SAHARAWI Notizie - Febbraio 2013

      

Sommario:

Cari amici,

la Rappresentanza del Fronte Polisario in Italia  saluta attentamente ed ha il piacere di  inoltrarle copia del comunicato stampa della Rappresentanza saharawi in Italia relativo alle sentenze ingiuste del tribunale militare del Marocco contro gli attivisti saharawi del gruppo di Gdeim Izik.

 

Distinti saluti,      Omar Mih  -   Rappresentante Fronte Polisario in Italia

REPUBBLICA SAHARAWI FRONTE POLISARIO RAPPRESENTANZA PER L’ITALIA

 

Via Principe Eugenio, 31 (int. 16) – 00185 ROMA – Tel. e Fax 06 4468178

 

COMUNICATO STAMPA

Con riguardo alle crudeli e gravi sentenze nei confronti dei prigionieri politici di Gdeim Izik, emesse dal Tribunale militare dell'occupante stato marocchino, nella tarda notte di sabato 16 Febbraio 2013.

La Rappresentanza del Fronte Polisario in Italia esprime la sua più ferma condanna del vile atto perpetrato dal governo marocchino, che ha costretto questi civili saharawi, tra i quali figurano anche attivisti per i diritti umani, a comparire davanti ad un tribunale militare. Questo giudizio non possiede alcuna legittimità fin dal suo inizio. E quindi le pene severe comminate alla sua conclusione sono solo nuove violazioni, che vanno ad aggiungersi alla storia nota delle violazioni commesse dallo stato del Marocco da quando ha cominciato la sua occupazione militare illegale del Sahara Occidentale, il 31 ottobre 1975.

La Rappresentanza saharawi in Italia ritiene che questo processo costituisca un ulteriore passo nella escalation di provocazioni da parte del governo marocchino, rappresenti una pugnalata insidiosa agli sforzi dell’Onu e non sia favorevole a creare il clima ottimale per il raggiungimento di una soluzione giusta e urgente al conflitto in atto nel Sahara occidentale.

La Rappresentanza saharawi ricorda, a tal proposito, che questi prigionieri sono semplici cittadini, che fanno parte delle decine di migliaia di vittime del proditorio e brutale attacco dell’esercito marocchino contro l’accampamento di protesta di Gdeim Izik, avvenuto l'8 novembre 2010. Il governo marocchino deve assumersi la responsabilità di tutti i danni, fisici e psichici causati dal suo brutale intervento, a cui va aggiunta la pantomima del processo militare.

La Rappresentanza saharawi esprime la sua profonda gratitudine e considerazione agli osservatori italiani e ai media indipendenti, che hanno assistito alle audizioni tenute per l'ingiusto processo militare, durato più di 15 giorni.

La Rappresentanza saharawi vuole anche lanciare un appello all’opinione pubblica italiana, al Parlamento italiano, alle organizzazioni per i diritti umani e ai membri del movimento italiano di solidarietà con la causa saharawi, perché condannino questa flagrante violazione dei diritti umani e raddoppino i loro sforzi per la liberazione di questi detenuti.

La Rappresentanza afferma che queste sono pratiche specifiche dei regimi repressivi, autoritari e dittatoriali che l'umanità ha conosciuto con il passare del tempo. Questi processi sommari, a cui seguono condanne dure, ricordano quello che ci ha insegnato il colonialismo francese in Algeria, il regime di apartheid in Sudafrica, la dittatura in Argentina e il regime di Pinochet in Cile, solo per citare alcuni esempi.

 

La Rappresentanza del Fronte Polisario in Italia

 


 

Sahara Occidentale:  Plotone di esecuzione

 


Francisco Goya - El tres de mayo de 1808 en Madrid)


Sahara Occidentale, febbraio 2013 - Si fa chiamare pomposamente Tribunale militare, ma è un plotone di esecuzione al comando del ministro della difesa del Marocco. Stanotte ha sparato una raffica di condanne contro i 25 saharawi di Gdeim Izik: 9 ergastoli, 4 condanne a trenta anni, 8 a venticinque, 2 a venti. Solo due imputati sono stati scarcerati


Plotone di esecuzione
Lo chiamano pomposamente “Tribunale”, ma è un plotone di esecuzione al comando del Ministro della Difesa. E’ il Ministro infatti che esercita l’azione penale (il Procuratore lo rappresenta soltanto) ed è sempre lui che nomina i giudici che dovranno decidere sulle sue richieste.

E nella notte tra il 16 e il 17 febbraio 2013, intorno alle 3, il plotone di esecuzione al comando del Ministro  ha aperto il fuoco contro i 25 saharawi imputati per i fatti di Gdeim Izik sparando una raffica di condanne: 9 all’ergastolo, 4 a trenta anni, 8 a venticinque anni, 2 a venti anni. Per due imputati la pena è stata commisurata alla detenzione preventiva sofferta.

Ecco l’elenco completo:

- Abhah Sidi Abdellah (ergastolo)

- Al Ismaïli Ibrahim (ergastolo)

- Al Ayoubi Mohamed (20 anni, attualmente in libertà provvisoria)

- Almachdoufi Ettaki (pena commisurata alla carcerazione preventiva sofferta - scarcerato)

- Alyae Hassan (ergastolo -  latitante, condannato in contumacia)

- Asfari Ennaama (30 anni)

- Banga Chikh (30 anni)

- Bani Mohamed (ergastolo)

- Boubit Mohamed Khouna (25 anni)

- Bouryal Mohamed (30 anni)

- Boutankiza Mohamed Lbachir (ergastolo)

- Dah Hassan (30 anni)

- Dich Eddafi (25 anni)

- El Bakkay Laarbi (25 anni)

- Faqir Mohamed (25 anni)

- Haddi Mohamed Lamine (25 anni)

- Khadda Lbachir (20 anni)

- Laâroussi Abdeljalil (ergastolo)

- Lakhfawni Abdallah (ergastolo)

- Lamjid Sidi-Ahmed (ergastolo)

- Sbaï Ahmed (ergastolo)

- Tahlil Mohamed (25 anni)

- Toubali Abdellah (25 anni)

- Zaoui Lahcen (25 anni)

- Zayyou Sidi Abderrahman (pena commisurata alla carcerazione preventiva sofferta - scarcerato)


Il processo era cominciato effettivamente il 1° febbraio (dopo alcuni rinvii che si erano trascinati per circa un anno). In quella udienza era stato deciso un ulteriore differimento all’8 febbraio. A partire da questa udienza, si è svolto a tappe forzate, con udienze che si sono succedute giorno dopo giorno senza interruzioni (nemmeno la domenica), dalla mattina fino a tarda sera.

Abbiamo già pubblicato il rapporto degli osservatori di OSSIN sulle udienze del 1° febbraio e dell’8 e 9 febbraio, nonché il rapporto sulle udienze del 13 e 14 febbraio.

Il Tribunale ha, fin dall’inizio, tentato di offrire una immagine trasparente e rassicurante, non frapponendo alcun ostacolo alla presenza degli oltre 50 osservatori internazionali provenienti da molti paesi, addirittura prevedendo la presenza di interpreti in lingua inglese, francese e spagnola ad uso e consumo degli osservatori stessi.

E il regime ha anche inviato alcuni osservatori, nazionali e internazionali, “embedded”, gli unici ai quali i media marocchina hanno aperto i microfoni. La MAP ha intervistato due “osservatori”, un semisconosciuto Mathieu Cardon, presentato come avvocato di Parigi (invece sembra sia di Lione) e un certo Charles Saint-Prot, che si è affannato a dichiarare, senza motivare, che il processo era stato equo e trasparente. M. Saint-Prot è un assiduo frequentatore dell’Ambasciata del Marocco a Parigi, l’ultima volta è stato il 10 gennaio 2013, quando nella qualità di Direttore di un sedicente Observatoire d'études géopolitiques di Parigi, ha presentato un suo saggio apologetico di Mohammed V dal titolo: "Mohammed V ou la monarchie populaire" (éditions du Rocher, 2011).  

A dispetto di queste considerazioni e della esibita trasparenza e correttezza, il Tribunale che – ricordiamo - è composto da giudici designati dal Ministro della Difesa (cui è conferito anche il potere esclusivo di promuovere il processo) e pronuncia una sentenza non appellabile, ha respinto le più significative richieste della difesa, in particolare quella di sentire il Ministro dell’interno dell’epoca e alcuni deputati, che avrebbero potuto testimoniare sul fatto che gli accusati erano stati tutti impegnati, prima dell’intervento dell’esercito che ha smantellato il campo, nelle pacifiche trattative con le autorità per strappare concessioni sociali in favore della popolazione saharawi.

Il Tribunale non ha neppure preso in considerazione le accuse di torture rivolte dagli imputati ai poliziotti che li avevano arrestati e che hanno loro strappato, in questo modo, confessioni poi ritrattate. E ha anche respinto la richiesta di visionare gli oggetti sequestrati (bastoni e altri oggetti di aggressione) e di rilevare le impronte digitali presenti per confrontarle con quelle degli imputati.

Proprio in base alle confessioni degli imputati, e senza presentare alcuna altra prova, il Procuratore ha svolto la sua requisitoria che è durata circa due ore, chiedendo in conclusione delle pene “proporzionate alla gravità dei fatti”. 

Quello appena concluso è un processo iniquo e le condanne comminate sono inaccettabili.

Da domani comincia l’impegno perché questa esecuzione sommaria in forma di processo venga cancellata. E perché la comunità internazionale prenda finalmente coscienza del fatto che il Marocco è un paese che, come dimostra anche questa sentenza, non rispetta i diritti fondamentali dell’uomo.

Da Ossin

 

Rabat si illude di decapitare la « primavera » saharawi

 

Roma, 18/ 2/2013. Il Tribunale militare di Rabat ha pronunciato ieri una durissima sentenza nei

confronti di 25 attivisti sahrawi, di cui 23 detenuti da due anni a seguito dei fatti di Gdeim Izik. In

questa località non lontana da El Aiun, la capitale del Sahara Occidentale occupato militarmente dal

Marocco, 20.000 sahrawi si erano radunati pacificamente nell’Accampamento della dignità,

dall’ottobre al novembre 2010, nella prima manifestazione di protesta della cosiddetta « primavera

araba ». L’accampamento è poi stato raso al suolo con un attacco militare.

I 24 imputati sahrawi erano stati accusati di aver ucciso dei poliziotti e dei gendarmi. Il processo,

più volte rinviato, si è aperto il 1° febbraio e ha messo in evidenza le intimidazioni da parte del

potere marocchino nei confronti dei famigliari dei prigionieri politici sahrawi, l’indisponibilità dei

giudici militari a riconsiderare la propria competenza, a raccogliere le denunce di torture e

maltrattamenti subiti dai detenuti, e l’inconsistenza delle prove : « confessioni » prefabbricate (ad

es. quella di Naama Asfari, l’intellettuale più noto, laureato e perfettamente in grado di scrivere,

firmata con un impronta digitale !), incongruenze nei dati di fatto, « armi del delitto » (coltelli)

nuove di fabbrica, mancanza di autopsia sulle vittime presunte o di prove del DNA, video in cui

nessuno degli imputati è riconoscibile.

La « giustizia » militare marocchina ha così eseguito il compito assegnatole : demonizzare una

protesta giusta e doverosa, che poi si sposterà anche nel Marocco stesso col Movimento del 20

febbraio (2011) dopo essere passata per la Tunisia, l’Egitto e la Libia, e decapitare la protesta. Sono

stati pronunciati infatti ben 9 ergastoli (tra cui Hassana Aleya aggiunto all’ultimo momento,

precedentemente arrestato e liberato senza accuse), 4 condanne a trent’anni (tra cui Naama Asfari),

7 a venticinque anni e 3 a vent’anni; due imputati hanno scontato la condanna con la carcerazione

preventiva. La maggior parte degli imputati faceva parte del Comitato di dialogo con le autorità

marocchine prima che l’accampamento fosse smantellato.

Si tratta di un fatto politico gravissimo, un’intimidazione a tutta la resistenza pacifica sahrawi ma

anche a tutta l’opposizione marocchina, con un messaggio chiaro : « questo è il prezzo da pagare

per chi si oppone alla monarchia ».

Quella del regime marocchino è tuttavia un’illusione. I sahrawi vivono sotto occupazione dal 1975

e non hanno mai smesso di resistere, pur pagando prezzi elevatissimi : migliaia di morti, oltre 1500

scomparse, torture e repressione quotidiane. Non sarà certo questa sentenza a fermare la protesta.

E’ invece questa condanna a fare luce una volta di più sulle presunte riforme di una monarchia che

di costituzionale porta solo il nome.

 

Tempora Onlus- Cooperazione Internazionale – la Presidente Giovanna Venditti -