CIVG Informa N°59: STALINGRADO 1943: per non dimenticare

Il 2 febbraio è stato il giorno della Gloria militare della Russia. Dedicato alla battaglia di Stalingrado.

Durante la seconda guerra mondiale l’Armata Rossa ha avuto 9.000.000 di morti e 18.000.000 di feriti. Solo 1.800.000 prigionieri ritornarono in patria dei 4.500.000 catturati dalla Wehrmacht. Le perdite tra i civili si aggirano attorno ai 18.000.000 portando il totale delle perdite di guerra dell’Unione Sovietica a più di 26 milioni di caduti, ovvero cinque volte il totale delle perdite tedesche e oltre 40 milioni di feriti e mutilati.

23 agosto 1942 – 2 febbraio 1943:  L'operazione Barbarossa

"Date un calcio alla porta e tutta quella marcia impalcatura (l’URSS) crollerà" . (Hitler,1941)

 

Secondo tutti gli analisti militari, storici e studiosi di entrambi gli schieramenti, la battaglia di Stalingrado marcò il punto di svolta decisivo della guerra durante il secondo conflitto mondiale. Infatti, dopo Stalingrado, l’iniziativa militare passò completamente nelle mani dell’Armata Rossa. L'invasione dell'Unione Sovietica fu la più vasta operazione militare terrestre di tutti i tempi. Il fronte orientale, aperto con l'inizio dell'operazione denominata Barbarossa, fu il più grande e importante teatro bellico dell'intera seconda guerra mondiale e avrebbe dovuto costituire l'atto decisivo per assicurare la vittoria totale del Terzo Reich.

 

 

L’operazione “Barbarossa”, l’attacco nazista all’Unione Sovietica, era iniziato il 22 giugno 1941.

Disumanizzare i sovietici” era l’obiettivo ed il programma pianificato dagli alti comandi nazisti, come strategia principale; cosicché tutto diventava lecito: ogni tipo di sevizie e di massacri, lo sterminio razziale, le rappresaglie collettive. Ed ancora: vivere dei prodotti dei territori occupati, affamando i civili. “Annientare il bolscevismo e la sua cricca di assassini, i partigiani, è un provvedimento di autoconservazione”: queste erano le direttive impartite all’esercito invasore.

Nel corso della campagna di Stalingrado l’Armata Rossa subì 1.100.000 perdite. Ma il più grande errore dei comandi tedeschi fu quello di aver sottovalutato il soldato semplice dell’Armata Rossa: “Ivan”.
Scoprirono ben presto che militari circondati o se anche in numero decisamente inferiore, essi continuavano a combattere, per scelta non per costrizione, quando, nella stessa situazione, le loro controparti occidentali si sarebbero arrese.

Mentre  l’Armata Rossa entrava a Stalingrado, il 24 gennaio 1943, a Casablanca, Roosevelt e Churchill annunciavano la loro intenzione di combattere fino alla resa incondizionata dell’Asse.

I Russi fecero pagare caro ai tedeschi il loro attacco; il fronte orientale dissanguò a morte la Wehrmacht con molta maggiore incisività di ogni altro fronte occidentale.                          

Dopo i bombardamenti nazisti Stalingrado era poco più di uno scheletro malridotto e incenerito: migliaia di bambini erano morti sotto le rovine.

 

 

 

Nel novembre del 1943, durante la conferenza di Teheran, Churchill donò a Stalin la spada di Stalingrado (il re d’Inghilterra Giorgio VI l’aveva fatta forgiare come dono alla città).

La conferenza di Teheran stabilì il sostegno alleato per il resto della guerra.

Stalingrado nella storia è diventato un simbolo di eroismo di massa, di coraggio, di forza d'animo e di estremo sacrificio. Soldati, uomini e donne che si sono rivelati combattenti e resistenti indomiti, capaci, non solo di fare il loro dovere, ma anche di combattere per la sacrosanta e giusta causa della libertà e l'indipendenza della propria patria e della propria terra.

 

 

Nella battaglia di Stalingradosi sono concentrate tutta la forza e la  spiritualità morale di un intero popolo, molto al di là di ideologie o schieramenti politici. Leggendo le pagine di storia della battaglia di Stalingrado, si comprende come un intero popolo si è compattato come un sol uomo, e questa non è retorica o  pomposità letteraria, ma realtà verificatasi sul campo. Uomini e donne oltrechè soldati, che sono stati protagonisti di pagine inenarrabili di sofferenze inaudite, di una resistenza quasi inumana, pronti a versare anche l’ultima goccia del loro sangue, per difendere la propria patria, la propria terra, il proprio futuro.

 

 

Intorno e dentro la città di Stalingrado fu un susseguirsi di combattimenti durissimi, spesso casa per casa, rovina per rovina; dal 15 dicembre 1942 l’esercito sovietico aveva iniziato le operazioni per liquidare definitivamente il nemico accerchiato dentro la città ormai un cumulo di rovine. L’ostinazione militare tedesca, nonostante le sorti della battaglia fossero ormai segnate, portò al  sacrificio di decine di migliaia di combattenti, traditi dall’inettitudine morale dei propri generali, che non osarono fermare quel pazzesco e ormai inutile bagno di sangue, facendo deporre le armi. In quelle settimane soccomberono soldati e ufficiali, mentre i generali salvarono le loro vite. Il loro valore militare e di soldati fu riconosciuto anche dai comandanti sovietici.

La temperatura in quelle settimane variava dai 30 ai 41 gradi sottozero; per il gelo le armi si inceppavano e i soldati stremati anche dalla fame, morivano. Il famoso “ passaggio della Beresina” di Napoleone fu poca cosa rispetto agli avvenimenti che svolsero tra il Volga e il Don nell’inverno 1942/43.  Il 2 Febbraio 1943 il Comando Supremo sovietico annunciò che l’operazione Stalingrado era giunta al termine con la totale liquidazione delle forze nemiche.

 

 

Da lì ebbe inizio quella lunga e ininterrotta marcia di ritorno che, senza soste sarebbe terminata solo a Berlino. La vittoria dell'esercito sovietico, non solo alzò il prestigio politico e militare dell'Unione Sovietica, ma fu un punto di svolta storico per tutta l’umanità, molti ex generali nazisti hanno ammesso nelle loro memorie il grande significato storico e politico, non solo militare di quella vittoria. Il giornale americano "New York World Telegram" scrisse il 6 febbraio 1943 in un suo editoriale: "... La vittoria delle truppe sovietiche a Stalingrado ha provocato un enorme ampliamento della coscienza e della speranza nei paesi alleati, per cui questa vittoria viene considerata come la prova che la barbaria nazista si può fermare e vincere, ed è un punto di svolta nella guerra… ".

 

 

La vittoria dell'Armata Rossa a Stalingrado  scosse il blocco militare nazifascista, con un effetto demoralizzante sui paesi satelliti della Germania, causando sorpresa e timori nel loro campo e aprendo contraddizioni insolubili. La vittoria di Stalingrado  ispirò speranza nelle popolazioni dei paesi occupati dalla Germania e in una possibile liberazione accelerata dall’oppressione nazifascista. La vittoria a Stalingrado ha portato un profondo senso di rispetto per il popolo russo e sovietico, in tutti i popoli del mondo.

 

 

E quando si parla di Stalingrado, mai bisogna dimenticare il sacrificio in termini di vite umane e di sangue costato al popolo russo.

 

 

 

 

Gli EROI di Stalingrado e dell’Europa libera

 

Donne sovietiche preparano difese anticarro

 

Eroine di Stalingrado

 

 Veterani

Kireev un Veterano

 

Vasilij Ivanovič Čujkov (Serebrjanye Prudy, 12 febbraio 1900 – Mosca, 18 marzo 1982)

 

Čujkov è stato un generale sovietico e maresciallo dell'Unione Sovietica. Divenne celebre durante la seconda guerra mondiale in qualità di generale difensore di Stalingrado prima e di trionfatore della battaglia di Berlino poi.
Di origine contadina si arruolò come volontario nell'Armata Rossa nel 1918 durante la Guerra Civile.

 

 

 

 

 

Georgij Konstantinovic Žukov (Strelkovka, 1° dicembre 1896 – Mosca, 18 giugno 1974)

 

Žukov fu un generale e politico sovietico. È noto il suo ruolo fondamentale come comandante sul campo, delle forze dell'Armata Rossa in alcune battaglie decisive della seconda guerra mondiale che permisero la liberazione del territorio dell'Unione Sovietica occupato dalla Wehrmacht tedesca. Nella fase finale della guerra, Žukov ebbe ancora un ruolo di grande rilievo nelle grandi offensive del 1944-45 che si conclusero con l'occupazione della maggior parte dell'Europa Orientale ed infine con la conquista della stessa capitale tedesca e la fine del Terzo Reich di Hitler.
Per le sue notevoli capacità militari, Z
̌ukov, considerato tra i migliori generali della seconda guerra mondiale, è stato definito come il “generale che non ha mai perduto una battaglia” e i soldati che combatterono sotto il suo comando lo ribattezzarono “Spasitél, il Salvatore, l’Ariete, l’Uragano, l’Invincibile”.

 

La Chiesa ortodossa durante la Battaglia di Stalingrado

 

1942. Benedizione delle truppe sovietiche con l’icona della Madonna di Kazan a Stalingrado ( Lysenko A.)

 

Nel Museo Storico e Memoriale di  Volgograd, un ramo del Museo è dedicato alla "Battaglia di Stalingrado", in esso è riportato il messaggio "ai pastori e al gregge della Chiesa Ortodossa ", che tenne il Metropolita Sergio (Stragorodsky); l’appello a tutti i fedeli ortodossi nel primo giorno della Grande Guerra Patriottica. Questo appello fu fatto per la prima volta nella cattedrale dell'Epifania a Mosca. Una mostra itinerante "Il Signore ci ha concesso la vittoria!" è stata approntata congiuntamente dal Ministero della Cultura, dall’Amministrazione Diocesana e dal Museo di Stato della Gloria Militare della regione di Saratov, dedicata al ruolo patriottico della Chiesa ortodossa russa durante la Grande Guerra Patriottica. Come riporta una nota presso il Museo, dopo decenni di ricerche d'archivio, gli autori della mostra  e ricercatori del Museo, sono stati in grado di stabilire i nomi dei 70 sacerdoti della diocesi di Saratov, che durante la Battaglia di Stalingrado erano operanti a Stalingrado . Tra i nomi negli archivi dei Padri, nativi di questa città, vi sono quelli che hanno combattuto al fronte durante la guerra, e che poi hanno fatto ritorno alle chiese nella regione di Volgograd. Un residente della regione di Saratov, Pyotr Meren, durante la seconda guerra mondiale era soldato della 36 ° Brigata del 13° Battaglione, gli furono assegnate medaglie quali: "Per la presa di Königsberg", "Per la vittoria sulla Germania", "Per la vittoria sul Giappone" e “L'Ordine della Guerra Patriottica di I ° grado”. Dopo la guerra, divenne rettore della casa di culto San Serafino in Kotelnikovo.

La Mostra è stata integrata da materiale locale, reperti e documenti dell'Archivio di Stato della regione di Volgograd. Tra questi una nota del Comitato Regionale del PCUS (b) di Stalingrado del 14 settembre 1943, per l'utilizzo dei locali delle Chiese durante l'occupazione della città da parte dei nazisti. Destinazione: un incubatrice, un panificio, laboratori medici, un laboratorio di cucito. Da una relazione dell'Arcivescovo di Saratov e Stalingrado Gregory (Chukova) al Patriarcato di Mosca, esposta alla mostra, i visitatori possono apprendere quante donazioni in denaro, chiese e comunità della diocesi di Stalingrado hanno raccolto in generale per la causa patriottica. Oltre a una  "montagna di vestiti caldi per i soldati e i senzatetto ed evacuati." Altri reperti dal museo nella mostra illustrano esempi di abnegazione, di dedizione e di amore per la causa patriottica, per esempio delle monache del Monastero di Santo Spirito, che a rischio della loro vita e sopravvivenza, nascosero clandestinamente, abitanti della città nelle catacombe sotterranee del monastero durante i bombardamenti di Stalingrado.

 

Officiatura prima della battaglia di Stalingrado con l'uso di tonnellate di Acqua Santa

 

Questa fu la sorte toccata al sacerdote del tempio di San Michele Arcangelo: fu impiccato al mercato nel 1942 dai tedeschi, per la proclamazione della litania per la vittoria dell’Armata Rossa e la distruzione dei nazisti. Nelle memorie di molti militari della battaglia di Stalingrado, vi sono i racconti che hanno indicato la collaborazione con i sacerdoti locali,  delle forze sovietiche. E i ricordi di molti veterani indicano una profonda spiritualità ed una radicata fede, un elevato senso  religioso di molti soldati e comandanti sovietici. Secondo le loro testimonianze, prima della maggior parte dei combattimenti molti combattenti sostavano in preghiera.

La Chiesa ed il cimitero di  S. Alekseevskaya. Nel 1942 nel cimitero si stabilì una batteria di tiro  "Katyusha" e nei campanili delle chiese, furono piazzate batterie di artiglieria, per il fuoco contro gli  ultimi baluardi della difesa nazifascista (secondo le memorie di soldati lì posizionati).

Dopo la cacciata dei nazisti nel 1943, 16 Chiese e cappelle furono aperte e registrate dalle autorità sovietiche. Al 1 ° luglio 1944 nella zona vi erano 18 Chiese e 138 luoghi di fede ricostruiti.

Nel 1945 il Commissario sovietico del Consiglio per la Chiesa Ortodossa Russa  della regione di Stalingrado, S. Kositsyn  scrisse: "…Nella celebrazione della vittoria sulla Germania nazista, a tutti i fedeli di questa Chiesa e dei loro religiosi, in merito all’appello alle autorità locali, con la richiesta per avere il permesso di servire sotto il cielo aperto le funzioni di ringraziamento in onore della vittoria, si autorizza ed il permesso è stato rilasciato. La fede religiosa ha svolto un ruolo significativo nella vittoria del nostro popolo in questa guerra…”

Molti suoi soldati hanno raccontato nelle memorie, che lo stesso eroe sovietico, il generale Cuikov portava  con sé l'icona della Santa Vergine. Fervente credente era anche  l'eroe di Stalingrado Aleksandr Rodimcev. Così come nella battaglia di Stalingrado vi erano il futuro archimandrita Alipio (Ravens) e l’archimandrita Kirill (Pavlov) .

Si narra che durante la guerra, quando la battaglia decisiva di Stalingrado volgeva al termine, il 19 gennaio, il Padre locale in Ulyanovsk guidava la processione di preghiera per la vittoria dell'esercito sovietico, ma un improvviso malore lo costrinse nel letto. La notte del 2 febbraio 1943, il Metropolita, come raccontato dal suo compagno di cella, l’archimandrita Jovan, superò la malattia, chiese aiuto per alzarsi dal letto. Ringraziò  Dio, e poi disse: "Il Signore degli eserciti, potente in battaglia, ha sancito,  coloro che sono venuti contro di noi sono stati rovesciati. Il Signore benedica il suo popolo davanti al mondo! Forse sarà l'inizio di un lieto fine." Il mattino la Radio trasmise il messaggio circa la completa sconfitta delle forze naziste tedesche a Stalingrado.

 

Tra le rovine di Stalingrado un solo edificio rimase perfettamente intatto: quello della Chiesa in onore della Madre di Dio di Kazan’.

 

Stalingrado riappare sulla carta della Russia

Il consiglio comunale della città di Volgograd ha deciso di utilizzare l'insegna e il nome "Stalingrado città-eroe" nei giorni celebrativi dedicati alla storica liberazione sovietica della città dai nazisti.

In quei giorni viene "resuscitata" Stalingrado: il 2 febbraio, ultimo giorno della battaglia di Stalingrado. Il 9 maggio, Giorno della Vittoria. Il 22 giugno, Giorno del Cordoglio. Il 23 agosto, Giorno della Memoria delle vittime del massiccio bombardamento di Stalingrado. Il 2 settembre, Anniversario dell'inizio della Seconda Guerra Mondiale e il 19 novembre, inizio della ritirata delle truppe tedesche da Stalingrado. Volgograd ha avuto il nome di Stalingrado dal 1925 al 1961.

 

Da ruvr.ru

 

Putin e la Chiesa ortodossa favorevoli al referendum per far rinascere il nome di  Stalingrado - giugno 2014

Non è ancora stata fissata la data del referendum per restituire a Volgograd il nome di Stalingrado, ma l'idea - nata lo scorso anno in occasione dell'anniversario della terribile e lunghissima battaglia di cui fu teatro la città - ha ricevuto in questi giorni dalla Normandia il nulla osta di Vladimir Putin, e da Mosca quello della Chiesa Ortodossa. E il leader del Partito comunista Gennadij Zuiganov ha colto la palla al balzo per sollecitare la riportare al nome sovietico anche San Pietroburgo. “A due sole città, Leningrado e Stalingrado, è stato cambiato il nome in epoca successiva alla Seconda guerra mondiale. Ma esse non avevano ricevuto il titolo di “città eroe” per niente: il mondo intero le conosce come Leningrado e Stalingrado”, ha affermato in un’intervista all'emittente radiofonica russa RNS. Era stato il Partito Comunista ad avviare, l’anno scorso, la petizione per il referendum su Volgograd, dove infuriò per molti mesi, tra il 1942 e il 1943, una battaglia assai cruenta, ritenuta decisiva per le sorti della Seconda Guerra Mondiale. Le autorità locali, che hanno già reintrodotto la denominazione di “Stalingrado” per sei giorni l'anno, nelle occasioni importanti, sono state prese un po’ alla sprovvista dalle decisione di Putin, e hanno ammesso di non aver ancora in mano il provvedimento esecutivo per il referendum. “Se decideranno di cambiare il nome in Stalingrado, la Russia rispetterà la loro scelta. Faremo quello che chiederanno i residenti di Volgograd”, ha dichiarato Putin rispondendo a un reduce. “Non ho mai dubitato della necessità di un referendum per ritornare al nome di Stalingrado”, ha scritto dal canto suo in un tweet il vice premier Dmitry Rogozin. “Il termine di Stalingrado già vive in modo indipendente. È associato alla vittoria nella celebre battaglia, a una parte della nostra storia”, ha dichiarato il portavoce del Patriarcato di Mosca Vsevolod Chaplin.

 

Zemljanka: la canzone dell'Armata Rossa a Stalingrado

 

 

Nelle ultime settimane del 1942 a Stalingrado la canzone preferita dell'Armata Rossa era Zemljanka («Il ricovero»), la risposta russa a Lili Marlene, a cui tra l'altro assomigliava.

 

È un’incantevole canzone di Aleksej Surkov, scritta l'inverno precedente, nota anche con il titolo tratto dal suo verso più famoso, «I quattro gradini verso la morte»

 

Il fuoco guizza nella stufetta

La resina cola dal ciocco come una lacrima

E la fisarmonica nel bunker

Mi canta del tuo sorriso e dei tuoi occhi

 

I cespugli mi hanno sussurrato di te

In un campo bianco di neve vicino a Mosca

Voglio soprattutto che tu senta

Com' è triste ora la mia voce

 

Ora tu sei molto lontana

Distese di neve si frappongono fra noi

È così difficile per me venire da te

E qui ci sono quattro gradini verso la morte

 

Canta fisarmonica, sfidando la tempesta di neve

Chiama quella felicità che ha smarrito la strada

Sto al caldo nel freddo bunker

Perché ho il tuo amore inestinguibile.

 

Canto a Stalingrado di Pablo Neruda                          

 

Nella notte il contadino dorme, ma la mano
sveglia, affonda nelle tenebre e chiede all'aurora:
Alba, sole del mattino, luce del giorno che viene,
dimmi se ancora le mani più pure degli uomini
difendono la rocca dell'onore, dimmi aurora,
se l'acciaio sulla tua fronte rompe la sua forza,
se l'uomo rimane al suo posto, ed il tuono al suo posto,
dimmi, chiede il contadino, se la terra non ode
come cade il sangue degli eroi
arrossati, nell'immensa notte terrestre,
dimmi se ancora sopra l'albero sta il cielo,
dimmi se ancora risuonano spari a Stalingrado.

E il marinaio in mezzo a mare tremendo
scruta le umide costellazioni,
e una ne cerca, la rossa stella della città ardente,
e scopre nel suo cuore quella stella che brucia,
e quella stella d'orgoglio le sue mani vogliono toccare,
quella stella di pianto creata dai suoi occhi.
Città, stella rossa, dicono il mare e l'uomo,
città, chiudi i tuoi raggi, chiudi le tue porte dure,
chiudi città il tuo famoso lauro insanguinato,
e che la notte tremi con lo splendere cupo
dei tuoi occhi dietro un pianeta di spade.

E lo spagnolo ricorda Madrid e dice: sorella,
resisti, capitale della gloria, resisti:
dal suolo si alza tutto il sangue sparso
dalla Spagna, e per la Spagna si solleva nuovamente,
e lo spagnolo chiede, già contro il muro
delle fucilazioni, se Stalingrado vive;
e c'è nel carcere una catena di occhi neri
che bucano le pareti col tuo nome
e la Spagna si scuote col tuo sangue e i tuoi morti,
perché le offristi l'anima tua, Stalingrado,
quando partoriva la Spagna eroi come i tuoi.

Conosce la solitudine, la Spagna:
come oggi conosci la tua, Stalingrado.
La Spagna strappò la terra con le unghie
quando Parigi era bella più che mai.
La Spagna dissanguava il suo immenso albero di sangue
quando Londra, come Pedro Garfias ci racconta,
pettinava le sue aiuole, i suoi laghi di cigni.

Oggi di più conosci questo, forte vergine,
oggi, Russia, conosci di più la solitudine ed il freddo.
Mentre migliaia di obici squartano il tuo cuore,
mentre gli scorpioni con crimine e veleno
accorrono, Stalingrado, a mordere le tue viscere,
New York balla, Londra medita, e io dico "merde"
perché il mio cuore non resiste più
e i nostri cuori
non resistono più, non resistono,
in un mondo che lascia morire soli i suoi eroi.
Li lasciate soli? Ora verranno per voi.
Li lasciate soli?

Volete che la vita
precipiti alla tomba, e il sorriso degli uomini
sia cancellato dalla latrina e dal calvario?
Perché non rispondete?

Volete più morti sul fronte dell'Est
finché riempiano tutto il vostro cielo?
Ma allora non vi resta che l'inferno
Già si stanca di piccole prodezze
il mondo, dove al Madagascar i generali,
con eroismo, uccidono cinquantacinque scimmie.

Il mondo è stanco di congressi autunnali,
ancora con un ombrello a presidente.
Città, Stalingrado, non possiamo
giungere alle tua mura, siamo lontani.
Siamo i messicani, siamo gli araucani,
siamo i patagoni, siamo i guaranì,
siamo gli uruguaiani, siamo i cileni,
siamo milioni di uomini.
E abbiamo altra gente, per fortuna, nella famiglia,
ma non siamo ancora venuti a difenderti, madre.
Città, città di fuoco, resisti finché un giorno
arriveremo, indiani naufraghi, a toccare le tue muraglie
con un bacio di figli che speravano di tornare.
Stalingrado, non esiste un Secondo Fronte,
però non cadrai anche se il ferro ed il fuoco
ti mordono giorno e notte.

Anche se muori non morirai!

Perché gli uomini ora non hanno morte
e continuano a lottare anche quando sono caduti,
finché la vittoria sarà nelle tue mani,
anche se sono stanche, forate e morte,
perché altre mani rosse, quando le vostre cadono,
semineranno per il mondo le ossa dei tuoi eroi,
perché il tuo seme colmi tutta la terra.

 

Stalingrado/Volgograd OGGI

 

L’interno del memoriale per la Battaglia di Stalingrado

 

La statua della Santa Madre Russia

 

Monumento agli eroi di Stalingrado

 

La statua della vittoria

 

 

 

A cura di Enrico Vigna, Febbraio 2015