Notiziario Patria Grande - Dicembre 2021
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NOTIZIARIO
DICEMBRE 2021
PAGINA 12 (ARGENTINA) / ESTERI / ELEZIONI IN CILE
Aprendo i grandi viali alberati
PAGINA 12 (ARGENTINA) / ESTERI / ELEZIONI IN CILE
Cile: gli artefici della storia
GRANMA (CUBA) / INTERNI / PROGETTI E SVILUPPO ECONOMICO
ZEDM: il progetto strategico più importante per lo sviluppo dell’economia cubana
GRANMA (CUBA) / ESTERI / INGERENZE USA IN EUROPA
In Europa gli USA giocano alla guerra
GRANMA (CUBA) / ESTERI / BOICOTTAGGIO USA DELLE OLIMPIADI INVERNALI CINESI
Biden «non fa strike»
GRANMA (CUBA) / ESTERI / LA DEMOCRAZIA DEGLI STATI UNITI
Gli Stati Uniti, la democrazia della disuguaglianza e lo scarto umano
GRANMA (CUBA) / ESTERI / STATI UNITI E ASSANGE
Il Cancelliere cubano su Assange:
«Gli USA cercano vendetta e castigo per le rivelazioni dei loro crimini»
GRANMA (CUBA) / ESTERI / DIALOGHI TRA BIDEN E PUTIN
Dialogo tra Putin e Biden: 120 minuti di tensione
GRANMA (CUBA) / ESTERI / INGERENZE DEL PARLAMENTO EUROPEO
Cuba condanna le nuove manovre d’ingerenza del Parlamento Europeo
PAGINA 12 (ARGENTINA) / ESTERI/ ELEZIONI IN CILE
Aprendo i grandi viali alberati
di Atilio A. Boron, 21 dicembre 2021
È trascorso quasi mezzo secolo. Nel corso del quale un'atroce dittatura torturò, ammazzò, fece sparire ed esiliò centinaia di migliaia di cilene e cileni. Inoltre saccheggiò il paese ed arricchì i gerarchi del regime, apartire da Augusto Pinochet stesso e dalla sua famiglia.
In seguito, col ritorno alla "democrazia" - in realtà, un simulacro di essa, molto ben montato, con tutte le forme, ostentazioni e circostanze del caso, ma orfana di sostanza reale - sono trascorsi trenta lunghi anni durante i quali germinò con veemenza il seme maledetto seminato dal dittatore e dai suoi complici. I suoi frutti furono una società tremendamente iniqua, che oltretutto spezzò i propri tradizionali legami di solidarietà e si consegnò al miraggio riassunto nella formula coniata dal regime: la cittadinanza è il consumo. In altre parole, il trionfo dell’"antipolitica" e, di conseguenza, l'obsolescenza di ogni forma di azione collettiva.
A tutto ciò si aggiunsero il saccheggio delle ricchezze del paese ed il loro trasferimento a potenti oligarchie imprenditoriali, l'incondizionato allineamento del Cile a Washington, scandalosamente rappresentato da quella fotografia di Sebastián Piñera alla Casa Bianca, in cui faceva coincidere la stella della bandiera cilena con le cinquanta della bandiera nazionale imperiale, gratificando l'aspirazione dell'elite del suo paese di diventare una colonia degli Stati Uniti. Trent’anni in cui vi fu continuità e non rottura tra il pinochetismo e i regimi successivi, il che faceva fallire sul nascere qualsiasi intenzione di parlare seriamente di una "transizione democratica."
"Sono stati trent’anni, non trenta pesos" dicevano i protagonisti delle grandi lotte sociali scatenate il 18 ottobre 2019. In quel momento le masse popolari intravidero l’approssimarsi di quei grandi viali alberati che Salvador Allende aveva invocato nel suo ultimo discorso e cominciarono a camminare in quella direzione. Fu una lunga marcia, in salita e costellata di insidie e ostacoli d’ogni tipo. Ma nonostante tutto si avanzava: il ripudio della Costituzione pinochetista, l’appello per una Convenzione Costituente e la sua realizzazione, con la significativa forza d’attrazione gravitazionale che in essa acquisirono le forze della contestazione e la presidenza esercitata da una leader mapuche, Elisa Loncón Antileo, furono altrettante pietre miliari di quell'irresistibile avanzata.
Ma c'era una sfida ancora più grande: costituire una coalizione che potesse dar battaglia contro una destra che, ben lungi dal darsi per vinta, si schierava in lizza elettorale con un campo che tifava a suo favore. Lo abbiamo visto questa domenica: i mezzi d’informazione impegnati in una rabbiosa campagna anticomunista, denunciando Boric di estremismo; la Televisione Nazionale a scoraggiare la partecipazione dell'elettorato con apocalittiche previsioni di un'ondata di calore; e, peggio ancora, la grossolana e antidemocratica manovra del governo di dare l’ordine ai mezzi di trasporto pubblico di superficie ("microbus" in gergo cileno) di non uscire per strada ma rimanere in garage.
Ma tutto fu inutile, e la coalizione di Apruebo Dignidad, costituita dal Frente Amplio e dal Partito Comunista, con l'appoggio di altre forze, si elevò con una schiacciante vittoria che nessuna inchiesta seppe prevedere: Boric ottenne il 55,87 % dei voti contro il 44.13 % di Kast. Non è un dato di secondaria importanza che con quei numeri Boric praticamente eguaglia il record assoluto in un'elezione presidenziale: il 56.09 % che aveva consacrato Eduardo Frei Montalva presidente del Cile nel 1964.
Ci sono tantissime cose da dire su questa commovente e promettente apertura dei grandi viali alberati. In primo luogo, l'importanza della decisione di andare a cercare coloro che erano stati protagonisti delle grandi proteste popolari, ma non avevano votato al primo turno. La partecipazione alle elezioni è stata del 55.65 %, e questa è stata la chiave del trionfo di Boric. Non è andato a cercare i voti del quasi inesistente "centro politico" ammainando le grandi bandiere delle giornate d’Ottobre, bensì ha convocato i quartieri popolari.
Secondo: lo aspetta un compito durissimo: debito sociale, crisi economica, pandemia, il tutto sotto l'attacco inclemente della destra. C’è da sperare che entrando a La Moneta (ci auguriamo prima!) lo spirito di Salvador Allende si posi sul giovane presidente e gli trasmetta tutta la sua saggezza e i suoi valori. Ad esempio, la fiducia illimitata nel popolo e nella sua imprescindibile organizzazione, unica assicurazione su cui potrà contare di fronte all'implacabile guerra di cui sarà oggetto.
La certezza che Allende aveva, era che la classe dominante cilena mai e poi mai avrebbe accettato un governo di sinistra e che, come avvenne (e come già sta capitando a Boric: vedi la reazione della Borsa il lunedì, caduta del 6 %, con il dollaro schizzato alle stelle), sarebbe ricorsa a qualsiasi espediente pur di frustrare la sua opera di governo. E infine anche l'assoluta convinzione del Presidente Martire, che si dovrà resistere alle manovre dell'imperialismo e della destra, della casta politica e i suoi portavoce e organizzatori nei media, ONG ed altri poteri di fatto, che combineranno con calcolata astuzia le loro tipiche forme di pressione ed estorsione con taluni gesti "amichevoli", tentando di rendere Boric malleabile, il tutto con l’unico e non negoziabile obiettivo d’indebolire e, possibilmente, spazzar via il suo governo facendo diventare il Cile la 51esima stella degli Stati Uniti.
Questa bussola allendista sarà fondamentale per concretizzare con successo quella che senza dubbio sarà una durissima e prolungata disputa sociale, nella quale la coscientizzazione ed organizzazione del settore popolare giocheranno un ruolo assolutamente cruciale.
Fonte: https://www.pagina12.com.ar/390600-abriendo-las-grandes-alamedas
PAGINA 12 (ARGENTINA) / ESTERI / ELEZIONI IN CILE
Cile: gli artefici della storia
di Atilio A. Boron, 23 dicembre 2021
La categorica vittoria di Gabriel Boric alle elezioni presidenziali cilene ha risvegliato un'infinità d’interrogativi. Fino alla domenica stessa non erano pochi quelli che, sbagliando, dicevano che in fondo il giovane magellanico (1) e Kast rappresentavano la stessa cosa e pertanto non aveva senso andare a votare. Appreso il contundente verdetto delle urne, coloro che sostenevano quell’opinione modificarono prontamente il loro discorso. In un gesto di rassegnata condiscendenza ora congetturano che, in ogni caso, Boric non potrà fare altro che aggiornare o mascherare il progetto neoliberista gestito per decenni dalla classe politica cilena.
La grossolana manipolazione della teoria marxista esibita da questi critici li porta a formulare questi tipi di pronostici, che poggiano su un'erronea premessa, vale a dire: l’iter del processo storico è segnato da un onnipotente demiurgo, che è colui che lo guida e che determina la sua traiettoria e il suo risultato. Nonostante il sovraccarico di fraseologia marxista, queste interpretazioni non hanno nulla a che vedere col materialismo storico. In realtà esse sono la reincarnazione della teoria elaborata nel corso del XIX secolo da un filosofo e storiografo conservatore, lo scozzese Thomas Carlyle, secondo cui le iniziative e le decisioni degli "eroi" (o “grandi uomini", come anche li chiamava), sono quelle che muovono la storia. Citando le sue stesse parole: "La storia del mondo non è altro che la biografia dei grandi uomini". Non sono elementi marginali della sua proposta teorica il disprezzo per le masse (si riflette nel mondo ispanico parlante nell'opera di José Ortega e Gasset e, ai tempi odierni, di Mario Vargas Llosa) ed il suo radicale rifiuto della democrazia.
Agli antipodi delle tesi di Carlyle e dei suoi improbabili seguaci si trova l'analisi marxista, che segnala che la storia non è la "biografia dei grandi uomini", bensì il risultato in continua evoluzione della lotta di classe, dove il ruolo delle masse assume un'importanza decisiva. E’ chiaro che quando Marx, Engels, Lenin, Gramsci, Rosa Luxemburg, Mao ed i classici del marxismo parlavano delle masse si riferivano a qualcosa di diverso dall'attuale disintegrazione che la reazione neoliberista ha prodotto - non in tutti i paesi, né con la stessa intensità - nell'universo delle classi e dei ceti sfruttati, ridotti in molti casi ad un gigantesco agglomerato di esseri umani "privatizzati", diffidenti verso ogni forma di azione collettiva, rinchiusi nell'egoismo individualista e il feticismo consumistico, che l'ideologia neoliberista ha loro inculcato da decenni per riassicurarsi il proprio dominio. Nella sua celebre "Introduzione" del 1895 a La Lotta di Classe in Francia, di Marx, Engels aveva messo in guardia precocemente riguardo a tale deriva, quando sentenziò che "L'epoca degli attacchi a sorpresa, delle rivoluzioni fatte da piccole minoranze coscienti alla testa delle masse incoscienti, è trascorsa".
"Masse senza coscienza", lì sta la chiave! Perché se qualcosa ha fatto il capitalismo dal secondo dopoguerra, è stato proprio montare una fenomenale industria culturale progettata al preciso scopo di offuscare la coscienza delle masse e indurle ad accettare che l’esistente (la società borghese e il capitalismo) è l’unica cosa che può esistere. In altre parole, renderle politicamente analfabete e seminare la velenosa semenza dell’"antipolitica". Di fronte a ciò, qualunque altra cosa - il socialismo, ad esempio - è denunciata dall'ideologia dominante come una pericolosa allucinazione, opera d’irresponsabili demagoghi.
Questo fenomeno di premeditato degrado delle classi popolari fu osservato dai teorici della Scuola di Francoforte nell'immediato dopoguerra e avvalorato, in questi ultimi anni, da intellettuali come Noam Chomsky e Sheldon Wolin, fra i tanti.
Nonostante quello fosse (e ancora sia) il progetto, i processi rivoluzionari o le insurrezioni popolari hanno scosso il mondo intero, e questo prova che non sempre i piani dell'impero e delle classi dominanti si coronano di successi: Cina e Vietnam in Asia; Algeria, Siria, Libano, Tunisia ed Egitto in Nord Africa e Mediterraneo Orientale; Angola, Mozambico, Guinea Bissau e Sudafrica in Africa; Cuba, Grenada, Venezuela e Nicaragua in America Latina e Caraibi; il Maggio francese e la sua riproduzione nei principali paesi europei; le grandi mobilitazioni contro la guerra del Vietnam negli Stati Uniti, sono alcuni tra i numerosi esempi, ai quali vanno aggiunti l'insurrezione popolare del Caracazo nel 1989, le giornate del 19 e 20 dicembre 2001 in Argentina, la grande rivolta popolare cilena del 2019.
Ciò detto, possiamo ritornare a Boric e fare congetture riguardo a ciò che potrà o non potrà fare. Questo solo in parte dipenderà dalla volontà sua o dell’equipe al governo e dalla loro coerenza politica. Egli è stato sottoposto, a partire dal lunedì stesso, a un attacco su due fronti: da un lato le brutali pressioni dei mercati e dei loro giocatori d’azzardo e bari impresariali, nonché dei portavoce benpensanti dell'establishment; dall'altro un'operazione di seduzione per spingerlo ad abbandonare le numerose "idee scorrette" contenute nel suo programma di governo.
Il solito: una tenebrosa articolazione tra coercizione estorsiva dei poteri di fatto e un amichevole (e ipocrita) appello a cavarsela "in modo ragionevole" senza oltrepassare i limiti di uno sterile possibilismo. Com’è risaputo, questa strategia è coordinata da Washington: come diresse l'operazione che culminò nella distruzione del governo di Salvador Allende, la stessa cosa sta facendo oggi per "demarcare i confini del campo” a Boric, per fissargli ciò che deve e ciò che non deve fare.
A tale scopo combina con calcolata malizia la mano dura - indubbiamente in modo molto più cauto, sottile, dissimulato che un tempo - con le edulcorate modalità e i sensati consigli del "poliziotto buono", veicolati mediante un'infinità di ONG, manipolazioni della marmaglia mediatica, sussidi a gruppi di ricerca e promozione di agende specifiche legati al governo che, in tempi d’insensata dismisura, reclamano sensatezza e misura al futuro presidente.
In sintesi: ciò che egli possa fare una volta insediato a La Moneta dipenderà, più che dalla sua volontà, dalla forza e dall'organicità della spinta popolare, dalla pressione proveniente dal sottosuolo profondo della società cilena. Questa, per essere efficace, farà affidamento sulla maturazione della coscienza politica delle masse e sul dispiegamento delle sue forme organizzative: i partiti popolari, i movimenti territoriali, femministi, studenteschi, dei popoli indigeni, dei difensori dei diritti umani, delle identità di genere e degli ambientalisti, le organizzazioni sindacali e, insomma, di tutta la variopinta moltitudine di organizzazioni di massa che sono state sistematicamente combattute, destrutturate e degradate durante mezzo secolo di egemonia neoliberista.
Saranno queste con la loro organizzazione, coscientizzazione e protagonismo a decidere, in ultima istanza, la rotta che il governo di Boric seguirà. Sono state queste che, a partire dal 19 ottobre 2019, posero fine al lungo ciclo politico del post-pinochetismo, ripudiarono la costituzione di Pinochet e forzarono la convocazione di una Convenzione Costituente. È certo: il presidente sarà sottoposto a violente pressioni incrociate; potrà vacillare e persino paralizzarsi; ma la moltitudinaria presenza per le strade di masse "coscienti", come voleva Engels, sarà quella che farà pendere l’ago della bilancia e deciderà il risultato finale della disputa politica.
Non è compito semplice esercitare il comando di un governo. In più di un'occasione Allende si lamentò che nonostante avesse adottato una decisione specifica di carattere radicale, la burocrazia statale "l’avvitava al contrario” e frenava la realizzazione di quella politica. La ragione è facile da capire: un’amministrazione pubblica reclutata ed educata per decenni con una matrice di pensiero profondamente conservatrice - e, in un certo senso, neocolonialista, classista e razzista - non si adegua troppo facilmente e senza opporre sorda resistenza alle direttive politiche che mettono in questione le sue tradizionali modalità d’attuazione e le sue preferenze ideologiche. Se nonostante ciò Allende poté nazionalizzare il rame, nazionalizzare il settore bancario, fare la riforma agraria, creare un'immensa area di proprietà sociale, nazionalizzare le grandi industrie e resistere per tre anni alla brutale pressione decretata da Richard Nixon, fu perché in Cile vi era un popolo che avallò con la sua organizzazione e la sua moltitudinaria presenza nelle strade quelle grandi decisioni del Presidente Eroico, che morì difendendo la democrazia con un’arma in pugno.
Boric dovrà prendere altre decisioni di grande portata nei prossimi anni. La sua volontà di rifondare "un Cile ben diverso", come dice la canzone, sarà essenziale, e nulla di quanto detto prima sminuisce il ruolo e la responsabilità che spetta al futuro occupante de La Moneta. Ma, insistiamo, la sua leadership, tanto quella istituzionale quanto quella informale, potrà essere storicamente produttiva soltanto se si articola con l'attivismo popolare, in un potenziamento reciproco.
Da qui la vacuità degli approcci segnalati nel primo paragrafo di questo scritto, riguardo a ciò che possa o non possa fare Gabriel Boric, erroneamente concepito come l'onnipotente e solitario demiurgo della storia. Ciò che potrà fare sarà dato dalla sua capacità di saldare un blocco storico, nel senso gramsciano, dove un popolo cosciente ed organizzato spinga il governo ad oltrepassare i limiti del possibile, proponendogli di tentare l’impossibile più e più volte. Perché come ricordava Max Weber, senza questa rivendicazione dell’impossibile, senza quell'orizzonte segnato da ciò che appare impossibile ma non lo è, qualsiasi governo diventa un grigio perpetuatore del fallimento.
Note:
(1) Gabriel Boric è nato a Punta Arenas, capitale della Regione di Magellano e dell’Antartide Cilena
Fonte: https://www.pagina12.com.ar/391337-chile-los-hacedores-de-la-historia
GRANMA (CUBA) / INTERNI / PROGETTI E SVILUPPO ECONOMICO
ZEDM: il progetto strategico più importante per lo sviluppo dell’economia cubana
Con un ammontare d’investimenti che supera i 3 miliardi di dollari, la Zona Speciale di Sviluppo Mariel (ZEDM) si riafferma nel 2021 come il progetto strategico più importante nello sviluppo dell’economia cubana.
Ana Teresa Igarza, direttrice generale della ZEDM, nella cornice del II Forum deelle Imprese ha affermato che nel bilancio della gestione figurano 61 accordi approvati, dei quali 31 a capitale totalmente straniero, ma contemporaneamente si dà spazio e fiducia alle imprese a capitale misto e ad investimento nazionale al 100%. All'ottavo del suo anniversario, nella piattaforma industriale logistica e di servizi sono impegnati capitali provenienti da 21 paesi e, inoltre, spiccano gli investimenti in energie rinnovabili, alte tecnologie e altri business che verranno integrati e articolati con il resto dell’economia interna.
Nel 2021, ha aggiunto Igarza, varie imprese situate nella Zona sono entrate in gioco, come nel caso di Brascuba Cigarrillos S.A e il Complesso Industriale Tecnologico Mariel.
Su quest’ultimo, Catalina Álvarez, direttrice del CIGB–Mariel S.A, ha segnalato che la piattaforma è pronta per assumere differenti prodotti d’alto valore aggiunto. Imprenditori stranieri, come Vi Nguyen Phuong, direttrice di Thai Bing Global Investment Corporation – il primo gruppo vietnamita che ha investito nella ZEDM – hanno commentato i benefici offerti da ZEDM, molto attraente per gli investimenti.
Yaditza del Sol González e GM per Granma Internacional, 1° dicembre 2021
GRANMA (CUBA) / ESTERI / INGERENZE USA IN EUROPA
In Europa gli USA giocano alla guerra
Il mondo è sul punto di affrontare quello che può diventare il conflitto armato più grave nella storia dell’umanità. Se scoppiasse la guerra nell’Europa Asiatica si metterebbe in pericolo non solo l’egemonia di una o l’altra potenza o blocco, ma andrebbe al tappeto del pericoloso gioco geopolitico l’esistenza stessa della civiltà umana.
Non si tratterebbe di un’altro conflitto convenzionale come quelli sofferte nel XX secolo durante la Prima e la Seconda Guerra Mondiale. Ora, migliaia di armi di ultima generazione puntano al cuore di città e popoli di una o dell'altra parte del confronto. I blocchi possiedono armi nucleari, climatiche e altre capaci di sterminare più di una volta la vita sulla Terra.
L’Ucraina è l'occhio del ciclone, il centro del probabile conflitto, la base del pretesto per mostrare i «muscoli» di un impero al quale il sogno di essere lo sceriffo del mondo sta svanendo.
Esperti e decisori statunitensi coinvolti nella trama, contemplano il mondo non con lo sguardo responsabile che ci si aspetta da genti di quella categoria, ma con quello dei personaggi del West interpretati a suo tempo da John Wayne.
Washington non smette di mistificare la realtà di quanto succede in Ucraina, e costruisce il casus belli di una guerra che pensa di poter vincere, che ha concepito utilizzando una logica totalmente fuori dal contesto e che si svilupperà lontano dal suo territorio.
La Casa Bianca minaccia «di infliggere costi importanti» nel caso di attacco russo, un attacco improbabile, ma cercato da una serie di provocazioni, mentre Mosca chiede di lasciare l’Ucraina fuori dai «giochi geopolitici» e promette di rispondere in modo devastante a un eventuale attacco nemico.
I media costruiscono uno scenario in cui la preoccupazione della minaccia russa è usata in modo delirante. Dalla fine di marzo, dicono, immagini satellitari e video filtrati nelle reti sociali mostrano un ampio spiegamento d’artiglieria pesante e truppe russe verso la regione del Donbass, nell’ area della frontiera a est dell’Ucraina.
Secondo il gruppo d’investigazione Conflict Intelligence Team, "il Cremlino ha trasferito grandi contingenti militari nella zona", riporta BBC Mundo.
Pochi media citano l’espansione della presenza della NATO vicino alle frontiere russe e le manovre provocatrici delle sue forze navali nel Mar Nero. Aerei da combattimento della NATO sorvolano i territori vicini alla frontiera con la Russia e sono protagonisti di azioni di destabilizzazione in vari paesi vicini, con il fine di creare la maggiore instabilità nella regione.
Molti aspettano il risultato delle conversazioni tra il presidente russo, Vladímir Putin, e il suo omologo statunitense, Joe Biden, appena terminate.
Confidiamo nel buon senso e speriamo che Washington, leader mondiale nella costruzione di pretesti bellici, si astenga dal giocare alla guerra.
Ricordiamo come sono terminate per gli USA le operazioni di false flag in Venezuela e, più indietro nella storia, in Iraq, Afganistan, Libia, Siria, a Granada, nel Golfo del Tonchino, in Vietnam e a Cuba...
Raúl Antonio Capote e GM per Granma Internacional, 6 dicembre 2021
GRANMA (CUBA) / ESTERI / BOICOTTAGGIO USA DELLE OLIMPIADI INVERNALI CINESI
Biden «non fa strike»
Biden valuta la possibilità di boicottare i Giochi Olimpici Invernali 2022.
Insistono a voler essere ridicoli, ancora una volta. Alla sfortunata ritirata dall’Afganistan, alla cattiva gestione della pandemia e al fallimento della sollevazione di Cuba lo scorso 15 novembre, l’amministrazione di Joe Biden «non fa strike», e annuncia questa settimana il suo prossimo errore.
Quindici giorni fa, Biden ha pensato di lanciare una palla veloce annunciando che stava valutando la possibilità di boicottare i Giochi Olimpici Invernali di Pechino del prossimo febbraio, decidendo che nessun funzionario del suo governo assisterà alla grande manifestazione sportiva, ma la misura non implica la proibizione della partecipazione degli sportivi statunitensi. Contro questa intenzione, si è già pronunciato il Comitato Olimpico degli Stati Uniti.
Il presidente ha detto che si tratta di «mandare un messaggio alla Cina con risonanza mondiale», ma ha per settimane ha indugiato nella decisione pur avendo a favore del Consiglio di Sicurezza Nazionale la possibilità di pregiudicare l’importante appuntamento sportivo, perchè nel momento del suo più basso indice di gradimento della sua gestione presidenziale nei sondaggi tra la popolazione, un altro fallimento potrebbe farlo precipitare.
Nella riunione tre Biden e Xi Jinping, lunedì 22 novembre, il primo non ha parlato del boicottaggio. Quattro giorni dopo, il segretario di Stato Anthony Blinken assicura che si sta confrontando con gli alleati per cercare appoggio, anche se ammette che lo stesso Comitato Olimpico statunitense che aveva boicottato Mosca nel 1980 e Los Angeles nel 1984, ha affermato che utilizzare questi eventi come strumenti politici è stato un errore.
La Cina, l’unico paese del mondo ad avere organizzato due Giochi Olimpici - quelli dell’estate 1984 e ora quelli invernali - gode di gran prestigio internazionale per la qualità delle premesse e dei preparativi. In piena eco scatenata dai media statunitensi attorno al tema, il portavoce del Ministero delle Relazioni Estere cinese, Zhao Lijian, ha avvertito che la Cina prenderà «contromisure» se Washington deciderà di praticare il boicottaggio.
Alfonso Nacianceno e GM per Granma Internacional, 6 dicembre 2021
GRANMA (CUBA) / ESTERI / LA DEMOCRAZIA DEGLI STATI UNITI
Gli Stati Uniti, la democrazia della disuguaglianza e lo scarto umano
Gli Stati Uniti hanno invitato 110 persone a partecipare nei giorni 9 e 10 dicembre al “Vertice per la Democrazia”, fuori dal contesto dell’Assemblea Generale dell'ONU e scegliendo i partecipanti con criterio autoritario, senza consultare nessuno.
Come stabilito dai signori della riunione, i dibattiti si sono incentrati su tre temi chiave: la difesa dall’autoritarismo, la denuncia e la lotta alla corruzione e la promozione del rispetto dei diritti umani.
Mentre si svolgeva l'incontro, un video che da vari giorni circolava nelle reti sociali mostrava un gruppo di persone che si muovevano per le strade di Filadelfia in modo totalmente disorientato, con movimenti disordinati come fossero zombies.
Non si trattava di un film del terrore stile La notte de morti viventi. Il clip era diventato virale nel ciber spazio e mostrava persone che consumavano droghe in strada, e tra queste il Fentanilo. Il fatto avveniva nelle strade di Kensington, un quartiere di Filadelfia, ma potrebbe succedere in molte città degli Stati Uniti.
Il Fentanilo è un oppiaceo che si utilizza per trattare il dolore associato al cancro e altre malattie, ed è 50 volte più forte dell’eroina e cento volte più della morfina. La sua potenza e i suoi effetti immediati sono causa di dipendenza.
Secondo il Centro per il Controllo e la Prevenzione delle malattie (CDC) degli Stati Uniti, il consumo di questo oppiaceo sintetico è cresciuto più del 38% durante la pandemia di COVID-19. Si stima che negli USA almeno 100 mila persone siano morte per overdose da gennaio ad aprile di quest’anno.
In una dichiarazione a The Guardian, Nora Volkow, direttrice dell’Istituto Nazionale sull’ Abuso delle Droghe degli Stati Uniti, ha definito la situazione come un’epidemia nella pandemia.
Con i decessi per overdose cresce anche la violenza che accompagna l’uso e il traffico degli stupefacenti. In città come Los Angeles, Miami o New York si è scatenata un’ondata di crimini violenti con sparatorie, saccheggi e furti.
Negli Stati Uniti abbondano gli accampamenti di tossicodipendenti all’aria aperta e si possono incontrare sotto un ponte, in case abbandonate o in una caserma in disuso, con immagini dantesche di esseri umani ridotti a spettri, altri gettati al suolo, circondati da un mare di siringhe, aghi usati e cucchiai bruciati.
Questo è uno dei volti nascosti della democrazia che ci vogliono imporre come unico sistema possibile, che non garantisce ai cittadini i diritti fondamentali come il diritto alla vita e alla salute.
Non è stato difficile immaginare i temi di discussione di questo Vertice esclusivo, dove i padroni del mondo hanno condannato tutto quello che non si allinea alla loro politica e ai loro piani di dominio e saccheggio.
Raúl Antonio Capote e GM per Granma Internacional, 11 dicembre 2021
GRANMA (CUBA) / ESTERI / STATI UNITI E ASSANGE
Il Cancelliere cubano su Assange: «Gli USA cercano vendetta e castigo per le rivelazioni dei loro crimini»
Julian Assange resiste all’aggressione contro il giornalismo di verità. Foto: Reuters
Il 10 dicembre, nel Giorno Internazionale dei Diritti Umani, la notizia della probabile estradizione negli Stati Uniti del fondatore ed ex direttore di WikiLeaks, Julian Assange, ha percorso con forza tutto il mondo.
Sul suo profilo Twitter, il membro del Burò Politico del Partito Comunista di Cuba e ministro delle Relazioni Estere, Bruno Rodríguez Parrilla, ha scritto che con la persecuzione contro Assange «gli Stati Uniti cercano la vendetta e il castigo per le rivelazioni sui loro crimini di guerra e le loro pratiche d’ingerenza». Ha poi aggiunto: «Pretendono di dare una lezione a tutti quelli che denunciano la loro condotta criminale, cosa che avrebbe gravi conseguenze per il giornalismo e la libertà d’espressione».
Il Tribunale d’Appello inglese ha approvato l’estradizione negli USA di Julian Assange. Il cittadino australiano affronterà un probabile ergastolo se sarà dichiarato colpevole in un tribunale degli Stati Uniti per l’accusa di spionaggio.
Non appena gli USA hanno vinto il ricorso, i giudici di questo tribunale hanno dichiarato che il Governo statunitense ha offerto garanzie sufficienti che Assange riceverà un trattamento adeguato per proteggere la sua salute mentale, stabilendo che lo si può estradare.
Il magistrato Timothy Holroyde ha sottolineato che il caso sarà ora rimandato alla giudice di prima istanzaVanessa Baraitser, che il 4 gennaio aveva negato la consegna di Assange per rimettere il caso alla ministro degli Interni, Priti Patel, al fine di ordinare l’estradizione.
L’agenzia Russia Today riporta che Holroyde ha disposto anche che Assange, 50 anni, resterà nel carcere londinese d’alta sicurezza di Belmarsh dov’è rinchiuso in detenzione preventiva sino al termine di questo processo che può ancora essere impugnato dalla difesa.
Durante il processo del 27 e 28 ottobre, il pubblico ministero James Lewis, in Rappresentanza della Giustizia statunitense, ha garantito che, se sarà estradato, il giornalista non sarà sottoposto a misure amministrative speciali (SAM, in inglese), come il veto delle visite o della corrispondenza né prima del processo né se sarà condannato, e che non sarà rinchiuso nel carcere ADX Florence di massima sicurezza in Colorado, a meno che non faccia qualcosa per meritarlo.
Inoltre, Washington ha promesso che, fino a quando sarà sotto custodia, Assange riceverà il trattamento psicologico adeguato e, in caso di condanna, potrebbe scontarla nel suo paese natale, l’Australia.
In seguito alle rivelazioni del portale WikiLeaks, gli Stati Uniti reclamano l’australiano per processarlo per 18 accuse di spionaggio e intrusione informatica. Wikileaks, tra le altre cose, ha informato sugli abusi statunitensi nelle guerre dell’Iraq e dell’Afganistan, ricorda l’agenzia EFE.
Secondo la difesa, le accuse che potrebbero comportare fino a 175 anni di carcere, sono di ordine politico e, se ci sarà condanna, sarà un precedente catastrofico per la libertà di stampa.
Nel gennaio scorso, un tribunale inferiore aveva stabilito che Julian Assange non doveva essere estradato per il rischio di un possibile suicidio nelle prigioni degli USA, ha ricordato l'agenzia Sputnik. Ora, il Tribunale d’Appello ha annullato questa decisione, ma la difesa dell’attivista può ancora presentare richiesta per il ricorso in appello.
Redazione Granma e GM per Granma Internacional, 11 dicembre 2021
GRANMA (CUBA) / ESTERI / DIALOGHI TRA BIDEN E PUTIN
Dialogo tra Putin e Biden: 120 minuti di tensione
Anche se il portavoce della presidenza russa, Dmitri Peskov, aveva avvertito che non ci si potevano aspettare grandi passi avanti dalla conversazione che ha definito «di lavoro in un periodo molto difficile», i 120 minuti di dialogo virtuale di martedì 7 dicembre tra il mandatario della Russia, Vladímir Putin e quello degli Stati Uniti, Joe Biden, hanno tenuto il mondo in sospeso in quanto i temi più scottanti dell'attualità mondiale dipendono dalle buone intenzioni - e dalle decisioni - dei presidenti delle due potenze.
La discussione in agenda, riporta Sputnik, ha toccato la stabilità strategica, gli attacchi cibernetici e la situazione rispetto all’Iran, tra gli altri temi. Secondo un comunicato della Casa Bianca, il
presidente statunitense ha rinnovato al suo pari russo l’appoggio alla sovranità e all’integrità territoriale dell’Ucraina, e ha richiamato all'allentamento della tensione e al ritorno alla diplomazia. I due mandatari designeranno gruppi di lavoro che seguiranno da vicino i temi riferiti alla nazione europea.
Vale la pena ricordare che Washington «è preoccupata» perchè Mosca invia militari e mezzi alla frontiera con l’Ucraina - in territorio russo - e non dice assolutamente nulla della grande concentrazione di forze e mezzi da guerra nel territorio ucrainiano da parte della NATO, in una sfrontata sfida alla Russia, un fatto molto difficile da accettare dal Cremlino.
Va tenuto presente, a proposito dell’Iran, che chi si è ritirato dall’accordo nucleare è stato l’allora presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, in aperta sfida alla comunità internazionale, all'ONU, ai Paesi firmatari dell’accordo, considerato il maggior apporto alla pace degli ultimi decenni.
La Russia ha firmato e rispetta il documento, come altre potenze che avevano fatto parte dei negoziati.
La prepotenza statunitense ha non solo gettato l’Accordo nella spazzatura: il nuovo presidente - anche se lo ha promesso - non ha fatto nulla per recuperare la situazione creata e far terminare le sanzioni contro la Repubblica Islamica.
Il vertice virtuale di martedì 7 dicembre tra Putin e Biden costituisce un elemento importante per far sì che il mondo abbia più fiducia nel futuro, sempre e quando non si usino le armi o le sanzioni economiche e commerciali che vanno a detrimento della fiducia reciproca e della stabilità mondiale.
Elson Concepción Pérez e GM per Granma Internacional, 8 dicembre 2021
GRANMA (CUBA) / ESTERI / INGERENZE DEL PARLAMENTO EUROPEO
Cuba condanna le nuove manovre d’ingerenza del Parlamento Europeo
Foto: Endrys Correa Vaillant
Una dichiarazione della Commissione delle Relazioni Internazionali dell’Assemblea Nazionale del Potere Popolare di Cuba denuncia che, nuovamente, forze reazionarie subordinate alle posizioni più ostili degli Stati Uniti hanno imposto nel Parlamento Europeo una risoluzione contro Cuba, con il pretesto di presunte violazioni dei diritti umani.
La Commissione parlamentare respinge categoricamente questa risoluzione e denuncia al mondo questa nuova aggressione contro Cuba e il suo popolo.
Il testo, pubblicato sul sito dell’Assemblea Nazionale, spiega che i promotori di questa “creazione” non hanno avuto il minimo pudore nel mentire su presunti casi di torture e maltrattamenti commessi contro difensori dei diritti umani, riferendosi a persone protette e pagate dagli Stati Uniti per sovvertire l’ordine costituzionale nel Paese.
"La pervicacia profusa nel proteggere volgari delinquenti e mercenari mostra chiaramente il disprezzo per i reali diritti umani a Cuba, la cui principale violazione - il blocco statunitense contro Cuba - non è nemmeno citata", precisa la dichiarazione, aggiungendo che "i termini d’ingerenza e il più stantìo linguaggio colonialista della risoluzione in questione, non meriterebbero la minima considerazione se non facessero parte del brutale tentativo d’isolare un Paese sottoposto a guerra non convenzionale per imporgli un cambiamento del sistema politico contrario alla sua Costituzione. In questo modo, evitano di pronunciarsi sulle vere violazioni dei diritti umani in Europa, negli Stati Uniti, in Israele e in altri Paesi dove si applicano queste pratiche".
Inoltre, la dichiarazione condanna questa posizione selettiva, cinica e ripetuta che danneggia prima di tutto l’attendibilità del Parlamento Europeo e vanifica le relazioni improntate al rispetto reciproco e il dialogo politico tra Cuba e l’Unione Europea.
Il Parlamento cubano ha ringraziato i 150 eurodeputati per la loro opposizione etica e gli altri 119 che non hanno approvato l’ingiusto documento.
Redazione Granma e GM per Granma Internacional, 17 dicembre 2021