Il movimento per la verità sull'11 settembre
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- Scritto da Paolo Pioppi
Un fatto dimostrato
Questo dossier presenta una documentazione – necessariamente incompleta, ma tuttavia significativa e soprattutto facilmente approfondibile e completabile facendo riferimento alle fonti e agli strumenti elencati in appendice – che dimostra in modo incontrovertibile che la versione ufficiale dei fatti dell'11 settembre 2001 (i 19 dirottatori suicidi di al-Qaeda all'attacco dell'America) è falsa da cima a fondo.
Vorrei che fosse chiaro – e spero sarà chiaro a chi leggerà il dossier – che questa non è un'ipotesi più o meno probabile, ma una certezza, un fatto insomma dimostrabile e dimostrato.
Altra cosa è sapere in dettaglio che cosa esattamente sia successo l'11 settembre e chi esattamente, con quali apparati e quali strumenti, siano gli architetti e i complici diretti e indiretti e i ruoli precisi che avrebbero ricoperto. Da questo punto di vista i misteri sono ancora molti, com'è inevitabile che accada. Ma è del tutto evidente che la storia dell'11 settembre con cui siamo stati martellati giorno e notte per quasi 6 anni è un mito costruito ad arte e con uno scopo preciso: la 'guerra infinita' scatenata già in quello stesso giorno e ad attentati ancora in corso. [1]
Come facciamo ad esserne così sicuri?
Senza volerci improvvisare filosofi, diciamo pure che pensiamo che la verità esiste, anche se può essere molto difficile – e anche rischioso - trovarla. Esiste e la si può avvicinare con l'esame dei fatti, con la logica e con molto, molto impegno e lavoro.
E' proprio quello che è successo con l'11 settembre. Qualcuno, anche gente molto autorevole [2], ha notato subito che molte cose non quadravano. Per chi se ne intende di aerei, radar e servizi segreti la puzza di “strage di stato”, come si diceva un tempo in Italia, era molto, molto forte. In seguito molti hanno fatto un lavoro da certosini, passando e ripassando al vaglio migliaia di informazioni, fotografie, riprese video, dichiarazioni dei personaggi coinvolti, trovando contraddizioni, facendo scoperte importanti. Pensiamo a Paul Thomson con la sua cronologia completa degli avvenimenti pertinenti all'11 settembre (9/11 complete timeline [3]) o a Nafeez Mosaddeq Ahmed con le sue analisi, usiamo parole sue, della “estesa rete occulta di interessi e personaggi che collega le politiche delle nazioni occidentali al terrorismo internazionale, incluse le intricate connessioni tra interessi petroliferi, la famiglia Bush, esponenti dell'élite saudita, la famiglia Bin Laden e l'intelligence militare pakistana, oltre ai legami sistematici – finanziari, militari e di intelligence – fra i poteri dell'Occidente e la rete di Al Qaeda in tutto il periodo successivo alla fine della guerra fredda”. [4]
Molti altri si sono concentrati sui particolari specifici degli attentati. Il primo e più noto è senz'altro Thierry Meyssan, il primo ad accorgersi che non era possibile che il Pentagono fosse stato colpito dal volo 77, cioè da un Boeing 757. [5]
Utilizzando a fondo lo strumento di internet la ricerca si è fatta sempre più intensa, precisa, documentata, collettiva ed è sfociata nell'organizzazione delle prime conferenze e incontri con larga partecipazione di esperti. Ha visto la partecipazione attiva e indignata di testimoni diretti e familiari delle vittime. Ha dato luogo alla produzione di molti video che contengono testimonianze estremamente importanti.
Alla fine tutto questo lavoro ha trovato anche il suo sistematizzatore in David Ray Griffin. Per due anni Griffin, come tanti altri, ha creduto che a mettere in discussione la versione ufficiale fosse gente prevenuta o poco seria. Poi si è convinto del contrario e si è impegnato a fondo nell'esame di tutti i dettagli. Nei 4 libri che ha dedicato all'11 settembre (senza contare i numerosi articoli, conferenze e volumi di cui è stato il curatore insieme ad altri), Griffin analizza i fatti sempre con grande precisione e sistematicità, senza retorica, ma per questo in modo molto convincente anche per persone che non hanno a priori un orientamento antimperialista. L'argomentazione è quasi da aula di giustizia, rifugge dall'invettiva politica, rimane con i piedi per terra, senza cercare di immaginare quello che può essere successo se non ci sono elementi concreti per affermarlo, ma la conclusione è, forse proprio per questo, ancora più devastante per il sistema di potere degli Stati Uniti e per tutto l'occidente. Non è un caso dunque se la parte che l'opera di Griffin ha in questa nostra documentazione è molto rilevante [6].
L'ultimo libro di Griffin 'Debunking 9/11 Debunking' [7] è uscito da pochi giorni negli Stati Uniti. Ecco come ne parla, in una recensione [8], Paul Craig Roberts, già viceministro del tesoro del governo Reagan, condirettore del Wall Street Journal e teorico di quella che è passata alla storia come “reaganomics”, insomma un personaggio abbastanza lontano dal cliché dell''antiamericano' per partito preso che attribuisce a Bush e consorti tutti i mali del mondo:
“Nel breve spazio di una recensione non c'è modo di presentare tutte le prove che Griffin passa in rassegna. Qualche esempio può bastare per mettere in guardia i lettori sulla possibilità che l'amministrazione Bush abbia mentito su assai più che le sole armi di distruzione di massa di Saddam Hussein.
Le due torri del WTC non sono crollate. Sono esplose e si sono disintegrate come l'edificio numero 7. C'è un enorme deficit di energia in tutte le ricostruzioni che escludono l'uso di esplosivi. L'energia gravitazionale non basta a spiegare la polverizzazione degli edifici e di tutto quello che contenevano e la riduzione delle 47 massicce colonne centrali di acciaio di ogni torre in pezzi di lunghezza tale da poter essere presi e caricati su camion; e ancor meno può spiegare la polverizzazione dei piani superiori delle torri e il lancio di travi d'acciaio a più di cento metri di distanza qualche attimo prima della disintegrazione dei piani sottostanti. Il danno causato dagli aerei e gli incendi limitati e di breve durata non possono spiegare la disintegrazione degli edifici. I massicci scheletri di acciaio delle torri comprendevano giganteschi dispositivi di dissipazione del calore capaci di assorbire tutto il calore che poteva esser prodotto dai limitati incendi. La relazione conclusiva del NIST [9] ha stabilito che tra l'acciaio che aveva potuto esaminare, solo tre colonne recavano segni che l'acciaio avesse raggiunto temperature superiori ai 250 gradi centigradi. Le stufe autopulenti [10] nelle nostre cucine raggiungono temperature più elevate eppure non fondono nè si deformano. L'acciaio inizia a fondere a 1.500 gradi centigradi Temperature di 250 gradi non avrebbero il minimo effetto sulla resistenza dell'acciaio. La spiegazione dei crolli in base all'indebolimento dell'acciaio a causa degli incendi è pura speculazione. Incendi in aria non possono produrre temperature sufficienti a privare l'acciaio della sua integrità strutturale. Ci sono edifici con scheletro di acciaio in cui un inferno di fuoco ha imperversato per 22 ore, eppure lo scheletro d'acciaio è rimasto intatto. Gli incendi nelle torri sono durati circa un'ora ed erano limitati a pochi piani. E poi è impossibile che il fuoco causi la disintegrazione improvvisa, totale e simmetrica di edifici possenti, tanto più alla velocità di caduta libera che si può ottenere solo con una demolizione controllata. Griffin fornisce citazioni di pompieri, poliziotti e locatari che, prima della disintegrazione delle torri, sentirono una serie di esplosioni e ne riscontrarono gli effetti. Sono testimonianze che vengono generalmente ignorate dai sostenitori della versione ufficiale. Acciaio fuso fu rinvenuto ai livelli sotterranei degli edifici a distanza di settimane dalla loro distruzione. Poichè il consenso è unanime sul fatto che gli incendi non potevano neanche avvicinarsi al punto di fusione dell'acciaio, una spiegazione possibile è l'effetto degli esplosivi ad alto potenziale che si usano per le demolizioni controllate, che producono temperature di 5.000 gradi. La possibilità che siano stati usati esplosivi non viene esaminata se non dai ricercatori indipendenti.
Le contraddizioni della versione ufficiale di 'teoria complottista' [11] balzano fuori dalle pagine e colpiscono con forza il lettore. Per esempio, la prova che il volo 77, un Boeing 757, avrebbe colpito il Pentagono sarebbe data dall'affermazione del governo di aver recuperato dal relitto corpi o parti dei corpi delle vittime sufficienti ad analizzare il DNA di tutti i passeggeri e dell'equipaggio. Al tempo stesso l'assenza di bagagli dei passeggeri, parti della fusoliera, delle ali e della coda – in effetti l'assenza di un aereo da 45 tonnellate – viene attribuita alla vaporizzazione dell'aereo in seguito all'impatto ad alta velocità e all'intensità dell'incendio. L'incompatibilità di metallo vaporizzato e carne e sangue recuperabili era rimasta inosservata prima che Griffin la facesse notare. Un'altra contraddizione che colpisce nella teoria ufficiale sta nella differenza tra l'impatto degli aerei contro il Pentagono e quello contro le torri. Mentre nel caso del Pentagono l'enfasi è sulle ragioni per cui l'aereo avrebbe causato all'edificio danni molto limitati, nel caso delle torri l'enfasi è, all'opposto, sulle ragioni che avrebbero provocato un danno enorme.”
Ma gli argomenti dei difensori della versione ufficiale, i cosiddetti “debunkers” [12], i cacciatori di quelle che definiscono “leggende metropolitane”?
I cacciatori di 'complottisti'
Il libro di Griffin è dedicato proprio al confronto con questi argomenti e a valutarne la fondatezza. Lasciamo ancora la parola a Paul Craig Roberts:
“Il professor David Ray Griffin è la nemesi della teoria cospirativa ufficiale dell'11 settembre. Nel suo ultimo libro, 'Debunking 9/11 Debunking', egli distrugge la credibilità delle ricostruzioni del NIST (National Institute of Standards and Technology) e di Popular Mechanics, annienta i suoi critici e dimostra di essere scienziato e ingegnere migliore dei difensori della versione uficiale.
Griffin sottolinea che sull'11 settembre non c'è stata nessuna inchiesta indipendente. Abbiamo soltanto una Relazione presentata da una commissione politica [13] guidata dal factotum del governo Bush, Philip Zelikow; una Relazione del NIST, prodotta dal ministero del commercio del governo Bush e un'inchiesta giornalistica prodotta da Popular Mechanics. Vari scienziati che lavorano per il governo federale o dipendono da finanziamenti governativi hanno rilasciato dichiarazioni speculative a sostegno della 'teoria complottista' ufficiale ma non hanno prodotto prove significative a suo favore […] La fragilità della Relazione del NIST è stupefacente. In realtà ha avuto successo solo perchè la gente ha accolto le sue rassicurazioni senza esaminarle.
Quanto a Popular Mechanics, Griffin mostra che il lavoro è intessuto di considerazioni non pertinenti, ragionamenti circolari, appelli all'autorità della relazione del NIST, polemiche contro bersagli di comodo e contraddizioni interne al lavoro stesso. […]
Forse è solo una coincidenza, ma poco prima dell'11 settembre Cathleen P. Black, che ha legami familiari con la CIA e il Pentagono e presiede la Hearst Magazines, proprietaria di Popular Mechanics licenziò il direttore e parecchi membri anziani del personale e li sostituì con James B. Meigs e Benjami Chertoff [14], cugino di un altro factotum dell'amministrazione Bush, Michael Chertoff. Sono stati proprio Meigs e Benjamin Chertoff a produrre lo studio di Popular Mechanics di cui Griffin mette a nudo tutte le contraddizioni”.
La relazione del NIST e il lavoro di Popular Mechanics sono il riferimento costante di tutti coloro che cercano di smontare le accuse contro gli apparati segreti dello stato e gli uomini di Bush. Gli argomenti, a un esame attento, rivelano tutta la loro inconsistenza, ma una caratteristica comune dei cosiddetti 'debunkers' più che l'entrare nel merito è l'intento denigratorio e la distribuzione di etichette. Chi non crede alla versione ufficiale e ne rileva le contraddizioni viene fatto passare per irrazionale complottista, visionario in cerca di pubblicità o, peggio, pregiudizialmente antiamericano, 'negazionista' incline all'antisemitismo, inseguitore di torbide finalità.
Il primo a sperimentare questo trattamento è stato Meyssan. Il libro già citato di Meyssan, presidente del Réseau Voltaire [15], fece scandalo nel 2002, tanto più che una smagliatura nel sistema dei media, altrimenti così attento a emarginare le voci controcorrente, unitamente al diffuso scetticismo per la storia da fumettone hollywoodiano assai poco verosimile dell'attacco alle torri, gli assicurò una vasta eco. Alle reazioni indignate del Pentagono si accompagnò subito in Francia il tentativo di linciaggio personale di Meyssan con una contropubblicazione [16], prontamente tradotta in italiano con prefazione di Lucia Annunziata.
Nella prefazione la nostra Annunziata scrive che i libri cattivi sono pochi ma molto pericolosi (e quello di Meyssan evidentemente è uno di questi). Perchè? Perchè
“La loro vita affonda nei luoghi più privati degli esseri umani: la zona oscura delle paure, cioè esattamente lì dove si forma o si sgretola la nostra forza. Toccate quelle zone, date voce alle paure, date un volto, una razionalità e un progetto alle paure irrazionali, e avrete dominato il mondo. E' una logica che tutti i fascismi e i comunismi, tutte le ideologie autoritarie, conoscono bene: date forma alle paure degli uomini e ne avrete rotto i principi di solidarietà, di socialità e, in ultimo, di dignità”. [17]
Insomma la Annunziata non si è accorta delle tonnellate di paura irrazionale sparse a partire dall'11 settembre dai promotori della guerra infinita e puntualmente riattualizzate, con l'antrace, con i falsi allarmi, con gli attentati veri, con la paranoia della sicurezza. No, è Meyssan che dà un volto alle paure irrazionali... per dominare il mondo!
Il libello è abbastanza disgustoso perchè dedica pochissimo alla confutazione degli argomenti e molto al tentativo di delegittimare l'autore, accusandolo tra l'altro di 'negazionismo' [18]. Il successo del libro di Meyssan sarebbe segno dell'“irruzione dell'irrazionale tra il grande pubblico francese”. Vediamo allora all'opera la razionalità degli autori. Hubert Marty-Vrayance, un funzionario del servizio informazioni del ministero degli interni che avrebbe collaborato con Meyssan, scrive in una nota del 13 settembre 2001:
“Bisogna prendere con cautela tutto quello che si va dicendo sulla mega inchiesta degli Stati Uniti. Fatte le debite proporzioni si assiste a una sorta di nuova inchiesta Dallas-Oswald-Ruby [l'inchiesta sull'assassinio di Kennedy]… Ci viene data una sola versione, ma ci sono davvero troppe coincidenze strane nello svolgimento delle operazioni dell'11 settembre e in seguito, inosservanze in gran numero, lacune ripetute, servizi ciechi e sordi, rapporti che non si trovano, eccetera. Dinanzi a una tale massa di elementi, non ci si può non porre la domanda: solo Bin Laden? Impossibile. O non sarà che Bin Laden è un semplice paravento manipolato da forze ben più potenti sul territorio degli Stati Uniti? La lettura degli avvenimenti inclina per questa interpretazione!”
Sono parole lucide e lungimiranti, lette col senno di poi. Dasquié e Guisnel però se ne indignano:
“dopo appena 48 ore dall'attacco terroristico, un uomo che scorre la stampa sul suo computer pensa di essere in possesso della verità. Che importa se in materia di terrorismo gli inquirenti specializzati non si pronunciano prima di parecchi mesi di indagine, anzi parecchi anni – come hanno dimostrato in Francia i procedimenti giudiziari della Procura antiterrorismo relativi agli attentati del 1995 nella metropolitana parigina, attentati che pure obbedivano a un piano di esecuzione tanto più semplice di quelli di New York e Washington”.
Ecco nuovamente il mondo capovolto, come quello della Annunziata: Dasquié e Guisnel non si sono accorti che gli uomini di Bush hanno preteso di aver identificato il colpevole nell'arco di ore e qualche giorno dopo hanno anche iniziato una guerra con la scusa che l'Afganistan lo ospitava. L'invito alla prudenza non lo rivolgono agli uomini di Bush, che stanno sfruttando nel modo più bestiale gli attentati per i loro piani e intanto mettono ostacoli alle possibili inchieste e distruggono le prove. No, loro prendono di mira chi cerca di usare il cervello per capire che cosa sta succedendo.
E' un bell'esempio di ragionamento basato su un a priori, su un pregiudizio. E' una logica che si ritrova in quasi tutti i tentativi di confutare quelle che, sempre a scopo denigratorio, saranno d'ora in avanti chiamate “teorie complottiste” [19]
Del resto i “debunkers”, che si incaricano di spargere veleni su chi cerca la verità hanno uno sponsor ufficiale di tutto rispetto: nientemeno che Bush stesso, il quale già in un discorso all'ONU dell'11 novembre 2001, a invasione dell'Afganistan iniziata da un mese, si premura di far sapere che “non tollereremo scandalose teorie di complotti” e nell'agosto del 2006, citando un documento ufficiale sulla lotta al terrorismo ci fa sapere che “i terroristi reclutano con più efficacia tra le popolazioni le cui informazioni sul mondo sono inquinate da falsità e corrotte da teorie di complotti” [20].
Abbiamo citato per esteso il caso Meyssan-Dasquié perché anche le prese di posizione successive non si discostano da questo paradigma.
Lo schema è sempre lo stesso: quando il muro del silenzio viene rotto [21] scatta un allarme. E' successo con Meyssan ed è successo nuovamente, con grande intensità, nel corso dell'ultimo anno, quando il movimento per la verità sull'11 settembre ha incominciato a rompere gli argini e ad arrivare ai gandi mezzi di comunicazione (in Italia con alcune trasmissioni di Matrix di Mentana su Canale 5 e una di Report su Rai 3).
E' molto significativo notare chi sono quelli che rispondono prontamente all'allarme: sono infatti molto spesso persone o gruppi che amano definirsi progressisti o di sinistra. Sono loro che, quando viene superata la prima linea di difesa della informazione ufficiale si danno da fare ad allestire la seconda. Così, per rimanere ancora in Italia, è Deaglio di Diario che, con gran fanfara, sventolando come una gran scoperta Popular Mechanics, si preoccupa subito di fugare gli elementi di dubbio seminati tra gli indifesi spettatori televisivi dai filmati e dagli interventi trasmessi. Più di recente è la casa editrice progressista Terre di Mezzo, con la rivista Altreconomia, quella del “commercio equo e solidale”, che si fa carico di pubblicare in Italia “11 settembre. I miti da smontare” [22], che altro non è che la versione italiana del testo di Popular Mechanics (con la solita inversione è il movimento per la verità sull'11 settembre che diventa il fabbricante di miti) [23].
Questo fenomeno dei 'progressisti' che si preoccupano per l'influenza crescente del movimento per la verità sull'11 settembre non è naturalmente solo italiano. La stampa 'progressista' negli USA, in Francia o nel Regno Unito si comporta allo stesso modo. E' il caso di Christopher Hayes su The Nation del 10 dicembre 2006, titolo: “Le radici della paranoia”. Oppure di Alexander Cockburn, figura assai nota della sinistra americana, su Le Monde Diplomatique del dicembre dello stesso anno: “Le complot du 11-Septembre n'aura pas lieu” [24] – in italiano con Il Manifesto: “11 settembre: il complotto che non ci fu”. O ancora di George Monbiot, noto ambientalista inglese, con due articoli sul “Guardian” [25].
Sfumature a parte, per la diversità delle persone, lo schema di fondo è sempre lo stesso: l'allarme; il trincerarsi dietro le spiegazioni ufficiali o dietro Popular Mechanics senza mai entrare nel merito; l'accusa di paranoia o imbecillità rivolta ai complottisti.
Così Hayes, su quella autorevole voce progressista americana che è The Nation, è molto allarmato per il fatto che
“un terzo degli americani pensa o che gli attacchi dell'11 settembre siano stati eseguiti dal governo o che il governo li abbia consentiti per avere un pretesto per la guerra in Medio Oriente” e “le linee tendenziali dell'opinione pubblica si stanno spostando verso l'orientamento dei 'cercatori di verità' anche dopo la Relazione della Commissione ufficiale sull'11 settembre che si pensava chiudesse la questione una volta per tutte.”
Immancabilmente segue il richiamo alla autorità, data per indubitabile, di Popular Mechanics, che gli evita così la fatica di entrare nel merito – proprio come fa il nostro Deaglio. Cockburn rivolge i suoi strali più direttamente alla sinistra e ai suoi militanti:
“Cinque anni dopo gli attentati, scrive, la 'teoria del complotto' relativa all'11 settembre, ha incrinato le difese della sinistra americana. […] Con i tempi che corrono, rari sono i militanti di sinistra che imparano l'economia politica leggendo Karl Marx. Un vuoto teorico e strategico che ha alimentato la tesi dei teorici del complotto che coglie nei misfatti della classe dirigente non la crisi d'accumulazione del capitale, o la ricerca d'un tasso di profitto più elevato, o le rivalità interimperialiste, ma dei magheggi orditi in determinati luoghi: il Bohemian Grove [26], il gruppo di Bilderberg, Davos, ecc. Senza dimenticare le istituzioni e le agenzie malefiche, in testa a tutte la Central Intelligence Agency (Cia). Il 'complotto' dell'11 settembre ha portato queste stupidaggini al parossismo. […] La teoria del complotto nasce dalla disperazione e dall'infantilismo politico”.
E tutte le contraddizioni della versione ufficiale? Sarebbero solo frutto di stupidità e incompetenza, anzi, paradossalmente, chi insiste a porre domande, per esempio sulla mancata intercettazione degli aerei, dimostra di avere una malriposta fiducia nell'efficienza degli apparati e dei dirigenti, che sono così imbecilli e pasticcioni che mai potrebbero mettere a punto un complotto come quello che viene loro attribuito. Dulcis in fundo: i complottisti oltre che paranoici, infantili e pessimi lettori di Marx sono anche razzisti perchè non credono che gli arabi possano mettere a segno un'operazione del genere [27].
Ed ecco Monbiot. Il titolo è già un programma: il complottismo è un virus.
“C'è un virus che dilaga nel mondo e infetta gli oppositori del governo Bush, succhia loro il cervello passando dagli occhi e li trasforma in farfuglianti idioti. Coltivato dapprima in un laboratorio degli Stati Uniti, il ceppo ha raggiunto da qualche mese questi lidi [il Regno Unito] e nelle ultime settimane è diventato epidemico. Non passa giorno senza che qualcuno in preda alla malattia, strabuzzando gli occhi e con bocca schiumante, cerchi di infettarmi. La malattia si chiama Loose Change [28].”
Seguono gli inevitabili richiami al NIST e a Popular Mechanics e la predica rivolta agli attivisti, che trascurerebbero le lotte reali per dedicarsi a un mondo fantastico in cui non hanno da assumersi nessuna responsabilità. Non manca l'accusa più sublime: la prova più evidente della falsità delle 'teorie del complotto' starebbe nel fatto che chi le sostiene è ancora vivo.
Come si sa da tempo, la carta si lascia scrivere facilmente e non protesta per le corbellerie. Registriamo il fatto che i cosiddetti debunkers amano molto distribuire etichette e impartire lezioni e, quanto alla sostanza, stanno ben coperti dietro l'autorità del NIST e di Popular Mechanics e ingoiano senza batter ciglio tutti gli aspetti anche più assurdi e grotteschi della favola che è stata loro raccontata.
Il rilievo assunto dai 'cacciatori di complottisti' di sinistra ci conduce a considerare in termini più generali il ruolo della sinistra e in particolare dei sedicenti comunisti nella ricerca della verità sull'11 settembre e in genere la reazione della sinistra a quei fatti.
La sinistra e l'11 settembre
Naturalmente molti dei ricercatori che abbiamo menzionato sono mossi da una ricerca di verità strettamente correlata con tematiche antimperialiste. Lo stesso Griffin, che pure è certo lontanissimo dal ritenersi in qualsiasi senso comunista, parla di impero e imperialismo e anzi, rivolgendosi ai cristiani ed esortandoli all'azione, traccia un parallelo con l'impero romano del primo secolo e la posizione, che definisce antimperialista, assunta in quel contesto da Gesù di Nazareth (se no perchè mai lo avrebbero crocifisso?) [29].
Ma i nomi di spicco della sinistra antimperialista in America si sono tenuti ben lontani dal lavoro di smascheramento dell'11 settembre. Cockburn dunque non è un'eccezione. Emblematico il caso di Chomsky. Scrive al riguardo il già citato Tarpley:
“Gli avvenimenti dell'11 settembre hanno messo impietosamente in luce non soltanto l'impotenza, ma anche il fallimento intellettuale e morale della sinistra americana. Tra quanti mai avrebbero creduto a Bush o all'FBI su questioni meno rilevanti, molti si sono mostrati pronti questa volta ad avallare il mito ufficiale. In seguito agli avvenimenti dell'11 settembre Noam Chomsky ha concesso una lunga intervista che ha fatto pubblicare. Il passo seguente dà bene l'idea:
'Domanda: La NATO non si pronuncerà prima di sapere se l'attacco è venuto dall'interno o dall'esterno. Come interpreta questo fatto? Chomsky: non credo sia questo il motivo delle esitazioni della NATO. Non ci sono dubbi che l'attacco sia venuto dall'esterno. Domanda: Può dirci qualcosa della connivenza e del ruolo dei servizi segreti americani? Chomsky: Non capisco bene la domanda. L'attacco è stato chiaramente un colpo tremendo e una sorpresa per i servizi di informazione occidentali, compresi quelli statunitensi'” [30]
Del resto anche compagni americani di sicuro orientamento antimperialista ci hanno detto, dopo l'11 settembre, che escludevano la provocazione organizzata a tavolino, non perchè ritenessero Bush e consorti incapaci di farlo, ma perchè noi (europei) non ci rendevamo conto di quanto l'attacco alle torri fosse sentito come smacco e vulnerabilità dell'America. Ma non era proprio questo che gli artefici dell'operazione volevano per dare avvio alla loro nuova strategia?
Passando dagli Stati Uniti all'Italia, non c'è dubbio che il mito dell'11 settembre ha avuto un'accettazione praticamente unanime. Solo pochi pionieri (in particolare intorno al sito Luogocomune, al gruppo Faremondo e a Giulietto Chiesa) si sono azzardati a lavorare per demolirlo collaborando col movimento negli Stati Uniti. Sugli organi di stampa della sinistra la questione è stata affrontata solo in pochi e sparsi articoli di Giulietto Chiesa (su Il Manifesto) o di Fulvio Grimaldi (su L'Ernesto), immersi in un mare di altre cose - si può dire di tutto, basta non farne una vera battaglia politica - ma in generale è prevalsa la disinformazione [31]. Nessuno stimolo è venuto dagli stati maggiori della sinistra che si professano contro la guerra, cosa di cui naturalmente non ci si può stupire, perchè sono molti anni che da questi stati maggiori non vengono stimoli, figurarsi se possono venire programmi di lotta su terreni difficili, in cui si rischia (anzi è certo) di venire emarginati dai salotti buoni della politica e delle istituzioni. Con l'ingresso nel governo Prodi poi, siamo arrivati al grottesco e ai saldi di fine stagione. L'accettazione acritica del mito dell'11 settembre in realtà è solo un aspetto della generale complicità delle élites del nostro paese con le guerre di Bush (e del resto già prima con quelle di Clinton). Una complicità che va dall'estrema destra fino alla sinistra cosiddetta radicale e che ha trasformato nel profondo la società in cui viviamo, corrompendola e organizzandola per la guerra, come le cronache quotidiane ci ricordano continuamente, dall'Afganistan all'ampliamento delle basi USA, dall'accordo firmato clandestinamente in febbraio sulle nuove armi strategiche americane all'assemblaggio di aerei da combattimento in Piemonte. Risalire da questa china non sarà nè facile nè indolore.
Rispetto all'11 settembre, se teniamo presente l'articolazione delle posizioni della sinistra tra governisti e cosiddetti antagonisti – possiamo individuare schematicamente tre gruppi di posizioni, che chiameremo gli opportunisti, i sociologi e i tifosi.
Il primo gruppo – quello degli opportunisti – è largamente maggioritario ed è sintetizzabile nel famoso slogan bertinottiano della 'spirale guerra-terrorismo', ovvero 'nè con la guerra nè col terrorismo', degno erede di altri 'nè… nè…' precedenti. Il 'terrorismo' è assunto come categoria assoluta, avulsa dalla lotta antimperialista. La partecipazione - con un proprio ruolo si intende, rispetto a una particolare area sociale - alla grande orgia mediatica sull'onnipresente minaccia terroristica precipitata con l'11 settembre sul mondo intero, è così assicurata, e così pure l'anatema, sia contro chi pretendesse di dimostrare che guerra e terrorismo l'11 settembre escono dalla stessa fabbrica, sia contro chi, contro guerre e occupazioni militari, resiste armi alla mano e con gli strumenti ideologici che ha a disposizione, e si trova subito etichettato come barbaro terrorista. La funzione di costoro è puramente e semplicemente quella di traghettare una certa area di dissenso morale nel campo imperialista. E' la “sinistra imperialista” di cui abbiamo spesso parlato su Aginform, con le sue guerre umanitarie benedette dall'ONU e i suoi barbari sempre dall'altra parte.
Anche il secondo gruppo, quello che chiamiamo dei sociologi, dà per scontato che il terrorismo – sinonimo di barbarie – è proprio quello che ci è stato spettacolarmente presentato l'11 settembre. Essendo però composto da gente di grande apertura mentale e levatura culturale, questo gruppo sostiene in genere che bisogna anche comprenderne le cause. Il summenzionato Chomsky ne è un rappresentante illustre e molto autorevole. E' la teoria del 'blow back', del contraccolpo. Il terrore, largamente disseminato dalle società occidentali e dagli USA in particolare, li colpisce adesso come un boomerang. Chi semina vento raccoglie tempesta.
Naturalmente questa posizione esiste in molte varianti. Una, abbastanza ridicola, facendo ricorso a schemini pseudomarxisti maldigeriti, vagheggia – a proposito del'11 settembre - di uno scontro tra borghesie nazionali arabe e americana (occidentali).
Altri (e in particolare proprio Chomsky), sottolineano come abbiamo visto i crimini che le società occidentali hanno compiuto nel corso di una lunga storia. Naturalmente non c'è bisogno dell'11 settembre per avere la dimensione della criminalità dell'imperialismo, ma questa stessa constatazione fa da alibi per non affrontare la questione concreta nel momento e nel modo concreto in cui si manifesta (nella fattispecie la provocazione a livello planetario e il salto di qualità dell'iniziativa bellica con l'11 settembre). C'è il rischio di un approccio molto ideologico, senza risvolti concreti, anche quando è riempito di una quantità rispettabile di osservazioni e di dati empirici sui meccanismi planetari dello sfruttamento. Di notte tutti i gatti sono bigi [32]. Colonialismo, sfruttamento, imperialismo, terrore ci sono sempre stati dappertutto. Ma dappertutto diventa quasi come in nessun luogo.
Sbaglieremo, ma l'approccio ingenuo di quegli americani che magari pensano che il comunismo sia una cosa orribile e votavano fino a ieri per Bush ma poi hanno vissuto sulla loro pelle gli avvenimenti e ora lottano per la verità contro un governo che li ha ingannati, ci sembra più costruttivo e più onesto di quello di tanti soloni dell'antimperialismo generale e generico che affollano gruppetti e partitini della sinistra 'antagonista' e specialmente delle sue componenti trotskiste, che a questo gioco sono particolarmente allenate.
Naturalmente le posizioni generali e generiche ben si sposano con la ritualità delle manifestazioni e delle 'scadenze' e col mito di una purezza incontaminata di gruppi che, con la fantasia, pensano di condizionare le istituzioni e la sinistra parlamentare e in realtà – per mancanza di coraggio – ne subiscono tutti i condizionamenti, come dimostra bene, in Italia, la recente vicenda della base militare di Vicenza.
Il terzo gruppo di posizioni, quello dei 'tifosi', compie un doppio salto mortale e considera l'11 settembre non solo il punto di inizio di una micidiale offensiva imperialista su scala mondiale, ma anche l'epifania di un movimento islamico combattente che diventa la punta di lancia dello schieramento antimperialista internazionale. L'Osama bin-Laden, 'asset', come dicono gli americani, ossia risorsa, bene patrimoniale della CIA, già spendibile e speso in Afganistan, in Bosnia, in Cecenia e altrove, diventa una specie di nuovo Che Guevara. Anche in questo caso alla analisi concreta (e faticosa) della situazione concreta si sostituisce un delirio ideologico, solo di segno cambiato. Non che i segni non contino. I 'tifosi' hanno almeno il merito di sottolineare il ruolo decisivo esercitato in tutti questi anni dalla resistenza, anche islamica, in Afganistan, in Iraq, in Libano, in Palestina, nel mettere in crisi il Moloch imperialista. Solo che, confondendo la resistenza popolare anche islamica e ovviamente armata, come nel caso di Hamas e di Hezbollah, con al-Qaeda e l'11 settembre, non le rendono davvero un buon servizio! In mille occasioni si è visto che al-Qaeda è il nemico di comodo costruito ad arte dagli americani o dagli israeliani e opportunamente ingigantito dai media, quello più funzionale ai loro piani.
E' evidente che la mancanza di lucidità e di serietà sull'11 settembre rende i 'tifosi' facilmente manipolabili. Il sistema dominante, sorretto dai 'buoni' e 'coraggiosi' [33] esponenti della sinistra imperialista, che condannano la violenza degli oppressi 'senza se e senza ma', ha bisogno anche dei 'cattivi' per giustificare le proprie misure repressive o anche a volte per scopi meno confessabili.
Stragisti di stato
A noi riesce francamente difficile comprendere come sia possibile tanta superficialità e confusione delle lingue proprio in Italia, nel paese cioè che ha conosciuto la strategia della tensione e le trame di Gladio e 'Stay Behind'.
E' vero che siamo in una fase storica in cui si assiste all'annientamento continuo della memoria, in proporzione diretta con l'istituzione di 'giornate della memoria' sempre più numerose e sempre più manipolate. Ma almeno a coloro che per ragioni anagrafiche hanno vissuto gli anni di Piazza Fontana non dovrebbe far difetto la sensibilità per capire – fatte le dovute verifiche – che con l'11 settembre ci troviamo di fronte a una versione più globale e grandiosa, in un contesto mutato (in peggio), di tecniche di provocazione e manipolazione del consenso con ben precisi obiettivi politico-militari che furono largamente sperimentate per molti anni nel nostro Paese. I compagni che in Italia lottarono per la verità su Piazza Fontana e misero in luce le trame della “strage di stato” e tanti dei suoi concreti elementi erano forse 'complottisti' o inseguivano patetiche chimere che li allontanavano dai problemi e dalle lotte reali?
A rinfrescare la memoria così labile della sinistra italiana ha provveduto recentemente lo studio approfondito di un ricercatore svizzero, Daniele Ganser [34].
“Tra i documenti che Ganser porta all'attenzione vi è il Field Manual 30-31, con le appendici FM 30-31A e FM 30-31B, creato dalla Defense Intelligence Agency (DIA) del Pentagono per addestrare migliaia di ufficiali 'dietro le linee' in tutto il mondo. Il manuale venne pubblicato nel rapporto del 1987 dell'inchiesta parlamentare italiana sulle attività terroristiche della P2, la rete anticomunista italiana sponsorizzata da CIA-MI6. Come osserva Ganser: "FM 30-31 istruisce i soldati segreti ad eseguire atti di violenza in tempo di pace e quindi incolpare di essi il nemico comunista per creare una situazione di paura e di allarme. Alternativamente, i soldati segreti sono istruiti ad infiltrare i movimenti di sinistra e quindi spingerli ad utilizzare la violenza". Nelle parole del manuale:
"Vi possono essere dei momenti nei quali i governi delle nazioni ospitanti mostrano passività o indecisione di fronte alla sovversione comunista e secondo l'interpretazione dei servizi segreti USA non reagiscono con efficacia sufficiente... L'intelligence militare USA deve avere i mezzi per varare operazioni speciali che convinceranno i governi delle nazioni ospitanti e l'opinione pubblica della realtà del pericolo degli insorti. Per raggiungere questo scopo l'intelligence militare USA dovrebbe cercare di penetrare l'insurrezione per mezzo di agenti con incarico speciale, con il compito di formare gruppi speciali d'azione tra gli elementi più radicali dell'insurrezione... Nel caso non sia stato possibile infiltrare con successo tali agenti nel comando dei ribelli può essere utile strumentalizzare le organizzazioni di estrema sinistra per i propri scopi al fine di raggiungere i sopra descritti obiettivi... Queste operazioni speciali devono restare rigorosamente segrete. Solamente le persone che agiscono contro l'insurrezione rivoluzionaria conosceranno il coinvolgimento dell'esercito USA..." (p. 234-297)” [35]
C'è forse qualche elemento che autorizzi a pensare che queste 'tecniche' siano state abbandonate dopo il crollo dell'URSS? In realtà quel che è stato abbandonato è piuttosto la lotta contro gli apparati clandestini USA-NATO. Citiamo ancora da freebooter.interfree.it:
“Per capire chi vi sia realmente dietro l'ondata di spettacolari attentati terroristici, iniziata anche prima dell'11/9/2001, è importante conoscere il nome del Brig. Gen. Sir Frank Kitson. Questi era un ufficiale britannico in Kenia nel periodo dei Mau Mau. Kitson comprese quello che era noto da secoli, da millenni ai comandanti: se avete un'organizzazione nazionalista clandestina e volete screditarla, create la vostra parallela organizzazione nazionalista clandestina, con lo stesso nome, con una falsa bandiera, la mandate a commettere tremende atrocità delle quali verrà incolpato il gruppo originale, che sarà quindi screditato e demonizzato e così otterrete dei vantaggi politici. Kitson ha scritto un libro su questo dal titolo 'Le operazioni a bassa intensità'; questa tecnica è chiamata la tecnica delle 'contro-gang' ovvero delle 'pseudo-gang'. Proprio come al-Qaeda, organizzazione in modo trasparente fasulla, che, in senso più ampio, si può intendere come una pseudo-gang, o contro-gang, creata dai servizi segreti USA, britannici ed israeliani contro i nazionalisti arabi genuini e chiunque abbia un programma concreto di riforme, indipendenza o sviluppo ovunque nel mondo arabo e non, che ora potrà essere etichettato 'al-Qaeda'. [...] La 'guerra al terrorismo' è una invenzione. Questa guerra non è intesa a combattere il terrorismo e il fondamentalismo islamici; essa ha obiettivi sia strategici che economici...” [36].
Menzogna globale e guerra infinita
“Menzogna globale” [37] era il titolo della “Prima conferenza internazionale del movimento di inchiesta italiano sugli eventi dell'11 settembre” (Bologna, 17 settembre 2006) [38]. Una iniziativa importante e riuscita, nella rigorosa assenza del ceto politico e di partiti, partitini e gruppi della sinistra, nonchè dei loro organi di informazione. Citiamo dalla presentazione del convegno:
“A cinque anni di distanza dagli eventi che hanno cambiato la nostra vita scaraventandoci in un nuovo secolo, appare sempre più importante far conoscere, denunciare e smontare la più enorme, la più criminale delle menzogne con la quale il governo Bush, i principali network planetari e l'intero Occidente hanno intossicato il mondo: la menzogna globale contenuta nella versione ufficiale degli attacchi dell'11 settembre, che sin dall'inizio è servita a giustificare la cosiddetta 'guerra al terrorismo' e tutte le aggressioni militari messe in agenda e puntualmente realizzate dall'asse interstatale del terrore a guida americana (Stati Uniti-Gran Bretagna-Israele)”.
In cinque anni (e nel frattempo quasi sei) le conseguenze della menzogna globale sono state tali e tante che è impossibile elencarle tutte: due guerre, ancora in corso, con almeno un milione di morti [39] (per non dire delle sofferenze di milioni ancora vivi), a cui vanno aggiunti Libano e Somalia e la guerra permanente contro i Palestinesi. Un bilancio militare USA che si avvicina ai 1.000 miliardi di dollari l'anno [40]. Una campagna martellante di intossicazione ideologica e di induzione della paura [41] per condizionare la gente alla guerra [42]. E poi l'ipertrofia delle operazioni clandestine e di provocazione in tutto il mondo [43], la creazione di eserciti mercenari sottratti a ogni parvenza di controllo istituzionale (126.000 'contractors' in Iraq [44]), gli arresti e le detenzioni segrete [45], la legalizzazione della tortura, l'impulso alla militarizzazione dello spazio e alla ricerca di una superiorità militare schiacciante su tutto il mondo, il varo di durissimi strumenti di controllo interno, particolarmente negli USA, con i Patriot Act, vere e proprie legislazioni di emergenza da regime dittatoriale[46]. C'è qualcuno ancora disposto – parlando seriamente – a dire che tutto questo servirebbe a lottare contro il terrorismo?
Tutto questo, e altro ancora, ha indubbiamente 'cambiato il mondo', come ci viene continuamente ribadito, e non verso un 'mondo migliore'.
Il resto del mondo non è però rimasto a guardare. Come era già avvenuto in passato per altre Blitzkrieg, anche le Blitzkrieg americane sembrano portare poca fortuna ai loro promotori. La 'nazione indispensabile', la 'superpotenza solitaria vincitrice della guerra fredda', la potenza che nessuno poteva sfidare in terra, cielo, mare e spazio, si sta dimostrando assai più vulnerabile di quanto i suoi fanatici capi avessero previsto. Come scrive il famoso sociologo inglese Anthony Giddens
“I limiti della potenza militare americana, che tanto ha impressionato il mondo intero, sono oramai esposti in una luce cruda. Malgrado i loro potentissimi armamenti, gli USA non sono neppure ingrado di pacificare un singolo paese di medie dimensioni. Politicamente e moralmente, l'influenza americana ha subito un crollo [47].”
Il merito fondamentale va alla resistenza irachena, ma anche afgana, libanese, palestinese, verso le quali il mondo intero è in debito. Ma i rapporti di forza naturalmente stanno cambiando anche per molti altri fattori concomitanti e intrecciati. Non certo per l'Europa, che nonostante le perplessità franco-tedesche sulla guerra irachena si è ben presto allineata e appiattita in posizione di sostanziale complicità, al massimo con qualche mugugno. Pesa invece il ruolo crescente della Cina, il forte recupero di sovranità della Russia dopo gli anni della svendita totale [48], il rapporto di collaborazione sempre più stretto e strategico tra i due paesi. E pesa la crisi latente dell'economia USA [49].
In questo contesto i neocon cominciano a somigliare a un'armata in ritirata, con parecchi dei loro più autorevoli rappresentanti già estromessi dal potere, anche se non retribuiti per i loro crimini. Se questo può essere motivo di incoraggiamento tra l'altro anche e proprio tra chi si sta battendo per la verità sull'11 settembre, è necessario però bandire ogni illusione su un loro prossimo crollo. E ciò per due motivi.
Il primo è che i criminali che hanno architettato l'11 settembre e lanciato la guerra infinita sono ancora in sella e possono pensare di superare le difficoltà raddoppiando la posta.
E' una eventualità evocata il 2 febbraio scorso da uno che se ne intende, Zbigniew Brzezinski, in un'audizione di fronte a una Commissione del Senato americano in cui ha paventato la possibilità di un attentato negli Stati Uniti o in Iraq da attribuire all'Iran per scatenare l'attacco a quel paese [50]. A questo proposito è il caso di ascoltare Daniel Ellsberg:
«Se ci sarà un altro 11 settembre, o una guerra ancora più vasta nel Medio Oriente, che implichi un attacco americano contro l'Iran, non ho alcun dubbio che vi sarà - il giorno dopo o entro alcuni giorni - un equivalente del decreto che seguì l'incendio del Reichstag: che significherà arresti di massa nel paese, campi di concentramento per i mediorientali e per una certa quota di loro 'simpatizzanti' e di critici della politica del Presidente e, in buona sostanza, la cancellazione della Carta dei Diritti» [51].
Segnali preoccupanti di un possibile ripetersi, magari su scala ancor più vasta, dello scenario dell'11 settembre non mancano. Come riferisce Claudio Negroli [52]
“Notizie come le esercitazioni appena terminate (Noble Resolve, 23-27 aprile 2007) dove si simulava uno scenario che prevedeva l'uso di un ordigno atomico fatto deflagrare da fantomatici terroristi addestrati da al-Qaeda nel porto di una grande città della Virginia, sono già state rincalzate da fresche nuove dove si parla di un ordigno, sempre atomico, … sempre targato Jihad, sempre sponsorizzato al-Qaeda e/o Iran, ma che stavolta dovrebbe esplodere su Washington e - nelle intenzioni degli attentatori - causare la decapitazione dei centri nevralgici del potere nemico, gettando così nel caos la nazione americana. Re George II non perde però tempo e con due editti, la National Security Presidential Directive n° 51 e la Homeland Security Presidential Directive n° 20 [53], ordina alle agenzie preposte di mobilitarsi per mettere in scena una simulazione di 'Governement of Survival' - un 'governo di sopravvivenza' - che garantisca la continuità della macchina governativa anche in questa catastrofica evenienza. Esistono, preparati all'uopo, bunker segreti sparsi un pò dappertutto sopra o sotto il suolo americano, sempre più frequentati dopo l'11 settembre 2001… da centinaia di 'pezzi umani pregiati' necessari per il funzionamento dell'apparato militare-amministrativo, che dopo aver salutato parenti e amici si chiudono a turno nelle strutture per circa un mese a fare prove pratiche di 'trasmissione'”.
Il secondo motivo per non coltivare illusioni riguardo alle crescenti difficoltà della squadra di Bush sta nel fatto che il sistema legale e costituzionale americano è ormai minato in profondità e, come molti riconoscono, è assai difficile che possa risalire dal precipizio in cui i neocon l'hanno gettato. Il 'complesso militare-industriale' (o, secondo alcune versioni, il 'complesso militari-industria-Congresso') da cui già Eisenhower metteva in guardia nel suo discorso di congedo dalla presidenza nel 1961, è ormai fuori controllo. Come scrive Chalmers Johnson [54], e come affermano ormai molti osservatori attenti delle cose americane:
“militarismo e imperialismo hanno portato al crollo quasi totale del sistema costituzionale di controlli ed equilibrio dei poteri”.
L'11 settembre è stato anche interpretato, da Tarpley in particolare, come un vero e proprio colpo di stato e probabilmente, anche se in questo dossier non abbiamo affrontato esplicitamente la questione, è proprio questo il senso più profondo degli avvenimenti. Il senatore Daniel K. Inouye aveva denunciato già negli anni '80, all'epoca dell'aggressione contro il Nicaragua, l'esistenza di
“un governo ombra, dotato della sua propria aviazione, della sua propria marina, dotato di un meccanismo suo proprio per raccogliere fondi, e della capacità di perseguire le proprie idee circa l'interesse nazionale, libero da ogni tipo di controlli e verifiche incrociati tipici dello stato di diritto, e libero da ogni costrizione di leggi [55]”
Da allora non solo le cose sono molto peggiorate, ma il 'governo ombra' ha decisamente preso il potere negli Stati Uniti. Come afferma il già citato Paul Craig Roberts:
“Il popolo Americano e i suoi rappresentanti al Congresso devono affrontare il fatto che le persone che controllano il potere esecutivo negli Stati Uniti sono dei criminali con tendenze dittatoriali e devono immediatamente rettificare questa situazione pericolosissima” [56].
Mettere in liquidazione l'impero ?
La diagnosi è condivisibile. Ma la terapia? I golpisti dell'11 settembre, compresi i criminali che siedono alla Casa Bianca, hanno goduto di una complicità molto ampia e assolutamente 'bipartisan', anche - va sottolineato - al di fuori degli Stati Uniti. Anche il cosiddetto 'quarto potere', quello dei mezzi di comunicazione di massa, si è rivelato totalmente asservito. E' realistico pensare a una decisa inversione di rotta solo per il crescente peso dei democratici dopo le elezioni del novembre 2006 o per la possibile elezione di un democratico alla presidenza alla fine del 2008? Il solo modo che Chalmers Johnson vede per raddrizzare la situazione sarebbe la 'messa in liquidazione dell'impero', con un forte ridimensionamento della spesa militare e la chiusura di quasi tutte le basi militari all'estero (737 in 130 paesi, dati del Pentagono). Una cura radicale, per la quale – come è evidente – non c'è nessun segnale di disponibilità dell'opposizione democratica. Basta vedere il rifiuto di tagliare i fondi per la guerra in Iraq.
“Imperialismo e militarismo stanno ormai mettendo in pericolo la salute finanziaria e sociale della nostra Repubblica. Il Paese ha disperato bisogno di un movimento popolare che ripristini il sistema costituzionale e sottoponga nuovamente il governo alla disciplina dei controlli e dell'equilibrio dei poteri. Nè la successione di un partito a un altro, nè politiche protezionistiche che cerchino di salvare quel che resta della nostra produzione industriale potrebbero correggere la rotta, perchè ambedue le soluzioni non affrontano la causa di fondo del nostro declino nazionale. Credo ci sia una sola soluzione alla crisi che stiamo vivendo: il popolo americano deve decidersi a smantellare sia l'impero creato in suo nome, sia l'enorme (e tuttora crescente) complesso militare che lo sostiene. E' un compito paragonabile a quello affrontato dal governo inglese quando, dopo la seconda guerra mondiale, liquidò l'impero britannico.[…] Può darsi che per gli Stati Uniti sia già troppo tardi per una campagna che metta al centro la liquidazione dell'impero, perchè gli interessi del complesso militare-industriale sono troppo radicati. Ci vorrebbe, per avere successo, una mobilitazione rivoluzionaria dei cittadini americani paragonabile, perlomeno, al movimento per i diritti civili degli anni sessanta. [57]”
E' possibile che il movimento per la verità sull'11 settembre contribuisca a mettere all'ordine del giorno la 'liquidazione' dell'impero americano?
Quel che è certo è che le difficoltà crescenti di Bush e dei suoi accoliti sulla scena internazionale e all'interno degli Stati Uniti non possono alimentare illusioni; possono invece rappresentare la breccia che consente al movimento di crescere e rafforzarsi ulteriormente e sono un motivo in più per andare avanti con decisione, anche e proprio sulla questione 11 settembre, che è un terreno decisivo su cui sfidare gli apparati della guerra infinita.
Il movimento per la verità sull'11 settembre non è – e non potrebbe essere – un soggetto unitario. Ma tra le sue varie anime e sensibilità la discussione è aperta sulla nuova fase, dopo la prima, decisiva, in cui le accuse contro i veri architetti dell'11 settembre si sono fatte precise, documentate e inoppugnabili. A parere di molti, e anche nostro, nella situazione internazionale che si è creata in risposta alle scelleratezze neocon, un consesso internazionale di altissimo profilo, che esamini i fatti ed emetta una sentenza di fronte al popolo americano e all'opinione pubblica mondiale potrebbe svolgere un ruolo molto importante. Ci sono tutte le condizioni per procedere su questa strada e mettere sotto accusa in tutto il mondo i responsabili dell'11 settembre e dei crimini successivi.
Non è, come ovvio, una cosa che riguardi solo gli Stati Uniti. Attraverso la NATO e con la complicità di un ceto politico servile e di una borghesia corrotta e vendepatria, anche l'Italia, come tutta l'Europa, è stata trascinata e ha voluto trovar posto nella pazzia dell'11 settembre e della guerra infinita. Potrebbe essere troppo tardi anche per noi – come dice Chalmers Johnson per gli Stati Uniti. Ma gli avvenimenti impongono di raccogliere la sfida e la rendono anche possibile. E del resto, abbiamo alternative?
NOTE
[1] 11 settembre, ore 14.40. Le nuvole di polvere sollevate dal crollo (implosione, vedi cap. I) delle torri gemelle non si sono ancora depositate; l'edificio numero sette (un grattacielo di 47 piani, non sfiorato da nessun aereo) crolla (viene fatto crollare) solo alle 17.20. Il ministro della difesa Rumsfeld, uno dei diretti responsabili della mancata difesa aerea, porge una nota a un altro dei massimi responsabili, il generale Richard Myers, facente funzioni di Capo di Stato Maggiore Interforze: "Best info fast. Judge whether good enough hit S.H. at same time. Not only UBL." “giudicare se possibile colpire insieme anche S.H., non solo U.B.L:” [S.H. sta per Saddam Hussein, U.B.L: per Usama bin Laden]. Vi sembra la reazione normale di un dirigente alle prese con un attacco che la versione ufficiale vuole improvviso e inatteso, di cui c'è da capire tutto, dinamica, portata, provenienza, responsabilità, possibile continuazione? La sera stessa dell'11 Rumsfeld darà anche il via libera ai finanziamenti agognati per il controllo militare dello spazio (vedi nota 139, pag. 111)
[2] Per esempio Andreas Von Bülow, ex ministro della difesa tedesco, in un'intervista al quotidiano Tagesspiegel del l3 gennaio 2002 (tradotta integralmente in italiano su www.aginform.org/vonbulow2.html).
[3]Consultabile presso il sito www.globalresearch.ca
[4] In edizione italiana: Guerra alla verità. Tutte le menzogne dei governi occidentali e della Commissione “Indipendente” USA sull'11 settembre e su Al Qaeda, Fazi, 2004, p. VIII. E' la rielaborazione e aggiornamento del precedente “Guerra alla libertà”. Per Gore Vidal, famoso scrittore statunitense “La più importante e inquietante analisi che abbia letto finora sull'11 settembre”.
[5] L'effroyable imposture. 11 septembre 2001, Carnot, Chatou 2002”, in edizione italiana L'incredibile menzogna. Nessun aereo è caduto sul Pentagono, Fandango Libri, 2002
[6] Già sentiamo il mormorio di qualche imbecille: “Ma è un teologo!” Sì, è uno studioso di filosofia e religione e si professa anche cristiano, ma possiamo garantire che è più avezzo alla ricerca scientifica che alle sacrestie.
[7] 'Debunking 9/11 Debunking': An Answer to Popular Mechanics and Other Defenders of the Official Conspiracy Theory, Olive Branch Press, 2007.
[8] www.vdare.com, 26 marzo 2007.
[9] National Institute for Standard and Technology è un ufficio governativo che fa parte del Dipartimento del Commercio con il compito di favorire l'adozione di standard e tecnologie che stimolino la produzione. Nell'ambito dell'isteria antiterrorismo imperante l'Istituto ha attualmente il compito di migliorare i sistemi di controllo degli accessi e di sicurezza degli enti federali. I dirigenti del NIST sono tutti di nomina governativa (Griffin, Debunking, 143-144. Griffin richiama anche l'attenzione sulla sistematica distorsione del lavoro scientifico operata dall'amministrazione Bush per finalità politiche, che viene denunciata in un appello firmato dapiù di 10.000 scienziati e ricercatori tra cui 52 premi Nobel).
[10] Si tratta di stufe che raggiungono temperature elevate, fino a 500 gradi centigradi per bruciare tutti i residui in modo da non abbisognare di pulizia con sostanze chimiche.
[11] 'Conspiracy theories', 'Teorie complottiste' è il termine che viene normalmente usato con intento denigratorio nei confronti di chi si batte per la verità sull'11 settembre. Vale l'osservazone di Tarpley, 9/11. Synthetic Terror Made in USA, Progressive Press, USA, 2005: «L'accusa, o insulto, di 'teoria complottista' non è soltanto demagogica, ma anche intellettualmente disonesta, perchè la versione ufficiale, che coinvolge bin Laden e al-Qaeda che agiscono a distanza, in grotte remote, con l'aiuto di computer, rappresenta una teoria complottista (o balla cospirativa) di tipo particolarmente fantastico”.
[12] Termine ormai in voga dall'inglese 'ridurre alle giuste proporzioni', 'smascherare'.
[13] Alla relazione della Commissione 11 Settembre dedichiamo l'intero secondo capitolo di questo dossier
[14] Il potente capo del nuovo Department of Homeland Security, 180.000 dipendenti, 32 miliardi di dollari di bilancio, comprensivo di FEMA (vedi nota 19 a pag.41), servizi segreti, guardia costiera, sicurezza dei trasporti, dogane, immigrazione
[15] www.voltairenet.org.
[16] Guillaume Dasquié e Jean Guisnel, L'effroyable mensonge. Thèse et foutaises sur les attentats du 11 septembre, Éditions la Découverte, Paris, 2002. In italiano: Il complotto. Verità e menzogne sugli attentati dell'11 settembre, Guerini e Associati, gennaio 2003.
[17] P. IX.
[18] Il termine è ormai inflazionato, sicuramente in rapporto al ruolo centrale che la questione sionista ha ormai assunto nella politica imperialista occidentale. 'Negazionista' dovrebbe essere chi nega il massacro degli ebrei nella seconda guerra mondiale, cosa difficile da negare. Dunque verrebbe a significare pazzo, incapace di rapporto con la realtà. In realtà però il termine viene esteso a dismisura a chiunque metta in discussione un qualsiasi elemento concreto di una visione di quel massacro ormai fissata in una specie di dogma religioso. 'Negazionista' diventa poi chi mette in discussione la realtà o la dimensione anche di altri fatti storici che vengono gonfiati a dismisura e stravolti dalla riscrittura di comodo che ne viene fatta per scopi molto attuali (per esempio la questione delle 'foibe', rispetto alla quale non ci si vergogna a riprendere di peso la propaganda nazi-fascista del 1943, oppure molte vicende che riguardano l'URSS).
[19] Particolare interessante: il 16 aprile scorso Le Monde riporta con grande evidenza le testimonianze documentarie che dimostrano che i servizi segreti francesi (DGSE) avevano avvertito la CIA nel gennaio 2001 con abbondanza di particolari dei piani di attentati negli Stati Uniti con l'uso di aerei dirottati. Il servizio è firmato da Dasquié. Che si sia ricreduto anche su Meyssan?
[20] www.whitehouse.gov/nsc/nsct/2006/sectionV.html
[21] “Rompere il muro del silenzio” è anche il titolo di un appello per la verità sull'11 settembre diffuso da Giulietto Chiesa e dal Gruppo di lavoro sull'11 settembre di Megachip. Il testo e le numerose firme in www.megachip.info.
[22] David Dunbar e Brad Reagan - Popular Mechanics 11 settembre: i miti da smontare. Perché le teorie cospiratorie non possono reggere al confronto con i fatti, Terre di Mezzo editore, 2007, traduzione, a cura di Paolo Attivissimo, di “Debunking 9/11 Myths: Why Conspiracy Theories Can't Stand Up to the Facts”, versione ampliata del saggio pubblicato da PM nel marzo 2005 e 'scoperto' in Italia da Deaglio.
[23] Segnaliamo la simpatica lettera aperta di un abbonato di Altreconomia: “[…] gli avvenimenti dell'11-9 hanno fornito la copertura morale agli USA per scatenare una serie di guerre e provvedimenti sulla 'sicurezza' che stanno cambiando la vita non solo di Irakeni e Afgani ma un po' in tutto il mondo. Capire perciò se le cose l'11 settembre sono andate come sostengono le autorità USA o se invece sia stata un'abile messa in scena per procurarsi un 'casus belli' è questione centrale. Cosa fa quindi la nostra stampa alternativa per fornire una prospettiva obiettiva sull'argomento? Visto che la versione ufficiale dell'attentato terroristico viene supportata da tutta la stampa convenzionale ci si aspetterebbe che chi si vanta di fare 'informazione per agire' si ponga in una prospettiva diversa magari proponendo uno scritto proprio che presenti pro e contro di entrambe le versioni. Invece no, siamo in Italia e certi poteri riescono evidentemente a far pubblicare anche ai paladini del Commercio equo-solidale la paccottaglia prodotta dalla più becera stampa del mondo. Infatti il libro in questione è la traduzione di un testo pubblicato in USA da Popular Mechanics, rivista di proprietà del colosso dell'informazione Hearst Corporation che pubblica anche Cosmopolitan, Harper's bazaar o Esquire, come dire il gotha della stampa modaiola e conservatrice americana.” (Il testo completo in mihop.blogspot.com o su www.luogocomune.net).
[24] www.monde-diplomatique.fr/2006/12/COCKBURN/14270 e in italiano www.monde-diplomatique.it/LeMonde-archivio/Dicembre-2006
[25] A 9/11 conspiracy virus is sweeping in the world (Il virus della cospirazione sta dilagando in tutto il mondo, 6 febbraio 2007). Bayoneting a scarecrow. The 9/11 conspiracy theories are a coward's cult (Infilzano uno spaventapasseri: le teorie complottiste sull'11 settembre sono l'idolo dei codardi, 20 febbraio 2007, ripreso anche da Znet).
[26] Un club californiano che ospita incontri periodici di uomini potenti.
[27] Argomento ripreso in Italia in un servizio di Focus, n. 172, febbraio 2007. Una risposta dettagliata è reperibile su www.luogocomune.net a firma di Massimo Mazzucco. Fino al momento in cui scriviamo Focus non ha accettato il contraddittorio.
[28] Il più diffuso forse tra i video di denuncia sugli avvenimenti dell'11 settembre.
[29] Nel libro Christian Faith and the Truth behind 9/11, Westminster John Knox Press, 2006.
[30] Noam Chomsky, Seven stories Press, New York, 2001
[31] Si veda la lettera di Franco Soldani a Liberazione (non pubblicata) riprodotta alle pp. 145-148.
[32] Il risvolto è poi il signorile distacco con cui si tratta generalmente chi si oppone, a meno che non sia disposto a rimanere sempre solo vittima e a essere preso in considerazione solo in quanto tale.
[33] L'ultimo esempio di tale luminoso coraggio lo ha dato Bertinotti in visita in Palestina, si veda l'elogio che ne fa Carlo Panella (L'Occidentale, 11 maggio 2007, ripreso in www.aginform.org/panella.html). Non risultano proteste del presidente di un'assemblea parlamentare per l'arresto di 40 parlamentari palestinesi. Già, ma quelli sono terroristi.
[34] Daniele Ganser, NATO's Secret Armies: Operation Gladio and Terrorism in Western Europe, Frank Cass, Londra 2005. Edizione italiana: Gli eserciti segreti della NATO. Operazione Gladio e terrorismo in Europa occidentale, Fazi Editore 2005. Segnaliamo anche l'intervista di Silvia Cattori all'autore, in francese su www.voltairenet.com (18 gennaio 2007), in italiano su vari siti tra cui www.seniorweb.ch.
[35] Da “La strategia della tensione”, di Nafez Mosaddek Ahmed, 14 maggio 2007, ripreso dal sito freebooter.interfree.it che contiene molti materiali sull'argomento sia in inglese che in italiano.
[36] “Il nemico è dentro le mura”, 12 gennaio 2007, anche in www.aginform.org/ilnemico.html.
[37] “Se dici una menzogna enorme e continui a ripeterla, prima o poi il popolo ci crederà” (Joseph Goebbels).
[38] Il video di tutta la conferenza è scaricabile da www.arcoiris.tv.
[39] Non sono cifre buttate lì: si veda la ricerca di Lancet, pubblicazione della British Medical Association, ottobre 2006.
[40] Il bilancio militare americano non è solo quello del ministero della difesa, ma è distribuito tra molti dicasteri. Per esempio fondi per le armi atomiche si trovano nel bilancio del ministero per l'energia. La somma di 934,9 miliardi di dollari (più di quanto spendono tutti gli altri paesi del mondo messi assieme) è il risultato dei calcoli di Chalmers Johnson, Evil empire. Is imperial liquidation possible for America?, www.informationclearinghouse.info, 17 maggio 2007. Chalmers Johnson è l'autore di Nemesis: The Last Days of the American Republic, New York, Metropolitan Books, 2007.
[41] “Naturalmente la gente comune non vuole la guerra, né in Russia, né in Inghilterra, né in Germania. Tutto quel che dovete fare è dir loro che sono attaccati, e denunciare i pacifisti per mancanza di patriottismo in quanto espongono il Paese al pericolo” (Hermann Göring).
[42] Sui continui allarmi vedi Michel Chossudovsky, Gridare al lupo: allarmi terrorismo basati su intelligence inventata, in italiano su www.luogocomune.net, scritto dopo il grandioso 'procurato allarme' dell'agosto 2006 a Londra, mentre sul Libano piovevano le bombe a grappolo israeliane. La sezione italiana di una ben attrezzata 'fabbrica del terrore' per giornalisti compiacenti funzionava, come si è scoperto, in via Nazionale 230, diretta da Pio Pompa. Vedi “La fabbrica del terrore” di Miguel Martinez, www.kelebekler.com e “La Repubblica” dell'8 luglio 2006.
[43] Vedi Worldwide Attack Matrix, nota 3 al capitolo II, pag. 69.
[44] Jeremy Scahill, Blackwater: The Rise of the World's Most Powerful Mercenary Army, Nation Books, febbraio 2007. Un'intervista in italiano all'autore è reperibile in www.comedonchisciotte.org.
[45] ”Bush ha promulgato il Military Commissions Act che di fatto legalizza gli orrori di Guantánamo. E si tratta di una normativa che non colpisce soltanto i 14 presunti leader di Al Qaeda e gli oltre 400 detenuti rinchiusi a Guantánamo. Sono almeno 14.000 gli stranieri sospettati di terrorismo, in gran parte islamici, che gli Stati Uniti tengono in carcere, senza capi di accusa e senza prove. Ma anche questa cifra è incerta. Nessuno sa - nessuno deve sapere - quante sono le persone sospettate di terrorismo che la Cia e le altre istituzioni di intelligence statunitensi detengono e torturano in prigioni segrete, sparse in tutto il mondo”. (Danilo Zolo, Il Manifesto, 20 ottobre 2006)
[46] Come sempre avviene, le disposizioni di emergenza, varate per un periodo transitorio di 4 anni, alla scadenza sono state quasi tutte trasformate in misure permanenti. In pratica le procedure di guerra previste per un nemico esterno possono essere applicate dall'esecutivo a tutti i cittadini senza controllo della magistratura. Vedi Jean-Claude Paye, "La fin de l'Etat de droit. La lutte antiterroriste : de l'état d'exception à la dictature”, La Dispute, Paris, 2004. (www.mondialisation.ca).
[47] “Repubblica, 22 maggio 2007.
[48] Tanto basta per fare di Putin un bersaglio permanente della sinistra imperialista. Era molto più democratico Eltsin quando bombardava il Parlamento. Vedi www.aginform.org/gabrie39.html
[49] “Il debito federale USA ammonta a 8,8 trilioni di dollari. Se aggiungiamo il debito dei singoli stati federati, delle famiglie, del settore finanziario-business (anticipi di capitale sia per l'industria che per la speculazione) e finanziario-sociale (mutui, assicurazioni, ecc.), l'indebitamento complessivo della società americana raggiunge la cifra paperonesca di 48 trilioni di dollari. Il rapporto con il Pil (12 trilioni di dollari) è quindi astronomico, cioè il 400%. Gli Stati Uniti possono utilizzare massicciamente l'emissione di titoli sul mercato internazionale per alimentare il proprio debito interno garantendolo esclusivamente con la propria potenza economica e militare invece che con un corrispettivo tangibile in merci o riserve monetarie. Non così gli altri paesi.” Rivista N+1, numero 109, 9 maggio 2007. Fino a quando?
[50] "…il fallimento [del governo] iracheno nell'adempiere ai requisiti [posti dall'amministrazione di Washington], cui seguirebbero le accuse all'Iran di esserne il responsabile, il tutto poi, mediante qualche provocazione in Iraq o un atto terroristico negli Stati Uniti attribuito all'Iran, culminerebbe in un'azione militare 'difensiva' degli Stati Uniti contro l'Iran". Vedi www.aginform.org/brzezins.html e www.aginform.org/chiesa11.html. Su Brzezinski si vedano anche più avanti le pagine 107-108.
[51] Vedi p.131.
[52] Claudio Negroli, Mister Bush: lascia o raddoppia?, www.luogocomune.net, 15 maggio 2007.
[53] www.fas.org/irp/offdocs/nspd/
[54] Chalmers Johnson, op. cit. nota 40 pag. 18.
[55] Daniel K. Inouye. Citato da Tarpley, op. cit. p. 5 e da Giulietto Chiesa nella prefazione a 11 Settembre, Bush ha mentito. Il documentato atto d'accusa del guardiano delle TwinTowers, Editori Riuniti, settembre 2006.
[56] Paul Craig Roberts, che già abbiamo citato alle pagg.6-8, www.ichblog.eu.
[57] Chalmers Johnson, op. cit.nota 40, pag.18.
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