Imperialismo culturale: il dominio delle mode consumistiche come strumento/effetto del processo di omologazione planetario all’american way of life

 

L'ultima decade ha visto un progressivo incedere sullo scenario internazionale di nuove potenze emergenti in grado di mettere in discussione il dominio unipolare statunitense.
Ciò si è reso possibile non solo grazie allo sviluppo economico, produttivo e militare dei paesi in questione, ma anche grazie alla loro capacità di resistere culturamente e ideologicamente a quel sistema di omologazione mondiale basato sull'esportazione dello stile di vita della classe media americana, proposto come sistema di valori e comportamenti dal valore superiore quanto universale.
Nella sfera politica, l’imperialismo culturale svolge un ruolo importantissimo nel processo di dissociazione della popolazione dalle sue radici culturali e dalle sue tradizioni di solidarietà. Costituisce quindi un potentissimo strumento di manipolazione, attrazione e persuasione con cui gli Stati Uniti hanno riesco ad alterare la vita politico/sociale di intere aree geografiche.

Il “cambio di fase” del capitalismo ha visto mutare anche gli strumenti con i quali s’impone e si afferma una mentalità capitalistica, soggetta ai dogmi culturali ed agli stereotipi comportamentali funzionali alla perpetuazione di un ordine mondiale fondato sul dominio speculativo di mercati e mode.

Nell’ambito del “cambio di fase” di cui sopra, le menti ed i cuori del pubblico occidentale, pubblico televisivo e consumatore di format ultrapoliticizzati tesi alla sua definitiva e non del tutto inconsapevole alienazione, non si conquistano più attraverso la propagazione mediatica di un’ossessiva isteria anticomunista bensì tramite il tentativo di persuasione dell’illimitata bontà del sistema occidentale, superiore in quanto liberale, “tollerante” e “senza frontiere” rispetto a modelli di sviluppo definiti “chiusi” in quanto portatori di un modus pensandi maggiormente improntato alla strutturazione su basi tradizionali gerarchiche e su scale di valori non del tutto allineati al dogma di fede della primazia dell’economia finanziarizzata sulla politica e sui vincoli nazionali e sulla primazia della società virtualizzata ed aperta su qualsivoglia retaggio tradizionale, patriottico e socialista, definito sempre e comunque “fuori dal tempo” e dalla “storia”.

Sulla scorta di quanto propugnato dalle tesi di F. Fukuyama e T. Negri, un’indistinta massa di consumatori desideranti si sarebbe sostituita ai popoli, agli Stati, alle nazioni, alle culture tradizionali, ai movimenti di liberazione patriottici e socialisti, percepiti come ostacoli all’affermazione senza tempo, senza limiti e senza futuro, di un governo mondiale delle banche, delle mode e delle industrie del divertimento giovanilistico senza frontiere.

Oggi i telefilm americani per adolescenti e la pop music  di Mtv hanno sostituito, dagli schermi televisivi e dalla galassia virtuale dell’internet, camicie nere e manganelli, “libri & moschetti”, nell’opera di persuasione delle nuove generazioni tesa a veicolare l’idea che solo ed esclusivamente all’interno delle strutture mentali e negli atteggiamenti consumistici tipici della (invero declinante) classe media americana della East e della West Coast, possa risiedere la virtù ed il privilegio della “libertà”.

Le libertà consumistiche individuali hanno sostituito, con l’avvento della tv commerciale e della cultura della sinistra liberal e postmoderna, la rivendicazione di diritti sociali, nazionali e collettivi quali effettivi fattori di emancipazione culturale, politica e nazionale.

La libertà, nell’auspicato, dalle classi dirigenti speculatrici e dal “circo mediatico” occidentale, “secolo americano”, è la “libertà di consumare e di desiderare illimitatamente”. La tv non fa altro che rinfocolare questo stereotipo che trova humus e terreno fertile in una sterminata suburra completamente pervasa da una sotto-cultura televisiva individualistica e degradata.

 


 

 

TESTI CONSIGLIATI PER L’APPROFONDIMENTO:

- http://polemos-war.blogspot.it/2013/12/imperialismo-culturale-statunitense.html

 

- La disinformazione e la formazione del consenso attraverso i media Vol. III. La strategia mediatica di formazione e manipolazione del consenso attraverso i nuovi media. L’analisi critica del caso italiano, prefazione di Aldo Bernardini, Zambon, Frankfurt, 2014;

 

- E. Perucchietti, G. Marletta, La fabbrica della manipolazione. Come i poteri forti plasmano le nostre menti per renderci sudditi del Nuovo Ordine Mondiale, Arianna Editrice, Casalecchio di Reno (Bo), 2014;

 

- A. Sepinwall, Telerivoluzione. Da Twin Peaks a Breaking Bad, come le serie americane hanno cambiato per sempre la tv e le forme della narrazione, prefazione di Carlo Freccero, Bur, Milano, 2014.