La guerra che fingiamo non ci sia

La guerra che fingiamo non ci sia  – di Maria Rita Prette

edito da: Sensibili alle foglie

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Segnalo questo libro che è un percorso documentato e rilevante, seppure agile e sintetico, dentro meccanismi, logiche, strumenti che, individua e svela i burattinai e profittatori occulti e non, gli interessi e le strategie celate che stanno dietro ad ogni guerra moderna. Quelle che ormai sono nell’immaginario collettivo mediatico definite “guerre umanitarie”.

E’ un libro che vuole portare l’attenzione su come l’istituzione della guerra sia cambiata profondamente nel corso dei decenni, su come sono cambiati i suoi strumenti e come, da un lato privatizzandosi, dall’altro virtualizzandosi, sia entrata nella nostra quotidianità travestita da “misura di sicurezza”.

Scrive, a questo proposito, il filosofo e scrittore francese Gregoire Chamayou

Quando il nemico diventa un mero materiale pericoloso e lo si elimina da lontano, guardandolo morire sullo schermo dal caldo bozzolo di una safe zone ( zona sicura) climatizzata, la guerra asimmetrica si radicalizza fino a diventare unilaterale. Perché certo, si muore ancora, ma da una parte sola”,

Lo scritto di Maria Rita Prette, è uno strumento utile per chiunque voglia capire, conoscere e non farsi “usare” dal “mainstream” (letteralmente “corrente di pensiero prevalente”, riferito

a cosa deve arrivare a noi, tramite i mezzi di comunicazione di massa) che, in modo sottile e scientifico “conduce” anche persone in buona fede, a “posizionarsi” su concetti utili ai poteri forti e guerrafondai. Oggi, questa “corrente di pensiero prevalente”, viene appunto usata da supporto ideologico all’attuale “cosiddetto mondo pacifista”.

Nell’introduzione del libro l’autrice scrive: “siamo in guerra ma facciamo finta di non saperlo. Su di noi non cadono bombe…non dobbiamo correre nei rifugi durante il giorno o nelle notti. Ci siamo da così tanto tempo e con così tanta indifferenza da non rendercene neanche più conto”.

Tutto questa situazione di aggressione continua operata dalle potenze occidentali, è determinata da un innegabile dato storico, come ha ben sintetizzato K. Andrews dell’Università di Birmingham: “il progresso e benessere dell’occidente, non sarebbe stato possibile senza la schiavitù, il genocidio e il colonialismo per il resto dell’umanità”.

Anche la nostra realtà dipende da questa situazione; la difesa del nostro benessere quotidiano è uno dei motivi portanti per cui l’Italia è stata parte attiva nelle guerre degli ultimi vent’anni.

In un rapporto del Ministero della Difesa italiano del 1991, riportato da Manlio Dinucci è scritto: “i rischi per le nazioni occidentali, tra cui in particolare l’Italia, il cui sviluppo economico dipende sensibilmente dalla diponibilità degli approvvigionamenti energetici, risultano palesi e rilevanti. Allo stato attuale il Medio Oriente e alcuni paesi del litorale nordafricano rivestono una valenza strategica particolare per la presenza delle materie prime energetiche NECESSARIE alle economie dei paesi industrializzati, la cui carenza o indisponibilità costituirebbe elemento di grave turbativa degli equilibri strategici in fieri…Le misure da adottare devono prevedere anche l’eventualità di interventi politico militari tendenti…ad assicurare la tutela degli interessi vitali, delle fonti energetiche, delle linee di rifornimento”.

ECCO, in poche righe la verità, una verità sancita senza ipocrisie o veline. ECCO la “necessitàdella guerra per l’occidente.

Scrive ancora M.R.Prette: “guerre necessarie, dunque, al sistema in vigore e alla sua continuità. Un sistema che ha caratteristiche neo coloniali, razziste ( in quanto gli aggrediti, arabi, africani, asiatici, slavi, indios, casualmente non appartengono alla “razza bianca”). Ma soprattutto, il sistema, ha  caratteristiche capitalistiche e mette quindi al centro i suoi profitti, economici e di potere, per realizzare i quali ricorre all’uso della violenza”.

Quindi sono normalmente utilizzate tecniche diverse, come: ricatti, minacce, embarghi, sanzioni economiche, rivoluzioni colorate e quando tutto questo non funziona, si passa tranquillamente alla guerra, giustificata come il male minore.

Qualsiasi paese o popolo che intenda preservare la propria autonomia e indipendenza, il proprio diritto di scelta, diventa immediatamente, per l’ordine mondiale esistente, un ostacolo che deve essere aggredito, abbattuto e piegato.

Basta scorrere l’elenco cronologico delle varie guerre scatenate negli ultimi decenni, dall’Afghanistan all’Iraq, da Grenada alla Jugoslavia, dalla Siria alla Libia, dal Donbass allo Yemen, e domani forse l’Iran, per avere conferma di quanto sopra affermato, l’evidenza di questi fatti  è sotto gli occhi di tutti, è impossibile non vedere, è banalmente evidente, drammaticamente dimostrato.  Tutto quest’ammasso di sofferenze viene giustificato in nome del bene dei popoli, della loro libertà, del loro sviluppo, e vengono definite: “guerre umanitarie;

M.R.Prette svela in questo suo libro i meccanismi della “istituzione guerra”, di cui, come in un videogioco, al pubblico occidentale arrivano solo immagini lontane, devitalizzate, virtuali, dove con un clic si può distrattamente vedere, magari dall’altra parte del pianeta, che si uccide, bombarda, si rade al suolo, si colpisce; ma quelle migliaia di corpi umani che, sotto le bombe, perdono ogni giorno la vita, vengono percepite come immagini che passano su un video, e con un altro semplice clic possono essere rimossi dalle coscienze collettive, non sono più persone ma solo immagini insignificanti che non suscitano alcun sentimento.

L’autrice, con questo lavoro, ci aiuta a guardare a questi dispositivi per cercare di rendere consapevoli i cittadini, che le scelte dei nostri governi e stati, ci rendono complici, chi in misura maggiore, chi minore, ma oggettivamente conniventi e collaborazionisti.

L’autrice si augura con questo libro, almeno di indurre a smettere di “fingere che la guerra non ci sia”.

Io penso che questo libro dia stimoli e sensibilità maggiori circa la necessità di riprendere la difficile lotta per la pace contro la guerra. Senza precondizioni e discriminazioni ideologiche, ma partendo da valori e basi etiche, sociali, contro la disumanizzazione dell’attuale società e delle nostre vite. Fosse anche solo, come diceva l’indimenticato Vittorio Arrigoni per “restare umani”.

Un libro da leggere e utilizzare come strumento, che ci aiuta nel lavoro d’informazione e solidarietà concreta con i popoli aggrediti e le resistenze di chi non intende vivere in ginocchio.

Dal Kosovo Metohija alla Palestina, dalla Siria al Donbass.

 

“la guerra non è una canzone, che si può dimenticare

 la guerra è una favola funesta, che ogni giorno si manifesta” 

 (Milena N. 12 anni, enclave del Kosovo Metohija )

 

A cura di Enrico Vigna, CIVG   -  Giugno 2019