Una messa a fuoco dell'attuale realtà economica, sociale e politica dell'america latina

 

UNA MESSA A FUOCO DELL'ATTUALE REALTA' ECONOMICA,
SOCIALE E POLITICA DELL'AMERICA LATINA

 

In questo scenario in continua evoluzione ed a tratti convulso, i professori Josè Alberty Anesto e Ivan Fernandez Fernandez ci offrono diversi elementi per aiutarci a comprendere meglio questo panorama e a contestualizzarne gli eventi. Riteniamo quest’approfondimento un valido contributo per la conoscenza più dettagliata di quella realtà continentale, in grado di fornire strumenti che permettono di andare oltre a schematismi semplicistici. Ne proponiamo un estratto rendendolo disponibile in lingua italiana.

– Cattedra di Relazioni Internazionali - Scuola Nico Lopez

 Ivan Fernandez Fernandez

 

L’obiettivo di quest’articolo è la caratterizzazione economica, sociale e politica dell’America Latina e dei Caraibi, per non correre  il rischio che l’analisi basata sulle particolarità di ciascuna sub regione, resti sotto traccia, inglobata nell’analisi complessiva latinoamericana e caraibica.

Per questo motivo, generalizzando, possono comparire aspetti che per la loro miglior comprensione richiedano di essere analizzati partendo da una messa a fuoco sub regionale.

Forse il miglior punto di partenza per caratterizzare le increspature economiche, politiche e sociali della regione latinoamericana e caraibica è una citazione di Fidel Castro tratta dal discorso inaugurale della prima Conferenza Iberoamericana a Guadalajara, Messico, il 18 luglio 1991, quando disse: “Non siamo mai riusciti a raggiungere i nostri obiettivi con le nostre sole forze, nonostante le immense risorse della nostra natura e l’intelligenza dei nostri popoli. Potremmo essere tutto e non siamo niente..”. Quella descrizione inquadrava chiaramente la situazione che vivevano i paesi latinoamericani e caraibici all’inizio degli anni 90 del secolo scorso, quando si era appena superato il decennio dominato dal modello economico neoliberale, quello propagandato come “la soluzione ai problemi del sottosviluppo di questa regione” dimostratosi incapace di soddisfare nessuna delle attese create, ben capace, invece, di sprofondare la regione ancor più nel sottosviluppo che l’ha caratterizzata in tutto il suo divenire storico. Molte delle peculiarità della realtà della Nostra America di oggi, che saranno esposte in queste pagine, nascono proprio dalle deformazioni create dall’impiego di quel modello economico.

 

Questi appunti introduttivi ci lasciano in presenza di una regione che presenta una crescita macroeconomica fragile che non produce sviluppo, laddove per sviluppo intendiamo la soddisfazione delle necessità sempre crescenti della popolazione tutta e non di una piccola parte di essa. E’ semplice rispondere alla domanda: Perché la leggera crescita macroeconomica di questa regione non propizia nessun sviluppo? E’evidente che il soggetto beneficiato dai successi economici regionali è l’insieme delle Imprese Transnazionali (ETN) che sono riuscite a imporsi in America Latina e Caraibi (ALC), organizzando gli interessi e le necessità delle economie della regione solo sulla base dei loro interessi particolari, al cui interno non c’è traccia dell’autentico sviluppo dei nostri popoli. Questi elementi hanno condotto l’area alla totale dipendenza dal capitale straniero, se teniamo in conto che la maggioranza delle ETN qui presenti appartengono ai principali centri economici, vale a dire Stati Uniti, Unione Europea e Giappone. Bisogna ricordarsi che da queste parti non si è avuto il noto processo di accumulazione originaria del capitale avvenuto in Europa. Ciò ha facilitato il cammino delle ETN nell’imporre le loro condizioni; come ci insegna il detto di José Martì: “Chi compra comanda, chi vende serve”, la sostanza dei negoziati fra le ETN e le oligarchie nazionali dell’ALC, infatti, è tutta qui.

Un altro degli elementi caratteristici dell’economia latinoamericana e caraibica attuale è il regresso della regione nella partecipazione al mercato mondiale. Ciò si evince chiaramente dagli indicatori offerti dalla Commissione Economica per l’America Latina e Caraibi (CEPAL), che dimostrano come il 7,2% della partecipazione della regione al Prodotto Interno Lord (PIB) globale verso il 1980 è calato del 6,1% nell’anno 2010. Nello stesso anno la partecipazione dell’ALC nel commercio globale è stata del 4,6%, quando agli inizi del decennio era del 5,5%.

L’aumento della privatizzazione, il galoppante indebitamento e gli alti livelli di disoccupazione accompagnati dalla proliferazione dell’economia sommersa, sono i tratti distintivi dell’area oggi.

Quanto al problema del debito estero dobbiamo ricorrere a quanto dichiarato da Fidel Castro nel 1985 al discorso inaugurale dell’incontro sul debito estero dell’America Latina e dei Caraibi, svoltosi nel Palazzo dei Colloqui il 3 agosto: “Il debito estero è incalcolabile e non può essere pagato”. All’epoca la regione latinoamericana aveva un indebitamento totale che arrivava a 250 milioni di dollari, cifra quadruplicatasi nei 25 anni trascorsi da quella data ad oggi, quando il debito

arriva a più di 1.000 milioni di dollari.

Eppure quest’area può produrre alimenti per tre volte la sua popolazione, con bambini denutriti e che muoiono di fame anche in Argentina - una delle economie più forti dell’area - pur producendo carne per 120 milioni di abitanti, tre volte di più della sua popolazione (circa 40 milioni di persone). Ecco l’enorme differenza fra la ricchezza potenziale e quella generata. La CEPAL ci mostra che il 34% della popolazione vive in povertà e il 13,7% vive nell’indigenza. Per farsi un’idea di ciò che significano queste cifre dobbiamo considerare che la popolazione totale dell’ALC è di circa 588 milioni di abitanti e di questi circa 200 milioni sono in povertà, più di 80 milioni nell’indigenza.

La disoccupazione, insieme alla povertà, scatena un’ondata di violenza che negli ultimi 10 anni ha prodotto 1,2 milioni di morti, inoltre, il 27% dei decessi violenti registrati nel 2010 a livello planetario, sono avvenuti proprio in quest’area, seppure la popolazione non arrivi al 9% della popolazione mondiale. Ma non basta, gli omicidi sono il 25,3% ogni 100.000 abitanti, il più alto tasso di omicidi del mondo.

La povertà, la disuguaglianza e la mancanza di opportunità nella stragrande maggioranza dei paesi dell’ALC sono i volani di questa criminalità assassina, aggravati da narcotraffico e traffico illegale di armi, le violente favelas occupate dalla polizia militare, i massacri in Messico, i desaparecidos in vari luoghi della geografia latinoamericana, gli assassini e i massacri in Colombia, paese dove si uccide il 60% dei sindacalisti e il maggior numero di giornalisti al mondo.

Una altro elemento distintivo dell’ALC è la diseguale distribuzione della ricchezza prodotta; si può notare che negli ultimi due anni i latinoamericani ricchi sono aumentati più che in qualunque altra regione del mondo, crescendo del 15% nel 2010 e facendo arrivare gli individui ricchi a 500.000 contro 200 milioni di poveri,

Ci si può chiedere come mai con solo il 7,4% di disoccupazione, meno della percentuale degli Stati Uniti nel 2010, vi sia questa caotica situazione di povertà, violenza e disuguaglianza? Se usiamo la storia come valido strumento di analisi scopriamo che non si tratta di un problema dell’attualità, le radici del problema si trovano nel passato, problema che si acutizza al presente e persisterà nel futuro se i popoli latinoamericani e caraibici non prenderanno in mano le redini del loro destino.

Alla situazione sopra descritta, si aggiunge l’odierna crisi strutturale e sistemica del capitalismo che a partire dal 2008 l’ha ancor più aggravata. Il PIL dell’ALC dal 2004 presentava una crescita stabile tra il 4 e il 6%, secondo i dati CEPAL alla fine del 2009 è diminuito dell’1,8% colpendo alcuni paesi più di altri, come successo pesantemente in Messico (-6,7). Si consideri che siamo alla presenza di un macroindicatore economico che (nonostante la crescita del 2004 pari al 4,1%) non riflette la condizione di tutti i paesi della regione, perché calcolato soltanto sulla base delle principali economie. Nel 2009 gli Investimenti Stranieri Diretti (IED) sono diminuiti del 42%, passando da 93.524 milioni di dollari (nel 2008) a 65.269 milioni di dollari. Gli IED sembrano essere la soluzione più semplice per ALC, essendo questa regione dipendente in buona parte dagli investimenti di capitali stranieri (si ricordi che il ruolo di quest’area è stato quello di contribuire all’accumulazione originaria di capitali avvenuta in Europa) anche se in forma diretta nella stragrande maggioranza non contribuiscono allo sviluppo reale dei popoli latinoamericani, perché non rispondono agli interessi endogeni della regione. Un altro elemento è il fatto che la maggioranza degli investimenti degli IED nell’ALC si concentrano in settori che riproducono questi capitali in brevi periodi, tornando immediatamente nelle mani degli imprenditori transnazionali senza ricadute in loco. Un esempio di questi investimenti sta nello sfruttamento delle risorse naturali, con mano d’opera a basso costo e infrastrutture destinate soltanto alla lavorazione delle risorse sfruttate e al loro trasporto. Va detto che IED e ALC non hanno sempre lo stesso tipo di rapporto; in America Centrale il rapporto è molto più favorevole, tranne in El Salvador, i cui indicatori mostrano una decrescita al pari delle isole caraibiche (- 18%), il che mostra ancora una volta le diversità fra le tre sub regioni che compongono la Nostra America.

L’Inflazione in ALC è un altro elemento aggravato dalla crisi e produce l’aumento dei prezzi dei generi alimentari a fronte di una decrescita del potere d‘acquisto della maggioranza della popolazione. Secondo la FAO, L’Organizzazione Regionale dell’ONU per l’Agricoltura e l’Alimentazione, in 16 paesi dell’ALC sono aumentati i prezzi di pane, pasta, tortillas, cereali, olio, grassi e zucchero. C’è anche stato un calo delle esportazioni (-24%), una decrescita del 15% in termini di scambi commerciali e una sostanziale diminuzione dei prezzi delle materie prime nel 2009. La crisi negli Stati Uniti ha poi fatto calare le rimesse verso l’ALC del 15%, causando nel 2009 effetti gravi in El Salvador e Puerto Rico; più della metà della popolazione di questi paesi risiede negli USA e invia ai propri famigliari denaro che nella totalità supera la metà del PIL di ciascuno di questi paesi.

Quest’asfissiante situazione economica e sociale ha creato un panorama politico senza precedenti.

La regione, che negli anni era percorsa da una cosiddetta ”ondata democratica” che permise di lasciare al passato, anni di dittature militari, oggi sembra procede rapidamente verso diverse direzioni, formando un mosaico politico di grande importanza.

Dal trionfo del movimento “V Repubblica” nelle elezioni venezuelane del 1999, il cui lider è Hugo Rafael Chávez Frías, è cominciata una fase caratterizzata da un lato da governi di nuovo tipo, dall’altro, al ritorno a “sistemi democratici”, poiché in alcuni casi, là dove si era riusciti a raggiungere dei governi progressisti, si è tornati a tendenze tradizionaliste. Vi sono paesi dai governi nazionalisti, riformisti e rivoluzionari, prodotti da movimenti o partiti che propongono soluzioni diverse dalle consuete democrazie. In questo scenario sono apprezzabili paesi come Brasile, Uruguay, Paraguay, Argentina, El Salvador e Perú - dopo la recente vittoria di Ollanta Humala - che scommettono su soluzioni nazionaliste o riformiste accompagnate da politiche sociali più solide o più blande in base al contesto di ciascun paese. Vi sono anche soluzioni più radicali, sono i casi di Venezuela, Bolivia, Nicaragua ed Ecuador, che attraverso sistemi diversi puntano a sistemi sociali di tipo nuovo, diversi dall’esempio del socialismo dell’Europa Orientale, cui si è dato il nome di “Socialismo del secolo XXI”. In questi paesi - diciamo nazionalisti, riformisti o rivoluzionari - troviamo uno scenario di resistenza e lotta dei popoli verso il modello economico neoliberale che in ogni caso implica il cambiamento del sistema economico dominante. Qui confluiscono pure le forze di paesi che scelgono le soluzioni delle note “democrazie rappresentative”, che non hanno saputo risolvere i problemi di povertà e disuguaglianza, è il caso di Messico, Costa Rica, Panama, Colombia, Cile e Honduras. Quest’ultimo paese nel 2009 ha subito un colpo di stato che ha deposto il presidente Manuel Zelaya - un nazionalista - e ha imposto Porfirio Lobo, rappresentante della tradizionale democrazia”.

Oggi i popoli latinoamericani e caraibici sul piano economico, sociale e politico convergono su un consenso diffuso circa l’integrazione come formula per superare la catastrofica realtà vigente, il che non significa, però, che vi sia, consenso sul modello d’integrazione da seguire.

 

 

L’integrazione latinoamericana e l’ALBA

Msc. José Alberty Anesto

“L’esperienza del lungo e doloroso cammino percorso nella storia ci insegna che abbiamo solo un’alternativa: unirci, lottare e vincere”.

Raúl Castro Ruz

Discorso alla IX Conferenza ALBA-TCP. Aprile 2010. Caracas. Venezuela.

 

Il Partito Comunista di Cuba, nel suo recente VI congresso, ha approvato un documento miliare per il presente e il futuro della nostra Patria: “Linee di politica economica e sociale del Partito e della Rivoluzione”. Nei punti 114 e 115 si definisce la politica verso la questione dell’integrazione economica.

La linea 114 dice: “Dare priorità alla partecipazione nell’Alleanza Bolivariana per i Popoli della Nostra America (ALBA), e lavorare celermente e intensamente nel coordinamento, cooperazione e integrazione economica a corto, medio e lungo periodo, per il raggiungimento e il consolidamento degli obiettivi economici, sociali e politici che promuove. “

In particolare nella linea 115 enuncia: “Continuare la partecipazione attiva all’integrazione economica con l’America Latina e i Caraibi, come obiettivo strategico, e mantenere la partecipazione agli schemi regionali d’integrazione commerciale in cui Cuba è riuscita ad articolarsi: Associazione Latinoamericana d’Integrazione (ALADI), Comunità dei Caraibi (CARICON), Associazione di Stato Caraibico (AEC), PETRO CARIBE e altri; e continuare a rafforzare l’unità fra i suoi partecipanti.

 

Dati questi concetti come prologo, diamo uno sguardo ai principali avvenimenti d’integrazione in America Latina e Caraibi, compresi i suoi fallimenti, dalla fine della prima metà del XX secolo fino a oggi.

Negli anni 40 lo strutturalismo e il positivismo comparvero nella ricerca dello sviluppo industriale capitalista e verso una divisione internazionale del lavoro più integrale in senso capitalista.

 

Per questo acquisisce vigore, a fronte della crisi del commercio estero latinoamericano,dello sviluppo verso l'esterno, il dibattito sulla crescita interna e sull’ Industrializzazione Sostitutiva delle Importazioni. La proposta della Commissione Economica per l'America Latina (CEPAL), prevedeva l'aggiornamento dello stato per promuovere la trasformazione della struttura produttiva, finalizzato ad acquisire attraverso l'industrializzazione nazionale le risorse necessarie per promuovere l'accumulo e lo sviluppo. Si è reso dunque evidente che a tal scopo era necessario modificare le strutture vecchie di centinaia di anni e fortemente bloccate. Per fare solo un esempio, veniva richiesto una profonda riforma agraria integrale, considerata impossibile dalle oligarchie nazionali.
Nei primi anni sessanta del secolo scorso, viene riconosciuta la necessità di una proiezione di crescita dei mercati nazionali per massimizzare l'efficienza del modello di industrializzazione sostitutiva delle importazioni, e si ricerca una maggior integrazione economica delle nazioni . A tal proposito, nel 1960, nasce l’Associazione latinoamericana del Libero Commercio, con l'obiettivo di instaurare un'area di libero scambio che dia le fondamenta al mercato Comune Regionale; a questo disegno, sempre nel 1960,  si aggiunge la creazione del Mercato Comune Centroamericano che pone al centro della sua agenda politica il raggiungimento di una tassa sulle esportazioni comune e raggiungere la libera circolazione di merci e persone tra gli stati membri.
Tutto ciò dimostra l'enfasi che si dava all’integrazione basata sulla sua dimensione commerciale, prescindendo dalle implicazioni a livello politico, sociale e culturale che caratterizzano questi processi. Dopo un periodo di stagnazione del processo di integrazione, si forma nel 1969 il Gruppo Andino e nel 1973 la Comunità dei Caraibi.
Fino a quel momento, lo slancio integratore era focalizzato sul modello di sostituzione delle importazioni, che con tutte le sue contraddizioni implicite ne determinarono il fallimento dei suoi obiettivi.
Quel processo non ebbe successo perché se l’integrazione viene sostenuta solo come uno strumento per fare affari, ignorando i problemi socio-economici dei popoli e se altri problemi sociali sono esclusi dalle analisi, senza dubbio interessi anti nazionali sosterranno quel modello.

 

Questa teoria di sviluppo si diffuse in un periodo in cui gli Stati Uniti stavano consolidando il loro sistema egemonico di dominazione nella nostra regione attraverso la creazione dell'Organizzazione degli Stati Americani (OEA-1948), il Trattato Interamericano di Assistenza Reciproca (TIAR-1947) ed altri meccanismi, sostanzialmente con l'obiettivo di riformulare nuove relazioni inter-americane basate sulla subordinazione e la consegna, mani e piedi, della Nostra America.
Proseguendo, abbiamo intenzione di riassumere alcuni schemi di integrazione regionale in cui si evidenzia il tortuoso cammino e l'efficacia limitata dei processi integrativi.
Nell’Associazione latinoamericana di Libero Scambio ( ALAC-1960 ) emerge chiaramente la concezione di questo schema come via per integrare le economie dei paesi membri attraverso l'eliminazione delle barriere al commercio fino alla loro definitiva abolizione. In questo progetto furono investiti molti sforzi, risorse umane e materiali, ma nonostante l’evidenza della sua convenienza, tanto politica quanto economica, molti fattori limitarono i progressi in questa direzione culminando nel suo collasso.
L'Associazione Latinoamericana di Integrazione (ALADI-1980) nasce a seguito del fallimento del del suo predecessore, l’ ALALC, e si sviluppa nella tappa di integrazione neoliberale ragionando quindi in termini essenzialmente economici ed il progetto rispecchia la stessa idea dei paesi che ne fanno parte , che è quella di promuovere l’inserimento latinoamericana nel mercato mondiale.

Ma la sua crescita non è andata aldilà della dimensione economica di integrazione e l'assenza di impegni a favore di uno sviluppo equo dei suoi membri, la vaghezza degli obiettivi ed altre contraddizioni lo hanno portato a condividere lo stesso destino dell’ALALC.

Il Mercato Comune del Sud (MERCOSUR-1994) riflette la concezione neoliberista, e dimostra come questo tipo di integrazione abbia prevalso negli ultimi anni in America Latina. Esso promuove l'apertura delle economie dei nostri paesi e la libera azione delle multinazionali, partendo dal presupposto teorico che in questo modo crescerà la competitività e l’inserimento nei mercati globali sarà garantita. Questo è un errore, perché tutto il processo di integrazione neoliberale si focalizza sulla ricerca dell'eliminazione delle barriere commerciali, la creazione di zone di libero scambio e unioni doganali in modo da beneficiare le oligarchie nazionali globalizzate e i governi che si servono di loro.
Per tutte queste ragioni siamo d'accordo con il Dr. Osvaldo Martinez, direttore del CIEM, in relazione agli insegnamenti da trarre dalla storia ed il fallimento dell'integrazione neoliberale, sottolineando che:

 

1. la creazione di un’integrazione regionale, non può essere realizzata con gli Stati Uniti. Il governo degli Stati Uniti ha nel suo progetto egemonico di dominio emisferico, l’integrazione della regione come una zona sicura di sfruttamento economico e commerciale, fornitore di petrolio, gas, acqua, biodiversità e sito di basi militari.
2. L'integrazione non può essere diretta dalle classi oligarchiche della regione. Queste oligarchie globalizzate non possono dirigere null’altro che fughe di capitali e opposizioni a qualsiasi governo o movimento popolare che si ponga a capo dell’area.
3. Il processo di integrazione non può essere ridotto soltanto agli aspetti economici, deve invece porsi la priorità di ridurre i mali sociali. Il sociale non può venire dopo l’economia. Il debito sociale che sovrasta la regione in termini di povertà, salute, istruzione, sicurezza sociale e occupazione, deve essere una priorità.
4. L'integrazione non può essere ridotta solamente allo sviluppo del commercio, nè misurare i propri progressi sulla base della crescita dello scambio commerciale. Se si consente al mercato senza regole, di decidere il corso della bilancia commerciale, lo scambio ineguale può generarsi anche tra i diversi gradi di sottosviluppo a danno dei più poveri tra i poveri.
5. Un fattore strategico per l'integrazione regionale è costituito dalla disponibilità, nella regione, del petrolio e dei suoi derivati, poichè nell’attuale ordine mondiale questo prodotto rimane la base energetica principale.
6. L'integrazione deve dotarsi di armi mediatiche per spezzare il monopolio delle immagini e dell’informazione delle multinazionali, moltiplicando a proprio favore i vantaggi linguistici e le affinità culturali tra i paesi latinoamericani.
7. Dobbiamo cogliere gli spazi di potere politico affinchè le forze di sinistra o altre forze politiche interessate a creare un’integrazione reale, controllino la regione e in questo modo tessere azioni di cooperazione, stabilendo modelli di complementazione.
8. L'integrazione di cui necessita la Nostra America è una sfida verso l'immaginazione e la creatività. Non è libro scritto come un manuale per l'integrazione latinoamericana, che pretende includere tutti e qualsiasi contenuto, tecniche e possibilità della regione.
9. Il segno distintivo del tipo di integrazione di cui abbiamo bisogno, deve essere la solidarietà e la cooperazione. Nella lunga e tortuosa strada per l’ integrazione latinoamericana, da più di 50 anni, la solidarietà e la cooperazione sono state rare eccezioni, appena visibili dietro la retorica che richiama la cooperazione a scopo di lucro, chiamando solidarietà sporadiche e brevi esercizi di carità messi in campo per propagandare un’immagine.

 

Un altro progetto d’integrazione regionale che non è latinoamericano ma statunitense è l’ALCA (Alleanza per il Libero Commercio delle Americhe) lanciato dall’allora presidente degli USA, Willian Clinton nella Prima Conferenza delle Americhe svoltasi a Miami nel 1994, al fine di stroncare il mercato latinoamericano a beneficio del mercato statunitense, che così sarebbe stato libero di penetrare le economie di queste nazioni legandole a sé. L’ALCA avrebbe creato uno strumento di dominazione in più e avrebbe procurato la disintegrazione dei progetti latinoamericani che sono stati conosciuti fino ad ora. Nell’ALCA l’aspetto sociale è del tutto ignorato; non è previsto alcun sistema di garanzie e prevenzioni sociali; i Trattati di Libero Commercio (TLC) auspicati dall’ALCA dimostrano che si vuole l’uso più esteso di forza lavoro a basso costo e del tutto priva di protezioni; non c’è alcun intenzione di creare posti di lavoro produttivi né si prevede di alzare il livello scolare, pur in presenza di diffuso analfabetismo, tantomeno ci si cura dell’ambiente.

Per raggiungere l’obiettivo, gli USA hanno messo in campo vari piani che creano uno schema di dominazione in cui diversi elementi si integrano fra loro: il Piano Puebla - Panamá, il Piano Colombia, l’Iniziativa per la Regione Andina, veri cavalli di troia dell’ALCA, che insieme ai TLC disegnano un autentico schema di disintegrazione regionale.

Nonostante le difficoltà dell’integrazione latinoamericana, questa non è certo un cadavere, lo dimostra la resistenza contro l’ALCA e la sconfitta del progetto concepito dai suoi padri fondatori. Il terreno per questa resistenza è reso fertile dallo sfruttamento, dal debito accumulato, dal sangue e dal sudore versati in questo continente dalla Rivoluzione Cubana fino ad ora, per coronare l’idea martiana di “dichiarare la nostra seconda indipendenza”.

 

Il 14 dicembre 2004 viene creata all’Avana l’Alleanza Bolivariana per i popoli d’America (ALBA) con l’accordo fra Venezuela e Cuba e la firma dei presidenti: Hugo Chávez e Fidel Castro.  Per la prima volta nelle nostre terre si proponeva un modello, che dallo sviluppo endogeno, vuole risolvere i problemi sociali accumulati da secoli e che si pone in modo diametralmente opposto agli interessi delle oligarchie dominanti e del’imperialismo nordamericano.

 

Ora, non si pretendevano contrattazioni o competizioni sleali, si tratta di complementarità, della vera cooperazione sotto il manto della solidarietà più autentica. Eravamo entrati, decisamente, in una fase di integrazione latinoamericana qualitativamente più elevata.
Successivamente sono entrati a far parte dell’ALBA, la Bolivia (2006), Nicaragua (2007), Dominica (2005), Honduras (2008), Antigua e Barbuda (2008), St. Vincent e Grenadine (2009) e Ecuador (2009). Nel caso dell'Honduras dopo il golpe contro il presidente Zelaya, i golpisti si sono ritirati da questo accordo, che è attualmente composto da otto membri.
L'ALBA è diventata una valida alternativa per l'integrazione del Sud ed ha contribuito alla creazione di un mondo multipolare da contrappeso all'egemonia nordamericana e degli altri poli di potere imperialista, pertanto, risulta fondamentale il progredire nella costruzione di questa proposta che apre la via per l'emancipazione sociale e politica dei popoli della Nostra America.
L'ALBA ha risposto alla domanda storica di quale tipo di integrazione necessitiamo in maniera imprescindibile e che non richiede necessariamente di uno spazio economico comune, ma sia invece una condizione per lo sviluppo dell'America Latina, che sia il prodotto di una volontà politica degli Stati partecipanti sulla base di un ampio consenso, che lo sviluppo sia sostenibile, che possa cioè, essere preservato, che privilegi le questioni sociali, senza perdere di vista la prospettiva marxista che "il diritto non può superare la base economica che lo sostiene ", che l'integrazione riconosca i diritti dei popoli indigeni, che non possa essere concepita ai margini delle economie più deboli, che devono invece partecipare al processo, ricevendo un trattamento speciale e differenziato.

E, soprattutto, cosa più importante, che questa necessaria integrazione in America Latina potrà essere raggiunta solo con una tenace lotta contro i desideri imperialisti e separatisti degli  USA!

 

L’ALBA sostiene la diversificazione dei partner commerciali nello specifico, ed economici in generale, un maggiore sfruttamento delle economie di scala che contribuisca all'espansione e la regolazione dei mercati, nazionali e globali, e una ridotta vulnerabilità economica, in particolare rispetto ai fattori esterni e infine un maggior potere contrattuale della regione con il resto del mondo.
L’ALBA promuove l'eliminazione della povertà estrema, la graduale eliminazione delle disuguaglianze e asimmetrie tra i paesi, aiuta ad eliminare o alleviare l'onere del debito estero così come si propone di eliminare gli ostacoli che pregiudichino l’accesso alle informazioni, alla conoscenza ed alla tecnologia. Stimola inoltre la costruzione di sistemi democratici e partecipativi senza interferenze esterne, riconoscendo le peculiarità nazionali, il rafforzamento degli Stati nazionali nella guida del percorso dei paesi, senza ingerenza alcuna da parte di forze esterne di disturbo.
L’ALBA è l'unico progetto di integrazione che non ha visione sub regionale dal momento che è già stata sposata da paesi di tutte le regioni dell'America Latina e dei Caraibi.
Questo meccanismo di integrazione adotta un contenuto concettuale riassumibile nel seguente nucleo fondamentale :
"..... Il commercio e gli investimenti non possono essere concepiti come fini a se stessi, ma strumenti per raggiungere uno sviluppo equo e solidale; condizioni differenziate al fine di poter  tener conto del diverso livello di sviluppo delle economie di ogni singolo paese; la complementarietà economica e la cooperazione tra i paesi partecipanti; la promozione degli investimenti di capitale latinoamericano nella stessa America Latina e Caraibi ".
A questo proposito e per rafforzare ulteriormente questi elementi di base il presidente di Cuba, Raul Castro Ruz, alla cerimonia di commemorazione del decimo anniversario dell'accordo di cooperazione globale tra il Venezuela Cuba tenutosi a L'Avana l'8 novembre 2010, ha espresso molto chiaramente i concetti fondamentali dell’integrazione latinoamericana e particolarmente dell'ALBA, affermando:

La solidarietà va intesa come l'impegno a sostenersi a vicenda e realizzare sforzi comuni, per raggiungere uno sviluppo sostenibile così come la cura delle comuni necessità emergenti, secondo le proprie possibilità e responsabilità condivise.
La cooperazione, come volontà di consolidare le relazioni, orientate allo sviluppo di progetti comuni ed  alleanze strategiche nel reciproco interesse.

Complementarità, intesa come l’ impegno di individuare e sviluppare progetti comuni che consentano l'integrazione e la sinergia delle comuni capacità in base alle potenzialità e agli interessi comuni.
La reciprocità, come obbligo di stabilire una relazione basata sull’equità delle prestazioni, tenendo conto delle differenze e dei principi di correttezza e buona fede.
Sostenibilità, intesa come impegno per individuare e sviluppare progetti di cooperazione, orientati a realizzare uno sviluppo sostenibile dal punto di vista economico, sociale e ambientale.
La sovranità tecnologica, riconosciuta come il diritto di ogni Stato a decidere sul proprio sviluppo tecnologico attraverso l'utilizzo del proprio potenziale, con l’obiettivo di  cambiare gli attuali modelli di dipendenza e consumismo garantendo e soddisfando le esigenze dei rispettivi mercati nazionali dell’ALBA e dei paesi della regione.

L'unione economica, intesa come costruzione di uno spazio all'interno del contesto politico dei paesi dell'ALBA, che permetta di  presentarsi come un blocco al cospetto delle istituzioni di altre nazioni o di altre simili entità.

 

Seppur nella sua ancora breve esistenza, l'ALBA è passata attraverso innumerevoli ostacoli, sia interni che esterni, rimanendo nel mirino dell’ impero che la vuole distruggere; ciononostante, i risultati ottenuti in così poco tempo, mostrano la spinta di questo nuovo schema integrativo.
Fin dalla sua nascita l'ALBA ha alimentato tutti i suoi principi e concetti fondamentali per il raggiungimento di una struttura articolata e decisa al fine di raggiungere rapidamente un posto rilevante nella realizzazione di risultati concreti, a differenza di altre organizzazioni caratterizzate da parole vuote e promesse non mantenute.
Per raggiungere questi obiettivi, l’ALBA iniziò a partire dal V vertice tenutosi a Barquisimeto (Venezuela) nei giorni 28 e 29 aprile 2007, un processo di istituzionalizzazione per portare a compimento, in maniera pianificata e funzionale, tutti i propositi condivisi sin dalla sua fondazione.
Tra le decisioni più importanti si evidenzia la creazione di una struttura organizzativa diretta da un Consiglio dei Presidenti, affiancato da un consiglio dei Ministri e da un Consiglio dei Movimenti Sociali, segno dei tempi del cambiamento nella Nostra America. Allo stesso modo è stata creata una segreteria permanente, con sede a Caracas, composta da sette commissioni di lavoro che affrontano rispettivamente, i seguenti aspetti: politica, economia, sociale, energia, gioventù, investimenti e  finanze e ambiente.
Ma l’aspetto più importante e fondamentale di quell’incontro è stata l'adozione e l'attuazione di 13 progetti “Gran Nacional”  grazie ai quali si materializzano i sogni di raggiungere una vera integrazione.

Qui di seguito elenco questi progetti ed i loro obiettivi:


1. Istruzione: raggiungere l'alfabetizzazione di tutti i paesi membri e di altri non membri, così come l'istruzione universitaria e il lavoro produttivo.
2. Cultura: Sviluppo di un Fondo Culturale dell'ALBA e apertura delle Case dell'ALBA nelle capitali dei paesi membri.
3. Commercio equo e solidale: creazione di imprese per le forniture industriali, le importazioni e le esportazioni, creazione di reti attività commerciali, magazzini e commercializzazione delle produzioni. Realizzazione di Expo Internazionali dell’ALBA e creazione di un centro di ricerca, studio e progettazione per migliorare le capacità produttive.
4. Finanza: creazione di un fondo economico di cooperazione ed investimento produttivo. Il Venezuela ha versato 250 milioni di dollari e il contributo degli altri membri è ancora aperto.
5. Alimentazione: Creazione di una Banca dell’alimentazione e di una azienda di produzione alimentare.
6. Telecomunicazioni: Sarà creata una organizzazione transnazionale per il rafforzamento di Tele Sur.
7. Trasporti: Implementare le misure necessarie allo sviluppo del trasporto via aria, mare e terra.
8. Sanità: Promuovere l'Operazione Miracolo in tutta l’America Latina e tutti i progetti dedicati alla sanità ed alla ricerca per l'individuazione di malattie e malformazioni.
9. Turismo: Sviluppare il turismo in tutti i paesi membri per favorire l’occupazione.
10. Settore minerario: potenziare questo settore con imprese moderne per incrementare l'estrazione sicura e affidabile di minerali e la cura adeguata dei loro lavoratori.
11. Industria: favorire lo sviluppo industriale attraverso la creazione di imprese che promuovono l'industrializzazione delle nostre economie.
12. Ambiente: dare impulso ad una gran campagna di sensibilizzazione per la tutela della Madre Terra e creare una regolamentazione a favore della  protezione della nostra biodiversità rispettando le popolazioni indigene che la abitano.
13. Energia: istituire un Accordo Energetico per migliorare le condizioni attualmente esistenti tra i membri includendo Haiti. Inoltre, soddisfare tutte le esigenze di petrolio con il finanziamento del Venezuela per il 50% e il rimanente a condizioni vantaggiose e con un fondo dell’ ALBA. Si propone inoltre la firma di un trattato, che riguarderà l'esplorazione, l’estrazione e la raffinazione di petrolio e la costruzione di un gasdotto dei Caraibi fino a Cuba e Giamaica oltre che lo sviluppo di energia pulita.

 

La dichiarazione politica adottata da questo importante vertice, essenzialmente si basa su questi elementi:
- Si è pronunciata a sostegno di cambiamenti strutturali per portare l'economia e la politica al servizio dei popoli.
- Ha ribadito la decisione di rafforzare la costruzione dell’ALBA come alleanza strategica per raggiungere un grado di sviluppo comune.
- Ha insistito sull’ estensione del Trattato di Commercio dei Popoli (TCP) con scambi equo e solidali e la messa a punto di una strategia di sicurezza alimentare.
- Ha messo in evidenza che dalla Rivoluzione cubana ad oggi, l'ALBA è il primo sforzo storico per costruire un progetto globale latinoamericano da una prospettiva politica adeguata.

Il finale della Dichiarazione Politica afferma:
"Ratificare l'idea che il principio guida dell’ ALBA è la più ampia solidarietà tra i popoli, senza egoisti nazionalismi o restrittive politiche nazionali che possano opporsi all'obiettivo della costruzione della Patria Grande"
Molte di queste ambiziose prospettive , si sono arenate a causa dell'impatto della crisi globale, la quale ha costretto la messa in atto di alcuni cambiamenti e ritardi in talcuni casi. Tuttavia, nonostante gli impatti negativi per l'economia della regione, l’ALBA continua a rafforzare molti dei suoi progetti con una forte incidenza nel settore della sanità e nell'istruzione dei nostri popoli, come facilmente dimostrano i seguenti dati :
- Nel gennaio 2008 è stata creata la Banca dell’ALBA , al fine di agevolare il finanziamento per lo sviluppo di vari progetti e per altre necessità dei paesi membri, e costruire l'architettura finanziaria alternativa al sistema, creando le condizioni per rivoluzionare il sistema finanziario e monetario. Con un capitale iniziale di 1 miliardo di dollari, la Banca dell'ALBA, nella sua prima fase, sta finanziando 10 progetti sociali e cinque progetti gran nazionali nel settore alimentare, medico farmaceutico, energetico, educativo, culturale, sanitario e per l’assistenza dell’emergenza di Haiti dopo il terremoto del gennaio 2010.

-          E’ stato adottato il Sistema Unitario di Compensazione Regionale (SUCRE) il cui obiettivo principale, nella sua prima fase, è quello di facilitare gli scambi mediante la compensazione per i paesi in passivo,  mentre in futuro, il Sucre aspira a sganciarsi dal dollaro ed esserne una alternativa.

-         
- Il Sucre è entrato in vigore dal gennaio 2010 e immediatamente sono state registrate le prime transazioni tra Cuba e il Venezuela per circa 108.000 Sucre riguardanti l'invio delle prime 360 tonnellate di riso scambiati tra i due paesi, mentre analogamente Bolivia e Venezuela hanno scambiato cemento per asfalto, legname, materiale tessile e artigianato.
- Fino al 2010 nei paesi dell'ALBA oltre cinque milioni di persone hanno beneficiato dei progetti educativi, diretti da Cuba, "Sì io posso" e "Sì io posso continuare".


- Oltre 10.000 giovani latinoamericani con basso reddito, stanno studiando medicina a Cuba, presso l’ Elam ( scuola latinoamericana di medicina )  e fino al passato anno scolastico, 7.256 studenti provenienti da 45 paesi e 84 popoli indigeni si sono laureati a Cuba. Dal 2006, più di 2.000 laureati in medicina seguono corsi di specializzazione a Cuba. Dal primo giorno del terremoto ad Haiti, 260 medici provenienti da differenti 10 paesi hanno assistito le vittime, grazie all'aiuto dell’ ALBA.


- Fino al 2010, grazie all’ Operazione Miracolo, si è potuto restituire la vista a più di quattro milioni di pazienti di 35 paesi della nostra regione ed altre.


- A Cuba, si lavora allo sviluppo di un complesso petrolchimico, con un forte investimento che include  l'ampliamento della raffineria e del terminale di rigassificazione del gas naturale liquido, la costruzione di fabbriche di petrocase ( villette a schiera prefabbricate. Ndr ) , sacchi di polietilene e di fertilizzanti. Stiamo anche lavorando per ampliare la raffineria di Santiago di Cuba e la costruzione di una nuova raffineria a Matanzas. A questo si aggiunge la messa in funzione,prossimamente, del cavo sottomarino in fibra ottica tra Cuba e Venezuela per migliorare notevolmente il settore delle telecomunicazioni.

Questi ed altri risultati sono il frutto del lavoro coerente dell’ALBA nel contesto di un mondo globalizzato, asimmetrico ed esclusivo e mostra che dal Sud, e nel bel mezzo di una grave crisi economica mondiale del sistema capitalista, Sì si può !

Vorrei infine concludere quanto fin qui descritto dando  un rapido sguardo sul quanto sintetizzato.


- Il lungo e tortuoso processo di integrazione latinoamericano fu indiretto, incoerente e si muoveva nel quadro della contraddizione tra la debole difesa degli interessi nazionali delle oligarchie e la dipendenza dai centri imperialisti di potere, soprattutto dagli Stati Uniti.


- I sistemi di integrazione tradizionali si basano sul libero scambio, ma questa presunta libertà è limitata dagli interessi delle borghesie nazionali e dalle multinazionali che indirettamente determinano l'organizzazione di questi blocchi regionali.


- L'ALCA e il TLC ( trattato di libero commercio ) sono strumenti di dominazione dell'Impero, adattati alle nuove condizioni del neoliberalismo e,  lontani dal promuovere l’integrazione e il vero sviluppo indipendente, conducono la Nostra America all’annessione con gli Stati Uniti.

 

- Nell'analizzare la nascita e lo sviluppo dell’ALBA-TCP si può notare che non solo hanno aderito sempre più paesi, ma che la sua struttura è andata via via perfezionandosi e si pone come prospettiva di sempre maggior integrazione delle alte sfere a seconda dei consolidamenti dei processi di cambiamento dei paesi membri.


- L’attuale congiuntura economica dei paesi dell'ALBA rivela che siamo colpiti dalla crisi sistemica globale del capitalismo ma che questa non è esclusiva dei paesi dell'ALBA; tant’è che la ritroviamo in tutta l'America Latina, nei Caraibi e più in generale tanto nel mondo sviluppato come in quello sottosviluppato.

 


- Pertanto, questa situazione sfavorevole , richiede ulteriori sforzi dei paesi dell'ALBA a concentrarsi sull'economia in cerca di risposte efficaci, senza trascurare i programmi sociali.

- L’ALBA – TCP, per avanzare nel sociale, deve risolvere i problemi economici dei loro paesi lavorando alla creazione di:

 

- Grandi imprese nazionali in settori come la pesca, estrazione mineraria, dei   trasporti e dell'agricoltura.
- Rafforzamento della Banca dell'ALBA e del SUCRE come valuta di compensazione dei pagamenti.
- Multinazionali in diversi settori per le esportazioni.
- Imprese miste per la realizzazione di obiettivi economici e sociali, nonché la commercializzazione di forniture industriali, comprese le macchine per l'industria.
- Altri programmi economici che supportano il fine preposto.

 

Il principale pericolo per l'Alleanza è costituito dal governo degli Stati Uniti, poiché essendo un Impero, necessita delle ricchezze della regione, come le riserve d'acqua, la biodiversità e soprattutto gli idrocarburi.
Un altro pericolo per l'ALBA sono i processi elettorali fraudolenti e i colpi di stato, come quello dell'Honduras, che costituiscono una seria minaccia alla continuità dei processi democratici e rivoluzionari ed a quello di integrazione latinoamericana.
Una vera sfida è far fronte al fatto che la profonda crisi economica che investe il mondo possa far retrocedere su alcuni dei risultati raggiunti dall’ALBA e ostacolare le sue iniziative.

La destra latino-americana, aizzata dagli Stati Uniti proverà a capitalizzare a suo favore il malcontento generato dagli effetti della crisi nella vita quotidiana.
Non possiamo inoltre ignorare altre sfide che l'ALBA dovrà  affrontare come l'indebolimento dell'identità nazionale e latinoamericana prodotto dalla guerra mediatica intrapresa contro i nostri popoli, nel tentativo di condizionare menti e spiriti, attraverso stampa, radio, televisione, scatenate con gran forza sul continente.
Altri aspetti da affrontare includono la corruzione, la criminalità, la burocrazia e l'inflazione, che sono tra gli altri mali che minano le nostre società dal di dentro e rappresentano un terreno fertile utilizzato dalle destre e dagli Stati Uniti per delegittimare i processi democratici.

La voce dell’ ALBA è stata già sentita e continuerà ad essere sentita come un blocco sulla scena internazionale (vertice di Copenaghen), Vertice delle Americhe, vertice di Cancun, vertice di Trinidad-Tobago  ( OEA) contro i gruppi di potere. L'ALBA potrebbe contribuire alla creazione di un mondo multipolare come contrappeso all'egemonia nordamericana e degli altri poli di potere imperialista.
E 'fondamentale portare avanti progetti che dimostrino la solidarietà concreta, la cooperazione, la complementarietà delle economie della regione, mentre l'unità politica e militare pone in evidenza la  massima leninista secondo la quale “ una rivoluzione vale qualcosa se è capace di difendersi ”.

L’ ALBA, per raggiungere e mantenere la vera emancipazione e sviluppo economico, politico e sociale, deve riuscire a mantenersi e vincere le sfide sui rischi che ha davanti.

Riassumendo, anche se alcuni specialisti ritengono che dopo la guerra contro il terrorismo su scala globale, le relazioni tra Stati Uniti e America Latina, hanno perso rilevanza per la Casa Bianca, non dobbiamo mai dimenticare che nella continua bicentenaria percezione geopolitica e geoeconomica dell’establishment nordamericana, le nazioni a sud del Rio Grande continuano ad essere visti come " lo scudo e la spada per la protezione del potere globale degli Stati Uniti ", secondo quanto esplicitato dal  Documento di Santa Fe I.
…e dal momento che l’ALBA  è il più lucido e illustre tentativo di ciò che abbiamo denominato integrazione necessaria, gli Stati Uniti utilizzeranno contro questo progetto tutto l’arsenale politico, propagandistico e finanche  militare, per evitare il raggiungimento della nostra seconda e definitiva indipendenza ed a maggior ragione oggi  più mai, dal momento che, come ha detto Raul Castro, durante la preparazione della celebrazione di Caracas nel luglio 2011, per il vertice comunitario iniziale dei paesi dell'America latina e dei Caraibi-CELAC- “ il fatto istituzionalmente più rilevante nel nostro emisfero,  durante l’ultimo secolo, è che per la prima volta, tutti il i paesi a  sud del Rio Grande sono riusciti a riunirsi da soli ".

 

 

 

 

Il socialismo del XXI secolo: Avvicinamenti per un dibattito

Msc José Alberty Anesto

 

Dal titolo si capisce già dove vogliamo arrivare, cioè là dove sono più le domande che le risposte.

Sull’argomento è stato teorizzato molto, dalla semantica fino alla politica concreta passando dagli aspetti grammaticali (se deve essere “per” o “nel”), quando ciò che è davvero è importante, sono i propositi e l’analisi. L’altro scopo che ci proponiamo è di fornire l’insieme d’idee, opinioni, analisi con diverse sfumature ma con un fine concreto: arrivare a un’unità di comprensione del fenomeno evitando che il concetto di socialismo del secolo XXI non passi attraverso lo stesso tragitto già fatto da altri concetti, come democrazia, diritti umani, società civile, ecc., manipolati con ogni mezzo affinché al riguardo ci fosse un pensiero unico.

Cominceremo dunque con la Storia, quella con la S maiuscola, quella con cui i nostri progenitori ci hanno portato fino agli odierni cambiamenti della Nostra America.

Inizieremo con Simón Bolívar, che a proposito dei nostri popoli disse: “Il successo coronerà i nostri sforzi, perché il destino dell’America è irrevocabile, il legame che ci univa alla Spagna è stato tagliato.. Il velo è stato squarciato, abbiamo visto la luce e se non vogliamo tornare alle tenebre, rotte le catene, siamo liberi e i nostri nemici già pretendono di schiavizzarci di nuovo. . Noi siamo un piccolo genere umano: abbiamo un mondo a parte, circondato da mari diversi, di arti e scienze nuove, sebbene vecchi negli usi della società civile”.

Già nel 1861, l’11 gennaio, Benito Juárez dichiarò: “A ciascuno secondo le sue capacità e a ciascuna capacità secondo le sue opere ed il livello educativo. Così non avremo classi privilegiate o ingiuste preferenze. Il Socialismo è la tendenza naturale a migliorare le condizioni del libero sviluppo delle facoltà fisiche e morali”.

José Martí nel suo saggio “Nuestra América”, pubblicato il 30 gennaio del 1891 affermò: “Bisogna darsi da fare per governare bene, e il buon governante in America non è chi sa come si governa il tedesco o il francese, ma chi sa con cosa è fatto il suo paese e come guidarlo per arrivare, con i metodi e le istituzioni nate in quello stesso paese, alla condizione in cui ciascuno può fare uso dell’abbondanza della Natura messa a diposizione per tutti dal popolo che la feconda col suo lavoro e difende con le sue vite. Il governo deve nascere dal paese. La forma di governo deve nascere con la creazione del paese. Lo spirito del governo deve’essere quello del paese. Il governo non è che l’equilibrio degli elementi naturali del paese”.

Julio Antonio Mella nell’articolo pubblicato alla morte di Lenin il 21 gennaio 1924 affermò: “ Non vogliamo riprodurre fra noi brutte copie di rivoluzioni fatte in altri climi, non ne capiamo certe trasformazioni, in altri aspetti il nostro pensiero è più avanzato, ma saremo ciechi se negassimo il passo avanti compiuto dall’uomo nel cammino della liberazione.”.

E il peruviano José Calos Mariátegui, negli anni 30 del secolo scorso, dal suo punto di vista indoamericano disse: “Il socialismo in America non può essere calco né copia, ma creazione eroica”.

Con queste premesse possiamo capire qual è il compito di riflessione che abbiamo per creare una piattaforma storico-culturale che serva da base in questa fase di cambiamenti, o per dirla come Rafael Correa, Presidente dell’Ecuador, un cambiamento epocale – che, si sia d’accordo o meno con lui - dia risposte alle nuove situazioni che abbiamo di fronte.

Certamente, dobbiamo liberarci dallo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, ma per farlo in modo radicale, dobbiamo farlo dominando la bestia vi è in ciascuno di noi - espressione di J. Martì - e usare le facoltà dell’uomo a partire dalla capacità umana di associarsi. Quando l’uomo si sente accomunato agli altri lavora per il bene comune e vive più felice. Questo martello creatore, quello dell’unità, è l’elemento essenziale della rivoluzione nella riflessione martiana ed è quello della stessa rivoluzione culturale concepita da Fidel. E’ il modo più radicale e coerente di essere socialista come richiesto dal XXI secolo. Come ci disse l’apostolo [J. Martì Ndt] :“un popolo diviso è un popolo morto”.

Carlo Marx ha sempre enfatizzato l’opera dei lavoratori che si rendono degni di creare la società nuova con una lotta sempre in salita.

Secondo Ernesto Guevara per costruire il socialismo è essenziale costruire, contemporaneamente, i suoi nuovi mattoni: gli esseri umani nuovi.

Allora entriamo in questa avventura storica necessaria, indispensabile e ora improrogabile con una domanda che mobiliti grandi masse umane nelle nostre: Come costruire il socialismo nel XXI secolo senza che diventi un ricettario dei mali che già conosciamo?

L’autogestione della produzione è un elemento essenziale, giacché nella misura in cui le persone lavorano riproducono se stesse, per cui la necessità di cooperare è la sua seconda natura.

Bisogna eliminare l’egoismo e l’interesse personale a favore della comunità e della solidarietà.

Uno stato che si erge sulla sua società civile non potrà mai produrre persone che possano cambiare le circostanze o se stesse. Serve lo sviluppo cosciente di una società civile socialista. Non basta concentrarsi sullo sviluppo delle forze produttive, al centro stanno gli esseri umani e lo sviluppo delle istituzioni che permettano loro di trasformarsi. Il miglior esempio lo abbiamo nella costruzione del socialismo a Cuba, visto che è sopravvissuto al periodo speciale proprio facendo leva sui suoi successi e approfondendo le sue pratiche democratiche mediante assemblee e congressi della comunità dei lavoratori.

La vittoria della Rivoluzione Cubana sull’imperialismo nel Periodo Speciale non è che l’ultimo capitolo del socialismo del secolo XX e il primo capitolo del socialismo del XXI secolo.

Quali elementi di riferimento dobbiamo tenere presenti per costruire il Socialismo del XXI secolo senza che diventino un formulario vuoto?

La cosa fondamentale: la proprietà sociale dei mezzi di produzione, la base per la produzione sociale organizzata dai lavoratori per soddisfare le necessità e i fini comuni.

Qui sorge un’altra domanda: Cosa intendiamo per proprietà sociale?

 

Non coincide con la proprietà statale giacché può coesistere con:

a) imprese capitaliste di Stato

b) aziende statali che non siano organo di dominio di una classe burocratica

c) aziende in cui gruppi di lavoratori ricevono i benefici maggiori di questa proprietà statale.

 

La proprietà implica una democrazia profonda, una democrazia in cui le persone funzionano come soggetti, una condizione indispensabile per il pieno sviluppo dei produttori.

Il principale difetto che Carlo Marx ha individuato nel socialismo, ai suoi inizi, è stato l’egoismo che si eredita dal capitalismo dove tutti agiscono in funzione dei loro interessi personali e si sentono ingannati se non ricevono l’equivalente di ciò che credono di meritare. Certo, questo non è l’unico difetto, perché la nuova società è infettata intellettualmente, economicamente e socialmente dal patriarcato, il razzismo, la discriminazione, le disuguaglianze nell’educazione, la salute, la qualità della vita e altro. Quando si legittima l’idea che ottenere di più per uno corrisponde all’interesse di tutti si creano le condizioni propizie per il ritorno alla vecchia società. Il percorso socialista è un processo tanto distruttivo quanto costruttivo; distruzione di elementi della vecchia società che permangono ancora e la costruzione di nuovi esseri umani socialisti.

Allora..

Quali sarebbero gli aspetti più importanti del Socialismo del siglo XXI tenendo presente la prassi socio storica latinoamericana?

1. Le decisioni democratiche al posto del lavoro, direzione e supervisione capitalista.

2. La direzione democratica delle finalità dell’azione comunitaria

3. La produzione finalizzata a soddisfare le necessità invece delle merci per lo scambio

4. La propietà comune dei mezzi di produzione

5. Una forma di governo democratico, partecipativo e protagonista

6. La solidarietà basata sul riconoscimento della nostra comune umanità

7. L’obiettivo dello sviluppo del potenziale umano

 

Assumendo questi principi base per costruire la nuova società bisogna tenere conto dei seguenti aspetti senza che ciò diventi una formula compiuta, ma soggetta ad altre interpretazioni e suggerimenti:

 

Caratteristiche particolari di ciascun paese (storia, tradizioni, miti, eroi, capacità individuali ecc.).

Diversi punti di partenza (luoghi diversi con diversi livelli di sviluppo economico)

Diversi rapporti di forza (specialmente la forza di ciascuna classe sociale)

Il controllo e la trasformazione dello Stato come passo indispensabile (eliminazione del controllo capitalista per eliminare ogni minaccia di ritrono reale al capitalismo).

Necessità di creare un potere dal basso (lo stato deve essere trasformato e subordinato alle masse che lo hanno reso possibile, secondo il detto di Martí, “con gli oppressi bisogna fare causa comune per sostenere il sistema opposto agli interessi e abitudini degli oppressori”.

La pratica rivoluzionaria (le persone si trasformano in soggetti capaci di cambiare il proprio mondo).

Il socialismo non può cadere dall’alto, è un percorso di sviluppo umano.

Deve essere il frutto del lavoro della classe lavoratrice e di tutti i settori della società guidati dalle proprie avanguardie politiche, come ci disse Martí: “ignorano i despoti che il popolo, la massa dolente, è il vero capo delle rivoluzioni ”.

 

 

 

Conclusioni

Spesso la Rivoluzione è presentata come un’azione contraria alle elezioni, dimenticando i molti vincoli che i due fenomeni hanno intrecciato nel corso della storia. La recente ondata di governi progressisti, riformisti, nazionalisti e rivoluzionari ha dimostrato che nessun meccanismo elettorale annulla la protesta popolare.

Nelle nuove condizioni politiche, con una dinamica di mobilitazioni in cui compaiono nuovi soggetti, con rapporti di forza molto controversi, l’arena elettorale diventa un campo centrale di confronto contro le classi dominanti, preparando il terreno per trasformazioni progressiste.

Questa percezione si osserva in molti paesi della regione e si riflette nelle vittorie elettorali di correnti di sinistra.

 

Alcuni ideologi censurano da sinistra la partecipazione alle competizioni elettorali ritenendo che siano qualcosa che porta soltanto a mali e vizi, ma si tratta di una falsa lettura della realtà, di un’analisi antidialettica, giacché se s’interviene in modo adeguato il terreno elettorale può favorire l’azione rivoluzionaria invece che soffocarla. La sequela di vittorie contro la destra in Venezuela, Bolivia o Ecuador, illustra la funzione positiva di questa partecipazione che proietta una presenza abitualmente superiore della sinistra nella lotta sociale.

In sintesi, questo triennio analizzato dimostra che i rapporti di forza in America Latina per ora sono stati a favore della destra, sebbene vi sia una tendenza che fa presagire vittorie della sinistra in future elezioni, il che dimostra che in questa regione persiste un permanente campo di battaglia dove il nuovo s’impone sul vecchio e si creano migliori condizioni per la lotta, nell’anno in cui si commemora il bicentenario dell’inizio delle lotte per la prima indipendenza.

La storia recente offre e offrirà, l’opportunità di raggiungere la seconda indipendenza, lottando, così come l’hanno fatto i nostri padri fondatori.