Nino Quaranta e la sua lotta per la Terra e la Giustizia.

 

Il CIVG ringrazia Nino Quaranta per averci consentito di pubblicare il suo documento politico “Terra!” e per averci concesso l’intervista che lo segue. L’impegno decennale e infaticabile di Nino è un esempio per tutti coloro che credono all’unità delle lotte ambientali.

 

 

 

 

 

Terra!

di Nino Quaranta

 

Prologo

Dalla notte dei tempi, da te ci viene vita! Cara ed amata Madre; ora, ti mostri agonizzante, attonita, sempre più violentata da agenti estranei che ti inducono a figliare mostri. Passato è il tempo in cui nutrivi piante e animali senza chiedere nulla in cambio se non la custodia, la reciproca cura; vero è, che mani insanguinate, mille e mille volte ti hanno deturpata; vero è, che in moltissime parti di mondo, la tua superficie è cosparsa di morte; ed è anche vero che, al di là di questi flagelli, è in atto la distruzione sistematica di ciò che per millenni è stato il nostro rifugio, perché? Perché i custodi non sanno e non vogliono più custodire; vagano senza meta verso oscuri orizzonti, preda delle lusinghe di un dio informe, che esalta l’effimero. Noncuranti e colpevoli, si avviano verso il baratro, il non ritorno; dove s’è assopita la ragione, dentro un mare di solitudine. La socialità, il vivere civile, la complicità tra simili, il rispetto reciproco, sono ormai figure retoriche che appartengono a una minoranza di ribelli che si erge, generosa, sopra il marasma dell’indifferenza dilagante. Nel cosiddetto mondo civile, che Civile non è, la violenza e la sopraffazione regnano incontrastate; di più, è in atto, da molti lustri, un disegno politico tendente all’annichilimento delle dissidenze e delle minoranze. Il “pensiero unico” è il solo padrone, il denaro il suo unico dio!

Visione generale dell’incombente catastrofe

Ad avvalorare, purtroppo, la tesi del disegno politico sopra citato, sull’azzeramento delle dissidenze e delle minoranze, due soli esempi chiarificatori: la distruzione della Palestina come Nazione e come Popolo; lo strapotere di pochi potentati economici e finanziari che, armi alla mano, determinano a loro piacimento, l’andamento politico ed economico del mezzo mondo benestante che gode dei privilegi costruiti sulla pelle dell’altra metà di mondo, diseredata e oppressa. Il Pianeta è diventato un’immensa discarica e, i cambiamenti climatici in atto da tempo, ne conclamano la lenta agonia; non esiste una visione futura che induce all’ottimismo, bisogna consumare il più possibile tutto ciò ch’è consumabile per stare al passo coi tempi ed essere conformi all’effimero.

Ma, tornando alla Terra, essa ci mostra il continuo proliferare di forme intensive di sfruttamento, sia per quanto riguarda l’agricoltura che per quanto riguarda gli allevamenti. Le colture diversificate, quelle che davano nutrimento a intere famiglie contadine, cedono il passo a grossi concentramenti di fondi (i nuovi latifondi, appunto) molto spesso già accaparrati da organizzazioni criminali che li utilizzano  per riciclare denaro sporco e poi li affidano a prestanomi. In ogni caso, rigorosamente votati alla monocoltura intensiva. Nella Piana di Gioia Tauro/Rosarno, gli aranceti, gli uliveti e i mandarineti stanno via via scomparendo soppiantati da colture intensive di kiwi gialli, sovvenzionati in toto da grandi cooperative del Nord Italia. E il Nord Italia, dal canto suo, persevera nelle colture, sempre intensive, di grano, mais e soia e, nel contempo, esibisce vergognosamente i grandi allevamenti, sempre intensivi, in totale sfregio della vita e della dignità degli animali. Il quadro è questo, non solo tollerato ma, fomentato e sovvenzionato dalle politiche dell’agro/busines (vedi, ad esempio, i fondi PAC, dirottati, nella quasi-totalità verso questi canali) ormai padrone del campo in tutto il mezzo mondo civile che civile non è. Ora, di fronte a questo quadro alquanto inquietante, non abbiamo molti rimedi… Tra l’altro,  la “pubblicistica” o, induzione continua e a vari livelli di consistenti dosi di falsità,  martella incessantemente, le menti ormai atrofizzate e spossate che non hanno né tempo e né voglia manco di pensare. Un esempio su quest’argomento: qualche mostro abbarbicato al potere costituito, e a proposito dei consistenti flussi migratori, in atto da molti decenni, osa  dire, in tutti i canali del regime: “Aiutiamoli a casa loro!” dimenticando di aggiungere che “loro” una casa non ce l’hanno più, perché gli è stata sottratta, così come la Terra; infatti, intere Regioni, in Africa soprattutto, sono state comprate dagli occidentali e dai cinesi… dunque, se non hai più gli elementi essenziali per poter vivere, come la terra, sei costretto a migrare, e non certo per villeggiatura. Per non parlare di tutte le guerre create, a bella posta, per lo sfruttamento sfrenato di territori, un tempo ricchissimi di risorse e di Cultura ed ora, ridotti a cumuli di macerie. Malauguratamente però, la gran parte della gente, già spossata, appunto, nel corpo e nello spirito, resta indifferente, sui propri comodi divani e si beve tutte le favolette sciocche raccontate dall’informazione di regime, sopravvivendo, per forza d’inerzia e traendo nutrimento dal crasso individualismo dilagante.

La contadinanza necessaria

Possibile non ci sia uno spiraglio, una tenue speranza di futuro? Effettivamente, la situazione è alquanto grave ma, non tutto è ancora perduto...

Ecco, costruire legami tra tutti coloro che perseguono obiettivi comuni è uno degli elementi fondamentali per un reale cambiamento culturale. Si tratta solo di avere ben chiare tutte le esperienze condivise funzionali alla Collettività che, per quanto ci riguarda,, potremmo definire Beni Comuni tout-court e attivare degli interventi pratici per la loro salvaguardia e la loro affermazione. Le risorse primarie, la tutela dell’Ambiente, l’Etica, la Giustizia Sociale... devono rientrare, a pieno titolo, nel patrimonio dei Beni Comuni; se l’Etica non sarà pienamente presente all’interno della Politica, non vi potrà mai essere giustizia sociale e, ancora, si protrarrà, senza tregua, la guerra perenne di tutti contro tutti: una cosa a cui da decenni, o forse, da sempre, stiamo assistendo, ed ora, dal limbo di quest’età presente assistiamo, parimenti a tutte le altre atrocità che si consumano nella più bieca indifferenza. Primi responsabili  di questo scempio sono i poteri decisionali che, a tutti i livelli e troppo spesso, somministrano diseguaglianze, soprusi, violenza.

Allora, vi sono poche soluzioni per correre ai ripari ed una è, senza dubbio, quella di unire le forze sane e, partendo da queste, operare per la realizzazione del cambiamento politico/economico e, in generale, Culturale. Mettere al centro la “contadinanza” come pensiero e azione positiva e creativa, ci pare utile e necessario, un vero e proprio dovere morale, visto che, come si diceva prima, la Madre Terra rappresenta la prima sorgente di vita e i Contadini ne sono, da sempre, i soli custodi. Bisogna però mettere bene a fuoco le modalità d’intervento e non lasciare nulla d’intentato. L’azione che, da tempo, sta svolgendo la Via Campesina, in varie parti di Mondo, ci pare una strada da perseguire proprio perché ben radicata e presente a livello mondiale ma, bisogna assolutamente scongiurare due pericoli che sono perennemente in agguato: 1) il rischio che il movimento si burocratizzi e perda di vista i reali bisogni che devono, necessariamente, essere attuati sul campo; 2) le lusinghe messe in atto, con vari mezzi, da parte del potere dominante che inducono all’ozio, al quieto/vivere, alla sudditanza; guai a lasciarsi ammaliare dal canto delle sirene che promettono una vita all’insegna del benessere individualista. Conseguentemente, bisogna creare dei coordinamenti contadini che partano dai vari Territori e stabiliscano, in presenza, tutte le modalità per mettere in pratica strategie e azioni enunciate e decise spesso in maniera puramente teorica. In ogni caso, il livello precedente non può non essere quello di intese, anche se limitate, nei territori, e tra le reti di solidarietà in generale, per l’attuazione del mutualismo e della cultura “altra”. Poi è da tenere sempre in considerazione il percorso delle pratiche legali, “istituzionali” (pensiamo a proposte di legge, o veri e propri accordi, o rappresentanze fattive a tutti i livelli) per cercare, quantomeno, di modificare in meglio lo stato delle cose. Una azione da mettere in pratica a tutela di una reale legalità, è la vigilanza continua per la salvaguardia del lavoro etico e contro ogni forma di sfruttamento. E’ bene, anche in questo caso, fornire qualche esempio chiarificatore: nella Piana di Gioia Tauro/Rosarno, viene tollerata e, molte volte, incentivata, la raccolta degli agrumi “a cassetta” cioè, gli immigrati raccoglitori (perché di loro si tratta!) non vengono retribuiti in base alla propria giornata lavorativa ma, rispetto alla quantità di cassette di agrumi raccolte; lo stesso dicasi per la raccolta dei pomodori nella Capitanata o in altri luoghi, con l’aggravante che, quest’ultima, avviene in estate, sotto il sole cocente. Va da sé che, a livello di ricavo, conviene all’immigrato che s’ammazza nel corpo e nell’anima per cercare di guadagnare di più; e va più che bene all’imprenditore che, a scanso di qualunque straordinario, ringrazia! Ebbene, si fa un gran parlare di caporalato, di sfruttamento dell’uomo sull’uomo ma, di questa gravissima forma di sfruttamento appena menzionata nessuno ha voglia di dire anzi, essa è sottaciuta proprio per il fatto di essere funzionale a tenere bassi i prezzi al consumo e a fomentare il lavoro nero; che poi, qualche immigrato ci lasci le penne per le fatiche e gli stenti, poco importa, è il tributo da pagare per la continua rigenerazione dell’unico dio! E pensare che anche qualche realtà che s’ammanta di discorsi etici, s’è lasciata trascinare nella corsa spasmodica al facile profitto, adottando questi loschi sistemi, vergogna! Come diceva un Poeta: “io so, ma non ho le prove”, la busta paga è  sì trasparente, tuttavia, è pure soltanto un foglio di carta senz’anima.

La scelta

Ecco la parola magica, la chiave di volta per scardinare, almeno in parte un sistema che affama e opprime. Scegliere di lavorare per creare e vivere dignitosamente; scegliere di consumare i frutti della Terra in armonia con la natura. La scelta contadina rispetto alle modalità agricole attuabili deve assolutamente essere quella Agro-Ecologica; essa garantisce la tutela della salute e dell’ambiente, in più, è creatrice di lavoro etico funzionale a quello che comunemente viene definito consumo critico. E’ naturale, che questo tipo di scelta presuppone dei costi di lavoro e di vendita più elevati ma, tant’è; l’agroecologia, non è finalizzata al profitto bensì alla tutela e alla cura della salute e della nostra Madre Terra. I consumAttori, com’è bene chiamarli, decidono che devono pagare una salsa di pomodoro molto di più di quella che possono acquistare sui banchi dei supermercati ma, sanno anche che dietro quella salsa, c’è lavoro dignitoso e Rispetto per la Vita e per l’Ambiente… Ecco l’altra parola magica, il rispetto; non tenere conto di questo valore, significa non voler vedere lo sfruttamento che esiste dietro un prezzo da fame: sfruttamento dell’uomo sull’uomo, sfruttamento incondizionato della natura e delle sue risorse, sfruttamento del Pianeta tout-court. Il discorso non è semplice, richiede anche sacrifici e lavoro costante ma, trattandosi d’Interesse Comune, pensiamo sia bene continuare ad agire in questa direzione. Una cosa, comunque, è certa: se questo tipo di scelta Etica riuscisse a moltiplicarsi fino a diventare di dominio Pubblico, allora, si vedrebbe attuata anche un’altra condizione fondamentale e cioè, la diminuzione dei prezzi, quindi, la possibilità, per ciascuno di noi, di potersi nutrire di cibi sani a prezzi ragionevoli...

Una prima forma d’azione che potremmo adottare per contrastare la deriva d’egoismo e insensibilità che ci attanaglia è il boicottaggio di tutto ciò che deriva da violenza e sfruttamento. Inoltre dobbiamo essere in grado di mettere in pratica una narrazione convincente che arrivi al cuore della gente, esaltando le nostre attività quotidiane, per far sì che queste si possano moltiplicare e portare ad esempio di buone pratiche che fanno bene a ciascuno di noi; insomma, in ogni azione, metterci più sentimento, e più allegria, che non guasta. Per questo, è necessaria “la meglio gioventù”, perché essa è la luce Futura. Infine, ma non ultimo, operare a tutti i livelli, per affermare l’accesso alla Terra! Che siano beni demaniali, beni confiscati alla criminalità, beni occupati, o beni concessi ad uso Collettivo, da Consorzi o Imprenditori Etici poco importa; ciò ch’è necessario è il fatto che la Terra possa e debba essere produttiva, all’insegna del rispetto dei Viventi che la popolano e dell’Ambiente. Se queste ultime riflessioni venissero supportate da Azioni concrete allora non sarebbero parole al vento o pura teoria ma concretezza e vitalità.

Per il Futuro, Crediamoci!

 

 


 

 

Intervista a Nino Quaranta del 25 Febbraio 2024, a cura del CIVG.

Raccontaci qualcosa sul tuo percorso all’interno della cooperativa “Contadinanza necessaria” e delle altre tue iniziative.

Il nostro percorso? Diciamo che inizia nel 2012, all'indomani della cosiddetta rivolta di Rosarno. Io e altre persone abbiamo fondato un'associazione, che purtroppo sulla carta esiste ancora e della quale sono presidente, benché sia uscito 5 anni fa. Era un progetto politico, che si chiamava SOS Rosarno. A partire da questa associazione nel 2015 abbiamo fondato, per essere autonomi dal punto di vista amministrativo, una cooperativa (e lì per fortuna il presidente l’hanno cambiato e non sono più io) che si chiama Mani e Terra.  Da queste due realtà me ne sono dovuto andare per gravi incongruenze politiche, cioè nel senso che sono venuti meno tutti i fondamenti dell'associazione e della cooperativa. Loro fanno commercio e io non faccio commercio, io faccio il contadino. E così nel 2020, all’indomani delle mie dimissioni da tutte e due queste realtà che sono avvenute nel 2019, ho pensato di fondare la cooperativa Della Terra - Contadinanza necessaria. L’ho chiamata così perché, secondo me, la “contadinanza” è necessaria, perché i contadini sono quelli che nutrono veramente il pianeta. Sono partito veramente molto in grande, nel senso che ho subito assunto 5 immigrati provenienti dal cosiddetto ghetto di San Ferdinando e arrivati in Italia passando dalla Libia. Sono partito con 5 persone perché sono stato aiutato da un progetto che si chiamava “Spartacus - Liberiamo gli schiavi di Rosarno”, sostenuto soprattutto dall'Associazione Chico Mendes di Milano. Quando il progetto Spartacus è terminato non ho potuto ovviamente sostenere questa situazione, quindi in questo momento sto lavorando con un solo immigrato, che si chiama Lamin Camara e che viene dal Mali. Lamin è un ragazzo di 26 anni che riporta ancora i segni di tutte le torture che ha subito in Libia. Lamin è stato recentemente in Africa; lì è riuscito finalmente a far andare la sua famiglia in Senegal, visto che in Mali come sapete operano dei movimenti fondamentalisti finanziati dall’Occidente che fanno strage tra la popolazione. Perché ho raccontato questa cosa? Perché lo spirito che ha animato questa nuova cooperativa è sempre quello iniziale, quello del 2012, cioè di fare qualcosa per queste persone, la cui vita è veramente inimmaginabile se non la si vede con gli occhi propri. Sono persone che ovviamente sono portatrici di un'altra cultura, ma con le culture ci si può confrontare. Non è che io preferisca gli immigrati al posto degli autoctoni, perché certamente ci sono anche degli autoctoni che stanno che stanno male. L'importante è che si riesca a vivere tranquillamente e in pace e diciamo che loro stanno ottenendo questo risultato, questo dal punto di vista lavorativo.

Per farvi un esempio, con un consorzio stiamo pensando di assumere qualche altra persona per gestire delle terre confiscate alla criminalità. Ed è venuto l'altro giorno in campagna un amico di Lamin a chiedere se avremmo potuto assumerlo. Io gli ho detto che se va in porto questo progetto lo avremmo potuto assumere, e lui m'ha chiesto: “Ma tu come mi assumi? A giornata o a cassetta?”. Io gli ho detto: “se ti assumiamo, ti assumiamo con un regolare contratto di lavoro. E tu lavorerai per 7 ore al prezzo netto di 50 euro e lordo di 62”. Riporto questo aneddoto per farvi capire quale è la situazione attuale, che si basa sulla raccolta “a cassette”, che è una cosa aberrante secondo me, perché ci scappano anche i morti, sotto il Sole cocente dell’estate, morti dovuti a questa forma di auto-sfruttamento. Però questa cosa della raccolta delle casette purtroppo è tollerata e va bene anche agli stessi braccianti, per il fatto che loro riescono a fare anche 120 euro al giorno, e però per farli rischiano la vita. Secondo me dobbiamo vigilare di più, come ho ricordato recentemente anche ai compagni della Via Campesina europea. Oggi tutti parlano di caporalato, va di moda. Però sapete il caporalato cos'è veramente? Il caporalato è un ragazzo nero che ha la fortuna di possedere un furgone e che porta i suoi amici a lavorare prendendo qualche euro. E’ una cosa bella? Ovviamente no, ma non è lo sfruttamento vero. Lo sfruttamento, quello vero, è quello che ha luogo ai crocicchi delle strade quando passa l'imprenditore e chiede: “Tu vuoi venire a lavorare per 30 euro?”. Se tu dici di no, lui va avanti e trova qualcuno che è disposto a farlo. Questo lo è sfruttamento, quello vero, non il caporalato.

 

Questo tuo approccio, questi tuoi progetti come sono stati accolti dagli abitanti del luogo e dagli altri contadini? Hai avuto un dialogo con le realtà che ti circondano?

Allora, con alcuni contadini c'è stato un dialogo e c'è tuttora, nel senso che conosco anche degli imprenditori che hanno che hanno parecchi ettari di terra, non quattro ettari come la cooperativa che gestisco. Chiamiamoli imprenditori illuminati. Assumono i loro lavoratori con un regolare contratto sindacale. Però non è la regola. Molti dicono che sono un pazzo, che avrei fatto meglio a fare il professore invece del contadino. Così così la pensano la gran parte delle persone, perché la cultura generalizzata è individualista, ognuno cerca di arraffare il più possibile.

Per combattere questa mentalità è necessario che le piccole realtà si uniscano e collaborino. E’ inutile sperare nell'appoggio dei governi europei, che hanno sposato una idea politica del tutto opposta. E io dico sempre che noi non siamo contro le istituzioni, noi vorremmo collaborare con le istituzioni: purtroppo sono le istituzioni che non vogliono collaborare con noi, perché hanno deciso di sostenere l'agroindustria e le colture intensive. Faccio un esempio per capirci meglio. Qui nella Piana di Gioia Tauro, Rosarno era un immenso agrumeto fatto di mandarini, clementine e di arance. E adesso sta diventando una immensa area coltivata a kiwi. Nel senso che le industrie, le grandi Cooperative del Nord stanno finanziando la piantagione intensiva di kiwi giallo, che impongono agli imprenditori.

 

A proposito del rapporto con le istituzioni, prima hai detto giustamente che le istituzioni sia nazionali che europee ormai sono spinte verso una promozione quasi ideologica dell'agrobusiness, visto come un modello più efficiente, più produttivo, eccetera. Come vedi le proteste degli agricoltori degli ultimi mesi? Si tratta della proposta di un modello alternativo all’agribusiness o si tratta di una realtà più complessa?

 

Assolutamente, la realtà è più complessa e molto più contraddittoria. Innanzitutto, molto dipende dal contesto locale. E’ un tema che ho affrontato anche con i compagni spagnoli della Via Campesina e con quelli francesi della Confederation Paysanne. Mi pare che molte di queste proteste siano strumentalizzate per giustificare delle prese di posizioni dei vari governi europei nei confronti dell'agricoltura, nel senso che mi pare siano proteste di imprenditori medio-grandi, che si possono permettere la meccanizzazione delle operazioni agricole (che è molto costosa, basta pensare ai trattori che vediamo sfilare in televisione) e non di contadini come li intendo io. Le politiche europee finanziano le grandi imprese. Per la grandissima maggioranza i fondi della PAC sono dirottati in 3 o 4 Regioni del Nord Italia e queste regioni sono quelle dove si concentra appunto l'agrobusiness. Anche la politica italiana che adesso strizza l’occhio alle proteste non appoggia il mondo contadini. Ad esempio la proposta di Legge Contadina che noi abbiamo presentato è arrivata anche in un ramo del Parlamento, poi si è fermata, come succede di solito. Ma pensiamo anche alla Dichiarazione delle Nazioni Unite per i Diritti dei Contadini. Non è stata assolutamente presa in considerazione, perché il nostro paese, vergognosamente, si è astenuto.

 

Come ti poni rispetto a quelle parti di mondo, in particolare nel contesto sudamericano, dove la questione indigena, l’agroecologia e le lotte contadine e sociali sono molto intrecciate? Possono costituire una sorta di esempio?

 

Secondo me l'espressione più eclatante di movimento contadino è quello rappresentato dai Sem Terra in Brasile. Qualche anno fa, circa sei, quando ero nella vecchia cooperativa, sono venute qui in Italia nove persone del movimento Sem Terra. Erano dei ragazzi che non solo facevano i contadini, ma erano anche laureati in agroecologia. Questi ragazzi per 15 giorni hanno lavorato con me in campagna ed erano veramente molto coinvolti dalla loro condizione di contadini, una condizione che vivevano come collettiva. Il loro movimento ovviamente era stato abbastanza sostenuto dal governo Lula, questo gioco bisogna dirlo. Però c’era una parte per così dire di passione, di cuore. Nel cosiddetto mondo civile, ma in particolare in Italia, questa parte manca. Ci sono piccole realtà, ad esempio sindacali, ma sono per l’appunto piccole e manca loro la forza economica. Le realtà con una certa forza economica si orientano direttamente verso le politiche governative ed europee, le stesse che finanziano le guerre in giro per il mondo. Detto questo, la consapevolezza verso queste tematiche, verso l’agricoltura “biologica” intesa non solo come prodotto buono e sano ma anche, come dico sempre io, come modello produttivo più equo, sta diventando più forte.