Le truppe americane in Iraq sono esposte ad un rischio sempre maggiore, ogni giorno che gli USA rimangono in questa nazione sovrana
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- Scritto da Kevin Zeese and Margaret Flowers
29 Jan 2020
“Gli USA saranno affrontati con una forte e legittima resistenza popolare armata”
Il mondo sta dicendo no alla guerra contro l’Iran e [contemporaneamente] fuori gli USA dal Medio Oriente. Centinaia di proteste si sono tenute negli Stati Uniti ed in giro per il mondo con un’unica voce “No alla Guerra”.
Queste proteste sono in solidarietà con le proteste di massa in Iraq che richiedevano l’uscita degli Stati Uniti dal paese, dove si trova ora come forza di occupazione a cui il governo ha chiesto di andarsene.
Queste proteste e le rivolte contro la permanenza degli Stati Uniti in Iraq non hanno ricevuto copertura mediatica da parte del mainstream USA. Milioni di persone hanno partecipato alle cerimonie in memoria del generale Soleimani e di Abu Mahdi al Muhandes dopo il loro assassinio per mano degli USA. Ora, milioni di persone hanno protestato per il rifiuto degli USA di lasciare l’Iraq. Il Pentagono è cosciente della realtà e cioè che le truppe USA in Iraq sono sottoposte a rischio crescente ogni giorno in quella nazione sovrana.
I messaggi di avvertimento sono stati inviati. “i24 News” riporta che fino a 5 missili sono caduti vicino l’ambasciata USA a Baghdad. “L’attacco di sabato è stata la seconda notte di file in cui la “zona verde” è stata colpita e la quindicesima volta negli ultimi due mesi in cui le installazioni USA sono state prese di mira.”
“I militari USA erano incapaci di fermare i missili iraniani.”
Il pentagono avrà necessità di informare il presidente Trump che egli ha due scelte a disposizione per proteggere le truppe statunitensi. La prima scelta è quella di rispettare la legge e le richieste del governo iracheno di lasciare l’Iraq. La seconda scelta è quella di dare avvio ad una escalation e portare in Iraq decine di migliaia di truppe in più oltre a sistemi anti-missile.
L’Iran ha dimostrato agli USA che anche se (lo stesso Iran) li avesse avvertiti dell’attacco alla base con molte ore di anticipo in modo da permettere al personale di allontanarsi, per gli USA non è stato possibile fermare i missili iraniani. L’Iran ha anche dimostrato che si può abbattere i droni USA sopra lo stretto di Hormuz.
Gli Stati Uniti hanno necessità di lasciare l’Iraq ed il Medio Oriente e di smettere di minacciare l’Iran, se no rischiano di spendere centinaia di milioni di dollari rischiando le vite delle truppe USA. Tutto questo per il petrolio di cui il presidente Trump dice di non avere bisogno. In questa epoca in cuil’utilizzo di combustibili fossili deve avere termine, è giunto il momento per gli Stati Uniti di andarsene dal Medio Oriente.
Le proteste di massa in Iraq richiedono che gli USA lascino i loro territori
Telesur riporta: “Secondo la stima del comando di polizia iracheno Jafaar Al-Barat, oltre 1 milione di persone giovedì ha richiesto che le truppe USA se ne vadano dall’Iraq con una marcia a Baghdad, che è stata convocata dal religioso Muqtada Al-Sadr tre settimane dopo l’omicidio del generale iraniano Qasem Soleimani.”
Il messaggio della protesta è risultato molto forte dalle scritte ed azioni dei contestatori. Cartelli tra cui “No, no agli USA, Sì alla sovranità dell’Iraq”, “La volontà di tre nazioni è più forte dell’aggressione USA” e “Il terrorismo globale è prodotto negli Stati Uniti”. Un altra scritta ha lanciato un messaggio molto chiaro ed enfatico, qui riportato in originale: “Ai famigliari dei soldati americani: premete per il ritiro dei vostri figli dalla nostra terra, o preparatevi per le loro bare”. I manifestanti portavano immagini di Donald Trump a cui davano fuoco, altri sollevavano foto con la faccia del presidente USA e sopra di essa una croce rossa “X”. Sul palcoscenico dove stava lo speaker, una grande scritta diceva: “Vattene via America”.
Il religioso sciita, Muqtada al-Sadr, che ha aiutato l’organizzazione delle proteste, ha detto che in proposito alla richiesta del governo affinché gli USA lascino l’Iraq, “Se gli Stati Uniti andranno incontro a questa richiesta, allora questa non sarà uno stato aggressore” ma gli Stati Uniti diverranno una “nazione ostile” se non accoglieranno tale richiesta. L’ayatollah Ali Al-Sistani, la più grande autorità sciita in Iraq ha ribadito “la necessità di rispettare la sovranità dell’Iraq, l’indipendenza delle sue decisioni politiche, la sua unità territoriale”.
“La volontà di tre nazioni è più forte dell’aggressione USA”
Il primo ministro ed il parlamento hanno richiesto alle truppe USA di lasciare l’Iraq. In una chiamata telefonica, il primo ministro Abdel Mahdi ha detto al segretario di stato americano Mike Pompeo di prepararsi a lasciare l’Iraq. L’articolo 24 dell’accordo tra gli USA e gli Iraq a proposito delle truppe afferma che “gli USA riconoscono il diritto sovrano del governo dell’Iraq di richiedere l’abbandono dell’Iraq da parte delle truppe USA in qualsiasi momento”. Pompeo ha dato una risposta folle, rendendo gli Stati Uniti una potenza occupante dicendo, “gli USA non possono ritirarsi dall’Iraq” ma aggiungendo incoerentemente che ciò “rispetta la sua sovranità e decisioni”.
Il presidente Trump ha minacciato l’Iraq dicendo che avrebbe imposto “sanzioni come non ne hanno mai viste fino ad ora” e che “il conto della banca centrale irachena presso la Federal Reserve di New York con 35 miliardi di dollari potrebbe essere chiuso”. L’ambasciatore degli Stati Uniti in Iraq Mathew Tueller ha fornito agli ufficiali iracheni una copia di tutte le possibili sanzioni USA a cui l’Iraq potrebbe andare incontro.
Queste risposte hanno portato a proteste di massa. La minaccia per le truppe statunitensi è molto concreta. Fonti dell’ufficio del primo ministro Mahdi riportano che gli USA stanno “portando alla guerra contro sé stessi e trasformando l’Iraq in un campo di battaglia”, se non rinunciano a rimanere. Egli mette in guardia, “gli Stati Uniti saranno affrontati con una forte e legittima resistenza popolare armata”.
Il conflitto in atto ha bisogno di essere visto nel contesto di un Iraq devastato dalle azioni USA. L’amministrazione Clinton con le sanzioni uccise 500.000 bambini, l’invasione ed occupazione USA che fece seguito nel 2003, provocò la morte di oltre un milione di iracheni. Più recentemente, gli Stati Uniti hanno cercato di estorcere all’Iraq metà dei suoi profitti dati dalla vendita di petrolio, chiesto in cambio dei danni di guerra causati dagli stessi USA.
Quando il primo ministro si è rivolto alla Cina per l’assistenza per i danni della guerra, Trump ha minacciato l’Iraq. Il popolo iracheno ne ha abbastanza dell’intervento USA. E’ tempo per gli USA di andarsene.
Il mondo prende parte all’opposizione alla guerra contro l’Iran e chiede agli USA di andarsene dal Medio Oriente
Il 25 gennaio, un giorno di proteste globali è stato convocato in solidarietà con la popolazione dell’Iran e dell’Iraq. Ci sono state proteste in più di 210 città in 22 paesi. La protesta è stata organizzata da molte organizzazioni antiguerra inclusa la Coalizione Nazionale Unita Antiguerra (UNAC), la coalizione “La Risposta”, CODE PINK, l'Alleanza Nera per la Pace, “International Action Center”, “Resistenza Popolare” e molti altri.
UNAC ha evidenziato come l’Iran sia stato vittima dell’aggressione USA già dal 1953 con il colpo di stato contro il presidente democraticamente eletto Mohammed Mossadegh. Questo fu seguito dal dominio brutale dello Scià di Persia supportato dagli USA fino alla rivoluzione iraniana del 1979. Sanzioni furono immediatamente imposte all’Iran e dal 1980 al 1988 ci fu la guerra Iran-Iraq alimentata dagli Stati Uniti, che uccise più di un milione di persone. Nel 1988, gli USA abbattono un aereo civile per passeggeri iraniano, uccidendo più di 290 civili iraniani, per i quali gli Stati Uniti non hanno ancora chiesto scusa né fornito spiegazioni.
Gli USA hanno imposto un’escalation di sanzioni paralizzanti che hanno devastato l’economia dell’Iran e la vita dei suoi cittadini. Il ritiro unilaterale di Trump dall’accordo sul nucleare ha portato ad ulteriori sanzioni. L’ordine di Donald Trump di assassinare il generale Soleimani è stata il culmine di una campagna di “massima pressione” contro la Repubblica Islamica dell’Iran appoggiato sia dai democratici quanto dai repubblicani.
CODEPINK ha inviato una lettera aperta al popolo dell’Iran dove ha espresso come il popolo statunitense sia “inorridito dalle azioni del proprio governo mirate a provocare una guerra…”, inoltre si è scusato per le spericolate azioni del Presidente Trump. Hanno rammentato la loro opposizione all’uscita degli Stati Uniti dall’accordo sul nucleare, la campagna di massima pressione e l'assassinio del generale Soleimani scrivendo come “di elezione in elezione si evinca sempre che il popolo americano non vuole la guerra con l’Iran. Noi vogliamo porre fine alle guerre in Medio Oriente che gli Stati Uniti hanno intrapreso per troppo tempo”.
"Gli USA hanno imposto un’escalation di sanzioni paralizzanti che hanno devastato l’economia dell’Iran e la vita dei suoi cittadini”
Le proteste di massa di questo weekend sono state le seconde proteste da quando gli USA hanno riacceso il rischio di guerra in Iraq e di guerra contro l’Iran. Un giorno dopo l’assassinio del 3 gennaio di Qassem Soleimani, il rinnovato movimento anti-guerra ha chiamato alle proteste e migliaia di manifestanti si sono radunati in più’ di 82 città in 38 stati coinvolgendo decine di migliaia di persone.
Il mondo sta dicendo: “fuori gli USA dal Medio Oriente e no alla guerra all’Iran” ed i governi sono anche schierati con l’Iran per porre fine all’egemonia degli Stati Uniti. Ci sono molti paesi che stanno portandosi dalla parte dell’Iran, ad esempio molto importanti sono gli accordi economici cinese-iraniano, che ha fatto indebolito le sanzioni USA ed integrato l’Iran nell’iniziativa euroasiatica “Nuova Via della Seta”, a guida cinese. Gli Stati Uniti ritengono tutto questo una minaccia. Nel 2016, il presidente iraniano Hassan Rohani ha annunciato durante una visita del presidente cinese Xi-Jinping che l’Iran e la Cina hanno creato un’alleanza politica e commerciale di 25 anni, del valore di 600 miliardi di dollari.
L’alleanza militare che si sta sviluppando tra la Cina, la Russia e l’Iran è un ulteriore grande minaccia per il dominio USA. Solo tre giorni prima dell'assassinio di Soleimani, Iran, Cina e Russia hanno tenuto esercitazioni navali congiunte nel Golfo dell’Oman, un “normale scambio militare” che riflette la “volontà e capacità di mantenere congiuntamente la pace mondiale e la sicurezza marittima” da parte delle tre nazioni.
Cina e Russia sono state critiche verso i molteplici casi in cui gli Stati Uniti hanno messo sotto attacco economico e minaccia militare alcuni paesi. Questi includono Iran, Siria, Libia, Nord Corea, Venezuela, Nicaragua, Bolivia e molti altri. Un nuovo equilibrio di potere si sta sviluppando. Il movimento per la pace degli Stati Uniti ha bisogno di capire queste realtà e prendere parte ad un movimento globale contro l’imperialismo USA.
Uscendo dalla guerra del Pentagono USA nel Medio Oriente
Gli Stati Uniti hanno bisogno di invertire la rotta dopo decenni di errori, distruzione, caos e morte in Medio Oriente. Gli USA non sono benvenuti nella regione e dovranno affrontare costi sempre maggiori se resteranno. Il ministro degli esteri Javad Zarif ha inviato un pungente tweet a Donald Trump dove lo spronava a agire coi fatti non con i titoli delle notizie di FOX, collegati a un'intervista con Der Spiegel, dove mette in evidenza una piccola parte della stessa:
DER SPIEGEL: Escludete la possibilità di negoziazioni con gli USA in seguito all’omicidio di Soleimani?
Zarif: No, non ho mai escluso la possibilità che le persone cambiassero il loro approccio e riconoscessero la realtà. Per noi, non importa chi sta sedendo alla Casa Bianca. Quello che importa è come si comportano. L’amministrazione Trump può correggere ciò che ha fatto, abbandonare le sanzioni e ritornare ad un tavolo di negoziato. Noi siamo ancora al tavolo di negoziato. Loro sono quelli che hanno abbandonato. Gli Stati Uniti hanno inflitto un grande danno al popolo iraniano. Verrà il giorno quando loro dovranno pagare per questo. Noi abbiamo molta pazienza.
L’esperta di risoluzione dei conflitti internazionali Diane Peerlman è speranzosa nella possibilità di far diminuire i conflitti tra gli Stati Uniti, Iran ed Iraq. La risposta proporzionata dell’Iran per l'assassinio del generale Soleimani e la non-escalation del Presidente Trump a seguito di quella risposta sono segnali positivi. Donald Trump ha detto che le guerre del Medio Oriente sono costate trilioni di dollari per scopi inutili. L’Iran non vuole la guerra. L’Iraq non vuole che la sua nazione sia usata come campo di battaglia. Il movimento per la pace degli USA vuole che le truppe se ne vadano. I paesi del mondo non vogliono un’altra guerra del Medio Oriente protratta. Lei, Diane Peerlman, sottolinea che la de-escalation potrebbe “rispondere a diverse necessità fondamentali per entrambe le parti”. Per gli USA lasciare l’Iraq è una “potenziale soluzione elegante” soprattutto quando “l’alternativa impensabile” è un escalation e ulteriore guerra.
Noi dobbiamo continuare a richiedere che gli Stati Uniti seguano i dettami della legge, rispettino la sovranità delle altre nazioni, pongano fine alle misure coercitive economiche illegali e portino le nostre basi e truppe fuori dagli altri paesi. Noi abbiamo urgenza di partecipare agli eventi in arrivo come ad esempio la giornata di azione contro le sanzioni e le conferenze a New York e Cipro.
Da Black Alliance for Peace - 29 Gennaio 2020 Traduzione di Michele P. per civg.it