La guerra in Ucraina poteva finire in due mesi: ecco le prove
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- Scritto da Roberto Vivaldelli
20 Aprile 2024
Dopo il fallimento della controffensiva dello scorso anno, nelle ultime settimane si sono moltiplicate sui media internazionali le notizie di un imminente sconfitta dell’Ucraina provocata da una grave mancanza di uomini, armi e munizioni, oltre che da un morale delle truppe pessimo. Nel frattempo, i russi avanzano – seppur lentamente – un po’ ovunque. Il tempo sembra essere dalla parte di Mosca, e contro Kiev e l’occidente.
A questo punto si affaccia l’ipotesi, concreta, della necessità di arrivare, prima o poi, a un accordo negoziale con i russi: più un “congelamento” del conflitto sul modello coreano, più che un accordo di pace vero e proprio, che pare molto lontano da ogni prospettiva realistica. Gli ucraini rischiano di arrivare sul tavolo dei negoziati in una posizione decisamente più debole rispetto a quella del 2022, quando avevano maturato alcune importanti vittorie strategiche, mentre i russi si apprestano a prendersi Kharkiv, la seconda città più popolosa del Paese. E allora la domanda che molti si pongono è: non si poteva trovare una via d’uscita al conflitto prima, evitando così decine di migliaia di morti da entrambe le parti? Secondo quanto dichiarato il 12 aprile dal portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, un accordo di pace tra Russia e Ucraina, interrotto nel 2022, “potrebbe essere la base per nuovi negoziati, ma non c’è alcun segno che Kiev sia pronta per i colloqui”. L’accordo includeva clausole che richiedevano all’Ucraina di adottare uno status di neutralità e di non aderire alla Nato, di limitare le dimensioni delle sue forze armate e di concedere uno status speciale all’Ucraina orientale.
L’accordo abortito dell’aprile 2022
La rivista statunitense Foreign Affairs ha dedicato, con tanto di documenti e testimonianze inedite, un lungo articolo dedicato negoziati che si svolsero in Bielorussia e in Turchia a cui si riferisce oggi Peskov e che avrebbero potuto far terminare la guerra nell’aprile-maggio 2022, appena due mesi dopo l’invasione russa dell’Ucraina. Perché i colloqui si interruppero bruscamente nel maggio di quell’anno? Il massacro di Bucha fu la pietra tombale di quei negoziati? Foreign Affairs risponde a una buona parte di queste domande. “…Alcuni osservatori e funzionari (tra cui, soprattutto, il presidente russo Vladimir Putin) hanno affermato che sul tavolo c’era un accordo che avrebbe posto fine alla guerra, ma che gli ucraini se ne sono allontanati a causa di una combinazione di pressioni da parte dei loro protettori occidentali e delle supposizioni di Kiev sulla debolezza militare russa” nota Foreign Affairs che sottolinea come non esista una sola “motivazione”pistola fumante” che ha posto fine al dialogo tra Ucraina e Russia ma una serie di fattori. Sebbene la rivista americana non sostenga la versione russa secondo cui i partner occidentali dell’Ucraina, in particolare Regno Unito e Stati Uniti, avrebbero di fatto sabotato l’accordo (sarebbe strano il contrario), si ammette che “i partner occidentali di Kiev erano riluttanti a lasciarsi coinvolgere in un negoziato con la Russia”, in particolare “in un negoziato che avrebbe creato nuovi impegni per garantire la sicurezza dell’Ucraina”.
La pace sfumata tra Russia e Ucraina
Dopo una prima serie di incontri tesi, una svolta sembrò arrivare il 29 marzo 2022, dopo un colloquio tra le delegazioni diplomatiche che si svolse a Istanbul, in Turchia. A seguito di quell’incontro, Ucraina e Russia concordarono addirittura un comunicato congiunto. La pace, sebbene incerta e tutt’altro che definitiva, sembrava vicina. La bozza di accordo visionato da Foreign Affairs prevedeva, come già accennato, un’Ucraina “neutrale e non nucleare”, che avrebbe rinunciato a “qualsiasi intenzione di aderire ad alleanze militari o di permettere la presenza di basi militari o truppe straniere sul proprio territorio”. Il comunicato elencava come possibili garanti i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (inclusa la Russia) insieme a Canada, Germania, Israele, Italia, Polonia e Turchia. La bozza dell’accordo diceva anche che se l’Ucraina fosse stata attaccata e avesse richiesto assistenza, tutti gli Stati garanti sarebbero stati obbligati a fornire assistenza a Kiev per ripristinare la sua sicurezza attraverso l’imposizione di una “no fly-zone” ea intervenire direttamente “boots on the ground“. All’Ucraina sarebbe stata concessa l’adesione all’Unione europea, che gli stati garanti dell’accordo avrebbero dovuto sostenere diplomaticamente.
L’opposizione di Boris Johnson
Nonostante le notizie sul massacro di Bucha che emersero all’inizio di aprile, i colloqui proseguirono, fino alla bozza del 15 aprile, che faceva presagire il raggiungimento di un accordo entro due settimane, sebbene non si fosse parlato mai parlato o discusso dei confini delle due nazioni. Perché allora i colloqui si fermarono? Secondo il leader russo Vladimir Putin, su pressione dell’occidente, e in particolare di Boris Johnson, allora primo ministro britannico, il Regno Unito avrebbe imposto agli ucraini di continuare a combattere. “La risposta occidentale a questi negoziati, ammette Foreign Affairs… è stata certamente tiepida. Washington e i suoi alleati erano profondamente scettici riguardo alle prospettive del percorso diplomatico che emergeva da Istanbul”. Non è certo un mistero che Boris Johnson, che in quei giorni si recò proprio a Kiev, disse a Zelensky che ogni sorta di accordo negoziale avrebbe rappresentato una vittoria per Vladimir Putin. Come ha raccontato Davyd Arakhamiia, uno dei principali consiglieri del leader ucraino, “..dopo il nostro ritorno da Istanbul, Boris Johnson visitò Kiev e ci disse che non avremmo dovuto firmare nulla con i russi e continuare a combattere”. Durante la sua visita in Ucraina, Johnson infatti disse: “Putin è un criminale di guerra, va messo sotto pressione”, e tre giorni dopo che l’allora premier britannico lasciò Kiev, Putindichiarò pubblicamente che i colloqui con l’Ucraina erano improvvisamente finiti “in un vicolo cieco”. Qualcosa era evidentemente accaduto, come peraltro confermato anche da fonti governative.
Come rivelato dal Washington Post, anche la diplomazia statunitense si oppose all’accordo dell’aprile 2022 con Mosca. In un’intervista alla televisione israeliana, l’ex primo ministro israeliano Naftali Bennett ha confermato che gli Stati Uniti e il Regno Unito bloccarono l’accordo e questa tesi è supportata anche dalla testimonianza diretta di un diplomatico ucraino che faceva parte della delegazione di Istanbul. Si tratta dell’ambasciatore Oleksandr Chalyi, che durante un evento pubblico a Ginevra, in Svizzera, ha ricordato quanto Kiev e Mosca fossero “vicini” a porre fine “alla nostra guerra con una soluzione pacifica”. Putin, ha sottolineato, “ha cercato di fare tutto il possibile per concludere un accordo con l’Ucraina” e “voleva davvero raggiungere una soluzione pacifica”. E a Istanbul le due parti “erano riuscite a trovare un vero compromesso”. Eppure “per alcune ragioni” non meglio specificate dall’ambasciatore, quel compromesso “è stato rinviato”.
Ora, grazie a una serie di testimonianze e documenti, sappiamo il perché, e possiamo giungere alla conclusioni che l’occidente a guida anglo-americana la pace in Ucraina non l’ha mai voluta.
Da Insideover