La morte di Nguyễn Huy Thiệp, l’intoccabile di Ha Noi

 

Tướng về hưu/Il Generale in pensione. La prima novella edita in Italia. 

 

 

Si è spento ieri, 20 marzo, a Hà Nội, città in cui era nato nel 1950, lo scrittore vietnamita Nguyễn Huy Thiệp. Sono numerosi i romanzi di questo intenso e prolifico autore che, a partire dal 2004, sono stati editi in lingua italiana, ma la storia dell’edizione della sua prima opera, Il Generale in pensione (Eurostudio editrice, Torino, maggio 1990), apparsa sorprendentemente in Italia a soli pochi mesi di distanza dall’edizione francese, è una storia particolare.

Nel 1989, durante un mio soggiorno di studio in Việt Nam, diversi giovani colleghi dell’Università di Ha Noi, dell’Istituto di letteratura e del Dipartimento di Relazioni internazionali di Ða Nang, mi avevano segnalato un suo scritto, Tướng về hưu, che, nel panorama letterario del Việt Nam, dove la letteratura con-temporanea pareva incapace di rappresentare la realtà in tutti i suoi aspetti, risuonava come “violento colpo di sonda tagliente” fra un passato compiuto e un futuro indecifrabile. Così rientrata in Italia, cercai un editore e, con un team italo-franco-vietnamita di colleghi e amici, mi lanciai nell’impresa, non facile a quell’epoca, di traduzione diretta e adattamento in lingua italiana. Primo a venirmi in soccorso fu Bach Thai Quoc, intellettuale vietnamita residente in Francia (e poi, anche autore della prefazione all’edizione francese della novella), che incontrai quello stesso anno a Parigi, presso “Nhà Viet Nam” di Via Cardinal Lemoine, un’associazione celebre sin dagli anni Settanta per la sua intensa attività culturale.

Quoc mi spiegò la metafora di fondo di quella prima opera, recepita in Việt Nam come “un pugno nello stomaco”: la denuncia del disorientamento, dell’incomunicabilità e della solitudine di una società nel pieno della trasformazione. Altri compagni “d’avventura”, perché tale davvero si potrebbe definire, si unirono a noi: Huong Thiên, Nguyên Phuong e Anna Maria Garelli.

L’impresa di traduzione e pubblicazione fu “ardita” poiché, mentre in Francia, intellettuali come Phan Huy Đường e Kim Lefévre , autentici capiscuola della traduzione di letteratura contemporanea del Việt Nam, data la loro expertise, poterono contribuire, sin dall’avvio della trasposizione in una lingua occidentale, con raffinate versioni francesi delle opere della “generazione senza compromessi”, nel nostro Paese, negli anni Novanta, la principale difficoltà della traduzione, legata alla struttura stessa della lingua vietnamita e alla sua complessità, si affiancava alla mancanza di “vietnamisti” esperti in lettere e linguistica; io stessa ero agli inizi della mia formazione nel campo della “vietnamologia”, e quella scelta fu in parte dettata dalla mia passione, dal mio, forse sconsiderato entusiasmo per quello straordinario angolo di Asia e, nondimeno, dalla mia inconsapevolezza della difficoltà di tale cimento.

Di fatto, il mondo editoriale italiano, contrariamente a quanto è avvenuto in Francia e, seppure in misura minore, in altri paesi europei, ha a lungo trascurato (e, anche oggi, benché in un mutato contesto, in cui traduttori madre lingua cominciano ad apparire, mostrando una certa versatilità, ancora trascura) la cospicua produzione letteraria del Việt Nam moderno e contemporaneo.

La traduzione diretta de Tướng về hưu, costituì del resto, un primo tentativo, per quanto maldestro, per gettare le basi per “future traduzioni migliori”, in un paese come il nostro, in cui, nonostante vari casi isolati di analisi, ricerca e approfondimento, gli studi vietnamiti nel loro complesso sono ancora piuttosto scarsi.

La prima versione italiana deTướng về hưu di Nguyễn Huy Thiệp e, successivamente, del bel libro di Phạm Thi Hoài, Thiên sứ (Il messaggeroceleste, Marietti, Genova 1991), apparsi nei primi anni Novanta, e forse in tempi non maturi per ricavarne adeguata diffusione, furono frutto di una traduzione diretta dal vietnamita che richiese l’intervento di una poderosa équipe italo-franco-việt, cui va il mio inesauribile ringraziamento, e i cui membri voglio qui ricordare: Huong Thiên, Trân Tu Quan, Luca Trân, Trần Doãn Trang, Mai Mou-niama, Nguyễn Chu e molti altri che, accanto a chi scrive, e con il sostegno imprescindibile di Phan Huy Đường, hanno curato i volumi e per primi hanno contribuito, alla diffusione in Italia di una letteratura che è ancora poco nota nel nostro paese. Non posso dimenticare, del resto, i lunghi confronti con alcuni dei miei Maestri: Nguyễn Văn Hoàn, Enrica Collotti Pischel, Charles Fourniau, Ettore Masina e Pino Tagliazucchi, che poi portarono alla scelta di procedere a una pubblicazione italiana. Alla scoperta di un mondo con la sua singolare tecnica narrativa, la sua scrittura solenne e al tempo stesso dissacrante, il suo costante riferire in prima persona, ricorrendo all’uso di un “io”, assai raro nella letteratura vietnamita classica e moderna del Việt Nam, Nguyễn Huy Thiệp, per primo, ha saputo condurre i suoi lettori a identificarsi con il protagonista narrante del Generale in pensione (e, successivamente, con À nos vingt ans – Éditions de l’Aube, Parigi 2005, e altri racconti) a immedesimarsi nella sua quotidianità e, soprattutto, a scoprire tutto un mondo.

Fu nel quadro del Đổi mới, la “politica di rinnovamento”, inaugurata nel 1986, dalle risoluzioni del VI Congresso del Partito comunista vietnamita, che l’allora segretario Nguyễn Văn Linh, nel corso di vari incontri con gli intellettuali del paese, invitò apertamente scrittori e artisti a riflettere sul rapporto fra politica e cultura, a denunciare “le distorsioni, i parassitismi, la corruzione”, suggerendo di ‟dipingere la decadenza morale [di quel difficile momento di “rinascita”, con tratto incisivo”, per favorire “il rinnovamento generale della società, parallelamente al rinnovamento del pensiero”.

E fu in seno a una nuova generazione di intellettuali, la cosiddetta la “generazione senza compromessi”, che Nguyễn Huy Thiệp, raccolse la sfida, cercando di infrangere tabù secolari e sfiorando campi ritenuti sino ad allora inviolabili. “La sua ascensione da meteora ha sconvolto il mondo letterario [vietnamita] come un uragano”, scriveva, nel 1989, la Far Eastern Economic Review. Nguyễn Huy Thiệp, che era stato falegname, imbianchino, venditore ambulante, insegnante di storia e disegnatore industriale, seppe agire da detonatore negli ambienti intellettuali vietnamiti. Il suo primo scritto “I racconti della valle di Hua Tạt”, pubblicato, nel 1987, dalla rivista Văn nghệ, trae spunto dalla sua esperienza di insegnante sulle montagne; vi si raccontano le leggende di un villaggio di Thai neri; i critici vietnamiti ne fecero notare l’eccesso di “esotismo”, pur tuttavia, non rimasero insensibili alla portata “rivoluzionaria” della sua scrittura.

Il Generale in Pensione, scritto a sfondo psicologico, dalla descrizione realistica, cruda e formale, alimentò nel paese un dibattito acceso che assunse talvolta toni crudi; ne era protagonista un anziano generale, che, scontrandosi con il materialismo brutale, l’ipocrisia e lo smarrimento di un mondo (che egli stesso aveva contribuito a far nascere) alle prese con i sordidi imperativi necessari alla sopravvivenza, preferisce la morte sul campo di battaglia a una nuova vita di incertezza e dubbio.

Oggi, la nuova generazione creativa del Việt Nam, ripercorre, pur volendosene affrancare, e con maggior disinvoltura, il cammino della “generazione senza compromessi” e dunque, anche di Nguyễn Huy Thiệp. A sua volta, i giovani scrittori, affrontano tabù secolari: il regredire della lotta di classe, la droga, il peggioramento dell’istruzione, l’omosessualità... In questo polmone di parole, la critica vietnamita più aperta alle innovazioni identifica una letteratura intimista, degna d’interesse soprattutto perché sancisce definitivamente quell’emergere della soggettività già delineato dagli scrittori della“generazione senza compromessi” di cui Thiệp fu portavoce.

 

Sandra Scagliotti, Centro Studi Vietnamiti, Torino, 20.3.2021