Il Burkina Faso 27 anni dopo l’assassinio di Thomas Sankara

 

Sono passati 27 anni dall’assassinio di Thomas Sankara, il Che Guevara africano, come fu definito; l’uomo, il leader che aveva rivoltato la società burkinabè e stava diventando, un punto di riferimento politico, ideale, etico e concreto dell’intera Africa nera. Lui, giovane capitano ( aveva 33 anni), salito al potere nel 1983, dopo un rovesciamento militare, alla testa di un profondo sostegno popolare, attorniato da giovani e onesti ufficiali e militari patriottici; sostenuto dalle fragili, ma tenaci forze progressiste del paese; lui con la sua Renault 5 come auto di stato, che aveva azzerato privilegi e le caste parassite annidate dentro lo stato, nelle istituzioni e nella società burkinabè. Convinto Pan africanista, figura altamente carismatica, aveva adattato pragmaticamente concezioni marxiste a obiettivi concreti e diretti, legati alla realtà specifica del Burkina; come per esempio una profonda e articolata lotta alla corruzione interna, l’emarginazione del ruolo ricattatore e coloniale della Francia e delle sue politiche “protettive”, una lotta vera contro l’analfabetismo, la povertà, per una sanità di base minima; o come il tentativo di rimuovere la disuguaglianza tra uomini e donne.

Tutto senza cadere in vuoti ideologismi o progetti teorici e dottrinari, slegati dalle reali contraddizioni insite nella realtà burkinabè, estremamente arretrata socialmente. Nei quattro anni dal 1983 al 1987 che fu Presidente del Burkina Faso, applicò anche una coraggiosa politica estera  di indipendenza e sovranità nazionali, come beni primari per il popolo burkinabè. Sankara era un uomo venuto dal popolo e non un intellettuale filosofico o un politicante professionale, e univa gesti simbolici di massa con riforme politiche profonde, che scuotevano la realtà del paese. Per esempio ribattezzò il paese da Alto Volta in Burkina Faso, che significa "la terra dei giusti", vendette tutte le Limousine ufficiali e riceveva lo stesso stipendio di capitano paracadutista che aveva prima di arrivare al potere. Il suo stipendio non era elevato e, di fatto, morì senza riuscire ad aver pagato il mutuo sulla modesta casa dove visse con la sua famiglia; semplici ma profondi atti che lo legarono indissolubilmente al proprio popolo, senza eclatanti proclami o giuramenti pubblici… uasi come è prassi dei nostri politici, nella nostra civile democrazia occidentale.

Sul versante delle riforme politiche, fece approvare una legge rivoluzionaria contro le mutilazione genitali femminili e la poligamia; dispiegò importanti campagne contro l'AIDS, dove furono vaccinati 2,5 milioni di bambini; combattè l'analfabetismo costruendo centinaia di scuole rurali, ridistribuì terre da grandi proprietari terrieri ad agricoltori e contadini, permettendo di raddoppiare la produzione del grano; nazionalizzò le risorse minerarie; furono costituite le Corti rivoluzionarie popolari, dove venivano perseguite la corruzione e gli abusi. Arrivò anche a vietare i sindacati e la libertà di stampa, perché erano gestiti da elites ritenute intrise di corruzione e parassitarie, oltrechè finanziate dall’estero.

Pochi mesi prima di essere ucciso, le grandi potenze avevano concentrato le loro attenzioni su Sankara, quando osò denunciare che il rimborso del debito estero, soffocava l’economia Burkinabè, a causa degli interesse esorbitanti e strozzanti. Infatti il suo ultimo grande discorso lo fece al vertice dell'Organizzazione per l'Unità Africana ad Addis Abeba (Etiopia), dove esortò gli altri leader africani a unirsi alla lotta per non pagare un debito che considerava illegittimo, contratto in modo "irresponsabile" da presidenti precedenti. 

"Non possiamo pagare il debito. In primo luogo perché, anche se non saranno pagati, i creditori non moriranno. Questo è sicuro. Ma se noi lo paghiamo, saremo noi a morire. E anche questo è sicuro.Quelli che ci avevano indotto a indebitarci hanno giocato d’azzardo come in un casinò. Finchè vincevano non c’erano discussioni; Ma quando hanno cominciato periodi di crisi pretendono di essere rimborsati. No signori, avete giocato ed avete perso. Queste sono le regole del gioco e la vita prosegue". Ma Sankara era cosciente che da solo Il Burkina non avrebbe potuto farcela e invocando gli altri capi di stato africani così concluse il suo intervento: “Se il Burkina Faso resterà solo in questa lotta, io non sarò qui al prossimo Congresso”.

In quei quattro anni fu come un pioniere che osò alzarsi in piedi e contrastare i dettami ed i ricatti di organizzazioni internazionali quali il FMI o la Banca Mondiale, la NATO e gli USA, diventando una speranza per decine di milioni di africani. Maquesto decretò la sua condanna e la sua fine, Sankara fu ucciso tre mesi dopo quel discorso.

Il 15 ottobre 1987, Thomas Sankara fu assassinato da un suo amico e compagno, Blaise Compaore, che, con un nuovo colpo di stato prese la guida del paese; ripristinando un governo che ad oggi contava 31 ministeri per guidare il settimo paese più povero del mondo e una popolazione di 17 milioni; con un tasso di analfabetismo totale superiore al 20% e due milioni di persone sotto la soglia minima alimentare; mettendo nuovamente il paese sotto l’ala protettrice della Francia e dei suoi interessi; garantendosi così il potere fino a queste settimane, dove il popolo burkinabè lo ha cacciato. Ma la domanda è: esiste una nuova dirigenza all’altezza di Thomas Sankara e delle sue politiche in Burkina Faso, capace di riprendere la strada e i grandi progetti rivoluzionari, interrotti ventisette anni fa?

 

Enrico Vigna, dicembre 2014