Piano contro mercato. Un rimedio contro i luoghi comuni.

 

 

Per chi è abituato a sentire le fanfare televisive, o radiofoniche, oppure, pensando di andare sul sicuro, di segue espertoni bocconiani, o improbabili giuslavoristi che col lavoro non c'entrano nulla, poiché difendono sempre il capitale, questo libro è un calcio in bocca. Ma “Un calcio in bocca fa miracoli”, tanto per citare un altro libro (di diverso tipo, ma che consiglio ugualmente).

“Piano contro Mercato” è edito dalla casa editrice del “L'Antidiplomatico”, dell'omonima testata on line che in molti conoscono per i suoi articoli efficaci e graffianti.

L'autore è Pasquale Cicalese, che scrive per testate come Marx XXI, Carmillaonline, L'antidiplomatico, Contropiano e, in passato, per “La Contraddizione”.

 

Il libro è un'antologia degli articoli apparsi nel corso degli anni 2000 sulle suddette testate, arricchito dalla prefazione di Guido Salerno Aletta, editorialista di Milano e Finanza e dalla post fazione di Vladimiro Giacché.

Si spazia dalla politica mortifera dell'UE in ambito economico, a quelle, di tutt'altro genere, presenti in Cina ormai da un decennio abbondante a questa parte. Da una parte austerità, taglio del costo del lavoro, riforme Hartz, Hollande e, in Italia Job's act (ultima di una serie infinita), che hanno ridotto le condizioni dei lavoratori a modello Messico, come ebbe a dire pure l'imprenditore Alberto Forchielli alla trasmissione "Piazza Pulita" di Corrado Formigli nella puntata del 23 maggio 2016 . Questo ha avuto come effetto la strozzatura della domanda interna, spostamento della ricchezza in mani sempre più ristrette a sostegno di un modello economico sempre più votato all'export e all'investimento finanziario, questo sebbene vi siano copiosi incentivi statali alle aziende che però indirizzano i dividendi in operazioni finanziarie e nel risparmio gestito. La domanda interna è stata schiacciata (come ebbe a dire lo stesso Monti). E' un paese con bassi investimenti, bassi salari, bassa domanda interna. Ad onore del vero quest'ultima frase fu detta da Draghi e la troverete nel libro.

 

Impietosa la differenza con la Cina, senza cedere ad inutili panegirici (il sottoscritto non è alla ricerca di un “paese guida”). La realtà stride col comune sentire di una Cina che sfrutta il suo popolo e che abbia sposato anch'essa il turbocapitalismo liberista. Le cose non stanno esattamente così.

Leggendo quanto ha riportato Cicalese negli anni sulla stampa, piccola, pressoché invisibile, ma libera, in Cina i salari non sono così bassi, il Partito e lo stato esercitano in modo determinante un controllo sull'economia. Si punta su investimenti, infrastrutture, sul cosiddetto “Plusvalore relativo” (non ce ne vogliano gli anti novecentisti di maniera, ma le basi sono le basi). Oltre a questo si punta su istruzione, quindi nei prossimi anni si avrà una produzione ad alto valore aggiunto, basta giochini e magliettine a basso prezzo, quelle le faranno altri. In Europa abbiamo un economia che accumula ricchezze per destinarla alla carta straccia finanziaria, dall'altro un modello che indirizza la ricchezza prodotta per il Salario Sociale. Il primato dei mercati in Europa, quello della Politica in Asia. E questo nonostante che nel 2017 alle imprese statunitensi veniva permesso di detenere fino al

51% delle imprese cinesi che operano nel campo assicurativo, venture capital e finanziario. Tuttavia il Partito doveva avere maggior peso nel determinare gli indirizzi operativi su dove collocare il risparmio raccolto. Il Governo mette mani alle multinazionali in Cina, in occidente è l'esatto contrario.

 

Inoltre, i cinesi puntano ad un servizio sanitario nazionale, puntando sul modello italiano della riforma Anselmi che noi abbiamo demolito. Si punta al solario sociale di classe, quindi alla domanda interna. Mentre da noi il welfare viene smantellato anno dopo anno, o, fatto oggetto di svendita ai privati, come accade per esempio alla sanità (illuminante la ricostruzione dell'autore delle contro-riforme sanitarie che si sono avute dagli anni '90 che, assieme alla riforma in senso regionalistica, ha spezzato le gambe alle regioni già svantaggiate) e ad altri servizi essenziali come istruzione, manutenzione strade e acqua.

In Cina invece danno la possibilità di accedere ai servizi anche ai migranti interni (è stato tolto il sistema dello hukou nel 2013). Questo è possibile perché la ricchezza è in grandissima parte generata da grosse imprese pubbliche tassate alla fonte, e guidate da strateghi che fanno parte dell'Esercito Popolare. Ciò significa che economia e gestione delle imprese pubbliche non sono asfittico economicismo come insegnano nelle accademie nostrane.

Al contrario, da noi anche classe media viene impoverita, specie in Italia ove le micro imprese sono nel mirino della classe politica e finanziaria che la ritengono a basso rendimento. Lo fanno tramite riforme del diritto fallimentare, che danno la possibilità alle banche di togliere tutti i beni del micro imprenditore (tranne la casa di residenza) dopo tre rate non pagate di un debito, lo fanno tramite la Vigilanza Europea, che non ignora i titoli tossici in pancia alle banche francesi e tedesche, ma vede i crediti deteriorati italiani e impone aumenti di capitale che inibiscono il credito, che bloccano le imprese che si rifanno sui salari. Dopo aver distrutto la classe operaia, si punta a togliere di mezzo la classe media e la micro-imprenditoria. Si evince che il cosiddetto “grande reset” è in corso da anni.

In Cina invece vi sarà la classe media più grande del mondo che comprerà prodotti europei (dando respiro all'economia), mentre gli Usa cercano di intercettare il surplus commerciale (soprattutto di Germania e Italia) per prodotti finanziari tossici, per alimentare un'economia a debito viva solo grazie ai droni militari e alle porta-aerei. Finanza supportata dall'apparato militar industriale da una parte, economia produttiva supportata dalla diplomazia e dal soft power dall'altra.

 

L'autore aveva trattato nei suoi articoli della cosiddetta Belt and Road, o Via delle Seta,  che sarebbe stata una grossa opportunità per l'Italia per raggiungere un ruolo importante nel Mediterraneo, poiché, coi suoi porti e con un adeguato potenziamento infrastrutturale, sarebbe stata la porta di ingresso delle merci prodotte in Asia e destinate all'Europa e di conseguenza ci sarebbero state chance di crescita economica ed emancipazione dalle politiche di Bruxelles. Ma siamo schiavi del 1945 e dei trattati del 1991. L'Europa e soprattutto gli Usa non vogliono e i nostri obbediscono, come dimostrato dal nuovo corso del vassallo Draghi e, prima di lui, dal Conte 2 a guida PD.

 

La Cina con le sue politiche economiche di piano è riuscita a far uscire dalla povertà e dalla fame milioni di persone, a non farsi travolgere dalle crisi che hanno colpito tutte le economie mondiali (anche grazie a massicci acquisti di oro, mentre da noi si è pensato di privatizzare le riserve auree di Banca di Italia), a costruire solidi e affidabili rapporti diplomatici basati sul vantaggio reciproco in tutti i continenti, a far raggiungere ai suoi cittadini livelli di welfare che nelle democrazie occidentali sono un lontano ricordo, a far crescere l'economia anno dopo anno piazzandola al secondo posto nella classifica mondiale. Non basterebbe a certi “socialdemocratici” europei per riflettere?