprile

2004. In questi articoli si segnala l'alto tasso di tumori registrato nella zona e si segnala anche la possibilità

della presenza di (ilio tempore) di un lotto di armi di produzione israeliana calibro 105/51. Questo

calibro è stato in dotazione ad esempio dei nostri mezzi blindati Centauro. Tali mezzi che hanno

operato tra l'altro in Somalia, potrebbero aver impiegato proiettili all'uranio impoverito (originariamente

di produzione tedesca e venduti a Israele e da Israele a noi). In merito si allega un articolo del

quotidiano Il Tempo del13 febbraio 2001. E' bene tener presente che la Germania è il paese che per primo (1942)

ha approntato proiettili all'uranio. Si trattava però di uranio  naturale e non di uranio  impoverito.

Le prime armi all'uranio impoverito sono state prodotte in Usa con il materiale di scarto delle centrali nucleari.

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UN DECALOGO SULLE POSSIBILI AZIONI DA INTRAPRENDERE NEI POLIGONI IN ATTESA DI UN POSSIBILE SMANTELLAMENTO

UN DECALOGO SULLE POSSIBILI AZIONI DA INTRAPRENDERE

NEI POLIGONI IN ATTESA DI UN POSSIBILE SMANTELLAMENTO

 

Circa le azioni che si possono intraprendere sin da ora per ridurre i pericoli nei poligoni, alcune possono essere le seguenti:

1) abolire le operazioni di brillamento periodicamente effettuate nei poligoni perché la nube di polvere che si genera nel brillamento e che si rideposita sul terreno, può avere effetti inquinanti (il materiale di scarto dei poligoni dovrebbe essere sistemato sotto terra, in appropriati depositi bunker);

2) fare divieto alle ditte straniere di operare nei poligoni italiani, salvo casi eccezionali in cui la sperimentazione può essere di grande importanza per interessi nazionali e, in questi casi eccezionali, proibendo agli Enti di avvalersi di autocertificazioni (in guanto impediscono i controlli sul loro operato);

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La risposta di Falco Accame a Vittoria Iacovella

Roma, 10/10/2012 

Gentile dottoressa Iacovella,

ho letto il Suo scritto “Vaccinazioni sbagliate e fatte male dietro i tumori dei soldati italiani”. Mi riferisco in particolare alla frase “per anni si è parlato di uranio come causa di tumori che hanno colpito i militari italiani. Adesso però la Commissione d’Inchiesta del Senato ha individuato un altro possibile motivo: le vaccinazioni fatte con tempi e controlli sbagliati”.

Non credo si tratti di una SCOPERTA della Commissione per il semplice fatto che si tratta di una problematica che si è posta in Italia circa una decina di anni fa e all’estero circa una ventina di anni fa.

Per quanto riguarda l’Italia cito il seguente comunicato AGI del 24 febbraio 2002.

“OSSERVATORIO: MILITARI MORTI PER VACCINI NON PER URANO – (AGI) – Roma, 5 feb. – I decessi per leucemia dei soldati italiani impiegati nei Balcani sarebbero stati provocati da “vaccinazioni selvagge” e non da uranio come si è sempre pensato. Sostanze tossiche presenti nelle fiale di vaccino, “interagendo con un ambiente fortemente tossico e contaminato quale quello in cui operavano i militari” possono aver agito da attivatori di malattie. E’ verso questa direzione che si sta indirizzando l’attività di indagine dell’Osservatorio militare permanente coordinato dal maresciallo Domenico Leggero.

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