La disinformazione e la formazione del consenso attraverso i media

 

Durante i miei frequenti incontri per presentare il mio ultimo libro sul terrorismo israeliano, ho preso l’abitudine di fare un test al pubblico per mostrare quanto siano ingannevoli i mezzi di informazione ai quali, di solito, prestiamo una certa fiducia. L’esempio più efficace è l’attacco alle Torri Gemelle avvenuto l’11 Settembre 2001 a New York. Esordisco dicendo che quasi tutto il mondo seguì in diretta, e per molte ore, tutte le fasi di quello storico avvenimento e, quindi, dovremmo avere tutti una conoscenza abbastanza omogenea di quell’avvenimento attraverso una narrazione comune. Il pubblico acconsente. Faccio la domanda: “Quanti furono gli edifici crollati al suolo a New York l’11 settembre 2001?” Osservo subito qualche indecisione. Alcuni temono di dare una risposta errata: balbettano o tacciono. Altri rispondono: “Due!... Tre!... Quattro!...” Osservo che quelle risposte sono evidentemente contraddittorie e confermano che non vi è un’unica narrazione. Chiedo quali sono gli edifici. Alcuni dicono: “La torre n° 1 e la n° 2”. Altri, più informati ma pochissimi: “La n° 1, la n° 2 e la n° 7”. Altri:“Le Torri Gemelle e il Palazzo della Dogana” che, in realtà, non cadde ma fu gravemente danneggiato. Quando mostro il film che mostra il crollo dell’edificio n° 7, avvenuto alle ore 17, 27, senza essere stato scalfito neanche da un passerotto distratto, osservo un notevole aumento dell’interesse e dell’attenzione tra i miei ascoltatori.

Faccio un’altra domanda: “Quanti furono gli aerei coinvolti nell’attacco?” In questo caso le risposte sono ancora più confuse. Molti hanno dimenticato l’attacco al Pentagono e l’aereo caduto in Pensylvania. Quando mostro le immagini del Pentagono con un buco di larghezza molto inferiore all’apertura alare del Boeing 757 che l’avrebbe colpito e che non si trova più, come se si fosse polverizzato, allora lo sconcerto tra il pubblico diventa paralizzante. Mi è capitato recentemente parlando ad una platea di studenti di un istituto superiore in una città siciliana. In un primo momento ho pensato di averli annoiati e mi sono scusato. Mi sbagliavo: i ragazzi erano attentissimi e, fatto insolito, indugiavano ad alzarsi alla fine dell’incontro. Ciò che li aveva“paralizzati” erano le immagini del crollo della torre n° 7 di cui mai nessuno aveva parlato. Perché il governo degli U.S.A. e i più potenti mezzi d’informazione occidentali avevano taciuto? Semplice! Perché questa è la prova che l’11 Settembre è stato un “insider job”, come dicono in America, ovvero un lavoro orchestrato dall’interno per criminalizzare gli arabi e preparare l’attacco all’Afganistan e all’Iraq con falsi pretesti. Che Saddam Hussein fosse un autocrate è un fatto notorio, ma il pretesto delle armi chimiche in suo possesso fu un’invenzione degli strateghi del Pentagono e del presidente Bush per giustificare l’attacco all’Iraq e impossessarsi di un paese con immense riserve di petrolio. Le armi di distruzione di massa non furono mai trovate, intanto un’intera nazione era stata devastata, centinaia di migliaia di civili uccisi, gli Stati Uniti e le multinazionali si impossessarono del petrolio iracheno e Israele festeggiava l’eliminazione di un pericoloso avversario che gli impediva di compiere il genocidio dei palestinesi. Questa è la verità!

Quali sono le tecniche per organizzare queste “deviazioni del corso della storia”? La tecnica è vecchia ma gli strumenti di comunicazione l’hanno trasformata con una efficacia pari alla sua rapidità di esecuzione. Chi esercita il potere della coercizione, della violenza e del controllo economico si trova in una posizione privilegiata per compiere il proprio obiettivo. Chi orchestrava la “caccia alle streghe” e poi la “caccia agli untori” conosceva perfettamente qual era il livello medio intellettivo delle masse del loro tempo. Organizzare la demonizzazione della strega e dell’untore richiedeva la diffusione di notizie false e consolidarle nella percezione comune fino a farle diventare “incrollabili certezze”. Mentre scrivo il presidente americano Obama e il suo Segretario di Stato Kerry stanno mobilitando tutti mezzi di informazione (CNN, BBC, Reuters, AFP, AP, CBS, NBC, ABC, FOX ecc..) con una campagna martellante per convincere i riottosi e preparare il consenso sufficiente per aggredire la Siria. Gli altri paesi occidentali si mantengono in una posizione “non ostile” e ipocrita ma sostanzialmente consenziente. Si diffondono filmati falsi e immagini artefatte come questa:

 

 

pur di motivare il progetto di bombardare uno stato sovrano e di sostituire il suo governo con uno fantoccio. Decisiva è, quindi, la tecnica dell’inganno. Il motto del MOSSAD, il famigerato servizio segreto israeliano, è questo “PER MEZZO DELL’INGANNO FAREMO LA GUERRA”. In modo esplicito gli israeliani confessano il loro metodo fondamentale col quale hanno costruito il loro stato e la loro potenza: la disinformazione sistematica come la quintessenza del loro progetto sionista. Possedere il controllo dell’informazione planetaria è la condizione necessaria per il successo dell’inganno. Non tutti gli inganni, però, hanno successo. Alcuni falliscono e altri, in seguito, vengono smascherati. Intanto le tragedie sono state consumate, come nel caso dell’Iraq e, alcuni decenni fa, con la guerra del Vietnam. Morirono parecchi soldati inglesi in Iraq e, negli anni successivi, durante dimostrazioni di piazza, le madri issarono cartelli contro il Primo Ministro Blair su cui scrissero un gioco di parole : “BLIAR” cioè “Bugiardo”.

Il sistema egemone di informazione occidentale, oltre all’inganno e la menzogna, usa un altro metodo: l’omissione. Se un inganno non ha successo e viene smascherato, la parola d’ordine è: “Non riconoscere mai la verità e omettere la notizia che demolisce l’inganno”. Oppure attenuare la verità e fare un processo all’intenzione. Mentre scrivo la diplomazia americana, che cerca disperatamente l’avallo per colpire la Siria, è stata messa in difficoltà da una mossa russa che suggerisce a Bashar el Assad di mettere i propri arsenali di armi chimiche sotto il controllo internazionale ed evitare in tal modo l’attacco americano. La Siria ha accolto la proposta ma gli americani hanno risposto che “di Assad non ci si può fidare”.Contemporaneamente è avvenuto un fatto da tempo auspicato: la liberazione del giornalista italiano Domenico Quirico, rapito assieme ad un professore belga, Pierre Piccinin. Entrambi, in modo univoco e non contraddittorio, hanno raccontato di aver sentito i loro carcerieri anti-Assad parlare in inglese con altri via Skype. Questi dicevano: “Siamo stati noi e non Assad a usare le armi chimiche”.La notizia non poteva essere taciuta ma è stata “attenuata” e diversi giornalisti si sono affaticati a dire che quella testimonianza non era una“prova”. Se Quirico e Piccinin avessero detto il contrario naturalmente sarebbe diventata “prova”. Più rozza e volgare è la disinformazione presente in Facebook, a volte ingenua e, più spesso, ben organizzata. Nelle immagini qui sotto si vede un giovane mascherato nell’atto di lanciare una molotov. La didascalia recita: “Negli ultimi 10 mesi oltre 200 molotov sono state scagliate contro israeliani in Giudea e Samaria”. E più sotto: “Condividi questa notizia perché i grandi media non lo faranno”. La fonte di questo falso è chiaramente sionista. Giudea e Samaria sono i nomi biblici della Cisgiordania occupata che Israele vuole interamente sottrarre ai palestinesi. Ma il falso è stato smascherato con la seconda immagine che documenta che si tratta di una foto della Reuters riferita ad una rivolta scoppiata nel Bahrein.

 

 

Il controllo sionista sulla comunicazione planetaria deve particolarmente allarmarci. Esso è radicale e sistematico. Rammento le immagini in tutte le televisioni occidentali che mostravano gruppi di cittadini palestinesi che ballavano subito dopo il crollo delle Torri Gemelle. Quelle immagini, in realtà, erano di repertorio e si riferivano ad altri eventi. Ma l’obiettivo era stato insinuato: diffondere il sospetto che i palestinesi fossero in qualche misura coinvolti nell’attentato.

1982: Israele invase il Libano. I crimini israeliani contro la popolazione civile avevano raggiunto una dimensione così disumana che anche la stampa più corriva dovette prendere le distanze. Il bombardamento dell’ospedale Barbir a Beirut e il massacro di Sabra e Chatila, compiuto dai falangisti cristiani libanesi sotto la direzione dell’esercito israeliano. L’impressione in tutto il mondo fu enorme. Israele doveva ridurre i danni. La National Broadcasting Company andò nell’ospedale bombardato e filmò tutto: non c’erano guerriglieri ma feriti ricoverati e molti erano bambini dilaniati dalle granate. Il filmato fu subito mandato a Tel Aviv per essere trasmesso via satellite a New York. L’addetto alla censura di Tel Aviv ne vietò la messa in onda. Non era quella la prima volta. Molti giornalisti lamentarono che parecchi filmati che documentavano bombardamenti indiscriminati erano stati tagliati o soppressi dalla censura israeliana. Ricorda Robert Fisk, testimone oculare a Beirut: “Infuriati per l’interferenza di Israele, i produttori televisivi di New York offuscarono lo schermo per la durata esatta del materiale censurato, per far capire ai telespettatori americani che quella parte del servizio era stata tagliata dalle autorità militari israeliane. Poi le televisioni cominciarono a inviare i filmati a Damasco. I siriani insistettero per vederli ma non li tagliarono”. Man mano che i giornalisti erano costretti a smentire tutte le versioni ufficiali degli israeliani, più isterico e aggressivo divenne il loro potere di controllo e di disinformazione. Il regno del Bene (Israele) cominciò a denigrare i giornalisti accusandoli di aver venduto “… la loro coscienza giornalistica, in cambio del silenzio o di articoli a favore della lotta palestinese”. Alcuni giorni dopo, il giornale governativo israeliano Maariv, cominciò a pubblicare una serie di articoli a proposito dell’eliminazione fisica di alcuni giornalisti ad opera dei “terroristi”, naturalmente tutti palestinesi. Larry Buchman, corrispondente della rete televisiva ABC e Sean Toolan, inviato della stessa rete, erano stati uccisi dai terroristi. La verità era un’altra: Buchman era morto in Giordania in un incidente aereo a causa del tacco dello stivale da cow boy del pilota che si era incastrato sotto il timone facendo capovolgere l’aereo. Toolan, invece, fin dal suo arrivo a Beirut aveva avuto frequenti relazioni con donne sposate. Tra le varie amanti aveva anche una giovane palestinese, il cui marito aveva assoldato dei sicari per ucciderlo pur di porre fine alla relazione. Così morì Sean Toolan nonostante le menzogne di Maariv.

Questo secondo volume di Paolo Borgognone sulla Disinformazione colleziona con sapienza molti casi che hanno contribuito a cambiare il corso della storia; li analizza con ammirevole equilibrio e lucidità e ci mette in guardia sul rischio di perdere la consapevolezza della responsabilità collettiva. Un’opinione pubblica credulona e incapace di esercizio critico delle fonti di informazione è la riserva preziosa in mano ad una minoranza di strateghi senza scrupoli che agiscono esclusivamente per interessi economici di classe, di gruppi o di etnia. Il loro campo d’azione è a livello planetario e si concentra solo dove vi sono visibili e concreti interessi. Le guerre per procura in Medio Oriente, in America Latina, nell’Europa orientale e nel sud - est asiatico non sono comprensibili senza l’aiuto di queste categorie interpretative. Il colpo di stato in Cile contro Allende non può essere analizzato senza il ruolo degli USA e delle multinazionali americane del rame che nelle miniere cilene avevano rilevanti interessi. Finita l’ossessione del comunismo, l’imperialismo mostra ora il suo vero volto oltre ogni possibile finzione. E’ il mercato la sua vera religione. La democrazia, la Libertà e le Guerre Umanitarie sono solo il belletto che periodicamente l’imperialismo si mette per cercare il consenso necessario per i suoi crimini. Questi ragionamenti sono confermati dalla recente storia del Ruanda. Dal 6 aprile alla metà di luglio del 1994, per circa 100 giorni, furono massacrate sistematicamente (a colpi di armi da fuoco, machete pangas e bastoni chiodati) tra 800.000 e 1.000.000 di persone. Le vittime furono prevalentemente quelli di etnia TUTSI. Dov'erano gli Stati Uniti, i fautori della democrazia e dell'intervento umanitario? Dov'era l'Italia? Dov'era l'ONU? La Francia e l'Inghilterra dov'erano? Silenzio assoluto perché in Ruanda non c'è il petrolio e ai suoi confini non c'è Israele.

Ma ormai le guerre si fanno utilizzando i set cinematografici: l’obiettivo è convincere, convincere, convincere. Le notizie che Assad è un criminale non basta che vengano dagli Stati Uniti o dall’Inghilterra o dalla Francia. Esse devono venire da fonti imparziali. A quel punto si attrezza un omino che è riconosciuto come una nullità: il segretario Generale dell’ONU Ban – ki – Moon. Ripete l’ultima lezione: Assad ha fatto sparare sugli ospedali dove sono ricoverati i feriti dell’opposizione. “Assad è un criminale!” E tutto il mainstream ripete la lezione all’unisono. C’è un video che tutti possono vedere in cui si vede un bambino siriano “morto” ucciso dai gas di Assad. Le immagini hanno fatto il giro del mondo e sconvolto molte persone. Ora però c’è il vero video che mostra che il bambino resuscita e sorride. Non era un crimine di Assad: i mercenari avevano “creato” il video come una scena cinematografica per dare uno strumento emozionalmente forte alla disinformazione e per spingere gli USA e l’Occidente ad attaccare il regime siriano (il video si trova a questo indirizzo: x14niad_sionistewood-en-syrie-un-enfant-mort-ressuscite_news).

Concludo con un altro capolavoro della disinformazione occidentale. Ancora in Siria, fu divulgata la notizia che una ragazza, Zainab al – Hosni, era stata trovata decapitata e mutilata “apparentemente per mano delle Forze di Sicurezza Siriane” che l’avevano arrestata. Huffington Post fece una cronaca a tinte fosche descrivendo gli Assad come sanguinari tiranni che schiacciano il loro popolo col tallone di ferro. Qualche giorno dopo, Zainab comparve in una trasmissione della televisione siriana, viva e senza mutilazioni. Raccontò di essere scappata da casa perché i fratelli abusavano di lei.

 

Dalla prefazione al libro di P. Borgognone:

“ La disinformazione e la formazione del consenso attraverso i media” – Zambon Editore