Notiziario Patria Grande - Novembre 2023
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NOTIZIARIO NOVEMBRE 2023
TELESUR (VENEZUELA) / ESTERI / ELEZIONI IN ARGENTINA
Argentina, accendere una luce nel buio che avanza
TELESUR / OPINIONE / SCAPPATE, COMUNISTI DI MERDA
“Scappate, comunisti di merda”
Le minacce che segnano la celebrazione del trionfo di Milei in Argentina
DIARIOUCHILE (CILE) / ESTERI / ELEZIONI ARGENTINE, INTERVISTA AD ATILIO BORON
Atilio Borón su Javier Milei: “È una specie di profeta del neoliberismo”
RESUMEN LATINOAMERICANO (CUBA) / ESTERI / VENEZUELA
La Guyana Esequiba è venezuelana
TELESUR (VENEZUELA) / INTERNI / INGERENZA STRANIERA
Il Presidente del Venezuela denuncia campagna mediatica di ExxonMobil per ostacolare il referendum consultivo
TELESUR (VENEZUELA) / INTERNI / ESITO REFERENDUM SU ESEQUIBO
Il Consiglio Elettorale Venezuelano dichiara la vittoria del SI al referendum sull’Esequibo
TELESUR / ESTERI / COLOMBIA
Golpismo “lumpen” negli stadi
TELESUR / ANALISI / GLI STATI UNITI HANNO BISOGNO DELLA GUERRA
Medio Oriente: Gli Stati Uniti hanno bisogno della guerra
TELESUR / ANALISI / NAZISMO STRISCIANTE
Come va con la lotta al nazismo?
TELESUR / OPINIONE / MESSAGGIO DALLA CASA DE LAS AMERICAS
Tempi duri per tutti i popoli
Un messaggio dalla Casa de las Américas
GRANMA (CUBA) / ESTERI / RISOLUZIONE ONU CONTRO IL BLOCCO A CUBA
Il blocco è sempre lì, e la sua intenzione è uccidere
TELESUR (VENEZUELA) / ESTERI / ELEZIONI IN ARGENTINA
Argentina, accendere una luce nel buio che avanza
Tragedia in Argentina: Javier Milei eletto presidente.
Il secondo turno delle elezioni in Argentina ha dato la vittoria all’oppositore Javier Milei del gruppo La Libertad Avanza. Il candidato ultraliberale e di destra, ora eletto presidente, ha vinto il ballottaggio con il sostegno dell’ex presidente Mauricio Macri e dell’ex candidata PRO Patricia Bullrich, una fazione con la quale sicuramente co-governerà.
Comprendere il risultato di un’elezione di solito provoca un effetto catartico necessario per assorbire le sconfitte, ma comporta anche capacità di diagnosi per affrontarle. Vale allora la pena porsi tre domande: quali sono le motivazioni che hanno spinto la maggioranza dei votanti – il 76% delle liste elettorali – a farlo per un candidato che in altre circostanze non sarebbe arrivato così lontano? Cosa accadrà da qui in avanti con quel governo? e quali sono gli orizzonti più opportuni per pensare alle alternative future di fronte all’involuzione che questo management prevede?
L’inclusione che non abbiamo saputo realizzare
Il principio metodologico noto come “rasoio di Occam” sviluppato dall'omonimo frate francescano, afferma che “a parità di condizioni, la spiegazione più semplice è solitamente la più probabile”. In questo modo, la situazione socioeconomica molto difficile di ampi settori della popolazione e la necessità di sostituire i loro leader politici più visibili appare come inevitabile chiave di analisi.
Un tasso di povertà del 40% e di indigenza vicino al 10% (dati dell’organismo ufficiale INDEC) combinati con un galoppante aumento dei prezzi (più del 140% annuo) rappresentano un cocktail esplosivo che distrugge ogni tentativo di giustificazione.
La precarietà e l’informalità del lavoro sono diventate all’ordine del giorno, soprattutto tra i giovani. Chiunque cammini per le strade dell’Argentina è testimone delle migliaia e migliaia di persone che ricevono mance in cambio della sistemazione o del lavaggio dell’auto, che puliscono i parabrezza ai semafori, corrono per ore in moto e in bicicletta portando carichi sulla schiena, un lavoro diretto da piattaforme digitali trasportando passeggeri in incognito e illegalmente, o semplicemente elemosinando denaro o cibo.
Questa situazione insostenibile è il principale fattore che ha spinto le persone a sentire che era necessario un “cambiamento” nella gestione. Tuttavia, questa non è l’unica ragione che spiega la sconfitta del partito al governo, accusato dalla maggioranza – non senza una dose di semplicismo e in virtù dei ripetuti racconti mediatici ed elettorali – come il principale responsabile.
I responsabili occulti
In questo complotto distruttivo ci sono attori invisibili agli occhi del popolo, salutato dalla demagogia discorsiva come il “sovrano” della democrazia. Sono i grandi fondi di investimento speculativi e le multinazionali in cui il sistema capitalista sintetizza la sua voglia di accumulazione. Questi conglomerati esercitano una capacità di pressione e di svuotamento finanziario e morale che è ciò che innesca lo squilibrio e la capacità di sviluppo umano dei grandi gruppi.
In questa trama distruttiva ci sono attori invisibili agli occhi del popolo, salutato dalla demagogia come il “sovrano” della democrazia. Sono i grandi fondi di investimento speculativi e le multinazionali in cui il sistema capitalista concentra la sua voglia di accumulazione. Questi conglomerati esercitano una capacità di pressione e di svuotamento finanziario e morale che è il detonatore del disequilibrio e della capacità di sviluppo umano dei grandi gruppi.
Alla stessa stregua, non può essere ignorata in nessuna analisi la feroce lotta geopolitica in corso tra la potenza in declino ma ancora influente degli Stati Uniti d’America contro l’avanzata della Cina e altre potenze emergenti che rappresentano il rafforzamento di un mondo pluripolare. È fuori discussione che l'automatico allineamento di Milei con gli interessi statunitensi e la sua rivendicazione di un “mondo libero” è rivolto a quanti, senza apparire pubblicamente, gli hanno fornito sostegno in vari modi dall'estero.
Destrutturazione e cicli generazionali
Per molti, invece, il risultato elettorale è stato sorprendente visto il significativo sostegno che la candidatura di Sergio Massa ha raccolto da parte di istituzioni, partiti, movimenti sociali, realtà sportive e sindacali, gruppi diversi o personalità della cultura e della scienza, tra molti altri. Ciò rivela l’abisso che c’è tra la parte organizzata della società, che non è riuscita a influenzare sufficientemente un enorme gruppo che non si sente rappresentato e tanto meno guidato da quelle organizzazioni.
Succede che è in corso un processo poco menzionato dagli analisti politici, che è la destrutturazione dei legami sociali. Questa destrutturazione, che potrebbe semplicemente essere attribuita all’ideologia dell’individualismo tipica del neoliberismo, affonda le sue radici più profonde nelle trasformazioni accelerate degli ultimi anni che hanno cambiato sostanzialmente le modalità di lavoro e dell’economia, ma fondamentalmente anche le relazioni personali, l’attività quotidiana e la struttura sociale nel suo complesso. Questa destrutturazione è correlata al crescente svuotamento delle istituzioni che non riflettono più le preoccupazioni o i bisogni delle persone. Una destrutturazione che crea mondi e sottomondi diversi e distanziati, inosservati nella sfera formale, creando un divario enorme tra coloro che – sempre meno – trovano una certa protezione e identità negli spazi tradizionali e altri – sempre di più – che vengono gettati allo sbaraglio dove predomina la competizione e la solitudine.
Questa asfissia e sofferenza esistenziale è oggi diffusa tra le nuove generazioni per le quali la situazione di violenza e di mancanza di futuro è angosciante. Un’angoscia che si esprime nell’aumento esponenziale di patologie di salute mentale, ma anche nel sostegno dato alle opzioni elettorali dell’estrema destra che, in un immaginario congiunturale carico di rabbia, rappresenta un taglio e un’espressione di ribellione contro la menzognera continuità del sistema.
Nel caso di quell’ampia fascia di giovani – soprattutto maschi, secondo diverse consultazioni – dove Milei ha raccolto voti, c'è un'altra componente da evidenziare. È la caratteristica di una memoria generazionale diversa da quella delle generazioni precedenti. Memoria giovanile per la quale, a quattro decenni dal ritorno alla democrazia, la tragedia della dittatura degli anni '70 non ha più così tanto impatto, e per la quale le esperienze recenti e la preoccupazione per il futuro diventano più rilevanti. Dal loro presente, i giovani, anche se può sembrare poco plausibile alle coorti invecchiate, probabilmente non si identificano e addirittura non si ribellano contro le narrazioni che pensavano fossero installate per sempre.
Cosa succede adesso
La netta differenza ottenuta dai vincitori di questa lunga competizione elettorale permette loro di attuare nell’immediato parte dei loro proclami radicali. Soprattutto, quelli che riprendono le pratiche di privatizzazione degli ultimi due decenni del secolo scorso.
Pertanto, la vendita del patrimonio nazionale ai privati sarà una delle priorità del governo Milei-Macri, così come lo smantellamento e lo svuotamento di buona parte dei settori dello Stato considerati spese superflue. Allo stesso modo verrà spalancata la porta ai fondi che vogliono appropriarsi delle ambite risorse naturali.
Altro aspetto grave sarà il tentativo di demolire le tutele dei lavoratori e dei pensionati, tagliando i diritti acquisiti in una lunga lotta.
Il limite dell'aggiustamento ultraliberale sarà possibilmente fissato dagli stessi costituenti, che detteranno tempi e priorità per non provocare prematuramente il caos sociale e una sottomissione che – questo sì – intendono generare progressivamente. A loro volta, creeranno un clima repressivo contro la protesta sociale, facendo affidamento sulla presunta preoccupazione per la “pace sociale” e sul diritto delle “brave persone” a vivere e circolare senza l’impedimento delle mobilitazioni popolari, accusando i promotori di prevaricazione e violenza. .
È certo che la struttura sindacale, tradizionalmente forte in Argentina, sarà il bersaglio del furioso attacco del revanscismo potenziato, che non esiterà a perseguitare e imprigionare i leader sociali per cercare di smantellare le strutture che possono opporsi all’appropriazione selvaggia dei beni comuni.
In ambito interno potrebbero esserci manovre distraenti che non interessano troppo le potenze che tirano le redini del nuovo governo, ma il cui simbolismo susciterà la reazione dei progressisti. Un esempio potrebbe essere una battuta d’arresto nelle politiche sui diritti umani e di genere.
Come accadde nel 2015 poche ore dopo l’insediamento di Macri, la questione della comunicazione è tra le priorità immediate di Milei, con la privatizzazione dei media pubblici e dell’agenzia di stampa statale Télam. Queste misure non sono di buon auspicio per i media pubblici che garantiscono la pluralità delle voci e dipendono in parte dal finanziamento pubblico.
Nello stesso senso, già sottolineano gli analisti, ci saranno chiari gesti diplomatici di vassallaggio, come la rottura dei rapporti con Paesi come Cuba o il Venezuela, che giustificheranno l’animosità “anticomunista” senza che ciò intacchi i reali interessi economici degli esportatori. e delle grandi aziende locali focalizzate sul commercio con Cina e Brasile.
Il posizionamento esterno sarà senza dubbio completato con un riallineamento con le politiche di disgregazione regionale e cospirerà contro i governi progressisti che tentano, ancora una volta, di rafforzare il ruolo sofferente della OSA come braccio esecutivo delle decisioni nordamericane nella regione.
Accendere la luce
Fatta una breve diagnosi e una sintetica prognosi, è importante progettare un trattamento che aiuti a ridurre il dolore e a rimuovere progressivamente le cause di questa oscurità, che ancora una volta stende il suo manto d’ombra sull’Argentina.
Le urgenze in termini di sopravvivenza e pari opportunità sono più che evidenti. Tuttavia, saranno aggravate dal governo entrante. Allo stesso tempo, le soluzioni condiscendenti con la concentrazione economica e l’usura finanziaria si sono rivelate inefficienti, per cui è necessario costruire un forte consenso attorno a un reddito di base universale come parte dei nuovi diritti umani, una proposta che è stata brevemente affrontata ma alla fine scartata dal governo di Alberto Fernández. Ovviamente la sua attuazione non sarà possibile con l’amministrazione Milei-Macri, ma questo periodo può essere sfruttato per farlo approdare al senso comune, all’insegna dei movimenti sociali e delle richieste di qualsiasi prossimo governo.
Lo stesso vale per la concezione e definizione ampia di Bene Comune non alienabile, ponendo un limite all’idea di appropriazione infinita. Nella stessa direzione di fecondare il terreno con elementi di futuro, qualsiasi costruzione evolutiva dovrà considerare la ricomposizione dei legami umani oggi distrutti a partire dalla stessa base sociale, incentrata sulla creazione di legami di vicinanza, solidarietà nella cura e nella collaborazione comune e reciproca. Questo umile compito, lontano da ogni stridore, costituirà un buon substrato per scacciare l’odio e la violenza, favorendo il progressivo instaurarsi di un nuovo significato vitale che abbia come valore e preoccupazione centrale l’essere umano e la sua possibilità di sviluppo.
Per fare ciò, è necessario rivedere in profondità quella convinzione instillata dalla concezione materialista secondo la quale i cambiamenti nella struttura socioeconomica sono una precondizione per futuri cambiamenti di mentalità, pensando alla possibilità che il necessario cambiamento delle condizioni di vita sia accompagnato integralmente e simultaneamente da profonde trasformazioni interiori dei gruppi umani.
Si potrà così affermare la nuova utopia collettiva necessaria per quest’epoca globalizzata, una Nazione Umana Universale e Non Violenta che includa tutte le culture senza discriminazioni o supremazie e che si avvalga delle migliori virtù, aprendo il futuro al nuovo Essere Umano tanto atteso, privo di dolore e sofferenza. Questa è la libertà che vogliamo promuovere in Argentina e nel pianeta intero.
Javier Tolcachier, Telesur, 20 novembre 2023
Traduzione a cura di Luigi M., Patria Grande/CIVG
Articolo originale: Argentina: Encender la luz ante la oscuridad que avanza
TELESUR / OPINION / SCAPPATE, COMUNISTI DI MERDA
“Scappate, comunisti di merda” - Le minacce che segnano la celebrazione del trionfo di Milei in Argentina
“Scappate, comunisti di merda”, grida una voce femminile da una finestra del quartiere Barracas a Buenos Aires. Il ministro dell’Economia, Sergio Massa, ha appena riconosciuto la propria sconfitta nelle elezioni presidenziali e alcuni degli elettori che hanno portato al trionfo il leader di estrema destra Javier Milei celebrano facendo sfoggio di revanscismo. Ripetono così gli slogan contro il “comunismo”, il “socialismo”, la “casta” e il “populismo”, proposti da Milei durante una campagna elettorale caratterizzata da un discorso di odio che è penetrato in una società che ha deciso di attribuirgli legittimità con un importante 55,6% dei voti.
Il risultato smentisce totalmente la parità tecnica emersa nei sondaggi. Perciò, Massa ha anticipato la diffusione dei risultati ufficiali per annunciare che Milei era il nuovo presidente: aveva appena vinto con uno scarto di 11 punti.
Le minacce dei simpatizzanti di Milei si moltiplicano, “Tremate comunisti!”, “Abbiate paura”, “Morte alle feminazis”, “Il vostro tempo è finito”, “dovete cominciare a lavorare, negri di merda”, “Non potrete scendere in strada”, “Avete finito di fare casino”, sono solo alcune delle frasi ascoltate nei diversi punti della città.
Chiunque osi lamentarsi per il trionfo di Milei nelle reti sociali rischia di ricevere in cambio foto del defunto dittatore Jorge Rafael Videla o di un un “Falcon” verde, uno dei principali simboli della dittatura degli anni 70, dal momento che era l’auto con la quale i repressori sequestravano le loro vittime. Nella provincia di Corrientes, una ripresa mostra alcuni uomini che festeggiano con spari in aria la vittoria del politico che ha promesso di liberalizzare la vendita delle armi.
Vendetta
A Buenos Aires, un simpatizzante di Milei ha celebrato trascinando una bara di cartone sulla quale aveva incollato una foto di Cristina Fernández de Kirchner, la vice presidentessa che solo 15 mesi fa fu vittima di un attentato che né Milei e neppure la sua alleata, la ex candidata presidenziale Patricia Bullrich, condannarono.
“Cristina in prigione!”, gridavano in coro i simpatizzanti del presidente eletto nei giganteschi festeggiamenti appena fuori dall’Hotel Libertador.
Queste sono solo alcune immagini del clima di confronto e violenza che hanno coronato questo anno elettorale che terminerà il prossimo 10 dicembre, quando Alberto Fernández consegnerà lafascia presidenziale a Milei.
La data sembra una ironia. Nella Giornata Internazionale dei Diritti Umani, la stessa nella quale l’Argentina celebrerà i 40 anni dalla riconquista della democrazia dopo la sua ultima dittatura, si terrà l’insediamento come presidente di un economista che nega i crimini commessi dai repressori e che non crede troppo nel sistema democratico che lo ha trasformato inaspettatamente in presidente, la nuova stella della estrema destra internazionale.
Disperazione
“Le elezioni non si vincono: si perdono”, continuano a ripetere spesso gli analisti come una specie di mantra. In Argentina a perdere è stato il Governo peronista che ha collezionato tanti fallimenti fino a deludere persino il suo elettorato e che vede nell’aumento della povertà uno dei segnali principali del suo fallimento.
L’autocritica emerge tanto quanto la tristezza e l’angoscia provocate dai risultati. Nelle chiacchierate in famiglia, tra amici, al di fuori delle sedi della campagna di Massa, nelle reti sociali, nei media, i militanti e simpatizzanti peronisti concordano tutti nell’analisi delle date chiave del fallimento.
Nel luglio 2020, la consorte del presidente, Fabiola Yáñez, celebrò nella residenza ufficiale degli Olivos una festa di compleanno violando la severa quarantena imposta dal marito, il presidente, che partecipò anch’esso ai festeggiamenti. Le foto ed i video provocarono una indignazione generalizzata.
Subito dopo cominciò lo scontro continuo tra Fernández e la sua vice presidentessa, Cristina Fernández de Kirchner, con liti e diffamazioni reciproche e pubbliche. Il disordine del Governo crebbe al passo della grave crisi economica. Dare colpa alla pandemia, alla siccità, al debito storico che il FMI concesse al ex presidente Mauricio Macri non fu comunque sufficiente.
Lo scorso anno, Massa ricevette l’incarico di “super ministro” dell’Economia e fu presentato come “il salvatore”, la speranza per la ripresa. Ma avvenne esattamente il contrario. Il peronismo completerà questi quattro anni di Governo con una inflazione del 150% e con un tasso di povertà cresciuto fino a superare il 40%, oltre a cifre record riguardo alla svalutazione ed all’indebitamento.
Con questo saldo di gestione, la candidatura presidenziale di massa appariva destinata al fallimento già dall’inizio.
Macrí
L’illusione di un trionfo della compagine al governo è stata alimentata solo dalla comparsa di Milei, un candidato con proposte radicali, senza esperienza, senza alleati tra i governatori, senza maggioranza nel Congresso, che ha ingenerato timori in un settore della società.
Così, quasi la metà dei votanti considerò che, per il momento, avrebbero potuto lasciare da una parte l’economia, dal momento che la priorità consisteva nel difendere la democrazia, l'educazione e la salute pubblica, la legalizzazione dell’aborto, l'educazione sessuale ed i diritti delle diversità sessuali per ripudiare il negazionismo dei delitti di lesa umanità.
Ma furono la minoranza. Milei, a forza di urla e scatti d’ira, convinse la maggioranza dell’elettorato (un misto di antiperonisti furiosi e cittadini stanchi, a ragione, per la crisi e l’instabilità) che egli rappresentava “il vero cambiamento”, che avrebbe messo fine al,la corruzione ed avrebbe rimesso in sesto l’economia a pezzi.
Nell’ascesa di Milei al potere fu inestimabile l’aiuto della stampa antiperonista ma, sopratutto, di Macrì, l’ex presidente che si erge a gran vincitore del giorno, dal momento che ha scommesso sul dirigente di estrema destra e si è offerto come garante del fatto che questi non avrebbe commesso le “pazzie” scandalose che prometteva.
“Milei non potrà fare tutto ciò che dice, ci saranno dei contrappesi”, fu uno degli argomenti più usati dai suoi votanti, alcuni dei quali insistevano sul fatto che, raffrontato a Massa , era “il male minore”.
In dirittura d’arrivo, Milei ha smorzato le paure con dichiarazioni spesso in contrasto persino con le proposte formulate sulla sua piattaforma, come la liberalizzazione delle armi o la privatizzazione della salute e della educazione.
Tensione
L’incessante tensione che ha segnato tutta la campagna ha avuto uno dei suoi momenti più significativi il venerdì. Alla vigilia delle elezioni, Milei era nel Teatro Colón, il Teatro lirico più importante di Buenos Aires. Dopo essere stato individuato nei palchi, è stato fischiato e applaudito allo stesso modo in un confronto che già si prevede permanente tra i suoi difensori e detrattori.
La domenica sera, con la vittoria già in tasca, la violenza dei suoi simpatizzanti è aumentata al pari delle paure di una parte dei cittadini che, attoniti, ancora non riuscivano a capire come fosse possibile che da dicembre assumerà la carica un presidente convinto di come governare sia una missione divina affidatagli da Dio per il tramite di Conan, il suo cane morto che ha clonato e con il quale comunica tramite medium.
La polarizzazione è evidente. Al grido di “Non torneranno”, rivolto ai peronisti, la risposta è quella nota: “Torneremo, Torneremo, stiamo per tornare!”. Per ora sono slogan ciclici.
da Cuba en Resumen, 6 novembre 2023
Fonte: teleSURtv.net
Traduzione a cura di Patrizia B., Patria Grande, CIVG
Articolo originale: “¡Corran, zurdos de mierda!”: Las amenazas que marcan la celebración del triunfo de Milei en Argentina
DIARIOUCHILE (CILE) / ESTERI / ELEZIONI ARGENTINE, INTERVISTA AD ATILIO BORON
Atilio Borón su Javier Milei: “È una specie di profeta del neoliberismo”
Il sociologo argentino riflette sulla vittoria del rappresentante di La Libertad Avanza e anticipa i problemi che il presidente eletto incontrerà nel portare avanti il programma di governo della campagna.
La vittoria di Javier Milei alle elezioni in Argentina continua a suscitare reazioni: la vittoria del rappresentante di La Libertad Avanza non ha lasciato nessuno indifferente e il futuro del suo mandato continua a generare aspettative, sia per i cittadini del paese vicino che a livello internazionale.
In conversazione con la prima edizione di Radioanalisi, il sociologo argentino Atilio Borón ha espresso la sua visione sul risultato di un'elezione che ha promosso un candidato estremista rispetto all'attuale presidente dell'Argentina, il peronista Alberto Fernández: "Data la difficoltà che il governo nazionale ha incontrato per migliorare la situazione economica di un settore molto ampio della popolazione, un personaggio assolutamente marginale, quasi ridicolo, è apparso come un'alternativa per il cambiamento. Questo personaggio ha catturato il bisogno di cambiamento che esisteva in Argentina", ha detto Borón.
Tuttavia, il politologo ha anche anticipato le difficoltà che Javier Milei incontrerà nel rispettare il programma di governo proposto durante la sua campagna, e ha assicurato che il candidato eletto “ha idee che non hanno nulla a che fare con la realtà. “È una specie di profeta dell’ultraliberalismo”.
Ha quindi approfondito i dubbi generati dalla fattibilità del progetto dell'economista e ha sottolineato la mancanza di una maggioranza parlamentare per sostenerlo: “Ho dei dubbi molto seri. Milei non ha alle spalle un movimento organico, non è che abbia un partito, ha similitudini con il fascismo e non va portato agli estremi. Non dispone di una propria squadra sufficiente per incidere a livello nazionale, ha disperso i voti”.
Tra le idee che ritiene impraticabili, Atilio Borón cita come esempio l'intenzione di ristabilire le AFP in Argentina. “Si imbatterà in un ostacolo molto forte. Ci sono cose che fanno parte di un tacito consenso. Abbiamo già fatto l'esperienza dell'AFP, non vogliamo farla di nuovo”, argomenta il sociologo.
Redazione DiarioUChile, 22 novembre 2023
Traduzione a cura di Luigi M., Patria Grande/CIVG
Articolo originale: Atilio Borón sobre figura de Javier Milei: “Es una especie de profeta del ultraliberalismo”
RESUMEN LATINOAMERICANO (CUBA) / ESTERI VENEZUELA
La Guyana Esequiba è venezuelana
Il 3 ottobre 1999, appena giunto al potere, Chávez così si espresse nel suo programma "Aló, Presidente": “Non lasciamo dormire questa rivendicazione. Continueremo a reclamare ed esigere i nostri diritti, come ho detto alle autorità della Guyana ogni volta che ho potuto e come ora ripetiamo".
Per il popolo ed il governo venezuelano l'Esequibo è una questione di Stato, di difesa della sovranità e di anticolonialismo.
Nel 1899, per l’appunto il 3 ottobre, ebbe luogo a Parigi un lodo arbitrale, in cui un tribunale decise di concedere la quasi totalità della Guyana Esequiba alla Guyana Britannica.
Il Venezuela respinse immediatamente la decisione, avviando una serie di procedimenti legali allo scopo di dimostrare al mondo che il Lodo Arbitrale di Parigi del 1899 era stato iniquo, pieno di incongruenze e falsità che lo rendono nullo e privo di legittimità.
A causa della pressione esercitata a livello internazionale, il 17 febbraio 1966 si firmò tra Venezuela e Regno Unito l'Accordo di Ginevra, il cui fine era giungere ad una soluzione pratica soddisfacente della controversia. È importante sottolineare che questo accordo si firmò di concerto col Governo della Guyana Britannica, ormai prossima alla sua indipendenza (maggio 1966).
Il Venezuela ricordò e chiarì alla nuova nazione, che assunse il nome di Repubblica Cooperativa della Guyana, l’esistenza di tale controversia, che nell’ambito del Diritto Internazionale andava risolta secondo quanto stabilito dall'Accordo di Ginevra del 1966, documento registrato legalmente ed unico strumento valido per risolvere questo conflitto, essendo il lodo arbitrale di Parigi del 1899 nullo e privo di valore legale.
Da quel momento (1966) si è mantenuta la negoziazione tra i due Stati, prima attraverso la commissione mista indicata dall'Accordo di Ginevra e in seguito attraverso il buon ufficiante.
Nel 2015 l’allora segretario dell'ONU Ban Ki-Moon, dichiarò che in previsione del fatto che la figura del buon ufficiante non potesse portare a termine la sua missione, avrebbe disposto un periodo per passare poi questa controversia alla Corte Internazionale di Giustizia (CIJ). Il Venezuela contestò l’intento del Segretario e gli ricordò che si dovrebbe adempiere all'Accordo di Ginevra del 1966, contenente già i meccanismi necessari per proseguire la negoziazione, senza abbandonare tale praticabile opportunità.
Nel 2018 l’attuale Segretario Generale dell'ONU Antonio Guterres, in aperta opposizione al Venezuela, decise d’inviare il caso della disputa territoriale tra Venezuela e Guyana alla CIJ, perché ne trovasse soluzione.
Il Venezuela si oppose, non avendone la CIJ competenza. Da parte sua la Guyana richiese al tribunale di dichiararsi competente, vi presentò quindi un’istanza contro il Venezuela, per ottenere che la corte dichiarasse il Lodo Arbitrale di Parigi del 1899 valido e definitivo.
Il Venezuela non accetta la competenza della CIJ in questa controversia, appellandosi all'Accordo di Ginevra del 1966 per raggiungere una soluzione pacifica, pratica e soddisfacente. Il Venezuela sostiene che il lodo del 1899 è iniquo, pieno di contraddizioni e manipolazioni che lo rendono nullo e privo di valore legale. La CIJ, come principale organo giudiziario delle Nazioni Unite, si è schierato per la Guyana.
Il 21 settembre scorso l'Assemblea Nazionale del Venezuela ha approvato all'unanimità la convocazione di un referendum consultivo affinché: "il popolo consolidi la difesa della Guayana Esequiba e gli inalienabili diritti del Venezuela su quel territorio".
Il Referendum Consultivo per l'Esequibo si svolgerà il 3 dicembre 2023. Si prevede un appoggio massiccio della popolazione e la solidarietà dei Paesi latinoamericani.
Nicolás Maduro ha dichiarato in questi giorni: "In questo referendum non possono esistere divisioni, fazioni, dev’esserci unione, unione di tutto il Venezuela. Il Venezuela crede che l'Accordo di Ginevra, documento firmato nel 1966, risolverà la sua controversia con la Guyana per un territorio di 159.500 Kmq".
In questo conflitto non sono solo coinvolti due governi: dietro c’è la mano di una multinazionale d’idrocarburi, la Exxon Mobil, ed anche quella del Comando Sud degli USA, che considera la zona strategica.
L'ex Guyana inglese è diventata una base di operazioni nordamericane ed il conflitto può ripercuotersi su tutto il territorio continentale.
Lois Pérez Leira - Resumen Latinoamericano - 24 novembre 2023
Traduzione a cura di Adelina B., Patria Grande/CIVG
Articolo originale: Venezuela. La Guayana Esequiba es venezolana
https://www.resumenlatinoamericano.org/2023/11/24/venezuela-la-guayana-esequiba-es-venezolana/
TELESUR (VENEZUELA) / INGERENZA STRANIERA
Il Presidente del Venezuela denuncia campagna mediatica di ExxonMobil per ostacolare il referendum consultivo
Foto: @ PresidencialVen
23 novembre 2023 - Il presidente del Venezuela, Nicolás Maduro, ha denunciato questo giovedì che la ExxonMobil promuove una campagna mediatica per evitare la realizzazione del referendum consultivo in difesa dell'Esequibo, previsto per il prossimo 3 dicembre.
Durante un incontro di movimenti sociali in difesa dell'Esequibo, celebrato nell’auditorium del Parco Generalísimo Francisco de Miranda, nello stato Miranda, il presidente ha dichiarato che la compagnia petrolifera statunitense cerca di confondere il popolo del Venezuela, per mezzo di messaggi diffusi dai mezzi d’informazione e dalle reti sociali digitali, e che inoltre cerca di sabotare l'atto civico e costituzionale: "Voglio allertare tutti i movimenti sociali, i collettivi, le colonne, le comunità e tutto il popolo del Venezuela che è stata avviata una campagna sporca, con molti finanziamenti dell'ExxonMobil alle reti sociali, per tentare di evitare che si faccia il referendum, per tentare di sabotare e di confondere il popolo", ha affermato.
Il mandatario venezuelano ha denunciato che la ExxonMobil ha dato le ricchezze petrolifere alle peggiori condizioni al popolo della Guyana, che è sommerso dalla povertà e non riceve nemmeno una goccia di petrolio: "Non arriva loro nemmeno una goccia di petrolio ed il popolo della Guyana è oppresso dalla miseria, dall'abbandono, ed il Comando Sud degli USA è padrone del territorio della Guyana: governa, dirige, comanda (…) ", ha sottolineato.
Analogamente, ha rimarcato che il Comando Sud degli Stati Uniti è il vero capo dei militari e dei poliziotti guyanesi, a cui impone i propri ordini umiliandoli.
Il presidente ha insistito sul fatto che, di fronte a queste provocazioni, è necessario andare casa per casa e rafforzare la campagna per il referendum consultivo in difesa dell'Esequibo, per garantire la partecipazione di ciascun venezuelano e venezuelana.
Ha detto che tutto il Venezuela è attualmente più unito che mai, che il Governo agisce in accordo alla Costituzione ed ha esortato il popolo a stare all'erta di fronte ai tentativi di confondere i venezuelani da parte di settori dell’estrema destra: "Stiamo dal lato giusto della storia e a coloro che vogliono sabotare, politici dell'ultradestra comprati dalla ExxonMobil, il popolo deve rispondere domenica 3 dicembre per la pace, per l'unione, per la Guyana Esequiba, votando per ciò che è nostro".
Nell'incontro, il presidente venezuelano ha dato istruzioni ai movimenti sociali per portare nelle comunità un libretto didattico con attività sulla Guyana Esequiba, come parte della campagna informativa promossa dal Governo bolivariano: “Dobbiamo diffondere questo libretto e creare coscienza patriottica, formiamo la coscienza storica del nostro popolo", ha insistito.
In tal senso ha indicato che "questa campagna è stata e dev’essere pedagogica, unificatrice, educativa, integratrice. Qui non stiamo votando un partito politico, qui stiamo prendendo una decisione per il futuro del Venezuela".
TeleSurTV, 23 novembre 2023
Traduzione a cura di Adelina B., Patria Grande/CIVG
Articolo originale: Presidente de Venezuela denuncia campaña mediática de ExxonMobil para impedir referendo consultivo
TELESUR (VENEZUELA) / INTERNI / ESITO REFERENDUM SU ESEQUIBO
Il Consiglio Elettorale Venezuelano dichiara la vittoria del SI al referendum sull’Esequibo
L'autorità elettorale si è congratulata con gli elettori per la partecipazione senza precedenti a questo storico referendum. Foto: VTV
L’autorità elettorale comunica i primi risultati della consultazione popolare.
Il presidente del CNE (Consiglio Elettorale Nazionale) del Venezuela, Elvis Amoroso, ha riferito che il referendum consultivo tenutosi domenica 3 dicembre sulla Guayana Esequiba ha portato ad una vittoria storica del SI come riaffermazione dell’unità del popolo venezuelano. Presentandosi ai media, si è congratulato con gli elettori per la partecipazione senza precedenti allo storico referendum.
Nel momento della dichiarazione le votazioni registrate ammontavano a 10.554.320, numero che sarebbe salito nelle ore successive in virtù dell’approvazione della proroga. Amoroso ha confermato che il Venezuela è libero e indipendente e che la sovranità risiede nel popolo che la esercita attraverso il suffragio. Ha ricordato che nello scorso settembre la Sessione Plenaria dell'Assemblea Legislativa Nazionale aveva presentato al CNE la richiesta di indire il referendum consultivo sull’Esequibo.
Ha sottolineato inoltre che nei giorni successivi furono approvate all'unanimità la data della consultazione popolare e le cinque domande che sarebbero state poste ai cittadini, e ha riportato i risultati al momento:
1) Siete d'accordo a respingere con tutti i mezzi, nel rispetto della legge, la linea fraudolentemente imposta dal lodo arbitrale di Parigi del 1899 che mira a privarci della nostra Guayana Esequiba? Il 97,83% delle persone ha risposto sì, il 2,17% no.
2) Sostieni l'Accordo di Ginevra del 1966 come unico strumento giuridico valido per raggiungere una soluzione pratica e soddisfacente per Venezuela e Guyana riguardo alla controversia sul territorio della Guayana Esequiba? Il 98,11% ha risposto Sì, l’1,8% no.
3) Sei d'accordo con la posizione storica del Venezuela di non riconoscere la giurisdizione della Corte Internazionale di Giustizia per risolvere la controversia territoriale sulla Guayana Esequiba? Il 95,40% ha risposto sì, il 4,10% no.
4) Siete d'accordo ad opporvi con tutti i mezzi, nel rispetto della legge, alla pretesa della Guyana di disporre unilateralmente di un mare in attesa di delimitazione, illegalmente e in violazione del diritto internazionale? Il 95,94% ha risposto Sì, il 4,06% no.
5) Sei d'accordo con la creazione dello stato di Guayana Esequiba e lo sviluppo di un piano accelerato per la cura globale della popolazione attuale e futura di quel territorio, che comprende, tra l'altro, la concessione della cittadinanza e della carta d'identità? in conformità con l’Accordo di Ginevra e il diritto internazionale, incorporando di conseguenza detto stato nella mappa del territorio venezuelano? Il 95,93% ha risposto sì, il 4,07% no.
Si tratta di una vittoria schiacciante per il Sì, ha sottolineato Amoroso.
L’organizzazione della consultazione ha dato carattere partecipativo e popolare alla difesa dell’integrità territoriale del Venezuela e del suo diritto storico sull’Esequibo, del quale fu privato dal lodo arbitrale del 1899.
Questo è ciò che ha affermato il presidente Nicolás Maduro quando ha detto che il Venezuela sta risolvendo con mezzi democratici e pacifici un’espropriazione imperiale orchestrata 150 anni fa.
Lo svolgimento del referendum consultivo, strumento partecipativo previsto dalla Magna Carta, ha richiesto l'installazione di 15.857 seggi elettorali su tutto il territorio nazionale, con 28.027 seggi elettorali nei 23 Stati e nel Distretto della Capitale.
Nel corso della giornata sono stati attivi 84,27 consiglieri; 55.000 ufficiali tecnici operativi e 380.000 ufficiali delle Forze Armate Nazionali Bolivariane (FANB) su tutto il territorio nazionale.
Telesur, 3 dicembre 2023
Traduzione a cura di Luigi M., Patria Grande/ CIVG
Articolo originale: CNE de Venezuela destaca victoria del Sí en el referéndum sobre el Esequibo
https://www.telesurtv.net/news/venezuela-abrumadora-victoria-si-referendo-consultivo-esequibo-20231203-0042.htmlErrore. Riferimento a collegamento ipertestuale non valido.
TELESUR / ESTERI / COLOMBIA
Golpismo “lumpen” negli stadi
Tutti a difendere, senza ambiguità o meschinità, il Governo che eleggeremo nel 2022.
Nella loro brutale campagna di destabilizzazione ricorrono ora agli stadi, come è successo a Pereira e Barranquilla. Nella cospirazione contro il presidente Gustavo Petro e contro le speranze di cambiamento del popolo colombiano, le destre di tutti i tipi di sciacalli attaccano in ogni situazione, e ora lo fanno negli stadi.
Non gli bastano i canali mediatici al loro servizio, dai quali bombardano quotidianamente con menzogne e calunnie le menti, rapite dalla manipolazione. Né il sabotaggio spietato e criminale delle riforme sociali che i senatori e i rappresentanti dei partiti dell’establishment oligarchico si rifiutano di discutere con il volgare ostruzionismo parlamentare: non partecipano alle sedute, però riscuotono puntualmente il loro sontuoso stipendio di 43 milioni pesos mensili prelevati dalle tasche del popolo colombiano. Ladri dai colletti bianchi. Neanche le strade gli bastano per ricorrere ogni volta che ne hanno voglia all’incitamento all’odio, a bruciare le immagini del Presidente e incitare impunemente all’assassinio.
Nella loro brutale campagna di destabilizzazione, adesso ricorrono agli stadi, come è successo a Pereira e Barranquilla.
I codardi di Barranquilla
Giovedì 16 novembre hanno utilizzato la casa del nefasto clan Char, il proprietario della squadra dell'Atlético Junior, che usano come trappola per gli elettori per ingannare i tifosi e perpetuarsi al potere a Barranquilla. Lì, un gruppuscolo di estremisti fascisti ha inscenato uno spettacolo grottesco contro il Presidente e ha aggredito vigliaccamente la sua figlia più giovane di 15 anni che si trovava allo Stadio Metropolitan per assistere alla partita della nazionale colombiana contro il Brasile.
Per quest'aggressione hanno cercato di utilizzare tutto l’armamentario utilizzato per il riprovevole rapimento del padre del calciatore Luis Díaz, un rapimento infame diretto dai suoi autori e sfruttato da chi se ne è servito per mandare all'aria il Governo del Presidente Petro. Questo era l’obiettivo di fondo, in piena campagna elettorale.
Adesso molti non riconoscono che grazie al Governo e alla sua politica di pace, Manuel Díaz è stato liberato sano e salvo dai criminali autori del fatto. Gli incendiari di estrema destra hanno addirittura diffuso messaggi che auspicavano che accadesse una tragedia.
L'oligarchia e i suoi messaggeri cercano di capitalizzare tutto nell’ottica del colpo di stato che tramano giorno dopo giorno: fascisti spietati pronti a ogni forma di violenza. Non esitano a usurpare gli spazi dello sport per le passioni che genera nelle masse, anche se gran parte di esso – nel calcio professionistico di diverse squadre della Lega colombiana e della Fifa – è gestita da imprenditori voraci e corrotti.
Nella partita che ha visto la Colombia battere il Brasile 2 a 1, gli ignoranti e mediocri che fanno da “commentatori” in radio e TV si sono messi in fila per creare problemi, in linea con i corifei dell'uribismo del Metropolitano. Vogliono imporre la volgarità dilagante della piccola borghesia colombiana, di cui molti dei più miserabili esemplari si aggiravano tronfi per lo stadio!
Da Santiago a Pereira
Ai Giochi Panamericani di Santiago del Cile, conclusi il 5 novembre, si è cercato di far sì che il nostro Paese non superasse le prestazioni ottenute ai Giochi di Lima del 2019, e si è parlato di “debacle”, anche per mettere in cattiva luce il governo Petro.
Ma a Santiago hanno dovuto ricredersi perché lì la Colombia ha finalmente avuto una prestazione storica, che ha superato quella di Lima, con 29 medaglie d'oro e 101 in totale, la più alta tra i Giochi Panamericani. Si è classificata al sesto posto nella classifica generale, accanto alle potenze olimpiche del continente.
Per non parlare dello spettacolo grottesco che hanno offerto contro la Ministra dello Sport Astrid Rodríguez nella giornata inaugurale dei Giochi Nazionali di Atletica, nello Stadio Hernán Ramírez di Pereira, sabato 11 novembre, dove hanno usato il sabotaggio con il suono che distorceva terribilmente la sua voce durante il discorso di apertura delle gare, e l’hanno presentata come se fosse ubriaca, mentre si sa la ministra non fuma né beve alcolici. Decisivo e fondamentale è stato il sostegno del Governo, attraverso il Ministero dello Sport, all'evento. Così come l'impegno a finanziare i Giochi Panamericani che si terranno in Colombia nel 2027.
Da ora in poi cercheranno qualsiasi pretesto contro il Governo del Cambiamento. Conoscono l'importanza dello sport e degli elementi simbolici che lo circondano. Si cercherà di tutelare le imprese multimilionarie che si muovono nell’universo dello sport, soprattutto il calcio professionistico, e sostenerle nonostante la lotta contro la corruzione e le mafie in tutti gli ambiti dichiarata dalla Presidenza della Repubblica.
Dovremo affrontare la guerra che la destra e l’estrema destra, l’uribismo fascista, i suoi messaggeri e complici di vario genere ci hanno dichiarato, per difendere senza ambiguità o meschinità il Governo che abbiamo eletto nel 2022.
A questo proposito, diffondiamo massicciamente tutto ciò che di positivo ha fatto, incoraggiamo un’informazione alternativa, efficace e tempestiva. Su questo insistiamo da tempo, perché il cambiamento deve essere anche nella comunicazione.
Luis Alfonso Mena S., 20 novembre 2023
Traduzione a cura di Luigi M., Patria Grande/CIVG
Articolo originale: Golpismo lumpen en los estadios
https://www.telesurtv.net/opinion/Golpismo-lumpen-en-los-estadios-20231120-0006.html
TELESUR / ANALISI / GLI STATI UNITI HANNO BISOGNO DELLA GUERRA
Medio Oriente: Gli Stati Uniti hanno bisogno della guerra
E’ stato detto che gli Stati Uniti non hanno 50 stati, ma 51; il cinquantunesimo, incastonato in Medio Oriente, è Israele,
Questo paese, creato nel 1948 quale compensazione al popolo ebraico per l’esito dell’olocausto che ad opera del nazismo causò sei milioni di morti negli orribili campi di concentramento, in principio non esercitò il ruolo raccapricciante che svolge oggi. Quale prodotto delle negoziazioni britannico-francesi che cercavano di gestire le riserve petrolifere della zona, il nuovo Stato fece la sua comparsa, cominciando ad espellere le popolazioni palestinesi, ma senza manifestare il carattere guerrafondaio di oggi. Fu dopo la Guerra del Sinai nel 1956, quando gli USA – già allora potenza globale contrapposta all’URSS, acerrimo nemico nella Guerra Fredda – intervennero in Medio Oriente cercando di controllare le fonti di oro nero.
A partire da allora, rimpiazzando definitivamente la Gran Bretagna nel ruolo di potenza imperiale, Washington comincia ad installarsi nella regione. A partire dal 1963, con la presidenza di John Kennedy, la relazione della Casa Bianca con Tel Aviv diventa organica. A partire da quel momento, in maniera progressivamente crescente, lo Stato di Israele si trasforma nell’avanguardia statunitense in una zona che questi considerano vitale per i loro interessi: riserve petrolifere, zona chiave per il controllo della presenza sovietica in quel momento e, oggi, la possibilità di ostacolare lo sviluppo cinese controllando gli idrocarburi.
Non è una novità il fatto che Israele riceva grandi aiuti statunitensi in campo militare: 4 miliardi di dollari all’anno (il 17% degli aiuti esteri mondiali erogati da Washington). Per complessi intrecci di interessi la lobby ebraica della superpotenza – con immenso potere ed influenza – ha ottenuto che tanto l’amministrazione federale quanto importanti settori dell’iniziativa privata destinino ingenti fondi al paese mediorientale. L’investimento non è gratuito. Israele, che al suo interno ha anche settori pacifisti, svolge alla perfezione il suo mandato, tra l’altro non troppo nascosto, di difendere gli interessi extra-regionali: è il gendarme armato fino ai denti che la geostrategia statunitense ha scelto per la regione, dotato persino di armamenti nucleari, non dichiarati ufficialmente, ma di fatto esistenti (fino a 400 armi atomiche).
A partire dagli anni 70 del secolo scorso, gli USA hanno imposto al mondo la necessità di dotarsi di dollari quale moneta per l’acquisto di petrolio. In altri termini, la maggior parte del pianeta, salvo in quel momento l’Unione Sovietica, si vide obbligata a dipendere dalla divisa nordamericana per accedere ad un elemento tanto vitale nel mondo moderno come questa fonte di energia.
La Cina, con il suo peculiare modello “socialismo di mercato”, comincia a contendere agli Stati Uniti la supremazia economica rapportandosi da pari a pari. In questa prospettiva va di pari passo la grande potenza euroasiatica, la Russia, con il suo incommensurabile potere militare, che pure dà del tu a Washington in campo militare. L’alleanza Pechino-Mosca ha dato origine alla nascita dei cosiddetti BRICS, ora ampliati. Vale a dire: economie emergenti che, senza smettere di essere capitaliste (eccetto la Cina), cercano di allontanarsi dalla supremazia statunitense. I pagamenti per gas e petrolio non vengono effettuati in petrodollari ma in altre divise. Ciò comporta la decadenza di quello che fino ad oggi era l’imperialismo dominante degli USA. Il mondo sta smettendo di essere unipolare, e sta cercando un equilibrio multipolare.
Le petromonarchie del Medio Oriente come l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti, o una poderosa teocrazia come l’Iran, e anche l’Etiopia, importante produttore di petrolio in Africa, o la Russia, altra enorme fonte di idrocarburi, tutte cominciano a fissare il prezzo del petrolio in monete diverse dal dollaro. Si sta costituendo così una architettura globale nella quale il capitalismo occidentale (Stati Uniti con con il loro vagone di coda: l’Unione Europea, che svolge anche il ruolo di braccio armato della NATO) si stanno confrontando con un nuovo ordine internazionale. Il Medio Oriente petrolifero può sbarazzarsi di Washington. In questa logica, lo stato israelita iper- militarizzato resta fuori gioco. Per i paesi della regione, i BRICS ampliati rappresentano un’alternativa più promettente e tranquilla rispetto agli Stati Uniti bellicisti e alla succursale Israele, “un cane rabbioso e molto pericoloso se disturbato”, come disse senza vergogna il generale ebreo Moshé Dayan.
Nel pieno di questa nuova prospettiva che si sta aprendo con i BRICS, compare nuovamente la guerra nella zona. L’attacco del gruppo Hamas il 7 ottobre scorso riapre il conflitto regionale. Lo Stato di Israele comincia un’offensiva militare senza precedenti, massacrando la popolazione palestinese con il pretesto di annientare Hamas. Il capitalismo occidentale, con il suo silenzio complice, finisce per avvallare questa mostruosità, e le Nazioni Unite, ancora una volta, si dimostrano inefficienti per fermare il genocidio.
Gli Stati Uniti hanno bisogno della guerra. Un Medio Oriente in fiamme è per loro funzionale, per questo appoggiano l’ingiustificabile e immorale attuale intervento militare israeliano in Palestina. Promettono persino di erogare un miliardo di dollari per appoggiare questa aberrazione (quasi 10.000 palestinesi morti in questo mese). Israele torna a giocare il ruolo del “cane rabbioso, molto pericoloso se disturbato”, come diceva il militare citato. È un messaggio alla regione: il genocidio del popolo palestinese a Gaza e in Cisgiordania mostra come Washington non cerchi la pace in alcun modo, ma giustifichi invece la guerra. L’annientamento dei gruppi guerriglieri (denominati “terroristi”) è la supposta ragione delle odierne azioni di Tel Aviv che infiammano tutto il Medio Oriente e portano il messaggio della Casa Bianca: “state lontani dai Brics”.
Il messaggio include anche Russia e Cina, che non potranno restare inermi alla vista di come vengono attaccati i propri partner e i propri investitori nella zona, e siamo quindi in ciò che potrebbe diventare il preambolo di una nuova guerra mondiale. Un impero in declino quali sono oggi gli Stati uniti possono fare qualsiasi cosa pur di non perdere il loro scettro. La guerra totale è l’unica via d’uscita?
Marcelo Colussi, TeleSURtv.net, 6 novembre 2023
Traduzione a cura di Patrizia B., Patria Grande, CIVG
Articolo originale: Medio Oriente: Estados Unidos necesita la guerra
https://www.telesurtv.net/opinion/Medio-Oriente-Estados-Unidos-necesita-la-guerra-20231106-0031.html
TELESUR / ANALISI / NAZISMO STRISCIANTE
Come va con la lotta al nazismo?
Hitler ieri e gli Stati Uniti oggi contemplano e usano il nazismo contro l’umanità.
Recentemente, i media egemonici globali hanno diffuso la notizia della visita del presidente ucraino Volodymyr Zelenskyj in Canada e del suo incontro con i parlamentari della nazione americana.
L'evento è stato caratterizzato dall'invito dei canadesi al cosiddetto "eroe" della Seconda Guerra Mondiale, Yaroslav Hunku, 98 anni, che prestò servizio nella divisione granatieri delle Waffen SS "Galitzia" sotto il comando del Terzo Reich, cioè, un nazista.
Zelenskyj, nipote di una ebrea e di un vero eroe di guerra, Semen Zelenskyj, ha salutato il capo della formazione militare, giudicato da un tribunale internazionale responsabile del genocidio degli ebrei, nonché della colossale presa in giro delle vittime di questo genocidio, contro Polacchi e civili con indicibili livelli di brutalità che ha causato grande malcontento nella comunità internazionale.
Così, il capo dell’organizzazione ebraica canadese Bnai Brith, Michael Mostyn ha espresso la sua indignazione per gli onori resi ai nazisti, aggiungendo che gli ideologi ultranazionalisti ucraini che si unirono volontariamente alla divisione della “Galitzia” sognavano uno Stato etnicamente omogeneo e sostenevano l’idea della “pulizia etnica”.
In questo modo, gli Stati Uniti e i loro alleati dimostrano ancora una volta il loro vero volto: ignorare le proprie origini naziste e stimolare le attività delle forze anti-russe.
In particolare, ad esempio, l’Occidente chiude un occhio sulle azioni apertamente naziste che si verificano nell’Europa orientale quando si esibiscono apertamente i simboli nazisti e si sottovalutano gli atti di glorificazione dei collaboratori e dei criminali fascisti.
Una prova del sostegno occidentale all’ideologia del nazismo è il voto annuale degli Stati Uniti e dell’Ucraina contro la risoluzione delle Nazioni Unite per “Combattere la glorificazione del nazismo, del neonazismo e di altre pratiche che contribuiscono all’escalation di forme moderne di razzismo, discriminazione razziale, xenofobia e relativa intolleranza”.
La preoccupazione più grande è il fatto che, secondo i risultati del voto dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 2022, 48 paesi si sono rifiutati di condannare il nazismo, compresi quelli che facevano parte della coalizione di Hitler: Austria, Ungheria, Germania, Italia e Giappone.
Il politologo statunitense Scott Bennett ha definito il comportamento di diversi paesi occidentali un abominevole tradimento e una “derisione sulle tombe dei padri” che hanno versato il loro sangue per proteggere il mondo dai fascisti. Ha quindi sottolineato che “i governanti del mondo intero sono stati allevati da persone i cui nonni, padri e zii hanno combattuto contro il nazismo prestando servizio nelle file dell’esercito di Russia, Gran Bretagna, Francia, Stati Uniti, Canada, Australia e India, tutti hanno combattuto contro questa ideologia, le svastiche, l'odio etnico e la sottomissione ad altre nazioni; il numero di persone morte combattendo il nazismo non fu solo incredibile, ma fu la strada che portò alla vittoria nella Seconda Guerra Mondiale.
In questo paese che si autopercepisce e si autodefinisce “il campione della giustizia, del decoro e della rettitudine”, i partiti fascisti brulicano liberamente e la svastica di Hitler campeggia.
Il nazismo negli Stati Uniti è sempre stato trattato come uno strumento politico, perché gli stessi Stati Uniti, il cui principale nemico era il Giappone, non subirono gli attacchi del nazismo e non è un caso che oltrepassò i confini tedeschi e soprattutto degli Stati Uniti in cui molti eminenti nazisti trovarono rifugio, riparo, rigenerazione e nuovi obiettivi.
Non si tratta solo, ad esempio, dello scienziato spaziale Wernher von Braun, ma anche di quegli stessi collaboratori attratti dalla CIA per la lotta “contro i sovietici” e i paesi del Patto di Varsavia. Furono il Canada e gli Stati Uniti ad assorbire e concedere lo status di diaspora a migliaia di banderisti fuggitivi, partecipanti al genocidio di polacchi, ebrei, ucraini e russi.
Recentemente, il Ministro del Potere Popolare e degli Affari Esteri del Venezuela, Ivan Gil, ha criticato questa posizione dell’Occidente e ha affermato che l’ONU deve essere obbligata a pensare e adottare misure per porre fine immediatamente a questa situazione.
Allo stesso tempo, la risoluzione adottata dalla maggior parte dei paesi della comunità mondiale invita gli stati ad agire per sradicare il razzismo, la discriminazione razziale e la negazione dell’Olocausto. In breve, è necessario sensibilizzare l’umanità su questi crimini e vietare qualsiasi celebrazione cerimoniale del regime nazista, dei suoi alleati e delle organizzazioni associate.
Ramón Rodríguez Montero, Telesur, 6 novembre 2023
Traduzione a cura di Luigi M., Patria Grande/CIVG
Articolo originale: ¿Qué pasa con la lucha contra el nazismo?
https://www.telesurtv.net/opinion/Que-pasa-con-la-lucha-contra-el-nazismo--20231106-0015.html
TELESUR / OPINIONE / MESSAGGIO DALLA CASA DE LAS AMERICAS
Tempi duri per tutti i popoli - Un messaggio dalla Casa de las Américas
Non siamo stati neppure capaci di fornire di strumenti il grosso di un elettorato storicamente emarginato dalla classe dirigente, che ha dato il suo voto alla destra, cioè ai suoi carnefici, dall'astio, dalla rabbia e dall'indifferenza.
Nelle sue “Note sull’America” (Casa de las Américas, gennaio-marzo 2019) Roberto Fernández Retamar prevede che stiano arrivando “Brutti tempi per tutti i popoli, e non solo per alcuni”. E aggiunge: “Che destino ci si può aspettare, per un mondo immerso sempre più nella barbarie, di coloro i quali, mentre considerano inferiori le etnie diverse dalla propria e come tali le trattano (così fecero i nazisti), negano altre cose tanto ovvie e pericolose per tutti, ovviamente persino per gli USA, come il riscaldamento globale?
A partire da questo testo illuminato del nostro imprescindibile Roberto, la Casa de las Américas ha denunciato l’ascesa del nuovo fascismo e la sua articolazione nella cosiddetta “Iberosfera”.
Esattamente un anno prima che Javier Milei venisse eletto presidente in Argentina, si è tenuto in Messico quello che allora chiamammo, in una dichiarazione della nostra testata, “Un vertice neofascista in Nuestra América”, convocato dalla Conferenza Politica Azione Conservatrice, che riunì, tra gli altri, Macrì, Kats, Keiko Fujimori e Eduardo Bolsonaro, figlio dello spodestato Jair, e nel quale era presente anche lo stesso Milei. A proposito di quel “vertice degli sconfitti” la Casa de las Américas mise in guardia sulla “allarmante crescita della estrema destra razzista e xenofoba”. Un anno dopo, la stessa destra – nella sua versione più feroce e grottesca – è stata scelta per assumere il potere nel paese fratello. Il progetto di integrazione di Bolivar e Martí, di Fidel e Chavez e di altri importanti leader della Nuestra America, subisce così un colpo durissimo. Al di là delle necessarie analisi, dalla Casa de las Américas appoggiamo la seguente dichiarazione che, anche nella nostra città, diffondono i membri del gruppo argentino Internacionales Teatro Ensamble, che partecipano al Festival Internazionale del Teatro dell’Avana.
Battaglie in arrivo
Viviamo un’epoca cupa, dove l’odio e la violenza sono moneta comune, un’epoca dove il fascismo emerge, avanza e cerca di consolidarsi. Nella giornata di ieri nelle elezioni in Argentina è risultato vincitore Javier Milei, un chiaro esponente della estrema destra, un ometto squilibrato che distilla odio e distribuisce insulti e minaccia tutti coloro che non condividono il suo ideale ed il suo immaginario di paese. Questa è una vergogna, una vera disgrazia che a quarant’anni dal ripristino della democrazia questi negazionisti e rappresentanti della morte siano arrivati alla Casa Rosada.
Non siamo riusciti, noi uomini e donne del teatro, artisti e intellettuali e lavoratori della cultura, e non sono riuscite le forze progressiste di sinistra, del campo nazionale e popolare, fare ciò che era davvero necessario per articolare un’alternativa capace di entusiasmare, di confrontarsi e argomentare con successo in questa tornata elettorale. Non siamo stati neppure capaci di fornire gli strumenti a un elettorato che, storicamente emarginato dalla classe dirigente, ha dato il suo voto alla destra, cioè ai suoi carnefici, accecato dall'astio, dalla rabbia e dall'indifferenza. Questo momento drammatico e vergognoso ha come controparte l’impossibilità di fare della retorica vuota, non possiamo permetterci di perderci in labirinti discorsivi o in discussioni sterili sul linguaggio, dal momento che non c’è tempo da perdere: Signore e signori, questo è fascismo, ed il fascismo si combatte.
Di fronte a questa situazione, resta solo l’unità e l’organizzazione politica di tutti i settori. Dal teatro, dalla cultura e dall’arte dobbiamo articolare con creatività ed in tutti i modi possibili i gruppi e le reti della resistenza culturale.
Capiamo che questa tragedia non è circoscritta alla Repubblica Argentina. Si tratta di un fenomeno a livello mondiale, Per questo ci appelliamo a tutti e a tutte, e nel migliore spirito internazionalista chiamiamo alla lotta contro il fascismo. Lo stesso fascismo che oggi prende il potere in Argentina, lo stesso che in queste ore sta bombardando ospedali e scuole nella striscia di Gaza, lo stesso che da più di 60 anni sta bloccando in maniera criminale Cuba.
Amici e amiche, ricevete dal teatro il nostro abbraccio fraterno. Il nostro impegno è continuare a lavorare, senza fretta ma senza pausa, ¡Hasta la Victoria Sempre!
Manuel Santos Iñurrieta e Diego Maroevic, L’Avana, 20 novembre 2023
Internacionales Teatro Ensamble, da Buenos Aires, Argentina.
Traduzione a cura di Patrizia B., Patria Grande, CIVG
Articolo originale: Tiempos malos para todos los pueblos. Un mensaje desde la Casa de las Américas
GRANMA (CUBA) / ESTERI / RISOLUZIONE ONU CONTRO IL BLOCCO A CUBA
Il blocco è sempre lì, e la sua intenzione è uccidere
Gli Stati Uniti hanno negato l’ossigeno a Cuba nel momento più critico della pandemia, proprio quando l’impianto di produzione del paese aveva un’avaria. Foto: Ricardo López Hevia
Fuori da Cuba, c’è chi pensa che il blocco sia solo una giustificazione per gli «errori commessi dal governo del paese», e che sarebbero invece la causa del millantato fallimento del modello economico socialista.
A Cuba c’è chi sostiene che i danni di questa politica sono «più un’invenzione che altro», ma è certo che nonostante alcune carenze dell’economia cubana, l’impatto del blocco è reale e supera quello che può essere contabilizzato.
Lo stesso Lester D. Mallory, ideologo di questa politica genocida, non immaginava che la sua idea sarebbe durata così a lungo. Non deve aver nemmeno immaginato che i cubani avrebbero resistito così tanto alla sua macabra creazione.
Nelle reti e per le strade le persone si chiedono: Una confezione di pollo con la bandiera nordamericana nella Cuba bloccata? La nave Century Royal con 10 mila tonnellate di grano da Nuova Orleans verso Cuba? E il blocco, esiste davvero o è solo un racconto?
Non è raro e non è una novità che Cuba acquisti un limitato numero di prodotti negli Stati Uniti: lo permette la Legge di Riforma delle Sanzioni Commerciali e Ampliamento delle Esportazioni del 2000, che autorizza l’esportazione di alcuni prodotti dell’agricoltura a Cuba, ma solo con il pagamento anticipato e in contanti, senza finanziamenti da parte degli Stati Uniti, una condizione che si pretende solo da Cuba. La stessa legislazione proibisce i viaggi degli statunitensi con fini turistici a Cuba, e definisce il turismo come una qualsiasi attività relazionata ai movimenti da e verso Cuba, unico Paese che subisce ancora questa limitazione.
Delle 243 misure applicate da Trump, 55 erano state dettate durante la pandemia, nel mezzo di una tremenda crisi economica e sanitaria globale, rinforzando l’intenzione del blocco di ucciderci.
Come se non bastasse, hanno impedito che a Cuba arrivasse ossigeno medicinale proprio nel momento in cui andò in avaria l’impianto di produzione principale.
A sole 90 miglia, preferiscono vederci morire, gli stessi che si presentano come amici e salvatori del nostro popolo e poi accusano il Governo cubano d’incapacità. Il nostro vicino potrebbe essere il nostro mercato naturale, se non esistesse il proposito evidente di farci arrendere per crisi di materie prime.
Ora guardiamo il tema dall’altra riva. Ogni anno, Cuba riceve milioni di turisti e senza dubbio nessuno di questi è statunitense perché per viaggiare a Cuba occorre rientrare in una delle 12 categorie che danno la licenza di viaggiare, Questa è la democrazia «all’americana».
La Repubblica Popolare Democratica della Corea, la Siria e l’Iran, nazioni considerate dalla Casa Bianca tra i suoi principali nemici, o il Vietnam, con cui combatterono una guerra che costò la vita a 58220 nordamericani, non sono vittime di queste condizioni. Per questi Paesi c’è solo una raccomandazione del Dipartimento di Stato a non viaggiare. La proibizione, per legge, è un’esclusiva riservata a Cuba dal 1996, anno in cui fu approvata la legge Helms-Burton.
Inoltre, per via d’un capriccio politico, si impedisce a diverse compagnie degli stessi Stati Uniti di operare investimenti a Cuba, nonostante il loro forte interesse.
Non si deve andare molto lontano per sentire sulla propria pelle gli effetti del blocco: Nuevitas, la fabbrica dei fertilizzanti, necessita per produrre a tutta capacità un volume d’ammoniaca che non possiamo importare perché le poche navi specializzate in questo trasporto non vogliono fare affari con Cuba per non rischiare sanzioni dagli USA, e quando ci riescono, i prezzi sono molto elevati.
La stessa cosa succede con centinaia di navi cisterna e super-cisterna di combustibile che solcano il Mare dei Caraibi. Qualsiasi nave potrebbe attraccare in questo paese se non scattasse poi il divieto di 180 giorni di attraccare in un porto nordamericano.
Quando si tratta del blocco, non posso smettere di pensare al mio braccio destro che potrebbe avere una maggior mobilità se, quando ne ebbi bisogno alocuni anni fa, Cuba avesse potuto acquistare regolarmente la tossina botulinica (Botox) da usare come rilassante muscolare. Invece di scrivere questo articolo con una sola mano sulla tastiera, forse avrei potuto usare anche la mano destra, come fa la maggioranza dei miei colleghi. Il Botox, quando arrivava da Paesi terzi, costava 470 dollari, mentre a sole 90 miglia dalle coste cubane non costava più di 100 dollari.
Il blocco non è un trattamento selettivo che colpisce i rivoluzionari, ma danneggia tutti, compresi i bambini di pochi mesi. Come ogni azione di guerra psicologica, il blocco lascia intendere ai cubani che la vite si può sempre stringere ancora un po’. Questo è il motivo per cui si pongono dei limiti ai viaggi e agli acquisti: che si sappia che i limiti possono sempre essere abbassati.
A noi, finché esisterà non resta altra alternativa che cercare di svilupparci creativamente, con intelligenza e ironia, e questo lo sappiamo bene, ma non possiamo non denunciare che l’obbiettivo del blocco è ucciderci.
Jorge Enrique Jerez Belisario e GM per Granma Internacional, 31 ottobre 2023