LEA - Laboratorio Ebraico Antirazzista
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7 ottobre 2024
Sulla limitazione della libertà di espressione
La scelta di non autorizzare l'incontro previsto per il 7 ottobre all'università di Siena con Ilan Pappé (storico israeliano) e Francesca Albanese (Relatrice speciale dell'ONU sui territori palestinesi occupati), così come quella di vietare la manifestazione prevista il 5 a Roma, sono emblematiche, al di là del diverso merito specifico dei due eventi, di una stessa volontà politica.
Con questi divieti si vuole limitare le libertà di espressione e di manifestazione, in un contesto in cui queste dovrebbero invece essere, con urgenza, tutelate. Il DDL sicurezza 1660, che potrebbe essere approvato in Senato nei prossimi giorni, è ispirato da un profondo autoritarismo e a questo, come alla sempre peggiore torsione razzista delle politiche migratorie, bisogna opporsi. Nel caso dell’evento a Siena, emerge, in particolare, una chiara volontà di blindare il dibattito pubblico, di non voler prendere atto di quello che la Corte Internazionale di Giustizia ritiene poter configurare un genocidio e di limitare la costruzione di un confronto senza pregiudizi.
L'organizzazione di un evento sulla Palestina, a un anno dal massacro del 7 ottobre, non è espressione di una volontà di negare, giustificare o sminuire quella violenza, bensì della necessità di collocare gli eventi in un contesto più ampio, all’interno del quale il diritto a resistere dellə Palestinesə deve essere tenuto in considerazione e non sepolto strumentalmente sotto il peso delle atrocità che in quel giorno sono state commesse.
Così facendo si impedisce non soltanto il dibattito ma anche la produzione di una memoria che non sia pura costruzione istituzionale ma strumento di comprensione e di guida in un contesto, come quello odierno, di censura, repressione e rimozione.
Come ebreə, figliə di sopravvissutə, rifugiatə, ed esiliatə, conosciamo il significato dell’oppressione e dell’odio razziale. Per questo ci opponiamo a chi usa l’antisemitismo - che con angoscia constatiamo essere in aumento - come clava per reprimere e silenziare chi si oppone al genocidio a Gaza e all’espansione coloniale israeliana in Palestina.
Ci aspettiamo dalle istituzioni universitarie che adempiano al proprio compito: essere un luogo di scambio e non di censura.
Non possiamo in alcun modo accettare che i nostri insanabili traumi intergenerazionali vengano utilizzati da quelle istituzioni politiche che si stanno rendendo corresponsabili di una tragedia che produce da molto tempo nella popolazione palestinese nuovi ed altrettanti insanabili traumi. A queste istituzioni, che dettano l’agenda, diciamo che non è né con la censura né con il ricatto che si affronta - e ci si lava la coscienza - il proprio passato e presente antisemita.
Intraprendere un percorso serio di elaborazione delle conseguenze di secoli di odio e persecuzioni antiebraiche, del proprio passato fascista, coloniale e razzista e una lotta di tuttə nel contrastare l’odio razziale deve essere invece il punto di partenza.
Da LEA