Notiziario Patria Grande - Maggio 2024
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NOTIZIARIO MAGGIO 2024
GRANMA (CUBA) / ESTERI / GAZA
Il sistema sanitario di Gaza a poche ore dal collasso totale
GRANMA (CUBA) / ESTERI / HAITI
Non è con le armi che si rompe la spirale della violenza
TELESUR (VENEZUELA) / ANALISI / ARGENTINA
Milei il Malinche: un pericolo per l'America Latina
REBELION (CUBA) / ESTERI / PANAMA
Elezioni a Panama: trionfa il voto punitivo per un Governo antipopolare
TELESUR (VENEZUELA) / ANALISI /
L'emocrazia delle società occidentali
GRANMA (CUBA) / ESTERI / ISTRUZIONE NEGLI STATI UNITI
Requiem per il comunismo nelle scuole della Florida
GRANMA (CUBA) / ESTERI / EUROPA E LIBERTA’ DI STAMPA
Una visione tedesca sulla libertà di stampa
GRANMA (CUBA) / ESTERI / STATI UNITI E TERRORISMO
Gli Stati Uniti continuano a proteggere i terroristi
GRANMA (CUBA ) / ESTERI / SOLIDARIETA’ DI CUBA ALL’IRAN
Nel dolore della perdita, Cuba è con l’Iran
GRANMA (CUBA) / ESTERI / GAZA
Il sistema sanitario di Gaza a poche ore dal collasso totale
Ramallah. Le autorità sanitarie del territorio hanno affermato che «siamo a poche ore dal collasso totale del sistema sanitario della Striscia di Gaza per via degli attacchi israeliani e della chiusura della frontiera». Un breve comunicato per segnalare la crisi per effetto della mancanza di combustibile e del blocco, soprattutto al passo di Rafah che, durante gli ultimi sette mesi, è stato l’unica entrata di prodotti vitali per l’area costiera.
L’esercito israeliano ha chiuso da diversi giorni l’incrocio di Kerem Shalom sulla triplice frontiera, e alcune ore dopo ha occupato il lato palestinese del vicino passo di Rafah per le operazioni militari contro la città omonima.
Secondo le autorità palestinesi, da questa zona non entrano più aiuti nel territorio, anche se i camion sul lato egiziano sono carichi di prodotti vitali.
La scorsa settimana, la direttrice esecutiva del Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia, Catherine Russell, ha avvertito che l’intensificazione delle operazioni militari israeliane nel sud di Gaza e la conseguente chiusura del passaggio di frontiera di Rafah minacciano la vita di milioni di palestinesi, soprattutto bambini: «La situazione è grave, e se gli incroci di Kerem Shalom e Rafah non si riaprono per inviare combustibili e aiuto umanitari, le conseguenze si sentiranno immediatamente».
La funzionaria ha segnalato l’importanza dell’entrata di combustibile in questo territorio per il trasporto di prodotti salvavita come i medicinali, i trattamenti per la denutrizione, le tende e i tubi per l’acqua. È vitale anche trasferire il personale che cura i bambini e le famiglie bisognose, ha precisato.
Altre istituzioni come il Programma Mondiale degli Alimenti, l’Organizzazione Mondiale della Salute, l’ Organismo delle Opere Pubbliche e il Soccorso delle Nazioni Unite per i Rifugiati della Palestina in Medio Oriente hanno emesso richiami simili.
Pochi giorni fa la Rete Palestinese delle Organizzazioni non Governative ha sollecitato le autorità a dichiarare la Striscia come “Zona di Disastro”.
Redazione Granma e GM per Granma Internacional, 13 maggio 2024
GRANMA (CUBA) / ESTERI / HAITI
Non è con le armi che si rompe la spirale della violenza
Gruppi criminali hanno preso il controllo di grandi zone in Haiti. Foto Prensa Latina
La crisi di governabilità di cui soffre Haiti, aggravata dall’uccisione del presidente Jovenel Moise nel luglio del 2021 che lasciò il Paese in un vuoto istituzionale, sembra non trovare soluzioni, almeno non nella forma con la quale si crede di poter uscire.
Dal principio di quest’anno, gruppi criminali hanno preso il controllo di grandi zone del Paese, includendo il 90% della capitale, Puerto Príncipe. Le bande armate sono state protagoniste di numerosi e crescenti episodi di violenza, che hanno provocato più di 2 500 morti.
I gruppi criminali sono «sempre più forti, più ricchi e più autonomi» e il traffico illecito di armi e munizioni è «uno dei motori principali della loro espansione territoriale».
In Haiti stiamo vedendo il risultato dell’aggravamento dei problemi di disuguaglianza, povertà e mancanza di protezione dell’infanzia e della gioventù che sono comuni al resto dell’America Latina.
La soluzione del caos e dell’ingovernabilità sembrava prendere un abbrivio positivo a partire dal 25 aprile scorso, dopo la rinuncia del primo ministro Ariel Henry, quando è stato creato un Consiglio di Transizione appoggiato dalla Comunità dei Caraibi (Caricom).
I gruppi violenti hanno impedito ad Ariel Henry di ritornare al Paese a marzo, quando si trovava in visita ufficiale in Kenia alla ricerca di aiuti delle forze di sicurezza della nazione africana, per lottare contro la crisi interna. Dopo la rinuncia c’è stato il giuramento per il Consiglio formato dai rappresentanti politici della società civile, che dovevano prendere le redini del Paese caraibico.
Il Consiglio però non ha iniziato la sua gestione con lo spirito che si sperava. La nomina per il posto di primo ministro di Fritz Bélizaire, che era stato ministro allo Sport durante la seconda presidenza di René Préval, dal 2006 al 2011, non ha potuto contare sul voto unanime dei membri.
Come risposta, i consiglieri che hanno votato contro, hanno minacciato la possibilità d’impugnare la designazione, un’azione che se portata avanti poteva fratturare la coalizione politica recentemente costituita.
La nomina è stata considerata come «un complotto tramato contro il popolo haitiano» da vari gruppi della società civile rappresentati nell’organo di governo.
Va segnalato che la riunione dei consiglieri si è svolta in un clima complesso, con la minaccia costante delle bande che promettevano di annullare il giuramento se non si permetteva ai gruppi armati di partecipare alle conversazioni per stabilire il nuovo governo.
Le armi non sono la soluzione
Strumenti e apparecchi statunitensi hanno quindi cominciato ad arrivare a Puerto Príncipe per allestire la logistica che sarà utilizzata dalla missione della sicurezza keniana con il fine di combattere le bande criminali, un fatto confermato dal vice segretario di Stato degli Stati Uniti Todd Robinson. Il Dipartimento della Difesa statunitense ha destinato circa 200 milioni di dollari per materiali e apparecchi di sicurezza, oltre alla consulenza del Pentagono per perseguire l’obiettivo di pacificare il Paese.
Anche il Governo del Suriname ha annunciato che distribuirà in Haiti le sue forze militari per collaborare con la sicurezza nel processo di transizione.
Haití è un Paese vittima di una lunga successione di interventi militari stranieri e di «aiuti umanitari» che, lungi dal rappresentare un’uscita dai problemi del Paese, li hanno aggravati e perpetuati.
Dobbiamo ricordare che l’America Latina e i Caraibi sono Zona di Pace, come detta il proclama firmato dai Capi di Stato e di Governo della Comunità degli Stati Latinoamericani e Caraibici (CELAC) nel gennaio del 2014, durante il 2º Vertice dell’Avana, già dieci anni fa.
Questo documento propugna l’impegno permanente per la soluzione pacifica delle controversie, con il fine d’eliminare per sempre l’uso e la minaccia dell’uso della forza nella nostra regione.
Il debito del colonialismo con il popolo haitiano
Chiunque si avvicini al «problema haitiano» deve dare una risposta alla seguente domanda: A chi può interessare mantenere una permanenti spirale di violenza e caos?
Il «problema» è cominciato, ricorderemo la storia, dopo che Haiti conquistò l’indipendenza nel 1804, quando il Barone di Mackau, inviato del re di Francia, consegnò al presidente della giovane Repubblica, in quel momento, Jean-Pierre Boyer, l’Ordinanza di Carlos X, il 17 aprile del 1825.
Quella ordinanza obbligava Haiti a pagare grandi compensi alla potenza coloniale e, tra questi, una riduzione del 50% delle tasse doganali dei prodotti d’importazione francesi e il pagamento di 150 milioni di franchi in cambio del suo riconoscimento come nazione indipendente, e per evitare un’invasione militare.
Il Paese dovette chiedere prestiti a banche francesi con elevati tassi d’interesse, e riuscì a saldare il conto solo nel 1947, ben 122 anni dopo. L’enorme emorragia di risorse impedì alla nazione dei Caraibi di creare l’infrastruttura necessaria per il suo sviluppo socio-economico, rendendo impossibile la costruzione di scuole, ospedali, strade e case.
Non possiamo dimenticare il ruolo svolto dagli Stati Uniti nell’infortunio di Haiti, l’occupazione militare dal 1915 al 1934, l’appoggio offerto da Washington alle dittature brutali di François y Jean-Claude Duvalier, e le pratiche d’ingerenza del XXI secolo.
La soluzione del «problema haitiano» passa dall’assoluto rispetto della sua sovranità, la non ingerenza nei suoi temi interni e una collaborazione efficace, solidale e disinteressata con il popolo di questa fraterna nazione caraibica. Se si lasciano da parte le pratiche egemoniche delle grandi potenze si può realmente progredire nel cammino della pace.
Un primo passo dovrebbe essere che l’antica metropoli restituisse il cosiddetto debito dell’indipendenza, come sollecita un importante gruppo di organizzazioni della società civile haitiana. La comunità regionale, e più che mai la Comunità dei Caraibi (Caricom), deve offrire i suoi buoni uffici, economici e tecnici, e apportare assistenza dov’è necessario.
Rompere la spirale di violenza e fermare il caos sono questioni vitali per l’Isola caraibica, ma le armi non sono la soluzione. Haiti non è colonia di nessuno, deve finire la visione «protettrice» e discriminatoria delle antiche potenze coloniali. Il popolo haitiano è capace di governarsi da solo e di decidere il suo destino.
Raúl Antonio Capote e GM per Granma Internacional, 22 maggio 2024
TELESUR (VENEZUELA) / ANALISI / ARGENTINA
Milei il Malinche: un pericolo per l'America Latina
Il governo argentino, amministrato dall’estremista di destra servitore del Malinchismo (1) Javier
Gerardo Milei, ha definito la sua politica estera in base a due grandi alleati: gli Stati
Uniti ed il sionismo, senza lesinare sforzi pubblici e privati per dare chiari segni che servirà
i suoi padroni con dedizione e cessione di sovranità nazionale.
A riscontro di questo dichiarato servilismo, sia Washington che il regime nazional-sionista israeliano hanno affermato che Milei costituisce un alleato strategico nel cono meridionale sudamericano, realizzando un'agenda aperta verso molteplici direttrici, concretizzata attraverso legami in ambito politico, economico, militare e perfino trattative per installare una base navale congiunta con gli Stati Uniti nella Patagonia argentina. Notizia resa pubblica dopo l’incontro del presidente argentino con il capo del Comando
Sud dell'esercito statunitense Laura Richardson (2) nella città antartica di Ushuaia - sulle rive del canale Beagle al confine col Cile - che si teme possa servire anche da campo d’addestramento militare e operazioni dell'esercito nazional-sionista israeliano in quello che l’Argentina chiama il “polo logistico antartico”.
Polo che è espressione della visione strategica politico-militare argentina rispetto al suo preteso recupero delle Isole Malvine (*) nell'Atlantico meridionale e al dispiegamento strategico sul territorio antartico, che causerà indubbiamente forti tensioni col Cile, il quale analogamente ha le proprie strategiche mire politiche e militari verso il sud del continente.
Le idee espresse da Richardson a proposito delle Malvine e della loro base navale nella zona sud del continente americano, hanno il significato di contrastare l'influenza della Repubblica Popolare Cinese nell'Atlantico meridionale, a partire dagli accordi firmati tra Pechino e Buenos Aires tra il 2012 e il 2014, secondo i quali la Cina mantiene una base d’osservazione spaziale di 200 ettari nella provincia di Neuquén.
Le idee di Milei rispetto alla progettata base navale congiunta, hanno le pretese giustificazioni di servire da difesa della sovranità, delle frontiere territoriali e fluviali d’ingresso del narcotraffico, del mare argentino; hanno inoltre la missione di tenere sotto controllo il terrorismo islamico. Le farneticazioni di Milei circa la presenza militare straniera in Patagonia, sono che tale presenza potrebbe servire da punto di forza per il recupero delle Malvine, visione assolutamente delirante considerando che la Gran Bretagna, che occupa le isole argentine, è socio strategico globale di Washington, che mai si sognerebbe di rovinarsi le relazioni con la nazione che sempre l'accompagna in tutte le invasioni e attacchi contro altri Stati nel mondo.
La sottomissione del governo Milei alle direttive internazionali stabilite dal sionismo, con base sia a Washington sia a Tel Aviv, è servita a creare una narrazione adeguata agli interessi dei "nuovi migliori amici", sebbene non siano così “nuovi”: civettò con loro anche l'ex presidente Alberto Fernández durante il suo mandato. Sono le civetterie proprie dei governi yanaconas (**) e malinchistas (1), dove la maledizione di Malinche risulta esserne l’impronta più rilevante, produttrice di lealtà e servilismo indegno nei confronti di coloro che dominano i nostri popoli. E rivestono pure le loro azioni con presunta apertura e liberalismo, mentre in realtà sono autentica indecenza e tradimento. Milei non ha remore verso gli Stati Uniti nel genuflettersi sia davanti ai repubblicani che ai democratici, lo ha detto senza mezzi termini: "Il mio alleato sono gli Stati Uniti, siano democratici o repubblicani. Ci hanno regalato un aereo Hercules. Quello dell'altro giorno - l'incontro con Richardson - è stato l'atto di sovranità più grande degli ultimi 40 anni. Perché avere una base militare a Ushuaia, ci garantisce la rivendicazione sull'Antartide. E ti faccio una domanda: ”Ushuaia è la capitale di che cosa? Della Terra del Fuoco. E di cos’altro? Delle Isole Malvine, della Georgia, di Sandwich e di tutto l’arco marittimo. È il primo passo per cominciare a pensare al recupero delle Malvine. Dai, che le tirino fuori". Quando gli si chiede se riprenderà le Malvine afferma: “Ovviamente, ma per la via diplomatica. Certo che penso di recuperarle, ma è un processo a lungo termine”. (3)
Sul piano delle relazioni col sionismo, giacché il suo referente è l'entità infanticida Israeliana, i pericoli per il Sudamerica sono evidenti. E non soltanto perché sta consentendo la più potente invasione di questa ideologia, manifestata dai forti legami col governo del criminale di guerra Benjamín Netanyahu, visitato nel suo primo viaggio internazionale, appena assunto il comando della Casa Rosada. Per analisti come Santiago Montag, il presidente Milei "conformemente ai suoi modi personalistici, ha cominciato a manipolare le relazioni internazionali in funzione dei propri interessi individuali messianici e religiosi, ma anche per favorire i settori economici che il suo governo rappresenta. Si è premurato di dimostrare ferreamente la propria devozione ed ammirazione per gli ebrei, unendo in un vincolo pericoloso politica e religione". (4)
Milei sogna di diventare un ebreo, fa parte del suo percorso interiore, che lo ha portato a stabilire relazioni profonde con settori ebraici ultra ortodossi argentini, che sono stati la catapulta delle sue prime aspirazioni politiche, fino a fargli occupare oggi la poltrona presidenziale della Casa Rosada. Nel settembre 2023 confessava pubblicamente che, come ex-cristiano, stava seguendo un percorso che lo avrebbe portato ad essere un "figlio della luce" (5). Javier Gerardo Milei in piena campagna presidenziale affermava: "Non vado in chiesa, vado al tempio. Ho un rabbino di fiducia e studio la Torá. Sono riconosciuto internazionalmente come amico d'Israele. Tra poco sarò ebreo, mi manca solo il patto di sangue". (6)
Ed in questo viaggio appassionato di confusione tra la religione e l'ideologia sionista, l’autodenominato libertario ha fatto passi concreti per stringere relazioni con l'entità genocida, come ad esempio la sua decisione di trasferire - contro il diritto internazionale - l'ambasciata argentina da Tel Aviv ad Al Quds (Gerusalemme), di appoggiare lo sterminio del popolo palestinese, di porsi come avamposto principale del sionismo in America Latina e di permetterne l’irruzione in un modo tale da causare enorme pericolo per i nostri popoli.
Le relazioni di Milei con la setta ebraica di Jabad Lubavicht (7) - potente corrente ortodossa con influenza politica ed economica tanto negli USA come in Argentina - rappresenta una minaccia, non solo per il Paese andino, ma anche per i suoi vicini; soprattutto i sudamericani hanno cominciato a subire forti attacchi da parte del governo Milei allineato con l'entità israeliana.
Non a caso il ministro della sicurezza Patricia Bullrich ha fatto da portavoce agli allarmi di Tel Aviv e Washington riguardo ad una presunta presenza di cellule dormienti di Hezbollá in Bolivia, Venezuela, Colombia, nella Triplice Frontiera (tra Paraguay, Brasile e Argentina), e perfino in Cile, dove si è venuto a creare un’impasse diplomatico con conseguenti pubbliche scuse da parte dell'amministrazione del governo Milei su richiesta del presidente Gabriel Boric. (8)
Tale accusa obbedisce alle direttive della CIA e del Mossad, volte a sviare l'attenzione dai crimini di lesa umanità, dallo sterminio perpetrato dal nazional-sionismo contro il popolo palestinese. Fa parte di un piano più ampio destinato ad imporre una narrativa pro-sionista che avalli l’incremento più aggressivo dell'industria militare, dei corpi di sicurezza e dei servizi segreti, fortemente legati allo spionaggio politico e sociale gestito da imprese israeliane, frequentemente coinvolte in fatti di corruzione, sostegno alla formazione di gruppi paramilitari e narcotraffico.
Milei, di pari passo coi suoi sogni di conversione, deve affrontare un’incoerenza assoluta insita nel suo governo, che parla di recuperare diplomaticamente le Malvine, servire gli Stati Uniti e il sionismo e constatare, ad esempio, le contraddizioni vitali che affronterà questo presidente "libertario" mettendosi in pratica dalla parte dell’Industria petrolifera Navitas Petroleum (9), di capitali israeliani, che comincerà ad estrarre petrolio alla fine di quest’anno 2024, da uno dei 21 pozzi del giacimento Sea Lion, giudicato di alto livello mondiale come qualità di idrocarburi, con una riserva stimata di 791 milioni di barili. Il tutto estratto da giacimenti marittimi situati a 280 Km a nord delle Malvine in base ad un’evidente licenza illegale - per l'ordinamento giuridico argentino - concessa dal governo Kelper (10) e che portò nel settembre 2023 il governo dell'ex presidente Alberto Fernández ad esprimere, attraverso il Ministero degli Esteri, il ripudio a quell’attività priva di permessi da parte della competente autorità argentina.
È evidente che la suddetta contraddizione sarebbe facilmente risolvibile per qualunque governo meno sottomesso agli interessi dei "suoi nuovi grandi amici", com’è invece quello di Javier Milei. Dar seguito a tali accordi denota la condotta servile e indegna dei nuovi seguaci del malinchismo, che porta con sé pericoli in vasti ambiti della vita dei nostri popoli.
Pablo Jofré Leal, 4 maggio 2024
Traduzione a cura di Adelina B., Patria Grande/CIVG
Articolo originale: Milei el Malinche: Un peligro para América Latina
Note
(*ndt) Meglio note in Occidente come Isole Falkland
(**ndt) Nel linguaggio popolare yanacona è sinonimo di traditore della patria. All’epoca della conquista spagnola gli yanaconas erano gli indios che invece di lottare per la libertà dei loro pari indigeni, collaboravano coi colonizzatori. Tale comportamento viene stigmatizzato ed è ancora oggi oggetto di condanna socio-culturale.
1) Malinche è il nome di una donna indigena nahua (Messico), un personaggio storico che si fece strumento degli spagnoli nella conquista dell'Impero Azteco. Malintzin o Malinalli, anche conosciuta come Doña Marina o La Malinche, vi giocò un ruolo centrale: fu interprete, consigliera, intermediaria ed amante di Hernán Cortés. Il collaborazionismo della Malinche con gli spagnoli rappresentò il tradimento del proprio popolo, cultura, ideologia, religione e tradizioni. Da qui il termine “malinchismo”: è la disintegrazione della nazionalità, dei suoi modelli culturali e di condotta, sostituendoli con gusti, comportamenti, organizzazioni, culti differenti. Chi favorisce tutto ciò è un “malinchista”. La globalizzazione planetaria ha preparato il terreno affinché questo modello ideologico-politico-amministrativo-economico si stanziasse praticamente in tutti i Paesi, con un impatto negativo ovunque e sulla stragrande maggioranza della popolazione.
2) Milei viaggiò d’urgenza alla città argentina per dare sostegno al generale statunitense la cui presenza era stata dichiarata non gradita dal governatore della Terra del Fuoco, Gustavo Melella. Vestito da militare per un atto svoltosi nella base navale della città, dove vennero suonati gli inni nazionali di Argentina e Stati Uniti, Milei affermò che "L’Occidente è in pericolo" e che gli argentini hanno "un'affinità naturale" con gli Stati Uniti, con cui condividono "la difesa della vita, della libertà e della proprietà privata". Annunciò quindi la costruzione di una base navale congiunta nella zona: “Si tratta di un grande centro logistico, che costituirà il porto sviluppato più vicino all'Antartide e farà dei nostri paesi la porta d’ingresso al continente bianco".
4)https://www.laizquierdadiario.com/Milei-forja-una-alianza-con-el-genocida-Netanyahu-en-Jerusalen
5) Javier Milei fu insignito del titolo di Ambasciatore della Luce dalla comunità ebraica di Miami, durante una cena e cerimonia che l'organizzazione Jabad Lubavitch organizzò lo scorso 10 aprile nella città. Milei era accompagnato da sua sorella e segretaria Generale della Presidenza, Karina Milei, dall'ambasciatore argentino a Washington, Gerardo Werthein, dal rabbino Axel Wahnish, da lui proposto come nuovo ambasciatore in Israele. Anche Karina Milei fu nominata "Ambasciatrice della Luce", onorificenza concessa soprattutto per l'impegno attivo del presidente argentino e di sua sorella verso la "causa d’Israele" e la guerra di sterminio portata avanti contro il popolo palestinese nella Striscia di Gaza.
7) Jabad Lubavitch non è solo una corrente ortodossa di ultradestra del giudaismo, ma anche in particolare quella che riunisce grandi capitalisti, sia in Argentina che nel resto del mondo. Che cosa possiamo dire di questi vincoli con l'oscurantismo? Questo ramo del chassidismo che sarebbe sorto nel XIX secolo, ricevette un forte impulso dalla metà del secolo scorso, a partire dal radicamento di Menachem Mendel Schneerson - il Rebe - nella comunità ebraica newyorkese, da dove coordinò l'apertura di centri di Jabad in lungo e in largo nel mondo. Per farla breve: basti dire che Donald Trump coltivò relazioni con l'organizzazione e nel 2018 la ricevette in un atto ufficiale niente meno che alla Casa Bianca, oltre al fatto che sua figlia Ivanka e suo genero sono praticanti. Il potente banchiere David Rothschild è un altro attivo aderente. Al di là del Pacifico, tra gli eminenti finanziatori dei Lubavitch figuravano gli oligarchi russi Lev Leviev e Roman Abramovich, collaboratori di fiducia di Putin ed ex soci d’affari della famiglia Trump fino allo scoppio della guerra in Ucraina. Questo è l'ambiente in cui si muovono.
9) Nell’aprile del 2022 la Segreteria di Energia dichiarò "illegali" le attività svolte dalla Navitas Petroleum sulla Piattaforma Continentale Argentina, prossima alle Isole Malvine, trattandosi di una compagnia che non figura nei registri come titolare di permessi a breve termine e/o concessioni a lungo termine per realizzare esplorazioni e sfruttamento di idrocarburi nella zona. Il provvedimento venne disposto mediante la Risoluzione 240/2022, in cui si dichiarò la Navitas Petroleum "clandestina" per svolgere attività "senza essere stata a ciò abilitata dalle competenti autorità argentine"; venne interdetta per 20 anni ad operare in esplorazione e produzione di idrocarburi in Argentina. Quella sanzione comportò contatti con l'ambasciata israeliana a Buenos Aires, al fine di notificare a Navitas la situazione irregolare in cui si trovava. Sebbene l'ambasciata israeliana ricevette l’ingiunzione, non vi fu risposta.
10) Il termine Kelper (comunemente sinonimo di “abitante delle isole Falkland”) è usato nell’articolo con una connotazione dispregiativa, dei coloni di origine britannica che occupano le Malvine. Deriva dalle numerose alghe (Kelps) che abbondano nei paraggi della costa.
REBELION (CUBA) / ESTERI / PANAMA
Elezioni a Panama
Il 5 maggio si sono svolte a Panama le elezioni per il nuovo presidente, per i 71 parlamentari che compongono l’Assemblea Nazionale, per i 20 deputati al Parlamento Centroamericano, 81 sindaci, ed altre centinaia di rappresentanti locali per il periodo 2024-2029.
Sugli 8 candidati alla presidenza si è imposto con notevole distacco José Raul Mulino, esponente di destra, avvocato e già ministro della sicurezza. In ogni caso il parlamento risulta assai frammentato: il Governo non potrà contare su una maggioranza propria, dovrà negoziare con 5 partiti di opposizione e 3 liste indipendenti.
Di seguito un’analisi del voto.
Trionfa il voto punitivo per un Governo antipopolare
Ci sembra che le letture negative e disfattiste dei risultati elettorali di domenica 5 maggio 2024 siano essenzialmente sbagliate.
Per certi analisti l'interpretazione delle votazioni è che la gente si sia inclinata verso progetti di destra, corrotti e dai profili fascistoidi. Credo si debba distinguere fra le varie candidature, i loro programmi e l'immaginario con cui gli elettori si sono recati alle urne.
Il risultato elettorale va letto in chiave positiva: la gente è accorsa in massa ad esprimere il proprio ripudio al governo di Laurentino Cortizo, al suo vicepresidente e candidato presidenziale, José Gabriel Carrizo, e al filogovernativo Partito Rivoluzionario Democratico (PRD). I cittadini hanno assestato un colpo fenomenale ad un governo di destra, antipopolare, antinazionale, al servizio dei banchieri e dell'ambasciata USA, capeggiato da Cortizo.
Il risultato elettorale, il peggiore nella storia del PRD, un tempo potente, mostra chiaramente che la cittadinanza è andata in massa a votare, la più alta percentuale di partecipazione da decenni, per emettere un voto di castigo al governo responsabile del disastro sociale, economico, ambientale e politico in cui si dibatte la nazione.
Il popolo ha castigato come meritano Cortizo, Carrizo e il PRD per i 5 anni di miseria aggravata, la gestione disastrosa della pandemia di COVID-19, la perdita di decine di migliaia di posti di lavoro, il fallimento di piccole e medie imprese, la generalizzazione della disoccupazione e del lavoro informale, la crisi della sanità e dell’istruzione pubbliche, la mancanza d’acqua in vastissime zone del Paese, il pessimo servizio elettrico e di raccolta della spazzatura.
Il popolo ha dato la meritata punizione ad un governo corrotto che ha tentato di regalare la ricchezza naturale e mineraria alla First Quantum M., ad un governo che ha duplicato il debito pubblico senza che se ne vedano le opere, e che adesso ci vuole condannare all’"austerità" per pagare i suoi amici banchieri e finanzieri. Il popolo ha punito un governo corrotto che ha aggravato la crisi della Cassa della Previdenza Sociale e delle pensioni, e che ha rifiutato di concedere un aumento ai pensionati.
Il popolo panamense ha espresso tale castigo elettorale mediante diverse candidature. I settori più colpiti dalla disoccupazione e dalla povertà hanno punito il governo votando per José R. Mulino e la sua promessa di "più soldi". Settori della classe media hanno espresso la punizione votando per Ricardo Lombana. La gioventù che lottò contro il contratto minerario ha inflitto il castigo votando per i candidati di Vamos, il che spiega l’enorme successo elettorale di questa lista. I torrijisti e i PRDisti stufi di questo governo, lo hanno punito votando per Martín Torrijos o Zulay Rodríguez. Una frazione più conservatrice lo ha castigato votando per Rómulo Roux ed il “panamensismo”.
Un'avanguardia popolare che ha lottato in questi anni contro le imposizioni del governo Cortizo-Carrizo-PRD, ha espresso il suo suffragio punitivo candidando il binomio Maribel Gordón - Richard Morales, che hanno duplicato la quantità di voti ottenuti in precedenti proposte elettorali della sinistra panamense, consolidando un'alternativa ben strutturata a livello nazionale e con un promettente futuro.
Certamente la maggioranza dell'elettorato ha fatto scelte erronee nel comminare la punizione attraverso candidati che, provenendo da diverse fazioni della borghesia nazionale, in realtà agiscono in senso opposto alle aspettative dalla gente e contro gli interessi sociali ed economici delle classi popolari. Ma questo è il problema di come si forma la coscienza politica della gente, basata sul buonsenso che matura in base a prove ed errori, non in base ad un ragionamento totalmente logico o scientifico.
Quanto durerà la "luna di miele" con il governo di Mulino da parte di un settore del popolo panamense? Probabilmente poco, perché la crisi economica e le ricette neoliberiste presto li metteranno in rotta di collisione. Ma c'è un'altra parte significativa della popolazione, i due terzi, che non ha votato Mulino e lo identifica con un settore corrotto della borghesia nazionale diretta dal nefasto Ricardo Martinelli. Quel settore maggioritario della cittadinanza è già opposizione a Mulino prima ancora che si sieda sulla poltrona presidenziale.
Che ruolo giocheranno Lombana e i deputati e deputate indipendenti di Vamos nel prossimo periodo, quando inizino a prospettarsi le riforme alla Previdenza, le decisioni sul futuro della miniera di Donoso, o il licenziamento degli impiegati pubblici? Si vedrà… Ma è chiaro che la lotta coerente contro le misure neoliberiste conduce verso una rottura col sistema politico capitalistico e corrotto.
La crisi globale del capitalismo, i suoi tratti sempre più antidemocratici, per imporre ancora più disuguaglianza sociale nel Paese e nel mondo, non lasciano molti margini d’illusione sul fatto che si possa risolvere tutto senza lotte o perché semplicemente si "scelgono" i migliori.
Per questa ragione, la pista aperta dalla candidatura presidenziale dell'insegnante Maribel Gordón e di Richard Morales ha un futuro, perché la necessità di lottare per una vita dignitosa continuerà ad esserci per il popolo panamense. Il lavoro unitario, democratico e paziente sta dando risultati, a poco a poco, ma in modo inesorabile.
Olmedo Beluche, 9 maggio 2024
Traduzione a cura di Adelina B., Partia Grande/CIVG
Articolo originale: Triunfó el voto castigo a un Gobierno antipopular
https://rebelion.org/triunfo-el-voto-castigo-a-un-gobierno-antipopular/
TELESUR (VENEZUELA) / ANALISI /
L'emocrazia delle società occidentali
Secondo la RAE (Reale Accademia Spagnola), Emocrazia è "un neologismo con cui si esprime l'idea che governino le emozioni" e i fomentatori di emozioni sono detti "emocratici".
Secondo Fernando Pessoa, "le società sono governate da istigatori di sentimenti, non da propugnatori di idee"; ne sarebbe esempio paradigmatico il trionfo dei sostenitori del Brexit, che facendo appello alle corde sentimentali dei cittadini britannici, ottennero l'uscita del Regno Unito dall'Unione Europea.
Tra gli emocratici primeggerebbero Trump, Johnson, Trudeau e Netanyahu, gruppo selezionato a cui si aggiungerebbe recentemente Pedro Sanchez, immerso nella crociata per "la rigenerazione democratica"; questi personaggi si caratterizzano per l’uso di messaggi diretti, brevi e superficiali, "destinati non alla sfera razionale dell'individuo multidimensionale, bensì alla fibra emozionale dell'individuo unidimensionale".
Le reti social come X o Twitter sarebbero diventate il veicolo di trasmissione ideale dei postulati dell'emocratico di turno, per propagare il manicheismo, il culto del leader e per riuscire, mediante le fake news, a gettare la popolazione nel dubbio esistenziale.
D'altra parte, secondo un recente studio dell'Università di Cambridge, il 57 % degli intervistati in 154 nazioni si dice insoddisfatto dell’attuale democrazia, per cui l'Emocrazia o Governo delle Emozioni, avrebbe già la strada spianata per conquistare il Potere. Sicché la propaganda elettorale dell'emocratico è rivolta "non al soggetto individuale, bensì il Gruppo in cui la personalità dell'individuo unidimensionale si stempera e resta avvolta in scampoli di false aspettative create ed aneliti comuni che lo sostentano".
Gli emocratici si servono dalla cosiddetta intelligenza machiavellica, che consiste nell’"uso di comportamenti cooperativi o combattivi, a seconda dei casi, ovvero quelli che risultino più adatti alla situazione contingente”.
Analogamente, gli emocratici si distinguono per la "loro straordinaria capacità di trovare le debolezze altrui e di utilizzarle a proprio vantaggio, così come di saper realizzare azioni complesse che inizialmente possono non essere capite dagli elettori, perché i loro obiettivi si proiettano verso un futuro non immediato (messa a punto di un sistema Presidenzialista dai chiari tratti autocratici).
Il loro lavoro sarebbe facilitato dall'encefalogramma piatto della coscienza critica della società attuale, sedata dal consumismo compulsivo, e favorito dalla decadenza del cosiddetto Quarto Potere. Di fatto, attualmente, la pratica giornalistica sarebbe pericolosamente mediatizzata per l'assenza d’interpretazione critica od obiettività negli articoli d’opinione e per la messa in liquidazione del codice deontologico giornalistico.
Ciò avrebbe fatto diventare i mezzi d’informazione, sia quelli digitali, sia quelli stampati e audiovisivi, la voce del padrone - i loro padroni - ovvero mere cinghie di trasmissione dei postulati ideologici degli azionisti di maggioranza.
Analogamente, l'emocrazia sarebbe il brodo di coltura dell'autocrazia, forma di governo esercitata da una sola persona, una specie di parassita endogeno di altri sistemi di governo (compresa la cosiddetta democrazia formale). Così, partendo dalla crisalide di una proposta partitica scelta mediante libere elezioni, una volta giunto al potere l'emocratico compie la metamorfosi, diventando un leader Presidenzialista dai chiari tratti totalitari, il che conferma l'aforisma di Lord Acton: "Il potere tende a corrompere ed il potere assoluto corrompe assolutamente".
Germán Gorraiz López, 1° maggio 2024
Traduzione a cura di Adelina B., Patria Grande/CIVG
Articolo originale:La emocracia de las sociedades occidentales
https://www.telesurtv.net/bloggers/La-emocracia-de-las-sociedades-occidentales-20240501-0001.html
GRANMA (CUBA) / ESTERI / ISTRUZIONE NEGLI STATI UNITI
Requiem per il comunismo nelle scuole della Florida
Per Legge, gli studenti dell’istruzione primaria della Florida apprenderanno le «atrocità del comunismo»
Illustrazione da elcomun.es
Mancava una legge che obbligasse all’insegnamento dell’anticomunismo in tutte le scuole elementari della Florida, e il governatore Ron DeSantis l’ha promulgata.
Data e scenario dello show non potevano essere altri: lo scorso 18 aprile, 63º anniversario dell’invasione ad opera degli Stati Uniti sulle spiagge di Playa Girón, dove furono sbaragliati.
La legge andava promulgata perché questo piccolo mondo di odio e ignoranza nel quale si fomenta il clima più tossico anticubano, anticinese e antirusso non vuole farsi mancare nulla: nulla deve avere il sapore di socialismo, o semplicemente di un modo diverso di vedere le cose. Costruire progetti di paese alternativi non può essere tollerato.
Il loro argomento più forte è che così tutti gli studenti dell’istruzione primaria della Florida apprenderanno sulle «atrocità del comunismo».
Per questo Ron DeSantis ha portato l’esempio di paesi come Cina, Russia, Cuba e Venezuela, ed è stato applaudito da personaggi riciclati della contro rivoluzione o compromessi in loschi affari che ora si apprestano a «insegnare» sui mali del comunismo, anche se questo modello non è ancora stato costruito in nessuna nazione.
Con tante espressioni di odio verso Cuba e verso qualsiasi sistema diverso da quello statunitense, nelle foto dello spettacolo preparato si vedono personaggi come Marco Rubio e María Elvira Salazar, e coloro che il Governatore della Florida può assumere per elaborare la nuova materia che s’impartirà nell’Educazione Elementare di questo Stato.
La nuova legge crea, inoltre, l’Istituto per la Libertà nel Continente Americano nell’università Miami Dade College, con l’obiettivo, secondo la legislazione approvata, di «preservare gli ideali di una società libera e promuovere la democrazia – quella degli Stati Uniti – nel continente americano».
Madeline Pumariega, presidente del citato recinto universitario, con tutti gli ego del mondo, ha detto al rispetto: «Siamo tanto buoni come lo è la nostra memoria», e ha spiegato che la nuova legge «aiuterà a garantire che «nessuno studente della Florida torni a idealizzare il socialismo».
Democratica, la funzionaria!
Elson Concepción Pérez e GM per Granma Internacional, 29 aprile 2024
GRANMA (CUBA) / ESTERI / EUROPA E LIBERTA’ DI STAMPA
Una visione tedesca sulla libertà di stampa
Proprio nel Giorno della Libertà di Stampa, l’ambasciata tedesca a Cuba ha consumato su Facebook una volgare azione d’ingerenza e una flagrante violazione delle norme internazionali per le relazioni diplomatiche, alterando la copertina di Granma e cancellando anche il nome Palestina. Ci sono temi che non rientrano nel concetto tedesco di libertà di stampa e d’opinione; è la stessa prospettiva che nega il diritto della Palestina di esistere.
Photo: Reuters
A metà aprile, l’ex ministro greco alle Finanze e professore di Economia all’Università di Atene, Yanis Varoufakis, doveva parlare a un Congresso sulla Palestina che si sarebbe svolto a Berlino.
Nel discorso, era previsto che avrebbe dato la sua risposta alla domanda di un giornalista tedesco su perché di un Congresso sulla Palestina: «Perchè non possiamo contare sui palestinesi, massacrati, affamati e silenziati, perché siano loro a parlarci delle uccisioni e della carestia» aveva risposto.
Il Ministero degli Interni tedesco ha proibito l’ingresso di Varoufakis nel paese e, durante il Congresso, la polizia è entrata nell’edificio con 2000 agenti esigendo che s’interrompesse la trasmissione diretta dell’incontro organizzato niente meno che dalla Voce Ebrea per una Pace Giusta in Medio Oriente.
A questo stesso Congresso doveva partecipare il medico britannico-palestinese Ghassan Abu Sitta, chirurgo plastico in vari scenari di guerra, compresi gli ospedali bombardati della Striscia di Gaza, ma quando si è presentato al terminal, è stato fermato al controllo dei passaporti: «Mi hanno scortato fino ai sotterranei dell’aeroporto e mi hanno interrogato per tre ore e mezzo».
Poi lo hanno caricato su un aereo di ritorno a Londra prima di notificargli che il veto di ingresso in Germania era esteso a tutto il mese d’aprile.
«E non solo questo», ha aggiunto, «se cercavo di comunicare attraverso Zoom o FaceTime, anche se mi trovavo fuori dalla Germania, se inviavo un video sulla mia relazione al Congresso di Berlino, questo costituiva un’infrazione alle leggi tedesche e rischiavo di ricevere una multa o anche un anno di reclusione».
Invitato al Senato francese per una conferenza, tre giorni fa, Abu Sitta ha vissuto la stessa scena nell’aeroporto Charles de Gaulle. La Francia gli ha negato l’ingresso per effetto del veto tedesco in virtù dello spazio Schengen.
La «democratica» visione tedesca della libertà d’opinione ha censurato brutalmente l’idea di Varoufakis e Abu Sitta sul genocidio in Palestina e fa tutto il possibile perché la stessa cosa capiti anche in Francia, per “proteggere i francesi” da tali opinioni.
All’altro lato dell’Atlantico, le detenzioni di studenti e professori che in più di 60 università protestano contro il massacro palestinese superano i 2000 casi. Nell’Università di Columbia, detonante dell’ondata di manifestazioni, le testimonianze sull’estrema violenza della polizia sono state contate dagli studenti di Giornalismo che avevano ricevuto il riconoscimento della Giunta dei Premi Pulitzer per aver raccontato quanto accaduto in uno Stato modello di libertà che ha proibito ai media tradizionali di fare ciò che avrebbero dovuto..
Per Biden, i violenti non sono i poliziotti, ma gli studenti, che ha chiamato “antisemiti”, ma non ha criticato – e neanche i grandi media – il mancato intervento della polizia quando gruppi pro Israele hanno aggredito gli accampamenti dei manifestanti.
La protesta è stata internazionale e anche nelle università cubane, da giovedì 2 maggio, gli studenti sono stati protagonisti di varie manifestazioni pubbliche in difesa del popolo palestinese e in appoggio agli alunni che negli Stati Uniti sono stati repressi per allinearsi alla stessa causa.
Daniela Cabrera Monzón, giovanissima giornalista del quotidiano Granma, ha scritto un articolo, pubblicato sulla prima pagina dell’edizione del 3 maggio sul sollevamento dei suoi coetanei in tutta Cuba.
Nella stessa data, Giorno della Libertà di Stampa, a 8 mila chilometri da Berlino, l’Ambasciata della Germania a Cuba, mediante l’account Facebook di questa delegazione, ha commesso una volgare azione d’ingerenza e di flagrante violazione delle norme internazionali per le relazioni diplomatiche alterando il testo e la foto della copertina di Granma con i segni di cancellazione tipici dei documenti classificati anche sul nome della Palestina.
«Qui non c’è molto da vedere», annota la pubblicazione, sapendo che il coro anticubano radicato soprattutto negli Stati Uniti e in Europa avrebbe fatto immediatamente eco alla manipolazione. La volgare operazione mediatica non ha cancellato solo il nome della giornalista e nemmeno i volti delle donne, dei giovani e degli studenti nella foto, per esporli all’odio frontale di questa fauna che pur di prendersela contro il suo paese si allinea con coloro che, per la Palestina, desiderano solo una soluzione: cancellarla dalla carta geografica.
La prepotenza può più della naturale sensibilità di non scegliere questi nomi e queste immagini per questa azione irrispettosa. Cosa penserà un giovane cubano/palestinese vedendo che un’azione di solidarietà a cui ha partecipato viene manipolata proprio per dire che a Cuba non c’è libertà di stampa? I segni che somigliano a quelli che nell’Olocausto si facevano sulle porte delle case degli ebrei sono stati fatti con vernice fresca sui nomi di Varoufakis, Abu Sitta, Daniela e di migliaia di studenti degli Stati Uniti.
«Non possiamo contare su quello che i silenziati ci raccontano sulla sofferenza», aveva detto Varoufakis, citando Hanan Asrawi. Secondo quello che so, questa è censura, ma secondo la prospettiva tedesca invece no: è libertà di stampa e d’opinione.
Dilbert Reyes Rodríguez e GM èer Granma Internacional, 5 maggio 2024
GRANMA (CUBA) / ESTERI / STATI UNITI E TERRORISMO
Gli Stati Uniti continuano a proteggere i terroristi
Un giudice statunitense ha assolto il terrorista che sparò contro l’ambasciata di Cuba nel 2020
lI Ministero delle Relazionei Estere ha conosciuto con profonda preoccupazione la decisione di un giudice della Corte per il Distretto di Columbia degli Stati Uniti emessa il primo maggio del 2024, che ha assolto Alexander Alazo Baró dalle quattro accuse contro di lui in seguito all’attacco terrorista perpetrato contro l’Ambasciata di Cuba negli Stati Uniti la mattina del 30 aprile 2020, adducendo ragioni di demenza dell’attentatore.
Alazo, cittadino degli Stati Uniti di origine cubana, sparò le 32 pallottole del caricatore di un fucile semi automatico AK-47 contro la sede diplomatica di Cuba a Washington, provocando ingenti danni materiali alla facciata e all’interno dell’edificio, e ponendo in pericolo la vita di coloro che si trovavano dentro l’edificio.
Lo stesso Alazo confessò che aveva l’intenzione di distruggere tutto, compresi gli esseri umani se si fossero trovati sulla linea di fuoco. Si trattò di un attacco terrorista nella capitale degli Stati Uniti contro una sede diplomatica permanente. Al momento dell’arresto, era nota la regolare relazione di Alazo con il centro religioso Doral Jesus Worship Center, a Miami, nel quale si riuniscono persone con predisposizione alla violenza, all’aggressione, all’ostilità e all’estremismo contro Cuba.
Il terrorista fu immediatamente arrestato sul luogo dei fatti e il governo degli Stati Uniti gli imputò quattro capi d’accusa secondo il Codice Federale.
Senza dubbio è stato incapace di definire l’azione per quello che è: un attacco terrorista. La politicizzazione da parte degli Stati Uniti dell’attacco perpetrato contro l’Ambasciata di Cuba a Washington è stata evidente sin dai primi momenti e lo dimostra il processo dilatato per analizzare fatti provati.
Dopo quattro anni da quei fatti, in un oscuro processo penale, il giudice ha accolto un rapporto congiunto della Procura e della difesa del terrorista Alexander Alazo Baró che ha presentato l’attentatore come qualcuno che al momento dell’azione non era in possesso delle facoltà mentali, e quindi lo dichiara innocente.
La decisione costituisce un pericoloso messaggio d’impunità per coloro che si propongono di realizzare azioni violente contro sedi diplomatiche nella cittá di Washington. E infatti il 24 settembre del 2023, nella notte, un individuo ha lanciato due bombe molotov sulla recinzione perimetrale dell’Ambasciata di Cuba a Washington e contro la facciata della sede, un fatto avvenuto tre anni e cinque mesi dopo quello commesso da Alazo.
Ancora adesso le autorità USA sostengono di non conoscere l’autore e di non avere dettagli sull’accaduto. Questi fatti di terrorismo sono il risultato diretto della politica e dell’aggressione del governo degli Stati Uniti contro Cuba, della permanente istigazione alla violenza e dell’odio dei politici statunitensi e dei gruppi estremisti anticubani.
Cubaminrex e GM per Granma Internacional, 9 maggio 2024
GRANMA (CUBA ) / ESTERI / SOLIDARIETA’ DI CUBA ALL’IRAN
Nel dolore della perdita, Cuba è con l’Iran
Il Presidente cubano esprime le sue condoglianze per la morte del Presidente iraniano Sayed Ebrahim Raisi. Foto Estudios Revolución
In nome del popolo e del governo cubani, il Presidente della Repubblica Miguel Díaz-Canel si è recato la mattina del 25 maggio alla residenza dell’ambasciatore della Repubblica Islamica dell’Iran all’Avana per offrire le condoglianze per la morte del Presidente iraniano Ayatolá Sayed Ebrahim Raisi e di chi l’accompagnava al momento dell’incidente aereo: «Abbiamo perso un grande amico», ha detto il Presidente, e ha aggiunto: «Sappiamo che l’Iran troverà la forza per difendere i grandi sogni di pace e di prosperità nazionale e internazionale, ai quali il Presidente Raisi aveva dedicato la vita. Il suo lascito e il senso del sacrificio e della dedizione al suo popolo dureranno per sempre».
Il Capo di Stato cubano ha affermato che ricorderà sempre l’amicizia sincera condivisa con Raisi in incontri proficui in cui avevano espresso il comune e reciproco interesse ad avanzare nello sviluppo delle due nazioni e nella battaglia contro l’ingiustizia.
L’Ambasciatore iraniano ha ringraziato il Presidente cubano e il gesto delle principali autorità cubane che hanno voluto personalmente offerto le proprie condoglianze e che hanno decretato una giornata di Lutto Ufficiale: «Anche se abbiamo perso due grandi personalità e due grandi amici di Cuba che appoggiavano il consolidamento delle relazioni tra i due paesi, posso assicurarle che le politiche del nostro Paese rispetto a Cuba sono inamovibili e non cambieranno», ha detto il diplomatico.
Claudia Díaz Pérez e GM per Granma Internacional, 25 maggio 2024