Se non vi piace la Storia…falsificatela!

 

Molti pensatori e filosofi di tutti i tempi, orientali e occidentali, hanno considerato e considerano la Storia un campo di studi assai invidiabile da parte delle altre discipline umanistiche. Il fascino della Storia non è dovuto soltanto al suo alto, nonché affascinante dinamismo che potrebbe condurre qualche volta ad una certa conflittualità, per non dire contraddittorietà, si pensi all’invito di Edward Said ad una “lettura contrappuntistica” della storia coloniale; ma esso è determinato anche dalla sua particolare suscettibilità alla contraffazione. Anatole France combinò questa caratteristica dello storicismo con un aspetto estetico quando disse nel 1881: “Tutti i libri storici che non contengono menzogne sono mortalmente noiosi.” (Le crime de Sylvestre Bonnard).

E dato che la Storia non è altro che una “irascibile e bugiarda vecchia signora”, come la dipingeva Guy de Maupassant, necessita “truccarla” perché sia adatta ai pensieri degli storici e, soprattutto, alle agende dei politici.

 

La chirurgia plastica non si limita, però, ai processi di ingigantire, camuffare o, semplicemente, obliare del tutto eventi storici. Qui si potrebbe far riferimento all’opera importante di Costantin Zureiq (1909-2000), Noi e la Storia, nel quale il nazionalista arabo avverte i suoi connazionali dei pericoli derivanti dall’eccessiva celebrazione della storia araba dall’avvento dell’Islam all’epoca andalusa fino alla storia contemporanea, saltando improvvisamente quattro secoli di declino. La chirurgia estetica tende altresì a rinsaldare alcuni clichés storici. Si pensi, ad esempio, all’idea che ha sempre invaso l’immaginario collettivo, orientale e occidentale, per cui il Medioevo europeo sarebbe un’epoca “buia, culturalmente sterile, ecc.” Ne testimoniano le tipiche odierne frasi che assumono un tratto negativo, quali: “mentalità medievale”, “stiamo tornando al medioevo”, e via discorrendo. Si dimentica facilmente ciò che le città medievali hanno lasciato all’umanità: abbazie (che tramandavano le conoscenze presso le classi nobili, la borghesia mercantile ed appartenenti all’ordine religioso), modelli artistici e letterari incomparabili. Non a caso Chaucer e Dante divennero subito simboli del canone letterario occidentale. Per non palare della tradizione filosofica scolastica medievale, influenzata direttamente dalle scuole di pensiero arabe, gettando le fondamenta di ciò che verrà battezzato successivamente come periodo dell’umanesimo.

Falsificare la storia, naturalmente, non è una macchia che si spande in una sola epoca, giacché è una lunga serie di menzogne che tende a collegare gli eventi, individuali e collettivi che siano, ingigantiti o trascurati a seconda degli elementi politici e socioculturali che spesso invadono le pagine degli storici e s’impongono fortemente sulla penna degli autori.

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Il conflitto più noto tra oriente e occidente, rappresentato dalle Crociate, si presenta come il capitolo più lungo di questa serie, non solo per le menzogne raccontateci sul causus belli della “guerra santa” e sulla cronaca in casa degli “infedeli”, ma anche per l’impatto storico-culturale lasciato nell’immaginario collettivo occidentale.

Il poeta italiano, Torquato Tasso, deve aver compreso appieno l’importanza di raccontare i fatti storici, truccandoli e condendoli con frottole leggendarie. Il motivo per il buon Tasso non è solo “religioso”, ma addirittura “estetico”. Già nel proemio di Gerusalemme liberata, Tasso si rivolge alla “Musa cristiana”, chiedendole perdono per aver aggiunto invenzioni ai fatti reali:

 

 

O Musa, tu che di caduchi allori

non circondi la fronte in Elicona,

ma su nel cielo infra i beati cori

hai di stelle immortali aurea corona,

tu spira al petto mio celesti ardori,

tu rischiara il mio canto, e tu perdona

s’intesso fregi al ver, s’adorno in parte

d’altri diletti, che de’ tuoi, le carte.

 

Un altro poeta italiano, Ludovico Ariosto, celebra inـvece le vittorie laiche di Carlo Magno contro i musulmani in Spagna, rendendo il suo capolavoro Orlando furioso una testimonianza storica falsa, ma piena di diletto e di suspense, in cui i paladini cristiani ed i cavalieri musulmani duellano all’infinito per vincere il cuore della bellissima principessa del Catai, una fanciulla dal nome Angelica.

La differenza tra Ariosto e Tasso, in questa prospettiva, oltrepassa certamente la contrapposizione tra chi illustra lo scontro tra cristiani e pagani in termini di conflitto territoriale (Ariosto) e chi lo vede come “guerra santa” (Tasso), per abbracciare un concetto geniale, espresso dal filosofo francese Raymond Aron all’inizio della metà del secolo scorso, per cui “lo storicismo è nient’altro che principio religioso riprodotto con una raffigurazione laica”. (Oppio degli intellettuali, 1955).

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Indubbiamente, il vecchio continente continua tutt’oggi ad assistere ad accesi dibattiti tra vari storici che tornano ai secoli delle Crociate con l’obiettivo di deviare, o perlomeno strumentalizzare un avvenimento dai fini politico-culturali contemporanei. Prendiamo, ad esempio, Jorge Mario Bergoglio e la sua scelta del nome “Francesco”, nome ricco di significati, poiché riflette direttamente l’immagine di Francesco d’Assisi (1181-1226), religioso noto per il suo amore per i poveri e per il suo invito a rispettare le altre religioni e, soprattutto, per la sua visione critica verso le Crociate. Ne è testimone il suo incontro con il sultano ayyubide d’Egitto Malik al-Kamil nella città di Damietta, dove ebbe luogo il primo dialogo interreligioso tra musulmani e cristiani.

Un dibattito forse non altrettanto interessante è quello riportato dalla storiografia occidentale, divisa principalmente in due posizioni riguardo all’esperienza egiziana di Francesco: vi è chi dice che il santo fu maltrattato dalle guardie; ed altri che affermano che la figura di Francesco piacque così tanto al sultano ayyubide da offrirgli tante ricchezze, rifiutate evidentemente dal Poverello. È inutile aggiungere che tale spaccatura di carattere storiografico è stata strumentalizzata recentemente. Già: c’è chi crede ancora che qualsiasi dialogo interreligioso non debba bypassare le pagine di Scontro di civiltà ed i confini naturali di Manhattan, non solo il giorno 11 settembre di ogni anno, ma tutti i giorni di tutti gli anni.

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Sulla sponda sud-est del Mediterraneo, la situazione non è affatto migliore. Una rilettura oggettiva della Storia arabo-islamica ci potrebbe svelare una quantità considerevole di falsità. Sono le stesse falsità per cui le varie milizie in Siria e in Iraq combattono tutt’ora, credendole miti da idolatrare. È un vero peccato che il nostro compito di fronte alla Storia sia quello più “semplice” è più “sicuro”: falsificarla!

 

Da lolandesevolante