Al carcere militare anziché a Gaza. Obiettore di coscienza israeliano Natan Blanc imprigionato questa mattina.
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- Scritto da CIVG
Lunedì 19 Novembre Natan Blanc, diciannovenne israeliano originario di Haifa, si dovrà presentare all’ufficio reclute e, informano gli ufficiali, per il suo rifiuto di servire l’IDF (esercito di Israele ndt), sarà immediatamente mandato al carcere militare.
La sua scelta di obiettore di coscienza è direttamente collegata coll’attuale situazione e con le operazioni dell’esercito nella striscia di Gaza.
La sua decisine è stata presa prima della terribile notizia della morte di 5 donne e 4 bambini uccisi da una bomba dell’aviazione militare israeliana.
“Divenni obiettore di coscienza già durante l’operazione “Cast Lead” nel 2008. L’ondata di militarismo aggressivo che soffia all’interno del paese, il crescente odio reciproco, le sciocche parole circa la necessità di sradicare il terrore e creare un deterrente hanno innescato la mia volontà di rifiutarmi di servire l’IDF.
Oggi, dopo 4 anni pieni di terrore, senza un processo di pace e senza che la situazione a Gaza e Sderot si sia calmata, diventa palese che il governo di Netanyahu, come quello precedente di Olmert, non è interessato alla ricerca di una soluzione all’attuale situazione, ma altresì è interessata a preservare lo status quo. Dal loro punto di vista non ci sarebbe nulla di male a organizzare un “Cast Lead 2” ogni 3-4 anni: parliamo di deterrenza, uccidiamo qualche terrorista, perdiamo qualche civile in ambo i fronti e cresciamo nuove generazioni piene di odio in entrambi gli schieramenti.
Come rappresentanti del popolo, i membri del gabinetto non si sentono il dovere di presentare la loro visione per il futuro, cosicché possano continuare con la loro scia di sangue, senza che si veda la fine all’orizzonte. Ma noi, come cittadini ed essere umani, abbiamo il dovere morale di rifiutarci di partecipare a questo gioco cinico. Per questo motivo mi sono rifiutato di arruolarmi nell’esercito israeliano quando mi è giunta la chiamata...”
Natan Blanc 19 Novembre 2012
CESSATE IL FUOCO! MANIFESTA E UNISCITI ALLA PROTESTA PER LA CESSAZIONE DELLE OSTILITA’ A GAZA E NEL SUD DI ISRAELE
Cessate il fuoco! Israeliani e Palestinesi fanno appello per la cessazione delle ostilità a Gaza e nel sud di Israele.
La manifestazione sarà tenuta nel villaggio di Izbat Tabib vicino a Qalqiliya Venerdì 23 novembre 2012 che segue la manifestazione che si è avuta a Beit Jala Sabato scorso.
Unisciti alla protesta per fare appello ai leader di Israele e Hamas al cessate il fuoco.
Stop ai combattimenti e alla morte dei civili.
Manifesteranno Israeliani e Palestinesi insieme, il punto di ritrovo sarà al villaggio di Izbat Tabib, dove ci appelleremo ai leader di entrambi gli schieramenti per un cessate il fuoco.
Il coraggio di rifiutarsi. Lettera dei combattenti.
Noi ufficiali riservisti e soldati dell’esercito di Israele, che siamo stati educati secondo i principi dell’abnegazione per il popolo e dello Stato di Israele che abbiamo sempre servito al fronte, e che siamo sempre stati i primi a portare avanti qualsiasi missione al fine di proteggere lo Stato di Israele e di rinforzarlo.
Noi, officiali riservisti e soldati, che abbiamo servito l’esercito di Israele per lunghe settimane ogni anno, a dispetto degli enormi sacrifici personali, abbiamo fatto il nostro dovere nei Territori Occupati, e abbiamo emanato comandi e direttive che non avevano nulla a che vedere con la sicurezza della nostra patria, e che al contrario avevano il solo scopo di perpetuare il nostro controllo sul popolo Palestinese.
Noi che con i nostri occhi abbiamo visto il tributo di sangue riscosso da ambo i fronti,
Noi, che ora comprendiamo che quanto impartitoci dai nostri superiori andava distruggendo tutti i valori cui siamo stati educati.
Noi, ora capiamo che il prezzo dell’occupazione è la perdita di ogni briciolo di umanità dell’esercito israeliano e la corruzione di tutta la società israeliana.
Noi, che sappiamo che i Territori non fanno parte di Israele e che le colonie devono essere evacuate,
Noi, con la presente dichiariamo che non continueremo i combattimenti in questa guerra per gli insediamenti.
Noi non continueremo a combattere oltre i confini del 1967 per dominare, espellere, affamare e umiliare un intero popolo.
Noi con la presente dichiariamo che continueremo a servire l’esercito solo in operazioni difensive.
Le operazioni di occupazione e oppressione non servono a questo scopo, e noi non vi prenderemo parte.
Courage to Refuse è stato fondato a seguito della pubblicazione della “Lettera dei combattenti” nel 2002 scritta da 50 tra ufficiali e soldati. I fondatori, il capitano David Zonshein e il luogotenente Yaniv Itzovits, ufficiali in un’unità d’elite, hanno servito per 4 anni come servizio militare obbligatorio, e altri 8 anni come soldati in riserva, inclusi lunghi periodi di combattimento in Libano e nei territori occupati.
Durante il loro servizio a Gaza, nel bel mezzo della seconda Intifada, i due compresero che la missione loro affidata come comandanti dell’IDF, non aveva nulla a che fare con lo Stato di Israele, ma piuttosto serviva a espandere le colonie e opprimere la locale popolazione Palestinese. Molti degli ordini loro impartiti erano nocivi per gli interessi strategici di Israele.
Come tutti i soldati dell’IDF, David e Yaniv erano preparati per combattere al fine di proteggere le loro famiglie. Nel gennaio 2002 divenne loro evidente che combattere a Gaza e nella West Bank avrebbe comportato l’opposto risultato: obbedendo agli ordini non avrebbero protetto la vita dei loro cari. Sebbene fossero solo dei giovani ufficiali all’epoca, David e Yaniv capirono ciò che oggigiorno è risaputo dai generali pluridecorati Israeliani: l’occupazione è una minaccia alla sicurezza di Israele.
Alla fine, l’insopportabile dolore e sofferenza inflitta a milioni di civili innocenti nel nome degli insediamenti, hanno spinto loro a scrivere uno dei più shoccanti documenti mai scritti sull’IDF. Nel tempo la lettera fu poi conosciuta come “Lettera dei combattenti”.
Nella lettera i combattenti mantengono il loro impegno per quel che concerne la sicurezza di Israele, ma dichiarano che non prenderanno parte a missioni che invece prolungano l’occupazione.
Attualmente sono 626 i combattenti provenienti da tutte le unità dell’IDF e da tutti settori della Società civile israeliana che hanno firmato la lettera e si sono uniti a “Courage to Refuse”. I membri del movimento, spesso chiamati “refusnik” continuano col loro dovere da riservisti qualora chiamati, ma si rifiutano di operare nei territori occupati. Non sono mossi da interesse personale, ma dalla sicurezza di Israele e dal suo aspetto morale. Oltre 280 membri di Courage to Refuse sono stati giudicati dalla corte marziale e imprigionati per un periodo che poteva arrivare a 35 giorni per via del loro rifiuto.
E’ stato il loro altruismo e determinazione di membri di Courage to Refuse che ha permesso loro di entrare nei cuori di molti israeliani. La loro abnegazione, il loro sacrificio e la loro volontà di accettare le loro condanne detentive in modo da dar voce alla loro disperazione e al loro lamento, hanno aperto gli occhi a molti che fino a quel momento erano accecati dalla paura e dal dolore della guerra al terrorismo.
A poco a poco personaggi pubblici han dato supporto ai membri di Courage to Refuse. Centinaia di Professori Universitari hanno firmato la petizione in loro appoggio, e la parola SERUV (che in ebraico significa rifiuto), che fino a pochi anni fa era sinonimo di tradimento ora è entrata nei dibattiti politici, ed è legittimata come atto di civiltà e consapevolezza.
Sami Michael, presidente dell’Israeli Association for Human Rights, ha dichiarato che rifiutare l’occupazione non è solo un atto di alto valore morale, ma anche la più pura forma di patriottismo praticata in Israele.
Come dice un sondaggio condotto dal Yaffee Center for Strategic Studies, oltre il 25% degli israeliani simpatizza con la loro lotta e conoscono i loro diritti civili e il dovere morale di rifiutarsi a servire l’occupazione. Courage to Refuse riceve nuove adesioni ogni settimana. I suoi membri, dopo aver rifiutato di operare nei territori occupati, prendono parte a molte manifestazioni, eventi culturali e altre attività con l’obiettivo di porre fine all’occupazione e portare la pace in Israele.
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