Speciale “PFAS”. APRILE 2024
Ricatto occupazionale per mascherare una serrata programmata.
2024. Solvay: o vi tenete i Pfas oppure licenzio.: Ilham Kadri, la presidentessa di Solvay (SyensQo), minaccia di chiudere lo stabilimento di Spinetta Marengo se la si disturba troppo per il disastro eco sanitario di Alessandria, di cui i Pfas sono la punta dell’iceberg.
In realtà, sta solo prendendo tempo almeno fino al 2026, perché ha già programmato da tempo il trasferimento delle produzioni Solexis: Solvay di Spinetta Marengo trasferita in Cina.
Per ora, dunque non molla. Salvo incidenti. Quelli dell’ultima ora…
Solvay costretta a fermare un reattore dell’impianto PFAS, ma non molla.
…Incidenti dell’ultima ora. Schiume in Bormida. Un film già visto. Anche le immagini sono quelle che ho girato in una intervista venti anni fa dello scarico della Solvay nel fiume. Anche questa volta i titoli giornalistici si rincorrono dopo lo scarno comunicato dell’Arpa: “Attivati dal numero unico per le emergenze a causa della presenza di schiume sulla Bormida in corrispondenza dello scarico del Polo chimico di Spinetta Marengo (AL), tecnici Arpa si sono recati nel pomeriggio di oggi, 13 aprile 2024, al punto indicato per le verifiche del caso riscontrando in due campionamenti la presenza delle schiume segnalate in uscita dallo stabilimento. Contemporaneamente altri tecnici dell’Agenzia si sono recati all’interno dello stabilimento riscontrando in cinque campionamenti schiuma nella Vasca 101b che raccoglie le acque tecnologiche e le acque provenienti dal trattamento chimico-fisico-biologico e sono stati prelevati altri campioni”.
Il sindaco di Alessandria, Giorgio Abonante, il 13 aprile finge allarmata sorpresa. Invece, era già stato messo a conoscenza da parte di Solvay di “concentrazioni estremamente elevate del parametro cC6O4 in area interna allo stabilimento, rilevate nel corso della sessione di monitoraggio delle acque sotterranee di marzo”. Non solo, il 10 aprile aveva conosciuto dalla Provincia un documento con oggetto “anomalie concentrazioni cC6O4”, ovvero “le criticità riscontrate in merito alle concentrazioni di cC6O4 negli scarichi P1 e P4 e nei pozzi PzIN96 e PzIN 115”, anomalie che dovrebbero ri-mettere in discussione la contestata (da noi) valutazione di impatto ambientale VIA. Tant’è che la Solvay è stata costretta a fermare il reattore e la linea E dell’impianto Tecnoflon, il più importante dello stabilimento, limitrofa ai due pozzi implicati.
Abonante, anche questa volta, e malgrado tutte le contestazioni, non ha alcuna intenzione di emanare, come gli competerebbe quale massima autorità sanitaria locale, ordinanza di fermata delle produzioni: decisione che vorrebbe rifilare alla complicità di altri. Infatti, con comodo ha convocato un “Tavolo Tecnico Permanente sulle Sostanze Pfas” con Regione e Provincia, mollando appunto a quest’ultima “ente competente in materia di AIA (Autorizzazione integrata ambientale), di valutare l’attuale rispetto delle prescrizioni autorizzative per un eventuale necessario intervento sospensivo”.
Aprile 2024. Schiume nel Bormida. Un film già visto trenta anni fa.
Denuncio ripetutamente sui giornali, anche nazionali, la schiuma sul Bormida finchè il 18 febbraio 1990 centinaia di persone, assiepate sul ponte che va a Spinetta Marengo, il traffico bloccato, assistono allo spettacolo: sotto le cellule fotoelettriche le pompe di aspirazione dei vigili del fuoco sui mezzi anfibi e i “salami” di pezza che non trattengono il Pfoa che sta andando verso il Tanaro e il Po.
Finito lo spettacolo, la macchina dell’informazione spegne le luci del palcoscenico. Cerco di riaccenderle il 16 maggio ’90 al ripetersi più spettacolare degli eventi, ma questa volta la luce è fioca. Non si ripetono i caratteri cubitali sui giornali. Men che meno a febbraio ’92 quando riesco ancora a far intervenire i vigili del fuoco all’altezza del “platano di Napoleone”, in prossimità dello scarico del polo chimico. Alessandria è notoriamente città nebbiosa, arriverà solo nel maggio ‘92 il rinvio a giudizio del direttore, Leonardo Capogrosso, e mai una sua condanna. Celebre la dichiarazione ai giornali di Carlo Carlesi procuratore capo: “Sulla vicenda è stato sollevato molto polverone probabilmente in base ad un disegno politico”. A tutt’oggi, 2024, nessuno dei tanti direttori è stato condannato per i Pfas. E quel “disegno politico”, senz’altro “mio” perché riferibile a chi ha impegnato oltre trenta anni di voluminose denunce, è miseramente fallito. Finora.
Chi ha inquinato deve pagare: Clicca qui le ripetute accuse di dolo del "Movimento di lotta per la salute Maccacaro" nei confronti di Solvay.
In Usa, per i Pfas la soglia consentita nell’acqua potabile è zero.
Chi inquina deve pagare. La norma costerà circa 1,5 miliardi di dollari ogni anno, ma così facendo di ridurrà l’esposizione di 100 milioni di persone a possibili malattie e si eviteranno quasi 10.000 decessi nel corso di decenni.
L’Epa, Environmental Protection Agency degli Usa, ha deciso di fissare dei limiti legali applicabili all’acqua potabile relativi ai composti Pfas, per tenere sotto controllo la qualità di un’acqua che per 200 milioni di americani potrebbe risultare già in parte contaminata, tanto sono diffusi ovunque nell’ambiente e impossibili da eliminare.
Ora i nuovi limiti applicabili per Pfoa e Pfos saranno di “4ppt” (parti per trilione) ciascuno, vicini allo zero: in pratica il livello più basso al quale la tecnologia di analisi dell’acqua può ottenere delle letture affidabili, nella consapevolezza che non esiste un livello di esposizione a questi contaminanti forever chemicals senza rischio di impatti sulla salute, da quelli al fegato sino alla tiroide, dalle malattie renali ai tumori.
Insomma, la soglia Usa consentita nell’acqua potabile è zero. Per avere un termine di paragone, la nuova direttiva europea impone il limite di 100 nanogrammi per litro per la presenza complessiva di 24 di queste sostanze e di 500 per la somma di Pfas, e in Italia entrerà in vigore nel 2026. I nostri limiti nazionali arrivano fino a ben 500 ng/l per la somma totale dei PFAS (massimo 100ng/l per la somma di 24 di essi) e limiti regionali di 90 ng/l per PFOA E PFOS più 300 ng/l per la somma degli altri Pfas.
Negli Stati Uniti non tira aria buona per Solvay (e neppure in Italia). In Cina, invece…
Antidoti per eliminare i Pfas nel corpo umano?
Non esistono medicinali certificati che elimino i Pfas nel corpo umano. Secondo uno studio pubblicato su Environment International, alcuni farmaci – colestiramina e colesevelam – normalmente impiegati per abbassare i livelli di colesterolo nel sangue -il loro effetto dannoso sui lipidi del sangue e quindi sul sistema cardiovascolare- sarebbero in grado di abbassare anche i livelli di Pfas. Il meccanismo potrebbe funzionare perché i PFAS si legano allo stesso grasso che i medicinali per abbassare il colesterolo cercano di eliminare. Andandosene il colesterolo, con esso se ne andrebbero anche i PFAS.
Per Philippe Grandjean, responsabile dell’Unità di ricerca di medicina ambientale presso l’Università della Danimarca meridionale e professore di salute ambientale alla Harvard School of Public Health, sottolinea che “Non sappiamo se a questa diminuzione di PFAS nel sangue corrisponde una diminuzione nel fegato e nei reni, dove si accumula”, e soprattutto che “Sarebbe criminale rispondere all’inquinamento industriale somministrando un farmaco alla popolazione”.
Insomma, un circolo vizioso: i Pfas aumentano il colesterolo e in farmaci anticolesterolo diminuiscono i Pfas. Un circolo virtuoso per le industrie chimiche e farmaceutiche.
Maggioranza delle giacche per bambini tossiche per Pfas
Uno studio, condotto dall’Associazione tedesca per la protezione dell’ambiente e della natura (BUND), insieme ad altre 14 organizzazioni di protezione ambientale, rivela che il 63% delle giacche outdoor per bambini testate, provenienti da diversi Paesi del mondo, è contaminato da Pfas, con il 29% che supera i limiti consentiti dall’Unione Europea.
Il fatto che il 37% delle giacche testate fossero prive di cancerogeni Pfas dimostra che già esistono alternative sicure sul mercato: prodotti che offrono protezione dagli agenti atmosferici senza compromettere la salute dei più piccoli.
Test domestici per individuare i Pfas nelle bevande?
Uno stick di uso comune, da tenere in casa per controllare l’acqua del rubinetto? In epoca futuribile sì, sarebbe tecnicamente possibile se la strada ecosanitaria non fosse quella di eliminarli i Pfas, metterli al bando.
Infatti le sostanze perfluoroalchiliche o PFAS, considerate “perenni” contaminanti per la loro straordinaria resistenza agli insulti chimici e fisici, sono ormai virtualmente presenti nell’organismo di tutti gli esseri umani. Introdotti negli anni cinquanta, per rendere resistenti ai grassi e all’acqua diversi tipi di materiali, questi oltre 10.000 composti sono talmente diffusi da essere penetrati in ogni interstizio della catena alimentare, a cominciare dalle falde acquifere e dai terreni, dai quali rientrano nelle piante negli animali, arrivando così all’uomo.
Nel frattempo al Massachusetts Institute of Technology di Boston hanno messo a punto un sistema estremamente sensibile per il rilevamento di alcuni PFAS nell’acqua potabile, che potrebbe diventare uno stick di uso comune, da tenere in casa per controllare l’acqua del rubinetto. A parte il costo, un sistema demenziale, come costruirsi rifugi antiatomici piuttosto che eliminare le armi, un espediente del capitalismo lobbista a coprire una catastrofe ambientale e sanitaria.
Pubblicato il15 Aprile 2024
Allarme dei Forum ambientalisti toscani per i Pfas.
Una serie di Associazioni (clicca qui) scrivono una lettera aperta a Presidente della Regione Toscana, Assessore all’Ambiente e Gruppi Consiliari: “Siamo inquietati e sorpresi in quanto, a 10 giorni di distanza dall’uscita del report di Greenpeace sulla presenza di Pfas nelle acque superficiali, in cui scaricano i reflui depurati dei distretti conciari, della carta, del tessile, come pure l’area interessata dalle attività florovivaistiche fra Pistoia e Prato, l’Amministrazione Regionale Toscana si nasconda in un silenzio sconcertante”. Siamo coscienti che non sarà possibile risolvere il problema senza mettere fuori legge la produzione e l’uso di questi composti chimici non degradabili, e riteniamo perciò opportuna una autonoma decisione della Toscana per la messa al bando.
Legambiente: identificare le aziende responsabili dell’inquinamento da PFAS.
Legambiente Toscana reclama l’identificazione delle aziende responsabili dell’inquinamento da PFAS, presenti in corsi d’acqua in diverse zone della regione, in particolare quelle vicine ai distretti produttivi come il cartario Lucchese, il conciario nel Lucchese, il florovivaistico nel pistoiese e il tessile del Pratese.
Infatti, stando ai dati raccolti nel 2022 da Arpat, gli PFAS erano presenti nel 76% delle acque superficiali, nel 36% delle acque sotterranee e nel 56% dei campioni di biota (animali) monitorati. Tra i fiumi interessati dalla contaminazione ci sono l’Arno, Ombrone e Serchio. Legambiente denuncia l’urgenza dell’intervento: gli PFAS, tossici e cancerogeni, non vengono mai degradati nell’ambiente e per la loro scarsa o nulla biodegradabilità si bioaccumulano nella flora, nella fauna selvatica e negli esseri umani.
Pfas nei delfini del Mediterraneo.
Nei delfini, nelle tartarughe e negli squali spiaggiati sulle coste della Toscana. Alte concentrazioni nel fegato e nel cervello, soprattutto degli esemplari più giovani.
Arpa Toscana, Università di Pisa e Centro Nazionale Ricerche, tra il 2020 e il 2022, hanno analizzato 26 stenelle (delfino comune), due tartarughe e nove squali. Principali organi bersaglio: cervello e fegato. Nel cervello dei delfini fino a 87 nanogrammi per grammo, 501 nanogrammi per grammo di peso nel fegato: i più contaminati sono gli esemplari al di sotto dei due anni di età, perché, come noi sono mammiferi e quindi allattati, e proprio nel latte si concentrano i Pfas.
Presenza di PFAS riconducibile ai materiali utilizzati nella realizzazione della Galleria di base ferroviaria del Ceneri.
L’Ufficio federale dell’ambiente (UFAM) ha ricercato i PFAS nelle acque di falda, mentre l’Associazione dei chimici cantonali svizzeri (ACCS) ha investigato la qualità delle acque potabili nella rete di distribuzione. In Ticino è confermata la presenza di PFAS nella falda che alimenta il Pozzo Pra Tiro a Chiasso. La Sezione protezione aria, acqua e suolo (SPAAS) del Dipartimento del territorio e il Laboratorio cantonale del Dipartimento della sanità e della socialità, congiuntamente al Comune di Sant’Antonino e al Comune di Capriasca, informano inoltre che l’analisi condotta dall’ACCS ha evidenziato la presenza di PFAS in due campioni di acqua potabile ticinesi, segnatamente dei Comuni di Capriasca e di Sant’Antonino.
La tossicità dei PFAS, i cosiddetti inquinanti eterni, è stata fino a ora sottovalutata. A lanciare l’allarme è un nuovo studio pubblicato dalla rivista Nature Geoscience, che traccia una nuova mappa mondiale, che comprende anche la Svizzera.
Timori crescenti in Giappone per i Pfas
In una nuova indagine, i residenti della città di Settsu, nella prefettura di Osaka, presentano alti livelli di Pfas nel sangue, correlati all’eccessivo livello dei forever chemicals nei fiumi locali e nelle acque sotterranee. I PFAS nel sangue rilevati in molte località del Giappone superano i limiti legali, la maggior parte in aree vicine alle basi militari statunitensi e alle basi delle forze di autodifesa.
Nel 2018 il Giappone ha vietato in linea di principio la produzione e l’importazione di sostanze PFOS, comunemente utilizzate negli estintori a schiuma, per tutte le applicazioni, nonché di quelle classificate come PFOA nel 2021. Ma, come sappiamo, i Pfas sono indegradabili accumulabili, indistruttibili.
Movimento di lotta per la salute Maccacaro - RETE AMBIENTALISTA - Movimenti di Lotta per la Salute, l’Ambiente, la Pace e la Nonviolenza