CIVG Informa N°62: Speciale Israele/Palestina
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Il fuorilegge della comunita’ internazionale
A cura di Angelo Travaglini, ex Ambasciatore e membro del Comitato Scientifico del CIVG
L’apprezzato scritto di Richard Falk, figura insigne nella difesa dei diritti del popolo palestinese, e del dissidente iraniano Akbar Gandji, noto per le sue battaglie per una democrazia laica nel suo Paese, costituisce un apporto prezioso per inquadrare nella sua giusta dimensione la gravità delle violazioni di ogni legge perpetrate da Israele dal momento della sua nascita nel 1948. Da qui l’appropriata definizione, coniata dai due autori, di Stato fuorilegge (“outlaw”) dove le ripetute violazioni della legalità internazionale e delle Risoluzioni delle Nazioni Unite hanno viaggiato di pari passo con il clima di oppressione e discriminazione imposto alle minoranze residenti nell’entità sionista.
A tal proposito illuminante appare inter alia quanto riportato nello scritto a proposito della definizione data dal giornalista israeliano Gideon Levy della democrazia vigente in Israele, che si rivelerebbe tale solo per i “Jewish citizens” (cittadini ebrei) ma non per gli israeliani di origine araba e, meno che mai, beduina.
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La lettura di questo utile contributo acquista una sua indiscutibile attualità all’indomani dello svolgimento delle elezioni israeliane le quali, contrariamente alle risultanze dei sondaggi, hanno ancora una volta premiato la politica oltranzista ed aggressiva del Premier Netanyahu, il più longevo dei Capi di governo d’Israele dopo il leader storico David Ben Gurion. Al riconfermato Premier è stato dato l’incarico di formare la nuova equipe governativa per il suo quarto mandato alla guida del trentaquattresimo governo israeliano, destinato verosimilmente a essere il più conservatore ed anti-arabo dalla creazione dell’entità ebraica.
Una crisi poco conosciuta dai preoccupanti risvolti
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- Scritto da Angelo Travaglini
Premessa
Lo Yemen, realtà affascinante dalle evocazioni bibliche, si trova da tempo coinvolto in una gravissima crisi dove le drammatiche condizioni di vita della popolazione e i conseguenti devastanti effetti sul piano politico e sociale si intrecciano con conflitti di ordine settario dai risvolti molto inquietanti sui precari equilibri prevalenti sul piano regionale.
In effetti, stiamo parlando del Paese più povero del mondo arabo, privo di quelle risorse e infrastrutture di cui abbondantemente dispongono le entità della Penisola arabica. Non solo. Ma se aggiungiamo a ciò gli effetti deleteri di trenta tre anni di autocratica dittatura di Ali Abdullah Saleh, contrassegnata da un’endemica corruzione, nepotismo, contrapposizioni tribali con il loro seguito di sangue e violenza, la presenza della più forte branca di Al-Qaeda nell’universo islamico e, last but not least, daun movimento di secessione nel sud mai spentosi, si può avere un’idea del mix esplosivo che contraddistingue la storia recente dell’entità yemenita.
Lo Yemen, popolato da circa 24 milioni di abitanti, riveste un’indiscutibile rilevanza sul piano strategico; esso infatti è collocato sulla nevralgica rotta marittima che dal Canale di Suez conduce al Golfo Persico, porta di accesso al mar Rosso e luogo di passaggio dalla Penisola arabica in direzione del finitimo turbolento Corno d’Africa.
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Lettera aperta ai presidenti della commissione difesa del senato e della camera e al presidente commissione diritti umani del senato
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- Scritto da Falco Accame
Al Presidente Commissione Difesa Senato
Sen. Nicola La Torre
Al Presidente Commissione Difesa Camera
On. Elio Vito
Al Presidente della Commissione Straordinaria per la Tutela
e la Promozione dei Diritti Umani del Senato
Sen. Luigi Manconi
Roma, 1 Dicembre 2014
LETTERA APERTA AI PRESIDENTI DELLA COMMISSIONE DIFESA
DEL SENATO E DELLA CAMERA E AL PRESIDENTE COMMISSIONE DIRITTI UMANI DEL SENATO
Argomento: Associazioni d’arma “Processi disciplinari”
Sono state rese note a questa Associazione, problematiche relative ed aderenti ad Associazioni d’Arma, in particolare all’Associazione Nazionale Marinai d’Italia. Si cita il caso del 1° Maresciallo Lgt. Ciro Guariglia, Presidente del gruppo A.N.M.I. di Marmirolo (Mantova), convocato a riunione del Comitato Esecutivo Nazionale, in merito a addebiti di carattere disciplinare (vedi lettera allegata).
Associazioni d’arma “Processi disciplinari”
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- Scritto da Falco Accame
ASS. NAZ. ITALIANA ASSISTENZA VITTIME
ARRUOLATE NELLE FORZE ARMATE
E FAMIGLIE DEI CADUTI – SEDE CENTRALE:
Via A. Nobel n.1 00034 COLLEFERRO (RM)
Tel./Fax: 06/9701182; Segr.: 06/9780145; Pres.: 06/3331689
E-Mail: segreteria@anavafaf.com Sito web: www.anavafaf.com
Al Presidente Commissione Difesa Senato
Sen. Nicola La Torre
Al Presidente Commissione Difesa Camera
On. Elio Vito
Al Presidente della Commissione Straordinaria per la Tutela
e la Promozione dei Diritti Umani del Senato
Sen. Luigi Manconi
Roma, 1 Dicembre 2014
LETTERA APERTA AI PRESIDENTI DELLA COMMISSIONE DIFESA
DEL SENATO E DELLA CAMERA E AL PRESIDENTE COMMISSIONE DIRITTI UMANI DEL SENATO
Argomento: Associazioni d’arma “Processi disciplinari”
Sono state rese note a questa Associazione, problematiche relative ed aderenti ad Associazioni d’Arma, in particolare all’Associazione Nazionale Marinai d’Italia. Si cita il caso del 1° Maresciallo Lgt. Ciro Guariglia, Presidente del gruppo A.N.M.I. di Marmirolo (Mantova), convocato a riunione del Comitato Esecutivo Nazionale, in merito a addebiti di carattere disciplinare (vedi lettera allegata).
Manipolazione anche linguistica il rispetto delle parole e la “lealtà”
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- Scritto da Falco Accame
E’ inaccettabile attribuire a chi è stato prigioniero di guerra la denominazione di “assente (ingiustificato) dal servizio”, come se si trattasse di uno scolaro che ha marinato la scuola. Ancor più grave sarebbe la questione se, con il termine “assente dal servizio”, si fosse voluto mirare a far credere che la persona così denominata fosse un disertore. Anche se affrontiamo, con oltre 70 anni di ritardo, questo problema, credo che tuttavia ve ne siano delle valide ragioni. Mi riferisco in particolare al caso del 2° Capo Otello Parpajola, appunto prigioniero di guerra, e ridenominato “assente dal servizio”. Una semplicemente vergognosa manipolazione dei fatti. Le Forze Armate devono dare un esempio di dignità nell’uso delle parole, non tradendo mai la verità. Mi riferisco specificamente al precedente scritto “la dignità per gli auto-affondati” che riferiva di un grave episodio accaduto dopo l’8 settembre ’43, in seguito ad un ordine per le navi, che si trovavano in estremo oriente, di auto-affondamento.
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Lettera aperta al Presidente Giorgio Napolitano
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- Scritto da Falco Accame
ASS. NAZ. ITALIANA ASSISTENZA VITTIME
ARRUOLATE NELLE FORZE ARMATE
E FAMIGLIE DEI CADUTI
SEDE CENTRALE: Via A. Nobel n.1 00034 COLLEFERRO (RM)
Tel./Fax: 06/9701182; Segr.: 06/9780145; Pres.: 06/3331689
E-Mail: segreteria@anavafaf.com
Sito web: www.anavafaf.com
Roma, 2 Gennaio 2015
Lettera aperta al Presidente Giorgio Napolitano
Signor Presidente,
ho seguito con molta attenzione e partecipazione il Suo discorso di fine anno in televisione, nel quale Lei ha evitato di far cenno alla “vicenda dei Marò”, fatto che ha sollevato anche qualche critica. Mi consenta di concordare con Lei sulla opportunità di non toccare questo delicatissimo tema anche in seguito alle recenti conferme (legate a proteste e proteste dell’India, vedi Hindustan Times[1]) che confermano che la posizione della nave Lexie all’atto della sparatoria del 12 febbraio 2012 era 20,5 miglia dalla costa e non a 33 miglia, come apparso nel comunicato del Ministero della Difesa del 15 febbraio 2012, dove si afferma che la posizione della Lexie era a circa 30 miglia dalla costa. Senza mezzi termini, mi permetto di osservare che questo è un “falso assoluto”, falso che ha condizionato tutta la impostazione giuridica della vicenda in Italia, facendo credere che la Lexie non si trovasse in acque contigue (dove l’India poteva far valere le sue leggi in base a quanto stabilito dalla Convenzione di Montego Bay – UNCLOS), ma in acque internazionali, requisito del resto indispensabile affinché in base all’accordo tra Confitarma e Ministero Difesa il personale del Nucleo di Protezione potesse intervenire e potessero esistere le condizioni per applicare la legge antipirateria italiana 130/2011. Addirittura un Ministro degli Esteri si è dimesso basandosi sul fatto che riteneva che l’incidente fosse avvenuto in acque internazionali mentre è avvenuto in acque contigue, acque che in base alla Convenzione di Montego Bay si estendono fino a 24 miglia dalla costa.
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Ricostituire al più presto una commissione uranio impoverito e fattori patogeni
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- Scritto da Falco Accame
L’esigenza di ridar vita al più presto a una Commissione d’Inchiesta sull’Uranio Impoverito e su altri fattori patogeni, magari affidata alla Camera dei Deputati, si è fatta sentire con sempre maggiore urgenza anche a seguito dei recenti casi di personale militare ammalato e deceduto nei poligoni della Sardegna, tra cui Luca Iddas, Mario Porcu e Giancarlo Cocco.
Urge anche l’esigenza di dare inizio finalmente alla bonifica in profondità dei poligoni, mai eseguita in 50 anni, dove le falde acquifere possono essere state inquinate da migliaia di proiettili anche all’uranio impoverito, rimasti sotto la superficie del terreno.
Vi è inoltre la problematica del risarcimento di molte centinaia di vittime, rimasta in sospeso dopo che l’Organizzazione Mondiale della Sanità, e in particolare lo IARC, ha stabilito in modo inequivocabile l’esistenza del nesso tra tumori e uranio impoverito (il non riconoscimento di questo nesso è stato causa di numerosi indebiti dinieghi di risarcimento).
Occorre anche finalmente affrontare il problema delle deformazioni nelle nascite (sia negli esseri umani che negli animali), che si sono verificati e di cui ancora non è stato nemmeno compilato un elenco.
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Il Consiglio di Cooperazione del Golfo
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- Scritto da Angelo Travaglini
Quadro Generale
Del “Gulf Cooperation Council” (GCC), istituito con l’accordo firmato l’11 novembre del 1981 ad Abu Dhabi, dopo che nel maggio dello stesso anno i Capi di Governo avevano manifestato la volontà di formalizzare i loro intenti in tal senso, fanno parte sei Paesi arabi, bagnati dalle acque del Golfo Persico e dell’oceano Indiano. Essi sono l’Arabia Saudita, Bahrein, Kuwait, Emirati arabi uniti, Qatar e Oman, membri della Lega araba e uniti da sistemi politici affini, contraddistinti, seppur in misura differenziata, da autoritarismo e politiche repressive nonché da una matrice sunnita fortemente e severamente condivisa. Lo spazio territoriale del suddetto organismo è molto vasto (2.500.000 kmq) mentre la consistenza demografica si aggira su valori proporzionalmente piuttosto bassi (39 milioni).
Il Consiglio di Cooperazione del Golfo, la cui sede centrale è a Riyadh, capitale dell’Arabia saudita, nasce all’indomani del successo della rivoluzione islamica in Iran nel 1979, con il rovesciamento del regime filo-occidentale dello Scià e con l’inizio, un anno dopo, della guerra, durata otto anni, tra la Repubblica islamica e l’Iraq di Saddam Hussein. In quell’occasione il dittatore iracheno beneficiò del sostegno dichiarato dell’Occidente, del blocco sovietico e di tutto il mondo arabo, fatta eccezione per il regime baathista siriano di Hafez al-Assad, il padre dell’attuale uomo forte a Damasco, e per lo schieramento irredentista curdo.
Gli imprevisti seguiti dalla primavera araba
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- Scritto da Angelo Travaglini
Premessa
Il Medio Oriente sembra precipitare in quella che alcuni analisti anglosassoni non esitano a definire “a warlord era”. Cosa s’intende con questo? La risposta degli studiosi fa riferimento al progressivo mutamento degli assetti geopolitici della regione intervenuti all’indomani del crollo dell’Impero ottomano alla fine della prima guerra mondiale e al ruolo crescente svolto in questo processo dai “non-state actors” ovvero la galassia di organizzazioni, formazioni politiche e milizie subentranti a uno Stato-nazione in difficoltà nel riuscire a far fronte ai sommovimenti in corso nella regione.
In effetti, quel che avviene sotto i nostri occhi in Siria, Iraq, Yemen, Libia e Libano fornisce conferma di sviluppi che sarebbero apparsi impensabili fino a un tempo recentissimo.
La creazione lo scorso giugno attraverso una sorta di “blitzkrieg” di un “califfato” imposto dalle milizie dell’Islamic State in Iraq and Levant (ISIL) nella vasta area che copre il nord-est della Siria e il nord-ovest dell’Iraq ha costituito il più impattante esempio della fragilità di un ordine istituzionale scarsamente rappresentativo delle reali esigenze di comunità tenute fino ad ora in uno stato di povertà ed emarginazione, assoggettate al potere di un assetto statale forte della sua capacità repressiva ma estremamente debole sotto il profilo della base sociale di consenso.
L’aggressione occidentale all’Iraq di Saddam Hussein del 2003, che ha comportato la distruzione dell’assetto statale e dell’apparato di sicurezza in un Paese sovrano, seguita dall’esplodere delle tensioni etnico-settarie, e i venti della Primavera araba, che dal 2011 hanno segnato l’inizio di un cruento processo di trasformazione nel mondo arabo, hanno indubbiamente contribuito al prodursi di mutamenti che a prima vista apparirebbero irreversibili.
Turchia: una realtà in incerta evoluzione
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- Scritto da Angelo Travaglini
Quadro politico interno
La vittoria di Erdogan nella consultazione elettorale dello scorso 10 agosto, la settima in altrettanti scrutini dal momento in cui è divenuto Primo Ministro nel 2002, ha segnato una tappa importante nell’evoluzione del quadro politico in Turchia. Essa fa seguito al successo riportato nelle elezioni municipali del 30 marzo che aveva smentito le previsioni di coloro portati ad attribuire ai moti di protesta di Istanbul e di Ankara del 2013 un rilievo maggiore di quello che in realtà avevano.
La Turchia profonda continua a essere soggiogata dal populismo retorico di Erdogan, volto a proseguire senza soluzione di continuità la lotta contro “le elite civili e militari” che hanno dominato per decenni nel grande Paese anatolico.
L’evento del 10 agosto riveste una peculiare importanza se non altro perché ha costituito il primo esempio di un’elezione diretta del Capo dello Stato, il dodicesimo nella storia del Paese. Ma le novità non si fermano qui, dato che l’intendimento dell’ambizioso Erdogan è di cambiare la Costituzione, conferendo a una carica, fino ad oggi in larga misura simbolica, un’incidenza ben più marcata rispetto all’attuale.
La consultazione parlamentare del giugno 2015 rappresenterà dunque un passaggio strategico nel divenire della Turchia poiché sarà proprio in esito al successo, che ovviamente Erdogan auspica si riveli impattante, che il mutamento costituzionale potrà prodursi; consentendo a colui definito dagli oppositori politici “il nuovo Sultano” di continuare a operare per realizzare il sogno, intensamente perseguito, di figurare alla guida del Paese nel non lontano 2023 quando i turchi celebreranno il centenario della fondazione della Repubblica.
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