SILK ROAD NOTIZIE – GIUGNO 2018
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Interviste
Alessia Amighini sulla Belt and Road Initiative
Fonte: Il Sole 24 Ore (12/6/2018)
Che cos’è la Belt and Road Initiative?
La cosiddetta Nuova via della seta – Belt and Road Initiative (BRI) si propone di creare un grande continente eurasiatico connesso via terra e via mare. Anche se la versione cinese si riferisce a due sole direttrici principali – una continentale attraverso l’Asia centrale e il Medio Oriente, e una marittima che collega il Mediterraneo all’Oceano Indiano – in realtà, secondo Stratfor Intelligence, sono previsti almeno sei corridoi di intermodalità, che abbinano mare e terra: la Transiberiana e i corridoi attraverso Kazakhstan, Iran, Turchia, Pakistan, oltre che quelli per Indocina, Bangladesh, India e Myanmar. Dietro “l’aura romantica – e pacifica – della leggendaria Via della seta”, ci sono ingenti risorse finanziarie veicolate attraverso il Silk Road Fund (40 miliardi di dollari) e la Asian Infrastructure Investment Bank (100 miliardi di dollari), entrambe iniziative cinesi destinate a finanziare gli investimenti per realizzare BRI.
Qual’è la strategia di Xi Jinping dietro questo progetto?
Gli obiettivi geo-economici dell’iniziativa vanno però ben oltre quello della riduzione dei tempi attraverso il miglioramento delle rotte marittime e lo sviluppo di nuove vie commerciali sulla terraferma. Le «nuove vie della seta» si prefiggono infatti di tessere una rete che meglio colleghi l’Asia all’Europa, non soltanto per facilitare i commerci cinesi verso ovest, ma anche per rendere più sicure le rotte marittime attraverso le quali avviene l’approvvigionamento cinese di risorse energetiche (gas e petrolio) dall’Asia Centrale e dal Medio Oriente. Questo passa attualmente attraverso lo stretto di Malacca (rispettivamente per il 30 e l’82 per cento del totale), una delle vie marittime più frequentate del mondo nelle rotte tra il Pacifico e l’Atlantico. Poiché dallo stretto di Malacca, sotto controllo navale statunitense dall’isola di Diego Garcia, dipende la sicurezza energetica (e non solo) di tutta l’Asia Orientale, Giappone e Corea inclusi, è particolarmente allettante per la Cina l’idea di trovare rotte alternative. Ed è proprio questa una delle motivazioni geo-strategiche principali di BRI: dirottare i corridoi di approvvigionamento lontano da Malacca, riducendo al contempo la distanza percorsa, passando per esempio dal Pakistan, che non a caso ospita uno dei primi grandi progetti infrastrutturali finanziati nell’ambito dell’iniziativa, il porto di Gwadar. Ma non è tutto qui. L’Asia Centrale, attraverso la quale dovranno passare le nuove vie della seta, è l’area del mondo con le più promettenti prospettive di sviluppo e crescita nei prossimi due decenni, già ora dipendente per i suoi consumi dalla Cina, nei confronti della quale registra un disavanzo commerciale in crescita. Ricca di risorse naturali, ma con poca capacità produttiva manifatturiera, l’area si appresta a essere lo sbocco della sovrapproduzione cinese in settori come il cemento e l’acciaio. E con le strade ferrate e le costruzioni, la Cina intende aumentare l’influenza e l’integrazione in un’area che già gravita nella sfera di influenza della Russia, con la quale è in vigore un accordo di libero scambio, le cui potenzialità sono però limitate dal fatto che le strutture produttive dei paesi membri sono molto simili tra di loro.
La Belt and Road Initiative è davvero un “game changer”?
Il potenziamento delle infrastrutture di comunicazione e di trasporto terrestre e marittimo ne ridurrà i tempi e i costi. Ma avrà anche un effetto di creazione di traffici, sia attraverso l’aumento degli scambi tra paesi che già sono partner commerciali, sia attraverso nuove relazioni commerciali che diventeranno convenienti tra stati che oggi sono tra di loro isolati o proibitivamente distanti. Poiché l’assenza di infrastrutture di trasporto è uno degli ostacoli principali al commercio internazionale, l’effetto più evidente di BRI sarà sul volume di scambi tra i paesi interessati dall’iniziativa, in molti dei quali la carenza di collegamenti internazionali è particolarmente grave, come in quelli dell’Asia centrale, tutti senza accesso al mare, tranne il Pakistan. La letteratura economica che ha analizzato le determinanti dell’intensità delle relazioni commerciali bilaterali e dell’accesso dei singoli paesi ai mercati internazionali ha mostrato che un fattore preponderante sono i costi di trasporto, a loro volta influenzati principalmente dalla connettività marittima e dall’efficienza logistica: insieme, le due variabili influenzano i costi di trasporto più della distanza geografica. Inoltre, l’assenza di un collegamento marittimo diretto riduce il valore dell’export di un paese del 55 per cento e ogni trasbordo aggiuntivo ne diminuisce il valore del 25 per cento. Di conseguenza, una rete di trasporto più estesa ed efficiente non potrà che avere un impatto positivo sui singoli paesi e sul commercio mondiale.
Quali sono le principali criticità di BRI e a che punto siamo con il suo avanzamento?
Circa 1.100 progetti di investimento del valore di 750 miliardi di dollari nei paesi in via di sviluppo e in transito sono in corso o sono stati annunciati, secondo un recente rapporto dell’ICBC Standard Bank.
Il settore dei trasporti e della logistica – guidato dalle ferrovie – è stato il principale destinatario di fondi, con progetti per oltre 330 miliardi di dollari annunciati, in corso o completati dal 2013, seguiti da 266 miliardi di dollari nel settore dell’energia e dei servizi pubblici. Il resto è stato distribuito nei settori dell’industria pesante, della tecnologia, della finanza, immobiliare e del turismo.
Solo in progetti energetici nei paesi BRI, la Cina ha investito circa $ 128 miliardi, secondo una ricerca dell’Università di Boston, che tiene traccia dei dati finanziari delle due banche politiche del paese, la China Development Bank e la Export-Import Bank of China. Circa la metà degli investimenti totali di energia fino ad oggi è andata alla generazione di elettricità in paesi dal Pakistan all’Ucraina. Il finanziamento è principalmente destinato a centrali a carbone in Asia e in Africa, mentre i progetti a gas e petrolio per l’esplorazione e la distribuzione dominano i progetti in Europa e Asia centrale. Finanziate anche fonti di energia dalle quali gli investitori internazionali si sono allontanati, soprattutto il carbone, la più grande fonte di energia finanziata nell’ambito di BRI, con circa 44 miliardi di dollari, ovvero un terzo degli investimenti energetici. Il petrolio segue con quasi $ 31 miliardi e il gas naturale con circa $ 27 miliardi.
A 1 anno dal Belt and Road Forum che ha adunato in pompa magna a Pechino i rappresentanti dei paesi interessati dall’iniziativa, il clima di apertura quasi incondizionata che ha lasciato la Cina al timone di alcune delle innovazioni istituzionali più significative nella governance economica mondiale dai tempi di Bretton Woods è cambiato. Con gli Stati Uniti di Trump in parziale ritiro dal multilateralismo e l’Europa più attenta agli effetti domestici dell’apertura quasi incondizionata a commercio e investimenti diretti, perplessità e scetticismo aumentano anche in altre aree del mondo circa l’impatto di BRI e i veri intenti di Pechino.
Sebbene sia sempre stato difficile attribuire all’iniziativa e a tutta la connessa sovrastruttura istituzionale e politica un obiettivo disinteressato di prosperità condivisa (“win-win”), è sempre più evidente che gli investimenti sono molto più di un’iniziativa di cooperazione economica, ma il veicolo di un ambiente strategico vantaggioso per la Cina, che porta con sé ingerenza politica, dipendenza economica e finanziaria. Negli ultimi anni la Cina ha stabilito legami più stretti con le economie emergenti dell’Africa e del Sud America, portando molte di queste nazioni a rompere i legami con Taiwan. Uno dei progetti più controversi è lo Sri Lanka, dove il governo ha firmato un accordo di leasing di 99 anni per il porto di Hambantota, non redditizio, ma situato lungo una trafficata corsia di navigazione dell’Oceano Indiano, insieme a un terreno per lo sviluppo di una zona di libero scambio, a una società controllata da capitali cinesi, in un accordo osteggiato da residenti e monaci. La Cina ha stipulato accordi commerciali per un valore di 390 miliardi di dollari con i paesi che partecipano a BRI nei primi quattro mesi del 2018, una crescita del 19,2% su base annua. Gli investimenti non finanziari della Cina in questi paesi sono aumentati del 17,3 per cento rispetto allo stesso periodo di un anno fa a 4,67 miliardi di dollari e il volume di affari dei progetti in uscita è arrivato a 24,2 miliardi di dollari, in crescita del 27,7 per cento su base annua. Inoltre, la Cina ha tenuto il primo round di negoziati sull’accordo di libero scambio (FTA) con Mauritius e il secondo turno di colloqui con l’FTA con il Pakistan. Ha inoltre firmato un patto di cooperazione economica e commerciale con l’Unione economica eurasiatica. Entro la fine di aprile, la Cina aveva costruito 75 zone di cooperazione economica e commerciale lungo i paesi della cintura e della strada con un investimento complessivo di 25,5 miliardi di dollari.
In questo contesto, è difficile credere alle parole del ministro cinese degli esteri, secondo cui la Cina non sta giocando alcun gioco geopolitico, guardando alle modalità con cui i progetti targati BRI si stanno sviluppando, con priorità in aree di importanza strategica, dall’Asia centrale al Sudest asiatico, dal Medio Oriente all’Africa occidentale. I progetti portuali della Cina all’estero includono attività dal duplice uso civile-militare, è elevata l’influenza del partito comunista attraverso il coinvolgimento di società statali cinesi e il controllo attraverso partecipazioni azionarie o leasing a lungo termine. Inoltre, la mancanza di trasparenza e di aspettative di redditività attesa degli investimenti rende gli stessi estremamente rischiosi. Le banche statali hanno prestato miliardi di dollari a centinaia di progetti in paesi in cui la maggior parte degli investitori temono anche solo di entrare. Un’analisi Bloomberg News lo scorso ottobre ha mostrato che di 68 nazioni in Cina figurano come partner di BRI, il debito sovrano di 27 è stato classificato come spazzatura, o inferiore a investment grade secondo le prime tre società di rating internazionali. Altri 14, tra cui l’Afghanistan, l’Iran e la Siria, non sono stati valutati o hanno ritirato le loro richieste di rating. Inoltre, Questi progetti sono in luoghi di grande rischio politico e commerciale in cui i sistemi giuridici sono incerti e la cultura legale e commerciale pure. Secondo l’Hong Kong International Arbitration Center, il numero di casi gestiti da partiti provenienti da nazioni BRI è salito del 77% a 124 nel 2017.
Infine, BRI creano il potenziale per problemi di sostenibilità del debito in alcune delle economie più deboli del mondo, secondo recenti analisi del Center for Global Development. I progetti infrastrutturali hanno un impatto marginale altissimo sul rapporto debito estero/PIL in alcuni paesi e pertanto stanno mettendo alcuni paesi a rischio di indebitamento eccessivo, in particolare Gibuti, Kirghizistan, Laos, Maldive, Mongolia, Montenegro, Pakistan e Tagikistan. Questo crea potenziali problemi ai paesi riceventi, e di conseguenza un eccessivo potere di Pechino, oltre a quello che già esercita attraverso la dipendenza commerciale. Insieme a benessere e crescita, le nuove vie della seta costruiscono anche a una dipendenza economica e finanziaria, e quindi politica, dalla Cina.
Quali sono le opportunità per l’Italia?
L’Italia è uno snodo terminale strategico per BRI, uno dei più importanti tra i 65 paesi coinvolti. Con 477 milioni di tonnellate è il terzo paese europeo per traffici gestiti, pari al 12,8 per cento del totale (dati Studi e Ricerche per il Mezzogiorno). E il vantaggio geopolitico dell’Italia come accesso all’Europa continentale è ulteriormente aumentato dopo agli ingenti investimenti cinesi nel Pireo (i due terzi del porto di Atene sono stati recentemente acquisiti dalla cinese Cosco) diventato ormai principale hub dei commerci cinesi in Europa. Dal Pireo i container cinesi devono proseguire la loro strada verso i mercati europei più ricchi, ed è qui che i sogni cinesi diventano quanto più lucidi e concreti si possa immaginare. Tra questi, vi è per esempio l’idea di un corridoio balcanico, il Pireo-Budapest, progetto che già gli austriaci avevano ipotizzato più di un secolo fa (ferrovia Salonicco-Novi Pazar- Pest) per ottenere una via logistica sul mar Egeo nel caso di blocco dell’Adriatico. Ma il pragmatismo cinese suggerisce di guardare anche al nord Adriatico come sbocco strategico per collegare i commerci marittimi nel Mediterraneo con Austria, Germania, Italia, Svizzera, Slovenia e Ungheria, facendo leva sull’interesse dei porti del nord dell’Adriatico a proporsi come alternativa rilevante ai grandi terminali dell’Europa settentrionale.
Si possono facilmente immaginare le conseguenze ambientali che avrebbe il transito nell’Adriatico di innumerevoli porta-container da 18 Teu in su (un Teu – twenty-foot equivalent unit – corrisponde a circa 40 metri cubi ed è la misura standard di volume nel trasporto dei container Iso): lo Shanghai International Shipping Institute prevede che nel 2030 si muoveranno lungo la via della seta marittima da e per l’Europa almeno 40 milioni di Teu. Ma la frammentazione in cui versa da sempre il sistema portuale italiano rischia di portare oggi a scelte infauste dal punto di vista dello sviluppo economico del paese.
È vero che il potenziamento del sistema portuale è indispensabile per aumentare la competitività italiana: nonostante il vantaggio geografico di cui indiscutibilmente gode, l’Italia è cinquantaseiesima al mondo come qualità delle infrastrutture portuali secondo i dati del World Economic Forum e oggi molte merci sono sbarcate in porti esteri che consentono tempi più certi e una più efficace programmazione del trasporto. Ma non si può prescindere da una visione integrata a livello nazionale e il governo sembra mostrare attenzione alla questione con la recente apertura del tavolo nazionale di coordinamento delle Autorità di sistema portuale. Senonché le autorità portuali più forti sono anche le più attive nel tessere alleanze bilaterali direttamente con porti cinesi. Sebbene il nord Adriatico abbia certamente un vantaggio rispetto all’alto Tirreno, in quanto la conformazione orografica e le difficoltà infrastrutturali a causa delle numerose gallerie ferroviarie e stradali non facilitano lo sviluppo di ulteriori linee logistiche, BRI rappresenta un’occasione per tutto il paese di creare davvero un sistema integrato della portualità e della logistica italiana.
SPECIALE 18° Summit dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai
Dopo l’importante Forum di Boao (aprile 2018), il 9-10 giugno scorsi la Cina ha ospitato il 18° Summit dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (Shanghai Cooperation Organization), che quest’anno ha anche previsto la partecipazione di India e Pakistan. La Belt and Road Initiative è stata al centro del dibattito…
Nuovo impulso alla Belt and Road Initiative da parte dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai
A cura di Michael Marray
Fonte: The Asset (13/6/2018)
[Immagini dell’incontro recuperate in rete]
Nel momento in cui le ambizioni della Belt and Road cinese si scontrano con l’annullamento del progetto in Malesia, il respingimento delle operazioni di acquisizione e fusione da parte dell’Unione Europea e i dubbi relativi all’incremento del debito di Sri Lanka e Africa, il 18° Summit dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai ha dato alla Cina l’opportunità di riaffermare la sua forte relazione con il nucleo dei paesi coinvolti nella tratta terrestre della BRI verso l’Europa.
Cina, Russia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan fanno parte della SCO dal 2001, coinvolti in accordi riguardanti sicurezza ed economia. Il Pakistan (un paese chiave nella BRI) e l’India (che rispetto alla BRI manteneva un atteggiamento di distanza) si sono uniti alla SCO nel 2017, e il Presidente Mamnoon Hussain e il Primo Ministro Narendra Modi hanno entrambi partecipato al summit di Qingdao, nella provincia dello Shandong. L’Iran ha il ruolo di osservatore ma punta alla membership a pieno titolo; il Presidente Hassan Rouhani ha infatti anch’egli presenziato al meeting. Altri leader, incluso il Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin, hanno effettuato visite ufficiali a Pechino prima di riunirsi presso la sede del summit.
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Il presidente pakistano Mamnoon Hussain (a destra) e l’indiano Narendra Modi (a sinistra) in arrivo a Qingdao. Sotto, l’iraniano Hassan Rouhani interviene durante il meeting. |
Durante la sua visita a Pechino, il Presidente kazako Nursultan Nazarbayev ha ribadito l’intenzione del Kazakistan di integrarsi ulteriormente nella BRI. Il Kazakistan rappresenta il più grande partner commerciale cinese in Asia centrale, e gli investimenti cinesi sono particolarmente concentrati nella provincia di Mangistau, ricca di riserve petrolifere. Il Kazakistan ha inoltre sviluppato una sua specifica iniziativa, il “Sentiero Luminoso” (Nurly Zhol o Bright Path, http://kazakhstanun.com/kazakhstan-policy/nurly-zhol/), proposta dal Presidente Nazarbayev nel 2014 per promuovere la crescita economica. In occasione della visita di Nazarbayev, il Silk Road Fund ha firmato un memorandum di intesa sul partenariato strategico con l’Astana International Financial Centre, e una rete di accordi con l’Astana International Exchange per la sottoscrizione di scambi reciproci attraverso il China-Kazakhstan Production Capacity Cooperation Fund Co., di proprietà del Silk Road Fund.
Il Silk Road Fund (http://www.silkroadfund.com.cn/) sostiene che la cooperazione prevede di coniugare la Belt and Road cinese con il Bright Path kazako, rafforzando i legami Cina-Kazakistan, promuovendo le riforme finanziarie in Kazakistan e lo sviluppo del suo mercato, fornendo incentivi al progresso socio-economico kazako. Consentirà inoltre al Silk Road Fund di fare leva sulle sue capacità finanziarie per implementare la cooperazione dei due paesi nell’ambito della capacità produttiva attraverso la partnership finanziaria. La sottoscrizione di scambi comuni nell’ambito dell’Astana International Exchange da parte del Silk Road Fund sarà il primo importante investimento realizzato dal China-Kazakhstan Production Capacity Cooperation Fund Co.
L’arrivo del Presidente kazako. Nel novembre 2014 Nazarbayev ha lanciato il Bright Path (Nurly Zhol), importante piano di investimenti per il rilancio del paese dell’Asia centrale |
L’Astana International Financial Center è una zona finanziaria franca, stabilita ad Astana, la capitale del Kazakistan, su indicazioni del Presidente Nursultan Nazarbayev nel giugno 2015, di cui l’Astana International Exchange rappresenta il nucleo. Il China-Kazakhstan Production Capacity Cooperation Fund Co. (un fondo da 2 miliardi di dollari) è esclusivamente sponsorizzato dal Silk Road Fund. Il fondo supporta progetti che promuovono la cooperazione sino-kazaka per produzione e investimenti in aree di rilevante importanza.
A visitare Pechino è stato anche il Presidente kirghizo Sooronbay Jeenbekov, che ha così effettuato il suo primo viaggio ufficiale in Cina da quando è stato eletto premier nel novembre 2017. Si è incontrato con il Presidente Xi Jinping il 6 giugno 2018, per discutere di contratti bilaterali, politici, commerciali e di cooperazione economica. Il Presidente Xi ha inviato entrambe le parti a potenziare la sinergia nello sviluppo di strategie e politiche coordinate, cercando interessi convergenti e pianificando congiuntamente le aree chiave e i progetti di intervento.
L’arrivo a Pechino del Presidente kirghizo Jeenbekov, accolto dal Presidente cinese Xi Jinping
Anche il Presidente uzbeko Shavkat Mirziyoyev ha partecipato al summit di Qingdao, e il Silk Road Fund ha firmato un accordo quadro di cooperazione con Uzbekneftegaz per supportare le iniziative uzbeke nel campo petrolifero e del gas naturale. I fondi di investimento e finanziamento possono essere denominati sia in dollari che renminbi. Il fondo ha firmato un memorandum d’intesa per la cooperazione con la Banca Nazionale della Repubblica dell’Uzbekistan per l’Attività Economica Estera, per invitare le compagnie cinesi a partecipare attivamente alla costruzione di un complesso turistico-culturale a Samarcanda. Le parti mirano a sostenere la città nella creazione di attrazioni legate al patrimonio turistico-culturale della Via della Seta.
L’arrivo a Qingdao del Presidente uzbeko Mirziyoyev. Logo della Uzbekneftegaz, azienda di stato leader per l’esplorazione, la produzione e la commercializzazione di fonti fossili in Uzbekistan. |
La Uzbekneftegaz, unico operatore uzbeko per petrolio, gas naturale e gas naturale compresso, è coinvolta nell’esplorazione, estrazione e produzione di petrolio e gas. La Banca Nazionale della Repubblica dell’Uzbekistan per l’Attività Economica Estera è la più grande banca commerciale del paese. Gestisce l’import-export uzbeko, attrae investimenti stranieri e fornisce importanti servizi finanziari.
SPECIALE 18° Summit dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai
Il discorso del Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin al Consiglio dei capi di stato dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai
Fonte: http://en.kremlin.ru (10/6/2018)
Signor Presidente, Colleghi,
Condivido l’opinione dei miei colleghi sul fatto che l’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (OCS, NdT) stia progredendo con successo. Con l’ingresso di India e Pakistan – i cui leader partecipano al meeting per la prima volta come membri a pieno titolo – la nostra organizzazione è diventata più forte, espandendo i suoi confini e le sue capacità.
Vorrei insistere sul fatto che il contrasto al terrorismo rimanga la priorità della cooperazione nell’ambito dell’OCS. Il programma oggi adottato per contrastare terrorismo, separatismo ed estremismo identifica i caposaldi della cooperazione in questo settore per i prossimi tre anni.
Il programma prevede esercitazioni congiunte e operazioni anti-terroristiche, favorendo un più stretto scambio di esperienze e informazioni operative. Ci aspettiamo che il Consiglio della Gioventù dell’OCS partecipi attivamente al nostro lavoro prevenendo il reclutamento dei giovani da parte di organizzazioni terroristiche.
Una delle priorità dell’OCS è l’assistenza alla risoluzione politico-diplomatica dei conflitti lungo i confini degli stati membri dell’Organizzazione. La situazione in Afghanistan merita particolare attenzione, sono d’accordo con i colleghi che hanno precedentemente parlato di questo tema. È cruciale combattere la minaccia terroristica che promana da questo paese all’unisono, ostacolando la produzione e il traffico di droga e contribuendo alla riconciliazione nazionale afghana, al rilancio economico e alla stabilizzazione del paese.
C’è stato un deciso progresso nella lotta al terrorismo in Siria. Grazie alle azioni coordinate della Russia, del governo siriano, di Iran, Turchia e altri partner, incluso il Kazakistan, l’attività terroristica è stata ampiamente debellata nel paese. Ciò ha aperto la strada alla stabilizzazione politica.
Colleghi, vorrei far notare come il governo della Siria oggi controlli un’area che ospita il 90% della popolazione del paese. Damasco sta rispettando gli accordi raggiunti al Congresso per il Dialogo Nazionale Siriano tenutosi a Sochi a gennaio, e ha fatto delle proposte sui membri del comitato costituzionale in vista della preparazione della nuova legge fondamentale dello stato. Pertanto, il governo siriano sta attenendosi pienamente ai suoi obblighi e ha dimostrato il suo impegno per il dialogo politico. Ora tocca all’opposizione.
Indubbiamente, i nostri paesi non possono non preoccuparsi della situazione riguardante il programma nucleare iraniano. Il ritiro degli Stati Uniti dal Joint Comprehensive Plan of Action potrebbe destabilizzare la situazione. La Russia sostiene una consistente e rigorosa implementazione del JCPOA. Da parte nostra, continueremo a onorare tutti i nostri impegni.
La questione coreana sta avendo un particolare impatto sulla sicurezza dello spazio dell’OCS. Valutiamo positivamente le intenzioni di Pyongyang, Seoul e Washington di raggiungere una soluzione alla crisi attraverso il dialogo e le negoziazioni, in linea con la tabella di marcia proposta da Russia e Cina.
L’OCS dovrebbe continuare a promuove la normalizzazione della situazione nella regione. La Russia saluta positivamente il prossimo summit fra Stati Uniti e Corea del Nord e riconosce il grande contributo cinese alla risoluzione della crisi coreana.
Colleghi,
Un importante elemento delle attività dell’OCS è lo sviluppo di relazioni economiche reciprocamente benefiche fra i nostri paesi. Commerci e investimenti stanno aumentando. Stiamo migliorando i regolamenti doganali, eliminando le barriere amministrative superflue, e potenziando i progetti congiunti nell’ambito dell’energia, dei trasporti e dell’agricoltura.
Stiamo lavorando su molte iniziative di integrazione fra i nostri paesi. A maggio, un accordo di collaborazione fra l’Unione Economica Eurasiatica (Eurasian Economic Union) e la Cina è stato firmato ad Astana, in Kazakistan. È importante fare ulteriori passi che potrebbero condurre all’incremento del coordinamento nell’implementazione dei commerci, investimenti e progetti infrastrutturali fra l’EAEU e il programma Belt and Road della Cina. Russia e Cina stanno anche preparando un accordo sulla Partnership Economica Eurasiatica che, certamente, sarà aperta a tutti i membri dell’OCS.
Mi piacerebbe cogliere questa opportunità per invitare i rappresentanti dei vostri paesi a partecipare al primo meeting dei capi di stato delle regioni dell’OCS e al forum sullo Small Business delle regioni OCS e BRICS, che si terrà nella Federazione Russa.
Colleghi, entro la fine dell’anno terminerà il mandato del Segretario Generale dell’OCS e del Direttore del Comitato Esecutivo della Regional Anti-Terrorist Structure (RATS). Intendo esprimere la mia gratitudine ai nostri colleghi per il loro efficiente lavoro e auguro il successo a chi verrà dopo di loro.
In conclusione, desidero ringraziare il Presidente Xi Jinping e tutti i nostri amici cinesi per il loro caloroso benvenuto e per l’ospitalità, e mi congratulo con la Cina per la sua presidenza di successo dell’OCS.
Today, Kyrgyzstan is taking over. Our Kyrgyz friends can count on all possible assistance from the Russian side.
Oggi, il Kyrghizistan sta progredendo. I nostri amici kirghisi possono contare su tutta l’assistenza possibile da parte della Russia.
Grazie.
Europa
Un nuovo treno merci simbolo della cooperazione fra Austria e Cina
Fonte: Xinhua (28/4/2018)
Il nuovo treno merci Cina-Europa giunto a Vienna venerdì 27 aprile è stato definito dal Presidente austriaco Alexander Van der Bellen come un simbolo della cooperazione fra Cina e Austria.
Il treno – in grado di trasportare 41 containers di beni valutati in 1.5 miliardi di dollari, inclusi display LED, pneumatici e lampade – è partito da Chengdu, capoluogo della provincia del Sichuan (Cina sudoccidentale), il 12 aprile.
Ha viaggiato per 15 giorni, percorrendo 9.800 km attraverso Kazakistan, Russia, Ucraina e Slovacchia, per poi dirigersi verso il centro logistico Freight Centre Vienna South. Da qui, le merci saranno poi trasferite alle loro destinazioni finali.
“Questo è un simbolo della cooperazione fra Cina e Austria”, ha detto Van der Bellen a Xinhua. “Ci auguriamo che questo treno rappresenti il primo passo di una più stretta collaborazione fra i nostri paesi”.
Con questa nuova tratta, l’Austria viene così inclusa nel network dei treni merci operanti nell’ambito della Belt and Road Initiative.
Stando ai dati di China Railway Corporation, i treni merci che viaggiano fra Cina ed Europa hanno svolto 1000 viaggi nei primi tre mesi del 2018, segnando un +75% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.
Il network delle tratte ferroviarie collega 43 città cinesi con 41 città europee in 13 diversi paesi. Chengdu ha 16 linee dirette a città europee, comprese Norimberga, Milano e Praga.
Il treno merci Chengdu-Vienna giunge dopo la visita di un’importante delegazione austriaca in Cina avvenuta fra il 7 e il 12 aprile scorsi, nel corso della quale sono stati rafforzati i legami bilaterali fra i paesi, specialmente nel quadro della Belt and Road Initiative.
A tal proposito l’Ambasciatore cinese in Austria Li Xiaosi riferì all’agenzia Xinhua del successo della visita del Presidente austriaco in Cina. L’Ambasciatore sostenne poi che oltre alla realizzazione della tratta ferroviaria, entrambi i paesi intendessero lavorare congiuntamente per una più salda cooperazione nell’ambito della Belt and Road Initiative.
Da parte sua, in base al memorandum siglato dall’Austrian OBB Holding AG e il Chengdu International Rail Port Investment & Development (Group) Co., Ltd., l’Austria si impegnerà a costruire un nuovo terminale europeo per la Nuova Via della Seta.
In base a quanto riferito dal Ministero Cinese del Commercio, il volume complessivo dei commerci fra Cina e Austra ha raggiunto la quota storica di 8.39 miliardi di dollari nel 2017, segnando un incremento annuale del +15.5% rispetto al 2016.
Italia
Inaugurato centro di promozione investimenti bilaterali tra Italia e area Liangjiang
Fonte: ItalPlanet.it (20/4/2018)
E’ stato recentemente inaugurato il centro per la promozione degli Investimenti bilaterali fra l’Italia e la nuova area di Liangjiang della municipalità di Chongqing, nato dalla collaborazione tra la Chongqing Liangjiang e la Camera di commercio Italiana in Cina, con il sostegno del consolato generale italiano. La cerimonia di inaugurazione è avvenuta a meno di un anno dalla firma il 4 agosto 2017 da parte di Ivan Scalfarotto, sottosegretario allo Sviluppo Economico, del Memorandum of Understanding con la Chongqing Liangjiang per la costituzione del centro.
La Chongqing Liangjiang è l’unica area nazionale di sviluppo e interscambio con l’estero situata nell’entroterra cinese e la terza area approvata dal Consiglio di Stato, dopo la Pudong New Area di Shanghai e la Binhai New Area di Tianjin. L’area ha un ruolo centrale riguardo i più significativi programmi di sviluppo cinesi in quanto punto di intersezione di tre diverse aree economiche (il West Triangle Economic Zone, lo Yangtze River Economic Belt e la macro-regione del Sud Ovest) e punto nevralgico della Belt and Road Initiative.
Gli obiettivi dell’accordo comprendono l’identificazione di progetti industriali e commerciali fra aziende italiane e la Chongqing Liangjiang, la promozione di opportunità di investimento bilaterali attraverso un’azione mirata all’approfondimento della conoscenza reciproca, la facilitazione di matchmaking e workshop tra aziende di settore, il supporto nella negoziazione per l’ottenimento di clausole preferenziali e agevolazioni all’insediamento di aziende italiane nella Chongqing Liangjiang. Tra i settori principalmente interessati figurano automotive, energia e protezione ambientale, meccanica, elettronica e servizi, logistica, aviazione e aerospazio, cloud computing ed e-commerce.