Verso la NATO economica Il trattato di libero scambio USA-UE (TAFTA)

 

Nei primi di Luglio 2013 sono iniziate ufficialmente le trattative diplomatiche per la costituzione della cosiddetta TAFTA (Trans-Atlantic Free Trade Area), le quali in linea teorica dovrebbero concludersi entro un paio d’anni, così da istituire la più grande area economica del mondo.

Apparentemente potrebbe sembrare che si tratti di tratti di un progetto di ideazione recente, coincidente con la pronuncia del discorso del febbraio scorso di Barack Obama, in cui in riferimento all'Unione Europea, manifestava la necessità di "forgiare un'alleanza economica forte come le nostre alleanze diplomatiche e di sicurezza''.
De facto non è così. Henry Kissinger, già nel maggio 1995 scrisse che “le condizioni sono propizie” per “la creazione di una North Atlantic Free Trade Area” in grado di sostenere globalmente il principio del libero scambio e che, “nel medesimo tempo, favorirebbe la cooperazione” tra Stati Uniti ed Europa.
In dicembre, pochi mesi più tardi, il Presidente americano Bill Clinton e quello della Commissione Europea Jacque Santer reputarono saggio osservare il consiglio di Kissinger e adottarono  la New Transatlantic Agenda, memorandum che tra i suoi cardini auspicava proprio la creazione di una New Transatlantic Marketplace, la quale avrebbe esteso “le opportunità di commercio e di investimento e moltiplicato i posti di lavoro su entrambe le sponde dell’Atlantico”. Non ancora un’area di libero scambio compiuta, ma si iniziarono a porre le basi per l'avvio di un processo di integrazione.
L'iter riprese nel 1998 con la sottoscrizione dell’accordo per l’avvio della Transatlantic Economic Partnership (TEP). La particolare congiuntura internazionale, caratterizzata da una forte diffidenza da parte dell'opionione pubblica (soprattutto americana) e l'impegno statunitense nell'utilizzare il WTO come strumento di promozione degli interessi economici occidentali, portarono a un congelamento del programma, nonostante l'istituzione nell’aprile 2007 a Washington del Transatlantic Economic Council (TEC), volto a “rafforzare gli scambi e gli investimenti e la capacità di entrambe le economie di innovare e competere sui mercati”.
L'insorgere delle crisi globale, unito al progressivo emergere nello scacchiere internazionale di nuove potenze concorrenti, ha imposto agli USA una vera e propria riformulazione della loro dottrina stragica. La globalizzazione, se nella sua prima fase dispiegatasi conseguentemente al crollo dell'URSS è apparsa come occidentalocentrica, con estrema rapidità ha poi favorito la crescita dei paesi emergenti, Cina in testa, attraverso un meccanismo di traino delle esportazioni che presuppone un regime di bassi salari all’interno, un’elevata domanda di importazioni da parte dei paesi avanzati e che richiede una politica di controllo dei cambi volta ad impedirne una sistematica rivalutazione rispetto al Dollaro. Il PIL nominale dei BRIC è arrivato a contare circa 21.000 miliardi di dollari, mentre quello dei G7 poco più di 30.000. Calcolando il tasso di crescita del PIL delle due compagini, si evince facilmente che, se il tasso di crescita dovesse rimanere invariato, nel giro di 6/7 anni il PIL di Brasile, Russia, India e Cina raggiungerebbe e poi supererebbe il PIL delle 7 attuali “potenze mondiali”.
A mettere in discussione il dominio unipolare statunitense più che essere la nuova capacità militare di molti paesi, è l'instaurarsi di importanti relazioni economiche fra i paesi tradizionalmente complementari alla catena di dominio imperialista e le nuove economie in ascesa. Basti pensare per esempio ai volumi di scambio fra Germania e Russia, i quali hanno ormai superato i 46 miliardi di euro. I rapporti economici, infatti, quando superano un certo livello e toccano certi settori strategici, diventano il volano per più strette relazioni politiche.
La struttura militare NATO, non basta quindi più a mantenere saldamente cesellato il dominio di Washington sul vecchio continente, visto oltretutto il rischio che l'unione monetaria si frantumi sotto il peso delle sue contraddizioni. A tal proposito l'instaurazione effettiva di un'area di libero scambio imperniata su principi iperliberisti come la TAFTA, risulterebbe particolarmente congeniale agli interessi atlantici assolvendo a un duplice scopo: favorire l'economia statunitense in crisi a scapito di quella europea già fortemente provata (gli esisti della concorrenza fra grandi gruppi multinazionali e piccole medie imprese avrà ovviamente esiti devastanti) e legare indissolubilmente il mercato europeo con quello nordamericano, arrivando a una piena sovrapposizione di interessi politici, militari ed economici.



Bibliografia:

www.bloglobal.net/2013/07/ttip-tafta-stati-uniti-ed-europa-alla-prova-dellarea-di-libero-scambio-transatlantica.html
www.eurasia-rivista.org/ttip-e-tpp-strumenti-di-dominio-statunitense/19977/

www.eurasia-rivista.org/un-nuovo-patto-atlantico/18553/
www.globalresearch.ca/the-us-eu-transatlantic-free-trade-agreement-tafta-big-business-corporate-power-grab/5352885
http://polemos-war.blogspot.it/2013/11/laccordo-relativo-al-mercato.html
www.statopotenza.eu/5949/tafta-una-nato-economica-contro-leurasia