Notiziario Patria Grande - Aprile 2023
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NOTIZIARIO APRILE 2023
RESUMEN LATINOAMERICANO (CUBA) / ESTERI / SITUAZIONE IN PERU’
Intervista all’ex-ministro degli Esteri Héctor Béjar:
TELESUR / ESTERI / ELEZIONI IN PARAGUAY
Elezioni in Paraguay: solo un cambio ”gattopardiano” montato da Washington
GRANMA (CUBA) / ESTERI / INGERENZE E GUERRE
Gli Stati Uniti hanno addestrato militari golpisti in Africa
TELESUR / ESTERI / MESSICO E BASI MILITARI STRANIERE
Il Messico rifiuta forze militari straniere sul proprio territorio
GRANMA (CUBA) / ESTERI / STATI UNITI E GIUSTIZIA
Trump: gli Stati Uniti stanno andando all’inferno
GRANMA (CUBA) / ESTERI / CUBA E RUSSIA
Raúl Castro e Díaz-Canel ricevono il Ministro degli Esteri russo
GRANMA (CUBA) / ESTERI / IMMIGRAZIONE
Emigranti o schiavi: il dramma incentivato
RESUMEN LATINOAMERICANO / ESTERI / ACCORDI SU FARMACI
Cuba, Messico e Colombia formalizzano l’Agenzia regionale del Farmaco
GRANMA (CUBA) / ESTERI / BATTAGLIE COMMERCIALI E STRATEGICHE
La falsità e la doppia faccia degli Stati Uniti nella battaglia contro TikTok
GRANMA (CUBA) / ANALISI / L’OCCIDENTE E I BARBARI
Noi, i barbari
GRANMA (CUBA) / VENEZUELA / SALUTE
Salvati dal rischio d’amputazione 135 000 venezuelani con il Heberprot-P
GRANMA (CUBA) / INTERNI / ESITO DELLE ELEZIONI
Costituita la Decima Legislatura dell’Assemblea Nazionale del Potere Popolare
GRANMA (CUBA) / INTERNI / ESITO DELLE ELEZIONI
Miguel Díaz-Canel confermato presidente della Repubblica di Cuba
RESUMEN LATINOAMERICANO (CUBA) / ESTERI / SITUAZIONE IN PERU’
Intervista all’ex-ministro degli Esteri Héctor Béjar:
"Il Perù sta vivendo un’insurrezione contro la Repubblica creola"
Héctor Béjar è un insigne e stimato intellettuale peruviano, scrittore, sociologo, artista plastico ed avvocato, professore presso l'Università Maggiore di San Marcos e la Pontificia Università Cattolica del Perù. Negli anni ‘60 fu comandante dell'Esercito di Liberazione Nazionale (ELN), organizzazione guerrigliera sorta in Perù dopo il trionfo della Rivoluzione Cubana; lì ebbe tra i suoi compagni il grande professore e poeta Javier Heraud, caduto in combattimento a Puerto Maldonado il 15 maggio 1963. Fu designato ministro egli Esteri dall'ex-presidente peruviano Pedro Castillo, che in seguito alle pressioni dell'oligarchia di Lima, acconsentì a togliergli l’incarico.
Come definirebbe l'attuale momento che sta vivendo il Perù?
Ciò che sta avvenendo attualmente in Perù è un’insurrezione popolare; qualcosa di simile lo possiamo trovare negli anni ‘50 del secolo scorso, quando le comunità indigene si sollevarono in un grande movimento di rivendicazione delle terre, in base ai loro titoli coloniali, che prese avvio con l'occupazione pacifica delle piantagioni. Un processo che cominciò nel 1957, molto simile al movimento di Ghandi in India, ma che si concluse in concomitanza con la morte del Che Guevara in Bolivia nel 1967, dopo vari tentativi guerriglieri che non avevano avuto esito in Perù. In seguito verrà il governo del Generale Velasco Alvarado, che già nel 1969 riconobbe quei titoli ed avviò una riforma agraria, processo senza dubbio radicale per il Perù di quegli anni.
Cade o no la dittatura da Dina Boluarte in Perù?
Apparentemente credono di reggere, ma io pagherei per vedere….
Pretendono di rimanere fino al 2026, hanno montato un progetto sperimentale per tutta l'America Latina, di lunga durata, ma sono seduti sopra un vulcano.
Anche ciò che è in gestazione nelle comunità contadine principalmente nel Sud del Paese, ha caratteristiche storiche di lunga durata. Una tale risposta popolare nessuno se l'aspettava. Si veda quanto successo a Llave (Dipartimento di Puno), dove 2500 leader indigeni hanno specificato che non si tratta di una mobilitazione, ma di un’insurrezione. E per di più, di un’insurrezione per eliminare la Repubblica creola: questo la dice lunga sulla profondità storica e sulla proiezione di questo sollevamento.
Questi nuovi leader contadini e indigeni non sono più come quelli del 1950, precedenti alla riforma agraria, semianalfabeti, che parlavano solo in quechua, questi non soltanto sono bilingue e alfabetizzati, ma hanno anche una formazione accademica e professionale, pur continuando a considerarsi indigeni, tanto indios quanto quelli che nel 1950 invasero i possedimenti terrieri, ma questa volta con formazione e prospettiva politica molto maggiori.
Cosa succede nel Nord del Perù? Perché la protesta non è tanto massiccia come al Sud?
Il Nord del Perù è molto diverso, ma occhio, perché vi operano le "Ronde Contadine", da cui proviene Pedro Castillo, abituate ad autogovernare i propri territori fin dagli anni ‘80. Essi semplicemente si autogovernano, non riconoscono le autorità di Lima.
Sull'origine di queste "Ronde" svolse un ruolo determinante la Teologia della Liberazione: il vescovo Dammert, uomo molto di sinistra, giocò un ruolo decisivo nella costituzione di questo movimento di contadini, estremamente forte in taluni dipartimenti come Cajamarca. Ronde contadine nate per perseguire i ladri di bestiame, che in pratica erano i latifondisti stessi.
E Lima?
È iniziata la protesta nei settori periferici di Lima, prima in appoggio alle comunità che dall'altopiano scendevano per partecipare ai grandi cortei e in seguito mobilitandosi in modo autonomo. Vi è anche un fenomeno interessante all'interno delle università.
Il suo riassunto della situazione…
Potranno reggere nei palazzi di Lima, ma non potranno schiacciare questa rivolta. Non succederà come nell'Argentina di Videla, dove fecero sparire i giovani peronisti e di sinistra delle classi medie delle città, non vi sono le condizioni storiche per commettere un nuovo genocidio di tali proporzioni, oggi in Perù hanno a che fare con tantissima gente. Magari nelle teste di coloro che oggi detengono illegittimamente il potere in Perù vi sono quei desideri, ma è impossibile realizzarli.
Senza dubbio i massacri compiuti in alcune località durante queste rivolte sono il segno che stanno provando la via dello sterminio, fin dove trovano risposta ai loro crimini.
Vi sono ancora dei settori patriottici nell'esercito peruviano, residui del Velasquismo?
Nulla. È mero narcotraffico e corruzione.
Come definirebbe il governo di Castillo?
Non conoscevo Castillo e la sua gente prima del mio inserimento al governo: li conobbi lì. Di Castillo posso dire che non è un uomo preparato in politica, al contrario, era piuttosto debole.
Il partito che lo portò al potere - Perù Libre - si dichiara Marxista-Leninista, io non so se hanno mai letto l’"Anti-Dühring".
Circa il suo operato al governo: cedette rapidamente alle pressioni dei gruppi di potere, estromettendo tutti i ministri di sinistra, finché alla fine misero fuori lui stesso.
C'è gente che, secondo una logica cospirazionista, congettura che Castillo sia stato abbandonato, ma è una teoria abbastanza speculativa, l'altra è che lui abbia cercato di “comportarsi bene” per farsi accettare, beh, non lo hanno accettato. Neppure comportandosi bene.
La sinistra è in grado di governare il Perù?
Io credo di sì, vi è un insieme di centinaia di professionisti e intellettuali in università regionali, di alta qualità, estremamente capaci, attualmente discriminati dal razzismo imperante in Perù, che sono perfettamente in grado di farsi carico del Paese. I leader locali delle comunità contadine e indigene, molto ben preparati, anche loro possono incaricarsi di governare il Paese.
La sinistra di Lima, bianca o “al caviale”, come viene chiamata, è una élite, sono persone assai ben preparate, ma in fondo molto razziste, pretendono di guidare i settori popolari piuttosto che unirsi ad essi.
Tuttavia, questo gruppo ha qualcosa di molto positivo: sono fanatici dei diritti umani ed in quest’ambito hanno giocato un ruolo molto importante in Perù. Lo svolsero di fronte a Fujimori, furono loro a denunciare Fujimori e proclamare diritti di nuova generazione, che non sono ancora stati del tutto assimilati dalla sinistra peruviana.
Ma è possibile unire questa sinistra bianca di Lima con l'altra sinistra andina più popolare?
Disgraziatamente, credo di no, benché io auspichi che succeda; credo vi sia una élite in Perù la cui collaborazione dovrebbe essere accettata, ovviamente non propongo sia questa a dirigere il processo.
Il nuovo movimento che è sorto ha una direzione propria, è in grado di governare; la sinistra - quella definita “al caviale” - questo non riesce ad accettarlo.
Joaquín Pérez, Resumen Latinoamericano, 24 aprile 2023
Traduzione a cura di Adelina B., Gruppo Patria Grande, CIVG
Articolo originale: https://www.resumenlatinoamericano.org/2023/04/24/peru-entrevista-a-excanciller-hector-bejar-peru-vive-un-levantamiento-contra-la-republica-criolla/
TELESUR / ESTERI / ELEZIONI IN PARAGUAY
Elezioni in Paraguay: solo un cambio ”gattopardiano” montato da Washington
Il PLRA faceva parte della coalizione di governo che portò al potere Fernando Lugo, che poi ha fatto un’alleanza con i “colorados” che propiziarono il colpo di Stato del 2012. Foto: EFE
L'ingerenza degli Stati Uniti negli affari interni del Paraguay fa parte della quotidianità, ed è perfino vista come qualcosa di normale. Nella situazione attuale, in dirittura d’arrivo della corsa elettorale, i due candidati alla vittoria, Santiago Peña della Asociación Nacional Republicana (Partido Colorado) ed Efraín Alegre del partido Liberal Radical Auténtico (PLRA), si sono incontrati separatamente con l'ambasciatore statunitense Marc Ostfield e hanno esibito le foto dei loro incontri.
Entrambi sono candidati del sistema e forti alleati degli Stati Uniti, così che questa azione non è intesa come ingerenza.
Solo poche settimane fa tutto indicava che il candidato del Colorado Peña avrebbe vinto le elezioni, a meno che non si fosse verificato un evento imprevedibile e sorprendente. E un tale evento si è verificato il 26 gennaio, quando gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni economiche al vicepresidente paraguaiano Hugo Velázquez e all'ex presidente Horacio Cartes per "corruzione", dopo aver loro vietato l'ingresso nel Paese mesi fa.
Esattamente come successe in Honduras con l'ex presidente Juan Orlando Hernández, Washington ha appoggiato e sostenuto le sue candidature ignorando le accuse di organizzazioni internazionali indipendenti e di una parte importante dell'opinione pubblica dei propri Paesi, per poi attaccarle quando non le servivano più per il suo assalto conservatore contro l’interesse dei popoli.
Va detto che con l'esistenza di condizioni oggettive e soggettive per produrre un cambiamento simile a quello che sta avvenendo in buona parte dell'America Latina, la sinistra divisa non ha le premesse per diventare un importante attore elettorale.
Nel bel mezzo delle dinamiche elettorali, il candidato del PLRA ha fatto alcune concessioni per attrarre un settore della sinistra che fa parte del Fronte Guasú. Tra le dichiarazioni elettorali fatte da Alegre spicca l'annuncio che in caso di vittoria avrebbe stabilito rapporti con la Cina, che secondo il parere della maggioranza degli analisti paraguaiani non è altro che una manovra elettorale.
In questo quadro, la decisione degli Stati Uniti di inserire Cartes nella lista dei politici corrotti del Dipartimento di Stato, non è altro che una nuova manovra di ingerenza: qualsiasi azienda o cittadino che farà affari con Cartes sarà soggetto a sanzioni da parte di Washington. Con una manovra disperata, Cartes ha ceduto ai figli le quote delle sue società per eludere le sanzioni, cercando di sopravvivere come uomo d'affari, visto che la sua carriera politica sembra giunta al termine.
Con questo provvedimento, gli Stati Uniti manifestano un'aperta e sfacciata intrusione nel processo elettorale che è stata occultata dai media paraguaiani. Questa azione ha generato un vero problema per la candidatura di Santiago Peña che è cresciuto politicamente di pari passo con l'ex presidente ed è conosciuto come il suo più stretto allievo.
Quando la decisione degli Stati Uniti non poteva più essere nascosta, e i media - come mossi da una bacchetta magica - iniziarono un attacco frontale e omogeneo contro Peña, incontrò l'ambasciatore degli Stati Uniti dopodiché fece un comunicato stampa in cui ha sottolineato che, in caso di vittoria delle elezioni, la priorità della sua politica estera sarà volta a rafforzare le relazioni del Paraguay con Stati Uniti, Israele e Taiwan. In questo modo ha lanciato un messaggio diretto alla classe imprenditoriale, soprattutto se si considera che alcuni settori di essa, soprattutto quelli legati alla produzione di carne e soia - privilegiando i loro grandi interessi aziendali - in modo sempre più aperto pensano di buon occhio la necessità di stabilire relazioni con la Cina.
La dichiarazione dell'ambasciata degli Stati Uniti del 26 gennaio è stata particolarmente dura, affermando che "prima, durante e dopo il suo mandato presidenziale", Cartes si è impegnato in un "modello coordinato di corruzione" che include la corruzione di funzionari e legislatori. Lo stesso ambasciatore statunitense Marc Ostfield ha assicurato che per più di un decennio Cartes ha approfittato della sua ricchezza acquisita illegittimamente e della sua influenza "per espandere il suo potere politico ed economico nelle istituzioni paraguaiane".
Per questo motivo, l'Office of Foreign Assets Control (OFAC, Ufficio Controllo Beni Stranieri) degli Stati Uniti ha deciso di sanzionare Cartes per il suo "coinvolgimento nella corruzione sistematica che ha minato le istituzioni democratiche in Paraguay". Allo stesso modo, l'OFAC ha congelato qualsiasi attività finanziaria che Cartes potesse avere negli Stati Uniti e ha imposto sanzioni specifiche contro quattro società controllate da Cartes e dalla sua famiglia. Con questa azione, gli Stati Uniti hanno indebolito il partito Colorado che ora cerca di prendere le distanze dall'ex presidente.
In questo quadro, Peña ha cercato surrettiziamente di prendere le distanze dal suo rapporto privilegiato con Cartes. Nel caso in cui Peña vincesse le elezioni, per sostenersi farà di tutto per favorire le indicazioni dell'ambasciata degli Stati Uniti perché quella sembra essere la sua migliore carta di vittoria.
Ciò include ovviamente il suo allontanamento da Cartes, di cui non può liberarsi ora perché gli serve per vincere le elezioni vista la grande influenza che l'ex presidente mantiene in settori importanti del partito Colorado. Tuttavia, seguendo le istruzioni dell'ambasciata americana, Peña si è guardato bene dal criticare pubblicamente Cartes.
Questa situazione sembra contraddittoria perché la decisione degli Stati Uniti di coinvolgere Cartes nella corruzione poteva essere interpretata come favorevole al PLRA, ma in realtà, come ha detto un analista paraguaiano, quello che ha fatto l'ambasciata degli Stati Uniti è un "reset" interno per porre sotto il suo controllo sia i liberali che i “colorados”, in modo che non ci sia via d'uscita per nessuno dei due partiti, sapendo che chiunque vincerà sarà in totale sintonia con gli Stati Uniti.
Secondo il sito web del partito Frente Amplio del Paraguay, incline alla candidatura di Alegre, l'opposizione ha iniziato a insistere sulla necessità di un "voto utile" a suo favore per sconfiggere Peña. Affermano che tutti i sondaggi indicano un confronto tra Alegre e Peña, per il quale chiedono la creazione di un fronte unito in cui "gli altri candidati dell'opposizione mettono la possibilità dell'alternanza prima di optare per il meglio posizionato".
D'altra parte, sulla base del suo tradizionale estremo opportunismo, il PLRA sottolinea che nello scenario attuale deve esserci un'alternanza che imponga la designazione di un unico candidato dell'opposizione come opzione che offrirebbe grandi possibilità per sconfiggere il Partido Colorado.
Non va dimenticato che il PLRA ha fatto parte della coalizione di governo che ha portato al potere Fernando Lugo, per poi stringere un'alleanza con i colorados che propiziarono il colpo di stato del 2012 per prendere il potere. Quindi quel tradimento è parte naturale del suo lavoro politico. L'ambasciata americana lo sa. Ed è su questo che sta costruendo il suo cambiamento “gattopardiano” nel Paese guaraní.
Sergio Rodríguez Gelfenstein, 13 aprile 2023
Traduzione a cura di Luigi M., Gruppo Patria Grande CIVG
Articolo originale: https://www.telesurtv.net/opinion/Elecciones-en-Paraguay-solo-un-cambio-gatopardiano-montado-por-Washington-20230413-0013.html
GRANMA (CUBA) / ESTERI / INGERENZE E GUERRE
Gli Stati Uniti hanno addestrato militari golpisti in Africa
L’assassinio di Lumumba, nel 1961, è un esempio dell’ ingerenza yanquee in Africa, dopo l’indipendenza dei suoi territori. Foto: AFP
Una notizia sull’Africa, sempre tanto maltrattata dai media, conquista i titoli della stampa in questi giorni. Risulta che il generale Michael Langley, capo del Comando degli Stati Uniti in Africa (Africom), ha ammesso che i militari addestrati da Washington hanno diretto colpi di Stato contro alcuni governi in questo continente.
Il militare d’alto rango durante una comparizione nel Comitato dei Servizi Armati della Camera dei Rappresentanti, rispondendo ai legislatori nell’udienza sulla posizione militare degli USA e gli impegni nella sicurezza nazionale nel grande Medio Oriente e in Africa, ha ammesso che l’Esercito statunitense negli ultimi dieci anni ha preparato e addestrato 50 mila uomini in Africa.
Il generale Langley ha sostenuto che il personale addestrato dalle Forze Armate degli Stati Uniti ha partecipato alla destituzione di dirigenti politici in Africa e, come riferito da Russia Today, ha aggiunto che Washington condivide «valori fondamentali» con codeste persone.
Questa «rivelazione» del capo di Africom può sembrare una novità per alcuni, ma senza dubbio la storia dell’ingerenza della Casa Bianca nelle politiche africane, la lista dei crimini commessi, che include l’assassinio di leaders politici, colpi di Stato e addestramento delle forze mercenarie, è molto lunga.
Ricordiamo l’uccisione di Patrick Lumumba, leader anticolonialista e nazionalista del Congo nel 1961; Thomas Sankara, a cui tocco la stessa sorte, vittima di un colpo di Stato che terminò con la sua morte nel 1987; Amílcar Cabral, fondatore del Partito Africano per l’Indipendenza di Guinea e Capo Verde, assassinato nel 1973; e il leader libico Muammar Gheddafi, eliminato nel 2011.
Il Ghana fu vittima degli stessi intrighi nel 1964: addetti del Dipartimento di Stato in Africa Occidentale inviarono un memorandum a G. Mennen Williams, capo del settore africano del dipartimento, intitolato “Programma d’Azione per il Ghana”.
Il documento suggeriva come dovessero iniziare gli «intensi sforzi» per diminuire l’appoggio a Kwame Nkrumah in Ghana e, nel contempo, alimentare tra il popolo la convinzione che il benessere e l’indipendenza del Paese necessitassero la sua destituzione».
Nkrumah fu uno dei leader politici dell’indipendenza della nazione oltre che un filosofo e un prestigioso panafricanista.
L’appoggio di Washington al regime dell'apartheid in Sudafrica è ben noto e continuò fino a quando convenne ai suoi interessi, come l’ingerenza in Angola e in altre nazioni della regione.
Boutros Boutros Ghali, ex segretario generale della ONU, ha ripetuto in diverse occasioni che il genocidio del 1994 in Ruanda fu responsabilità degli Stati Uniti, come riferisce Resumen Latinoamericano.
Niente di nuovo sotto il sole: il ruolo del Pentagono, di Africom e della CIA nella salvaguardia del controllo dell’impero sulle risorse in Africa viene ancora una volta rivelato all’opinione pubblica internazionale. Sappiamo che per realizzare i loro obiettivi sono capaci di qualsiasi cosa, per quanto spietata possa apparire.
Raúl Antonio Capote e GM per Granma Internacional, 30 marzo 2023
TELESUR / ESTERI / MESSICO E BASI MILITARI STRANIERE
Il Messico rifiuta forze militari straniere sul proprio territorio
Foto: Sputnik
Il segretario delle Relazioni con l’Estero del Messico, Marcelo Ebrard, ha dichiarato che il suo Paese non permetterà che si attui la minaccia del Legislativo degli Stati Uniti d’invadere il vicino latinoamericano col pretesto di combattere il narcotraffico.
Nella sua visita a Tijuana, città ubicata nell'estremo Nordovest messicano, Ebrard ha messo in guardia sul fatto che i messicani non permetteranno ad alcuna forza militare straniera di metter piede sul territorio nazionale.
Il cancelliere ha precisato che appoggia la posizione del presidente Andrés Manuel López Obrador, il quale durante la commemorazione del 109° Anniversario della Difesa Patriottica del Porto di Veracruz, ha bocciato i tentativi d’ingerenza da parte degli USA col pretesto di combattere la delinquenza in Messico.
Legislatori conservatori statunitensi hanno infatti rimarcato che la Casa Bianca dovrebbe catalogare come terroriste le organizzazioni del narcotraffico operanti in Messico. In base ai criteri di sicurezza nazionale nordamericana, avrebbero in tal modo facoltà militare d’intraprendere azioni contro di esse.
Il presidente del Messico ha respinto le affermazioni dei suddetti parlamentari. López Obrador ha posto l’accento sull'autonomia del Paese latinoamericano, oltre a criticare il modello consumistico, basato su benefici economici, perseguito dagli interessi USA.
Redazione, 23 aprile 2023
Traduzione a cura di Adelina B., Gruppo Patria Grande CIVG
GRANMA (CUBA) / ESTERI / STATI UNITI E GIUSTIZIA
Trump: gli Stati Uniti stanno andando all’inferno
Noi pensiamo che la «giustizia» statunitense possa trasformare in realtà una richiesta come quella di giudicare Donald Trump per 34 capi d’accusa riferite alla sua azione in veste di mandatario, o per quello che ha fatto quando ha saputo che era stato sconfitto dal suo avversario e attuale presidente, Joe Biden.
Anche nel caso di condanna - che comminerebbe 136 anni di prigione - nemmeno questa fiction potrebbe diventare realtà perché l’ex mandatario supera già i 76 anni.
Forse, allora, sarà la «giustizia» del dio denaro che imporrà le sue regole e che determinerà anche il cammino di un processo che potrà durare settimane, mesi e anni, e costare milioni di dollari.
Nella prima udienza davanti alla Corte di New York, messa in scena martedì 4 aprile, Trump si è dichiarato «innocente» – dichiarazione ovviamente prevista – in un procedimento che fa parte della trama giudiziaria e dello show mediatico rispetto al caporione repubblicano, ben abituato a fare giochi di prestigio con i media che lo seguono.
Consapevole che sono milioni quelli che sostengono le sue aspirazioni alla presidenza nel 2024, davanti al Tribunale Penale di Manhattan ha salutato centinaia di persone che si erano concentrate per vederlo e dargli animo.
Tra le imputazioni c’è «la falsificazione di registri commerciali di New York per occultare informazioni pregiudizievoli». Si tratta di registri di affari e dichiarazioni false che stavano nascondendo una condotta criminale.
Terminata la presentazione delle accuse, Trump è uscito del recinto giudiziario ed è tornato alla sua residenza di Mar-a-Lago in Florida, dove ha pronunciato un discorso vomitando insulti contro giudici, giustizia, funzionari e l’attuale presidente.
Le sue frasi più significative: «Questo paese sta andando all’inferno»; «Non avrei mai pensato che qualcosa di questo genere potesse accadere negli Stati Uniti. «L’unico reato che ho commesso è difendere senza paura la nostra nazione». Con atteggiamento di sfida com’è sua abitudine, ha sottolineato: «Questo caso falso è stato presentato solo per interferire nelle prossime elezioni del 2024 e va immediatamente ritirato».
Poi ha assicurato che, con la cupola dell’amministrazione Biden, «si potrebbe scatenare una terza guerra mondiale nucleare totale», e ha avvertito che «se fosse stato ancora lui il presidente, il conflitto in Ucraina e i livelli d’inflazione negli Stati Uniti non ci sarebbero stati».
Alla fine ha detto: «Nemmeno i cinque peggiori presidenti degli Stati Uniti avrebbero provocato tanti danni come l’amministrazione Biden. Gli Stati Uniti sono una nazione in decadenza, siamo una nazione in discesa».
Elson Concepción Pérez e GM per Granma Internacional, 9 aprile 2023
GRANMA (CUBA) / ESTERI / CUBA E RUSSIA
Raúl Castro e Díaz-Canel ricevono il Ministro degli Esteri russo
Durante l’incontro si è parlato delle eccellenti relazioni tra Russia e Cuba basate su antichi vincoli d’amicizia. Foto: Estudios Revolución
Raúl Castro Ruz e il Presidente cubano Miguel Díaz-Canel hanno ricevuto giovedì 20 aprile il ministro degli Esteri della Federazione Russa Serguei V. Lavrov in visita all’Isola.
Durante l’incontro si è parlato delle eccellenti relazioni tra Russia e Cuba basate su antichi vincoli d’amicizia alle quali i due governi danno grande importanza.
Raúl e Díaz-Canel hanno ricordato la loro visita dello scorso novembre a Mosca che ha rinforzato lo scambio nei settori d’interesse reciproco.
Il Presidente Díaz-Canel ha ringraziato il tradizionale e fermo sostegno della Russia alla Risoluzione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite contro il blocco imposto dagli Stati Uniti a Cuba, così come per le molteplici denunce pubbliche di questa criminale politica statunitense.
Il mandatario cubano ha difeso la ricerca d’una soluzione pacifica per via diplomatica all’attuale crisi in Europa che garantisca la sicurezza e la sovranità di tutti, così come la stabilità e la sicurezza regionali, e ha condannato le sanzioni unilaterali imposte contro la Russia.
Il Cancelliere russo ha definito l’incontro molto prezioso prezioso, amichevole e indirizzato a rinsaldare le relazioni. Lavrov è stato accompagnato da Serguei A. Ryabkov, viceministro degli Esteri, e Viktor V. Koronelli, ambasciatore straordinario e plenipotenziario della Federazione Russa nella Repubblica di Cuba; Alexei Y. Drobinin e Alexánder V. Shchetinin, rispettivamente direttori del Dipartimento di Pianificazione della Politica Estera e del Dipartimento dell’America Latina del Ministero dei Temi Esteri della Federazione della Russia.
Per la parte cubana, hanno partecipato all’incontro il ministro delle Relazioni Estere, Bruno Rodríguez Parrilla; il capo del Dipartimento delle Relazioni Internazionali del Comitato Centrale del Partito Comunista di Cuba, Emilio Lozada García; la viceministro delle Relazioni Estere, Anayansi Rodríguez Camejo e il direttore generale A.I. dei Temi Bilaterali, Ángel Villa Hernández.
Redazione Granma e GM per Granma Internacional, 22 aprile 2023
GRANMA (CUBA) / ESTERI / IMMIGRAZIONE
Emigranti o schiavi: il dramma incentivato
Meno che gli emigranti, tutti guadagnano nel fiorente affare di una nuova economia di sfruttamento. Foto: The New York Times
Negli Stati Uniti sta fiorendo un affare. Migliaia di emigranti sono entrati a far parte di una nuova economia di sfruttamento: ingannati da astuti patrocinatori, viaggiano alla ricerca di un sogno, ma le loro speranze terminano in un incubo. Ingabbiati nella prospera industria del male, ogni giorno si alzano per andare a lavorare in condizioni durissime, condannati a un’esistenza estrema.
Negli ultimi due anni sono arrivati negli Stati Uniti più di 250 mila minori non accompagnati, come ha pubblicamente ammesso il New York Times. I bambini, principali vittime dei trafficanti, svolgono alcuni dei lavori più duri aggirando le leggi vigenti sul lavoro: «Sta diventando un affare per i patrocinatori», ha dichiarato Annette Passalacqua, assistente sociale in Florida.
Lavorano nei macelli in Delaware, Mississippi e Carolina del Nord, alle mungitrici in Vermont, segano tavole di legno in Dakota, lavorano per i fornitori di Hyundai e Kia, ricoprono tetti in Florida, guidano scavatrici da 35 tonnellate, e le bambine di 13 anni lavano le lenzuola negli alberghi in Virginia. I nuovi «servi» sono indotti ad accettare le condizioni da compagnie e presunti staff di avvocati attraverso le reti sociali.
Quando arrivano nel paradiso promesso, la realtà è ben differente: scoprono che devono cercarsi un posto dove vivere, che devono estinguere un debito di migliaia di dollari che cresce ogni minuto che passa e con ogni servizio che ricevono.
Il mercato clandestino per gli emigranti gestito dai fomentatori statunitensi è cresciuto da quando il governo del presidente Joe Biden ha annunciato che Washington accetterà un numero limitato di richiedenti proveniente dai vari paesi della regione.
Il programma approvato dalla Casa Bianca, che permette di approdare in forma legale in questo paese per mezzo di un patrocinatore, ha generato un mercato clandestino molto simile a quello che già opera in America Centrale.
Come riportato da un servizio dell’agenzia AP, i trafficanti esigono anche 10 mila dollari per ottenere un sostenitore finanziario. L’avvocatessa Taylor Levy, che ha lavorato molto tempo sulla frontiera vicina a El Paso, in Texas, ha affermato che quello che la preoccupa «sono il rischio per i migranti di essere sfruttati e oppressi».
Mentre Kennji Kizuka, avvocato e direttore della Politica d’Asilo dell’Organizzazione non Governativa International Rescue Committee, che si occupa di dislocare i nuovi arrivi negli Stati Uniti, sostiene che «sembra che alcuni trafficanti semplicemente si limitino ad estorcere il denaro, ma le vittime non otterranno nulla in cambio», come ha pubblicato il Los Angeles Times.
Tutti guadagnano, tranne gli emigranti: le multinazionali e il mercato che assume mano d’opera «in nero», ossia senza contratto, e «gli strangolatori» che fanno il loro raccolto trafficando e incantando con il canto delle sirene.
Gli affari sono affari: anche se esistono differenze formali tra il programma approvato per Cuba e il «business» dei trafficanti di persone che operano con il Centroamerica, ricordiamo che «nel sogno americano» vale tutto.
Raúl Antonio Capote e GM per Granma Internacional, 29 marzo 2023
RESUMEN LATINOAMERICANO / ESTERI / ACCORDI SU FARMACI
Cuba, Messico e Colombia formalizzano l’Agenzia regionale del Farmaco
Messico, Colombia e Cuba hanno formalizzato questo mercoledì la nascita dell'Agenzia del Farmaco dell'America Latina e dei Caraibi (AMLAC), con la firma della Dichiarazione di Acapulco che contiene i dettagli e gli impegni dell'iniziativa comune.
Con la cerimonia ufficiale svoltasi ad Acapulco (Guerrero) e presieduta dal Segretario della Salute messicano, Jorge Alcocer, insieme ai rappresentanti degli organismi regolatori di controllo e vigilanza in materia sanitaria dei paesi firmatari, si è dato avvio al nuovo meccanismo di cooperazione regionale al quale si assoceranno quasi immediatamente dieci nazioni. Ne parlava già il giorno precedente un rapporto dell’agenzia Prensa Latina di Città del Messico.
Gli iniziatori del meccanismo sono stati: per il Messico Alejandro Svarch, titolare della Commissione Federale per la Protezione contro i Rischi Sanitari (Cofepris); per Cuba Olga Ruiz, direttrice del Centro per il Controllo Statale dei Farmaci, Apparecchiature e Dispositivi Medici (Cecmed); per la Colombia Mariela Pardo, rappresentante dell'Istituto Nazionale di Vigilanza su Farmaci e Alimenti (Invima).
Presenti anche il coordinatore nazionale della presidenza pro tempore della Comunità degli Stati Latinoamericani e Caraibici (Celac), gli ambasciatori cubano e colombiano (rispettivamente Marcos Rodríguez e Alvaro Moisés Ninco Daza), insieme ad altri diplomatici.
Il Dott. Alcocer ha presentato l'Agenzia, le sue finalità e obiettivi, definendola una pietra miliare, giacché comprende una regione che non ha un'infrastruttura per la produzione di vaccini ed altri farmaci, e nemmeno l’autorizzazione per l'uso d’emergenza delle medicine.
L’idea di avere un'agenzia latinoamericana del farmaco si dimostra non essere un sogno irraggiungibile, perché questa è un’America libera di progettare il proprio destino per soddisfare le necessità dei popoli, ha dichiarato.
L'autosufficienza sanitaria regionale nelle nostre società piagate da profonde disparità, è una missione molto umana - ha aggiunto - così come rafforzare le normative in ambito sanitario per rendere effettivo il diritto alla salute, con una visione incentrata sulle famiglie.
Con la dichiarazione di Acapulco mettiamo in risalto l'interesse e la necessità di ricostruire il nostro tessuto sociale come popoli fratelli per garantire i diritti riguardanti la salute.
La firma di questo documento da parte di Colombia, Cuba e Messico, la volontà di confrontarci per realizzare l'Agenzia del Farmaco dell'America Latina e dei Caraibi, ci renderà più vicini l'autosufficienza sanitaria e l'accesso alle apparecchiature mediche.
Permetterà anche di condividere tra i Paesi le ricerche scientifiche in Medicina e di trasformare i laboratori farmaceutici che contribuiranno all'autosufficienza e sovranità farmacologica. Così ha concluso.
Resumen Latinoamericano, 27 aprile 2023 - Traduzione a cura di Adelina B.
GRANMA (CUBA) / ESTERI / BATTAGLIE COMMERCIALI E STRATEGICHE
La falsità e la doppia faccia degli Stati Uniti nella battaglia contro TikTok
«L’atteggiamento degli Stati Uniti contro TikTok mostra la falsità e la doppia faccia del governo che utilizza le piattaforme tecnologiche con fini di censura, disinformazione, raccolta e vendita di dati». Lo ha denunciato nel suo account Twitter il membro del Burò Politico del Partito Comunista di Cuba e ministro delle Relazioni Estere, Bruno Rodríguez Parrilla.
Il Cancelliere cubano ha sottolineato che invece di accusare altri governi, l’amministrazione Biden «dovrebbe spiegare ai suoi connazionali e al resto del mondo le violazioni alla libertà d’espressione e la sua incontenibile lotta per l’egemonia tecnologica. Il governo degli Stati Uniti sa che la soluzione non è proibire un’impresa individuale, ma proteggere i cittadini dalle atroci pratiche delle piattaforme digitali, particolarmente quelle statunitensi, che controllano l’80 % dei dati dei navigatori internet».
La lite degli Stati Uniti contro TikTok risale al 2020, quando se ne proibì l’utilizzo sui dispositivi del governo, principalmente delle Forze Armate degli Stati Uniti, del Governo federale e in più della metà degli Stati del paese. In quel momento, TikTok era già installato su circa 800 milioni di dispositivi in tutto il mondo.
Recentemente, Russia Today ha pubblicato dichiarazioni del segretario di Stato statunitense Antony Blinken durante un’udienza del comitato dei Temi Esteri della Camera dei Rappresentanti, durante la quale ha assicurato che TikTok rappresenta un rischio per la sicurezza nazionale al quale si deve porre fine in un modo o in un altro.
Blinken ha rilasciato queste dichiarazioni nella stessa giornata in cui è stata fatta una interrogazione al direttore generale di TikTok Shou Zi Chew sulla sicurezza, sui rischi e sui danni che può rappresentare per Washington la piattaforma.
Redazione Granma e GM per Granma Internacional, 11 aprile 2023
GRANMA (CUBA) / ANALISI / L’OCCIDENTE E I BARBARI
Noi, i barbari
Diamo per scontato che di guerre mondiali ne abbiamo avute due, ma se non ci atteniamo al criterio di perpetuare la comune narrazione, in realtà ne abbiamo avuta una sola, continua, da quando il cosiddetto Occidente ha inventato sé stesso con la scoperta dell’America.
Gli imperialismi europei, scoprendo che il pianeta era rotondo, fecero di ogni regione uno scenario di battaglie, a volte navali e a volte terrestri, ma il tempo della tregua fu sempre più corto di quello della guerra. In palio c’era l’appropriazione delle terre e il prezzo più alto in vite umane l’ha sempre pagato chi la terra se l’è vista espropriare.
Le vittime non sono state solo extra-europee: per la visione del mondo di chi si spartiva il nuovo emisfero, tutto ciò che stava a est del Danubio era “da civilizzare”. L’idea non era nuova: già al tempo dei Romani erano “altri” tutti coloro che non intendevano ereditare la tradizione greco-latina e che col tempo cominciarono a chiamarsi Austria. Oesterreich intesa come “Terra dell’est”: era vista come territorio di contenzione degli abitanti al di là del Danubio considerati primitivi, cioè barbari.
Il termine barbaro ebbe origine nella Grecia classica e si riferiva ai popoli che non parlavano greco. La sua etimologia – si dice – viene da una voce onomatopeica che imitava la pronuncia incomprensibile (bar-bar) di quelli che non parlavano greco. L’idea si estese poi a quelli che non condividevano “la purezza” della cultura classica, e incluse anche popoli greci nei confini del mondo ellenico che parlavano alcuni tipi di dialetto greco. Il termine non è mai stato inteso come innocente: la condizione degli "altri" come estranei a “noi” comportava una presunzione morale di giustizia nel renderli schiavi, e quindi giustificava la violenza con la superiorità culturale.
I romani, come in tante altre cose, adattarono il termine ai loro particolari contesti e barbaro finì per significare non-romano, attribuendovi una connotazione di primitivo e inferiore e giustificando così l’invasione e la sottomissione. Ma è con l’invenzione dell’Occidente e con l’espansione coloniale europea che il termine raggiunge un’implicazione globale: barbari sono tutti coloro da conquistare e assoggettare. Barbari erano gli abitanti del Nuovo Mondo che necessitavano la “cristianizzazione”, strumento dell’asservimento, tutela pietosa come condizione necessaria per la “salvezza”, anche se nella realtà finiva per essere strumento di sterminio.
Barbari erano i negri dell’Africa, mano d’opera schiava necessaria, anch’essi soggiogati a una crociata di civilizzazione che li esiliava inculcando la buona novella a colpi di ceppo e di frusta. Barbari erano i giapponesi, con le loro abitudini di guerre feudali da cui l’Occidente si era “affrancato”; barbari erano i cinesi gialli, che nessuno comprendeva e che andavano benissimo se accettavano di scambiare le loro risorse con l’oppio. Barbari erano gli indiani con i loro turbanti e le loro enigmatiche culture. Barbari erano i territori che l’infame Cook scoprì e incluse nell’impero britannico. Barbari erano gli arabi, con il loro esotico orientalismo, le loro voluttà e la loro sfrenatezza. Barbari erano l’ottomano minaccioso e l’affascinante egiziano, il siriano e gli eredi di Babilonia, i persiani e i popoli del ventre dell’Asia. Barbari erano anche gli slavi, popoli con un cristianesimo differente. E i rumeni, quegli strani contadini scontrosi, anche con una lingua d’origine latina. Diventarono barbari anche i greci - madre mia! - relegati tra capre e pastori. Non è casuale che i vampiri fossero di terre barbare e che Frankenstein, anche se figlio della scienza, fosse una ribelle degenerazione di terre tedesche dove si giocava all’apprendista stregone con strumenti al di fuori della umana comprensione.
Retamar ci ricorda nel testo “Di Dracula, Occidente, America e altre invenzioni” che il Dracula di Bram Stoker comincia certificando che a est del Danubio, al di là di Oesterreich, c’era l’incognito e l’oscuro, il territorio di terribili realtà fantastiche.
Inclusi nell’Occidente, dopo gli stermini e la supremazia assoluta bianca, gli Stati Uniti si appropriarono senza complessi del concetto di barbarie, sempre attribuito agli altri. Lo usarono per sterminare la popolazione originaria e per giustificare la loro schiavizzazione post indipendenza. Lo usò Walker per invadere il Nicaragua e lo usò Teddy Roosevelt per aggredire la Colombia. Lo usarono per giustificare l’Emendamento Platt. E lo usarono per giustificare il colpo di Stato in Cile, quando un funzionario yankee disse che se il popolo cileno non comprendeva per chi doveva votare, gli Stati Uniti avevano il dovere di correggere la sua ignoranza.
Ma sono barbari anche gli operai che lottano, il contadino che si solleva. Barbari erano quelli che tentarono d’assaltare il cielo nella Parigi della Comune e quelli che presero il Palazzo d’Inverno. Barbari erano gli anarchici di Chicago e anche Sacco e Vanzetti. Barbaro era Malcolm X, e barbara era Lolita Lebrón. Barbara era Nina Simone e George Floyd. Barbari sono i poveri che oggi combattono per la loro sorte in Perù.
Come un jolly del piccolo esploratore, l’idea del barbaro non ha mai smesso la sua utilità. Basta guardare in qualsiasi film di Hollywood l’immagine data delle nostre terre: strade sporche, violenza, narco trafficanti, corrotti, analfabeti, selvaggi buoni sottomessi allo yankee superiore e selvaggi cattivi senza sensibilità umana; balli esotici, autocrati, guerriglieri sanguinari; terre di dubbia moralità, terre di barbari.
Ascoltate i loro presidenti, leggete i loro giornali e sentite i loro telegiornali quando parlano di noi, quando misurano il nostro successo in base a come imitiamo le loro civili maniere, non solo politiche ma anche culturali. L’anfitrione del programma più visto della catena Fox News, Tucker Carlson, riferendosi agli arabi dice che non ci si può fidare di popoli che non usano posate e carta igienica.
Negli Stati Uniti, un politico esaltato riferendosi ai cinesi ha affermato in una riunione politica che non ci si può fidare di un Paese in cui gli abitanti mangiano le proprie mascotte. Una commentatrice televisiva in Perù ha giustificato la violenza contro i poveri perché la polizia non capisce chi non parla spagnolo. Il signor Borrell, Alto Rappresentante dell’Unione Europea per le Politiche Estere e la Sicurezza, ha affermato che ”noi europei abbiamo costruito l‘Unione Europea come un giardino alla francese, pulito, ordinato, bello, ben curato, ma il resto del mondo è una giungla». L’Europa è un giardino, il resto sono barbari.
Non dimenticatelo, noi siamo barbari. Alcune delle nostre terre lo accetteranno come una maledizione, ma altre lo accetteranno sempre più come ciò che ci definisce differenti da loro, dai conquistatori, da chi sottomette, da chi sfrutta.
Siamo meravigliosi barbari, e il futuro è nostro, rassegnatevi all’idea.
Ernesto Estévez Rams e GM per Granma Internacional, 17 aprile 2023
GRANMA (CUBA) / VENEZUELA / SALUTE
Salvati dal rischio d’amputazione 135 000 venezuelani con il Heberprot-P
I Venezuelani migliorano la loro qualità di vita con il medicinale cubano Heberprot-P. Foto: Humberto Lister
Caracas, Venezuela.–Il Programma del Buon Vivere per il Diabetico forma parte della Missione Medica Cubana in questa nazione. Coordinato dal Ministero del Potere Popolare per la Salute (MPPS), il Ministero di Salute Pubblica (Minsap) e il Centro d’Ingegneria Genetica e Biotecnologia di Cuba (CIGB), dal 2008 ha permesso d’assistere 274 000 venezuelani, e ha salvato dal rischio d’amputazione circa 135 000 pazienti.
A proposito di questo progetto, durante la sua recente visita alla terra bolivariana, la membro del Burò Politico del Partito e direttrice generale del CIGB, Marta Ayala ha dichiarato che «è uno spazio rilevante che ha messo radici in questa popolazione, nel personale della salute –sia cubano che nazionale– e negli scienziati coinvolti; è un programma che è dovere comune rinnovare nelle attuali circostanze. Lo dobbiamo a Chávez e a Fidel, fondatori di questa grande alleanza», ha insistito.
Inoltre ha segnalato che «questa visita avviene in un periodo molto opportuno, dopo più di due anni dalla COVID-19, nei quali i due paesi hanno dovuto impegnare tutte le loro risorse e i loro sforzi in funzione della pandemia e durante i quali abbiamo anche collaborato condividendo le esperienze nell’uso degli interferoni e vaccinazioni».
«Siamo qui, ha precisato, per vedere quali altri progetti e prodotti possiamo utilizzare in questo nuovo momento. L' Heperprot-P, del Programma del Buon Vivere per il Diabetico, è uno di quelli che ci coinvolge maggiormente».
La dirigente ha indicato l’interesse a continuare questo programma e a valutare il metodo di distribuzione più efficace del medicinale alla popolazione.
« Prima di cominciare ad usarlo, il tasso delle amputazioni tra i venezuelani diabetici era di circa il 10 %. Oggi, dove si applica, diminuisce al disotto del 3%, ha spiegato. Questo ha un grande valore sociale, perchè evitare l’amputazione in un individuo significa mantenerlo socialmente attivo, un sollievo per la sua famiglia e generare meno spese al sistema sanitario».
La rete di produzione del CIGB, ha detto, è in condizioni d’assumere questo impegno che senza dubbio contribuirà al benessere della popolazione venezuelana, con la quale i nostri specialisti lavorano non solo occupandosi dell’assistenza ai pazienti diabetici, ma anche della prevenzione, essendo una malattia frequente nel paese. Anche quando la cooperazione in questo aspetto è stata limitata, «le visite non hanno smesso d’essere attive», ha sottolineato.
Laura Mercedes Giraldez e GM per Granma Internacional, 17 aprile 2023
GRANMA (CUBA) / INTERNI / ESITO DELLE ELEZIONI
Costituita la Decima Legislatura dell’Assemblea Nazionale del Potere Popolare
In una data tanto significativa per la Patria come questo 19 aprile - anniversario della vittoria del popolo rivoluzionario a Playa Girón, quando l’imperialismo statunitense morse la polvere della sua prima sconfitta nel continente – si costituirà oggi la Decima Legislatura dell’Assemblea Nazionale del Potere Popolare.
Con una cerimonia solenne nel Palazzo delle Convenzioni de L’Avana, i 470 Deputati eletti dal popolo eleggeranno il Presidente, il Vicepresidente e il Segretario del Parlamento, e saranno inoltre eletti i membri del Consiglio di Stato.
L’Assemblea Nazionale del Potere Popolare, costituendosi per una nuova Legislatura, elegge il Presidente e il Vicepresidente della Repubblica, e designa su proposta del Presidente della Repubblica, il Primo Ministro, i vice primi ministri, il Segretario e gli altri membri del Consiglio dei Ministri.
Nel rispetto della Legge Elettorale, è stata la Commissione delle Candidature Nazionali a sollecitare i deputati che consegnassero in forma scritta le proposte di coloro che consideravano adatti ad occupare gli incarichi della direzione dell’Assemblea.
«Questo processo trasparente, democratico e partecipativo» ha detto Consuelo Baeza Martín, presidente della Commissione delle Candidature Nazionali, «rafforza la democrazia del Paese, rappresenta ed esprime la volontà sovrana di tutto il popolo. Tra i suoi compiti la valutazione della costituzionalità delle leggi, dei decreti legge e delle altre disposizioni generali».
La Decima Legislatura è la prima che si costituirà da quando è stata approvata la nuova Costituzione della Repubblica nel 2019.
Susana Antón Rodriguez, Wennys Díaz Ballaga, Liz Conde Sánchez e GM per Grnma Internacional, 19 aprile 2023
GRANMA (CUBA) / INTERNI / ESITO DELLE ELEZIONI
Miguel Díaz-Canel confermato presidente della Repubblica di Cuba
Alina Balseiro Gutiérrez, presidente del CEN, ha comunicato la rielezione del deputato e Primo Segretario del Comitato Centrale del Partito, Miguel Díaz-Canel Bermúdez a Presidente della Repubblica di Cuba.
La dirigente ha precisato che hanno votato i 462 deputati presenti, dei quali 460 hanno espresso voti validi e due in bianco. A favore di Díaz-Canel sono stati scrutinati 459 voti, cioè il 97,66 %.
Ugualmente, il deputato e membro del Burò Politico del Partito, Salvador Valdés Mesa, è stato rieletto Vicepresidente della Repubblica di Cuba con 439 voti a favore, cioè il 93,4 %.
Esteban Lazo Hernández, presidente della Assemblea Nazionale del Potere Popolare e del Consiglio di Stato, esposti i risultati della votazione ha dichiarato la conferma degli incarichi di Presidente e Vicepresidente della Repubblica per Díaz-Canel e Valdés Mesa.
Nel rispetto di quanto stabilito dalla Costituzione, il presidente della Repubblica Miguel Díaz-Canel ha presentato ai deputati la designazione di Manuel Marrero Cruz come Primo Ministro. Sono stati ricordati i suoi grandi impegni nella sua precedente nomina, tra i quali la gestione del Covid19, della crisi economica derivata dalla pandemia e l’inasprimento del blocco. Ha lavorato alla ricerca di alternative che permettessero di rinforzare il ruolo e l’autonomia del municipio, la conduzione e lo sviluppo di nuovi attori economici indirizzati a garantire il ruolo dell’impresa statale socialista come oggetto principale dell’economia, la sicurezza informatica e il perfezionamento del lavoro degli organi del Potere Popolare. Ha sviluppato uno stile di lavoro segnato dall’impegno verso il popolo negli scenari più complessi. Spicca il suo impegno nel perfezionamento dei meccanismi per il ricevimento di reclami, denunce e proposte della popolazione, così come nell’attenzione diretta delle politiche sociali.
Redazione Granma e GM per Granma Internacional, 19 aprile 2023