L’imperialismo UE all’assalto dell’Ucraina

Nove anni or sono, la rivoluzione arancione (il nome del colore deriva della bandiera di Viktor Jushenko) nacque in Ucraina con il sostegno finanziario e politico del governo e degli strateghi USA, con la partecipazione attiva dell’intelligence USA e diverse ONG e di ricerca come la Open Society Institute del miliardario George Soros, Harvard University, Albert Einstein Institute, International Republican Institute, National Democratic Institute, tra gli altri.

Tale rivoluzione fu la logica conseguenza dell’operazione realizzata da Washington e dai suoi alleati UE, alla fine del secolo XX, avente per obiettivo il “rinnovamento politico” dell’Est Europa e dell’ex URSS, portando al potere propri regimi fantoccio. Tali regimi tendono a cancellare dalla memoria dei popoli di questa regione il sentimento di amicizia per la Russia e la collaborazione dalla Seconda guerra mondiale e la ripresa successiva delle loro economie. Ciò furono la “rivoluzione delle rose” in Georgia (2003), la “rivoluzione arancione” in Ucraina (2004), la “rivoluzione dei tulipani” in Kirghizistan (2005), come i tentativi di attivare la “rivoluzione dei fiordaliso” in Bielorussia (2006), e le rivoluzioni colorate in Armenia (2008) e in Moldavia (2009). Imponenti fondi per l’organizzazione di tali “rivoluzioni colorate” furono stanziati con l’appoggio della Fondazione targata USA, per la Democrazia in Est-Europa (SEED), finanziata dal dipartimento di Stato USA.

Seguendo l’esempio di tali “rivoluzioni” e delle matrici già collaudate, la Casa Bianca lanciò la “primavera araba” dopo pochi anni, ma le similitudini della matrice e della “guida” di tali processi da parte di Washington risultano palesi. Ciò vale per il ruolo “leader” di Washington nella destabilizzazione di queste nazioni, in un primo momento, e successivamente nell’erogazione dei finanziamenti alle autorità dell’opposizione attraverso “organizzazioni pubbliche di ricerca” internazionali, per comprarne volontà e discorsi, per mettere al potere burattini ed opportunisti ed avere l’accesso assicurato alle risorse naturali.

Inizialmente, la Casa Bianca ebbe gioco facile in Ucraina attraverso la “rivoluzione arancione”, l’ascesa al potere di Janukovich, che guardava alla Russia, fu ostacolata e fu piazzato il loro uomo Viktor Jushenko alla presidenza grazie all’opposizione promossa da Washington (2004). Nonostante ciò, durante gli otto anni della “presidenza arancione” gli strateghi politici d’oltreoceano non riuscirono a cambiare del tutto la mentalità della popolazione ucraina, non riuscendo a farla diventare anti-russa. Nel 2012, così come nel 2004, il popolo dell’Ucraina rielesse presidente a maggioranza Janukovich. Ma tale esito della lotta per il controllo dell’ex-repubblica sovietica, granaio dell’impero russo del XIX secolo, ovviamente, non andò a genio alla Casa Bianca. In queste condizioni, gli strateghi politici stranieri si affidarono allo slogan di presunti “fantastici benefici” per il Paese grazie all’alleanza con la UE e a detrimento delle relazioni commerciali ed economiche con la Russia; ulteriore strumento per destabilizzare la società ucraina e inimicarla alla Russia. In realtà, le “condizioni dell’alleanza” proposte dall’UE portano al chiaro peggioramento della situazione sociale ed economica ucraina: limitando le retribuzioni dei dipendenti del settore pubblico, aumentando le tariffe del gas per le famiglie e le società, vietando di partecipare all’Unione doganale. L’ultimo di questi aspetti è il più problematico per l’economia ucraina, incentrata sulla cooperazione con la Russia da decenni, la cui rottura porterebbe inevitabilmente al collasso della maggioranza delle aziende e accrescendo la disoccupazione nel Paese. Per aderire alle norme tecniche dell’UE, per essere competitivi e vendere i suoi prodotti sul mercato UE, l’Ucraina, secondo le stime del Premier Azarov, necessita di circa 160 miliardi di dollari nei prossimi dieci anni. L’UE è pronta a stanziarne solo una piccola parte, 1 miliardo, palesemente insufficiente, così si spiega la resistenza di Kiev verso tale falsa integrazione europea.

L’interesse dell’UE nei confronti dell’Ucraina è di facile comprensione. Stabilire rapporti solidi di alleanza e allontanarla dall’Unione doganale aiuterebbe non poco, commercialmente ed economicamente, l’UE rispetto alla Russia. L’Ucraina anche, con le sue risorse naturali, con terreni agricoli importanti e 46 milioni di abitanti, risulta essere di grande interesse per l’Europa, in primis per la Germania, in quanto obiettivo allettante per installare imprese tedesche che potrebbero produrre prodotti a prezzi più competitivi che in Cina. Un interesse che è stato più volte sottolineato dallo storico tentativo di occupare il territorio durante la Prima e la Seconda Guerra Mondiale.

La Germania, l’Unione europea e gli Stati Uniti, quindi, perseguono obiettivi non solo economici, ma anche geopolitici, nella lotta per l’Ucraina. Alla luce della perdita di potere della Russia nell’Europa dell’est a causa del crollo dell’URSS, l’integrazione dell’Ucraina nell’UE contribuirebbe a un ulteriore indebolimento della Russia economicamente e politicamente in Europa. Per mettere in pratica questi piani, Washington e l’UE si sono concentrati sulla popolazione usando tre partiti ucraini “addomesticati”, che sono:

- l’Unione panucraina “Batkivshyna”, guidata dall’ex-primo ministro Julija Tymoshenko, oggi in carcere. A tal fine l’Unione ha anche ricevuto lo status di membro del Consiglio di Sorveglianza del Partito Popolare Europeo, Associazione dei partiti cristiano-democratici europei;

- Alleanza Democratica per la Riforma Ucraina (UDAR), guidato dal peso massimo del pugilato Vitalij Klitschko che vive in Germania da anni. Non essendo portavoce della popolazione ucraina, il partito che nel 2010 contava con quasi 10.000 aderenti, fu creato con l’aiuto del Partito democratico cristiano della cancelliera tedesca Angela Merkel e del suo centro di analisi, la Fondazione Konrad Adenauer che ha attuato una evidente interferenza negli affari interni dell’Ucraina, organizzando seminari per “addestrare gli attivisti” dell’alleanza utilizzando le reti sociali e internet;

- l’Unione panucraina “Svoboda”. Secondo le conclusioni del tedesco Friedrich Ebert Stiftung, “Svoboda” è un partito radicale dell’estrema destra nazionalista ucraina, che in precedenza utilizzava un simbolo simile alla svastica come logo. Le dichiarazioni antisemite e xenofobe dei leader di “Svoboda” sono state fortemente criticate in Ucraina come all’estero, evidenziando l’ideologia del partito, le cui dichiarazioni pubbliche e la retorica sono di chiara matrice neofascista e neonazista. In tutta evidenza la Casa Bianca non si vergogna di tali “servizi” da siffatti alleati per raggiungere i suoi obiettivi, in tal modo dimostrando di essere complice di xenofobi e nazisti.

Il governo come il Presidente dell’Ucraina non hanno accettato i termini palesemente sfavorevoli dell’integrazione UE; Washington e Bruxelles hanno inserito forze sempre più grandi per controllare tale repubblica, calpenstando il diritto internazionale che condanna l’ingenreza negli affari interni di uno Stato straniero. Leader politici USA ed UE sono stati inviati a sostenere gli oppositori che si scontrano con il legittimo presidente e con il governo ucraino. L’ex primo ministro e capo del partito conservatore polacco “Legge e Giustizia”, Jaroslaw Kaczynski ha in prima persona partecipato alle manifestazioni dell’opposizione a Kiev. I manifestanti di Maydan Nezalezhnosti si sono incontrati con la sottosegretaria di Stato USA, Victoria Nuland, che in tutta evidenza, dimentica che la sua agenzia avrebbe il compito di proteggere il diritto internazionale e non interferire negli affari interni di un Paese straniero! L’opposizione ucraina e, in primis, i neonazisti di “Svoboda”, sono sostenuti dal governo tedesco che aveva recentemente dichiarato la sua disapprovazione verso le attività neonaziste del Partito Nazionale Democratico di Germania. Mettendo a confronto la reazione dei politici europei e statunitensi alle misure di ripristino dell’ordine pubblico nel Paese da parte delle autorità ucraine, in assenza di qualsiasi reazione dei regimi politici occidentali alle recenti repressioni contro le manifestazioni in Grecia, Spagna e Portogallo, la loro faziosità politica e i loro pregiudizi risultano palesi. Ciò che accade intorno all’Ucraina, oggi, non rappresenta una mobilitazione per la democrazia e lo Stato di diritto come i media europei e statunitensi venduti a Washington cercano di far apparire. Si tratta di un palese attacco per la conquista dell’Ucraina, rivolto principalmente contro la Russia. Non è difficile comprendere le fasi seguenti degli strateghi in tale attacco, aumentare la destabilizzazione della società ucraina, maggiore corruzione e sostegno finanziario all’opposizione. E, come estrema opzione, Washington ha una buona esperienza nell’imporre soluzioni ai conflitti interni, come in Iraq, in Libia o in Siria…

*analista politico, per  New Eastern Outlook, 17.12.2013

[Trad. dall'inglese a cura di ALBAinformazione]