Sulla prevenzione dei conflitti

Il Problema della Prevenzione dei conflitti è un problema vastissimo con molteplici sfaccettature. La Prevenzione dei conflitti è in genere desiderabile, ma non sempre. Basti pensare che l'Italia è una repubblica nata (ufficialmente) dalla Resistenza. Cioè dalla lotta contro fascisti e nazisti e quindi da un conflitto. Non è dubbio che un conflitto come questo venga valutato positivamente e non sia tra quelli da prevenire. L'uso della violenza in conflitti di genere è accettato, anche se ovviamente è auspicabile il minimo possibile uso della violenza. In genere la violenza delle forze di polizia è accettata e così la violenza delle forze Partigiane nell'intesa che liberino da una oppressione. Ed anche quelle di un esercito di liberazione in cui la violenza è applicata a fini legittimi e giustificati sul piano etico. L'uso della violenza potrà essere ridotto al minimo accentuando un comportamento basato in larga misura sull'astuzia, cioè un comportamento strategico. La strategia può definirsi come ciò che è in grado di piegare la forza (i lillipuziani piegano Gulliver con una mossa strategica). Dunque nella Prevenzione dei conflitti si introduce il problema della riduzione della violenza e quindi dei comportamenti strategici. Stabilito che occorre distinguere tra conflitti da evitare e conflitti da auspicare ( al limite si accetta perfino l'idea del tirannicidio!)  si tratta di individuare misure per prevenire quei conflitti che si ritengono da evitare. Per far ciò occorre studiare le cause dei conflitti. Ciò concerne una materia amplissima che riguarda oltre la sociologia, l’economia, la psicanalisi, la psicologia, la filosofia.

Ci limiteremo qui ad esaminare qualche aspettò di ciò che può costituire un focolaio di conflitto e su cui possono impostarsi delle azioni di tipo "dire no".  Un focolaio di conflitto sono certamente le basi militari specie se utilizzate come piattaforme per spedizioni oltremare. Attorno alla problematica delle basi militari possiamo individuare almeno 5 azioni del tipo "dire no".

 

l)  "Dire no" alle basi militari, specie quelle con potenzialità offensive e "dire no" alla estensione di queste basi.

2) "Dire no" alle forze di pronto intervento che possono essere proiettate da queste basi.

3 ) "Dire no" alla vendita di armi clandestina che avviene spesso attraverso queste basi (nella guerra del Golfo molto materiale è partito dalle basi USA in Italia).

4) "Dire no" alla volontarizzazione delle Forze Armate del Nuovo Modello di Difesa per costituire corpi speciali.

5) "Dire no" al segreto  militare che copre tutte le operazioni militari delle basi e il traffico di armi.

 

Questi sono provvedimenti di natura pratica che possono . essere attuati come "operazioni sul campo". Però non. basta agire sul campo pratico occorre anche effettuare un lavoro teorico, costruire un retroterra concettuale.- In Italia· c'è poco o nulla C nonostante un lavoro pioneristico di Franco Fornari) ad eccezione di quanto si fa in alcune università Napoli, Padova, Bari, Pisa).  Sembra importante svolgere anche una azione di sensibilizzazione a livello Presidenza del Consiglio e a livello europeo per costruire un centro studi che possa effettuare un serio lavoro di ricerca e con fondi adeguati o che comunque possa operare come ente coordinatore delle ricerche effettuate in vari settori. Naturalmente bisogna cautelarsi dal rischio di creare carrozzoni di tipo AUTHORITY PER LA PREVENTION con stipendi ai capi da 360 milioni all'anno che commettono poi gli studi ad enti che si fanno pagare un milione a pagina e che orientano le conclusioni in base alla volontà del datore di lavoro. Forse mettendo il centro studi sotto una supervisione europea c'è qualche speranza di maggiore serietà e minore sperpero.

 

Falco Accame

 

Post Scriptum:

DIDATTICA DELLA PREVENZIONE (COME INDOTTRINAMENTO ALLA NON-VIOLENZA).

Il discorso sulla prevenzione porta con sé molto a monte, le premesse per sviluppare una cultura della non violenza che sarebbe meglio chiamare della "minimizzazione della violenza", (anche se il tutto può sfociare in un mediocre discorso sul BUONISMO da praticare!). Sul problema della non-violenza e della violenza Antonio Drago ha introdotto il discorso della "doppia negazione". Questo concetto della doppia negazione collegato al discorso della violenza e non-violenza, mi pare potrebbe tradursi nei seguenti termini: "LA VIOLENZA NON E' LA NON-VIOLENZA". Con questo tipo di approccio il significato di violenza riguarda aspetti molto variegati e mette in guardia contro una semplicistica scissione di tipo moralistico tra NON-VIOLENTI buoni e VIOLENTI (cattivi).  Secondo l' approccio di Drago  due poli di violenza e nonviolenza, restano alquanto sfumati in una visione dialettica del rapporto tra di  essi. Ciascun termine ( violenza e non-violenza) perde di consistenza nella propria identità. Il riferimento all'altro non gli restituisce, sia pure in negativo. la certezza circa la sua condizione. Nel rapporto, ciascun termine viene privato, in parte, dall'altro della sua autonomia. Quando si parla di non-violenza bisogna ad esempio tener presente quanto sfumato questo concetto sia in Gandhi il quale è molto attento a che la non-violenza non si trasformi in codardia. Nella "umiltà astuta" di Gandhi traspare semmai un intento strategico. Circa l'estensione della gamma del concetto di violenza basti ricordare che la violenza può essere anche insita in qualcosa di materialmente non-violento, come il linguaggio. Qui la violenza non è palese ma segreta, non appare come un'azione brutale, ma piuttosto come una forma sottile di dominio. Occorre anche evitare una ideologizzazione della violenza e della nonviolenza. Ad esempio nella nostra cultura una figura come quella di San Francesco può essere chiamata a ideologizzare la non-violenza.. Si cita la sua sensibilità, la sua mitezza, la sua debolezza, il suo approccio caritatevole e assistenziale, si cita la sua umiltà. Ma forse si tralascia la sua capacità di attrazione, di fascinazione, di seduzione che riguarda piuttosto, se così si può dire, il versante "strategico" della sua azione. Se pensiamo alla strategia come alla possibilità dispiegare la forza con la debolezza della seduzione.