Sciopero contro il jobact

Ci sono comportamenti che non possono essere ascritti alle diversità di
ruoli e funzioni. La Cgil chiederà a milioni di lavoratori il 12
dicembre di fare a meno di 8 ore di prezioso salario per scioperare
contro il jobact. Tutti gli ex dirigenti della Cgil eletti con il PD han
votato a favore di quella legge contro la quale i loro ex rappresentati
scenderanno in lotta. Guglielmo Epifani è stato il predecessore e anche
colui che ha costruito l'elezione di Susanna Camusso, Cesare Damiano é
stato vice segretario della Fiom, Valeria Fedeli, vice presidente del
senato, è stata segretaria generale dei tessili. Assieme a loro molti
altri dirigenti di categorie e strutture confederali meno conosciuti, in
qualità di parlamentari del PD oggi votano il Jobact. È un fatto
politico rilevante, un danno enorme per la Cgil, altro che lobby dei
sindacalisti in parlamento. Nella tradizione laburista britannica i
dirigenti sindacali che diventano deputati portano nelle istituzioni
gli interessi della loro organizzazione. Da noi i parlamentari di
provenienza Cgil non fanno neanche obiezione di coscienza di fronte ad
un provvedimento che provoca dolore e rabbia nei loro ex rappresentati.
Cioè coloro, per essere ancora più chiari, a cui qualcosa dovrebbero,
visto che stanno dove stanno proprio in virtù delle lunga carriera
sindacale.

E proprio qui sta il punto. Il comportamento di Epifani e di tutti gli
altri porta acqua al mulino di chi associa il sindacato alla casta e
alla degenerazione della politica. In questo essi sono perfettamente e
utilmente renziani. Nell'ultimo congresso della Cgil la nostra piccola
minoranza aveva chiesto che si ponesse una regola al conflitto
d'interessi nelle carriere dei dirigenti sindacali. Avevamo chiesto che
non si potesse passare immediatamente da un importante ruolo
nell'organizzazione ad un altro nelle istituzioni. E a maggior ragione
che ai dirigenti Cgil non fosse permesso, pena risarcimenti verso gli
iscritti, di saltare la scrivania delle trattative sindacali diventando
manager aziendali. Chi viaggia in treno e parla con qualche ferroviere
sa quanto abbia nuociuto alla credibilità stessa della Cgil, il fatto
che Mauro Moretti sia passato direttamente dalla segretaria del
sindacato trasporti alla direzione delle ferrovie. Bisognava pensarci e
capire che nell'Italia di oggi, che non é certo quella di DiVittorio, lo
sbocco politico e aziendale delle carriere sindacali avrebbe fatto
danno. Invece queste nostre richieste sul conflitto di interessi son
state respinte con sufficienza e fastidio, con quella stessa chiusura
ottusa che si è opposta al nostro avviso di prepararsi in tempo allo
scontro con Renzi. Contro cui ora la Cgil è costretta a fare lo sciopero
generale, mentre i suoi ex dirigenti stanno dall'altra parte.

No, non se la cava Susanna Camusso ignorando il voto in parlamento di
colui che chiamava capo quando era in Cgil. E neppure può risolverla
dicendo che adesso Epifani fa un altro mestiere. Perché nell'Italia di
oggi non sarebbero pochi quelli che penserebbero che chi proclama gli
scioperi oggi, li tradirà domani quando troverà una collocazione migliore.
No, far finta di niente aggrava solo un danno che il gruppo dirigente
attuale della Cgil ha una sola via per contenere. L'attuale segreteria
deve dichiarare la rottura politica e morale con gli ex che han votato
il jobact e fare di questo atto un momento di una più profonda
ricollocazione della Cgil. Una ricollocazione in una posizione
indipendente dagli schieramenti elettorali e contro il Pd renziano.
Altrimenti già il 13 dicembre la Cgil inizierà una rovinosa ritirata.

di Giorgio Cremaschi, 27 novembre 2014