Notiziario Patria Grande - Febbraio 2024

 

NOTIZIARIO FEBBRAIO 2024

 

 

RESUMEN LATINOAMERICANO (CUBA) / ANALISI / ECUADOR

Nelle fauci dell’impero

 

GRANMA (CUBA) / ESTERI / DIALOGHI DI PACE IN COLOMBIA

Cuba accompagnerà il dialogo tra il Governo della Colombia e il gruppo ribelle

 

GRANMA (CUBA) / ESTERI / MESSICO

Il pericolo delle armi vicine

 

HISPANTV / ARGENTINA

Province della Patagonia argentina formano un fronte politico

 

HISPANTV / HONDURAS

Honduras: deputati chiedono la cancellazione dei partiti corrotti

 

HISPANTV / VENEZUELA

Il Venezuela concorda il calendario elettorale mediante il dialogo nazionale

 

HISPANTV / VENEZUELA

Il Venezuela approva il Piano delle 7 Trasformazioni

 

RUSSIA TODAY / LA RUSSIA SOSTIENE l’AMERICA LATINA

Il segretario del Consiglio di Sicurezza della Russia afferma che Mosca è disposta a sostenere l'America Latina

 

GRANMA (CUBA) / ESTERI / ISRAELE

Di fronte ai crimini d’Israele e degli USA si farà giustizia?

 

TELESUR (VENEZUELA) / ANALISI / INGERENZE USA IN LATINO AMERICA

Duecento anni di Dottrina Monroe, sofferenza infinita per l’America Latina

 

RESUMEN LATINOAMERICANO / ANALISI / ESITO ELEZIONI IN GUATEMALA

Il voto e i fattori che hanno portato Arévalo alla presidenza

 

 


 

RESUMEN LATINOAMERICANO (CUBA) / ANALISI / ECUADOR

Nelle fauci dell’impero

 

 

 

L'Ecuador sta attraversando un momento difficile sotto gli aspetti più diversi, ma soprattutto per la decomposizione sociale in cui è stato immerso dopo il tradimento della Revolución Ciudadana da parte del presidente Moreno. Moreno ha fatto marcire innanzitutto lo stesso potere esecutivo e con esso buona parte di quello legislativo. La magistratura si imbarcò volentieri nella persecuzione di tutto ciò che aveva a che fare con o sapeva di “correismo”, qualsiasi leader della Revolución Ciudadana che non tradisse il suo leader e i suoi principi era un bersaglio immediato di una giustizia ossessionata e amante del “lawfare”. Per il traditore, i media di massa e l’oligarchia, l’ex presidente Correa era ed è colpevole di tutti i mali accaduti e ha l’aggravante di aver tentato di cancellare tutti i progressi e le conquiste ottenute a favore del popolo nel periodo 2007-2017.

L’Ecuador ha perso buona parte della sua sovranità economica e finanziaria nel 1999, quando decise di abbandonare la moneta nazionale, il Sucre, e di adottare il dollaro come moneta a corso legale. Questi tipi di economie sono terreno fertile ideale per la crescita di tutti i tipi di attività illegali. Se i controlli perdono efficacia o non vengono attuati, viene facilitato il riciclaggio di denaro, come ha spiegato l’economista ed ex presidente Rafael Correa. Il poco che restava della sovranità economica dell’Ecuador è stato consegnato quando firmò gli accordi con il FMI nel 2019, con i quali il paese non solo ha perso le occasioni di progresso, crescita economica, riduzione dell’inflazione, basso debito pubblico, diminuzione della povertà, ma è entrato in una spirale in cui il disinvestimento, la fuga di capitali, la povertà e ora la guerra della criminalità organizzata contro la popolazione sono il pane quotidiano.

Non è un caso che i principali cartelli della droga si siano insediati nel Paese a partire dal 2018, quando tornò l’influenza diretta e aperta delle istituzioni e dei funzionari statunitensi. È risaputo per una ricorrente esperienza che nei paesi dell’America Latina in cui è stato permesso il controllo da parte di organizzazioni ufficiali nordamericane come la DEA e la CIA delle politiche antidroga e di combattere altre forme di criminalità organizzata, i risultati sono stati disastrosi per la popolazione, compresa quella degli stessi Stati Uniti. L’esempio classico è la Colombia, con il noto Plan Colombia, che ereditò dagli USA sette basi militari diventando il più grande produttore di droga al mondo. Dopo decenni di influenza imperiale nelle sfere del controllo dell’ordine pubblico, militare, politico ed economico, il paese non ha risolto nessuno dei suoi problemi fondamentali: ciò che è vero è che le aziende e i cittadini statunitensi hanno assicurato i loro profitti e aumentato le loro prerogative. Gli interessi dell’impero sono fondamentali. Negli ultimi trent’anni, i governi degli Stati Uniti hanno cercato di “insegnare” alle forze di polizia e militari di molti dei paesi della regione i metodi e le procedure per affrontare la criminalità organizzata, compreso il traffico di droga, dimostrando ripetutamente l’inefficienza e l’inefficacia di tali programmi. Ciò che è una realtà tangibile e diretta di questo “aiuto” è la perdita della sovranità dei paesi che sono incorsi nell’errore di credere che l’intervento delle forze straniere li avrebbero aiutati a risolvere i loro problemi.

Pochi giorni fa, la Corte Costituzionale dell'Ecuador ha autorizzato gli accordi di sicurezza e difesa con gli Stati Uniti. Il presidente Noboa potrà ratificare due trattati firmati in precedenza durante il governo dell'ex presidente Lasso che riaffermano la politica neocoloniale nordamericana.

I trattati sono:

– Accordo relativo alle operazioni contro: le attività marittime illecite transnazionali, che stabilisce che la Marina ecuadoriana e la Guardia costiera degli Stati Uniti interverranno per prevenire, fiaccare e reprimere il traffico illecito di droga; la criminalità organizzata transnazionale; il traffico di migranti via mare; la proliferazione delle armi di distruzione di massa, della pesca chimica, batteriologica e tossica illegale, non dichiarata e non regolamentata.

– Accordo relativo allo Statuto delle Forze, che consentirà al “personale militare e civile degli Stati Uniti di essere temporaneamente presente nel territorio dell’Ecuador in relazione a visite navali, formazione, esercitazioni, attività umanitarie come risposta a catastrofi naturali e provocate dall’uomo, attività di cooperazione per affrontare le sfide alla sicurezza condivise, compresi i traffici illeciti, il terrorismo internazionale e la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata e altre attività concordate di comune accordo”, ovvero apre le porte al trasferimento e alla mobilitazione di tutti i tipi di attrezzature, funzionari e personale militare e di polizia statunitense, che non potranno essere detenuti e tanto meno processati da alcuna autorità ecuadoriana, indipendentemente dal reato o dal crimine commesso. Non dobbiamo dimenticare che nonostante l’Ecuador sia stato negli ultimi anni il maggior beneficiario degli aiuti militari nordamericani in America Latina, si trova in una situazione di disastro e, lo ripetiamo ancora una volta, non è una semplice coincidenza.

In definitiva, gli accordi firmati dall’Ecuador con il FMI, così come i due accordi di sicurezza approvati, sono strumenti che denotano gli sforzi dei governi degli Stati Uniti per mantenere il controllo coloniale sulla regione e la deplorevole esistenza di governi latinoamericani che, ancora oggi, si prestano a mantenere attivi i principi della Dottrina Monroe contro i propri interessi e la propria sovranità.

Ci auguriamo che nel 2025 l’Ecuador ritorni nuovamente sulla via della dignità, della vera democrazia, della sovranità, della prosperità e della pace con la giustizia sociale che merita, e possa così salvare il nostro fratello bolivariano dalle fauci dell’infame predatore.

 

Vladimir Castillo Soto, Resumen Latinoamericano, 29 gennaio 2024

Traduzione a cura di Luigi M., Patria Grande/CIVG

 

Articolo originale: Ecuador. En las fauces del imperio

https://www.resumenlatinoamericano.org/2024/01/29/ecuador-en-las-fauces-del-imperio/

 


 

GRANMA (CUBA) / ESTERI / DIALOGHI DI PACE IN COLOMBIA

Cuba accompagnerà il dialogo tra il Governo della Colombia e il gruppo ribelle

 

 

 

Il cancelliere cubano Bruno Rodríguez ha affermato che Cuba ha accettato l’invito del Governo della Colombia e dell’organizzazione armata ribelle Segunda Marquetalia  ad accompagnare il processo di dialogo di pace. Sul suo account X, il più alto rappresentante della diplomazia della nazione dei Caraibi ha descritto la ferma posizione dell’Isola a favore della pace.

È anche noto che il Governo di Gustavo Petro e il gruppo armato Segunda Marquetalia, guidato da Iván Márquez, hanno firmato l’accordo per iniziare un processo di pace del quale

prossimamente definiranno l’agenda.

Nel comunicato congiunto, le parti hanno sollecitato l’intervento di Cuba, Norvegia, Venezuela, del Rappresentante Speciale della Segreteria Generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite in Colombia e della Conferenza Episcopale di questo paese.

Cuba svolge un ruolo chiave negli sforzi per l’ottenimento della pace in Colombia, paese afflitto da più di sette anni di scontri armati, e mantiene il suo impegno in questo senso che considera possibile e necessario.

 

Prensa Latina e GM per Granma Internacional, 10 febbraio 2024

 


 

 

GRANMA (CUBA) / ESTERI / MESSICO

Il pericolo delle armi vicine

 

È la prima volta che un governo straniero si pronuncia contro l’industria delle armi degli Stati Uniti

La notizia, data a Nuova York e a Città del Messico, è interessante perché costituisce la premessa di un intervento della giustizia per controllare almeno il flusso illegale delle armi dagli Stati Uniti.

Il quotidiano La Jornada ha scritto che un gruppo di tre giudici della Corte d’Appello del Massachusetts ha stabilito che il Governo del Messico può procedere con la sua richiesta contro sette armerie accusate di fabbricare e distribuire armi negli Stati Uniti e che, si sa, potranno essere esportate illegalmente in Messico, un commercio che favorisce la diffusione della violenza.

I tre giudici, nelle loro argomentazioni di circa 60 pagine, spiegano che secondo il Governo messicano le fabbriche statunitensi sono pienamente consapevoli che la distribuzione e il commercio di armi facilitano trasferimenti illegali di armi in Messico e aggiungono che la motivazione dietro a tutto ciò è semplicemente il denaro. Si calcola che le fabbriche oggetto dell’accusa ricevano complessivamente più di 170 milioni di dollari all’anno per il traffico di armi. Come nel controllo della vendita di armi negli Stati Uniti, dove qualsiasi cittadino può comprarle, portarle e usarle, il denaro è l’ago della bilancia che inclina qualsiasi soluzione fino ad oggi individuata.

La frontiera tra i due paesi si estende per 3169 chilometri e va tenuto presente che gli Stati Uniti si sono appropriati di più della metà del territorio messicano quando, nel 1848, occuparono gli attuali stati di California, Nevada, Utah, Nuovo Messico, Texas, Colorado e parte di Arizona, Wyoming, Kansas e Oklahoma. Sei stati aztechi e quattro statunitensi condividono queste frontiere, e costituiscono scenari speciali del traffico illegale di armi dal territorio statunitense verso il Messico e del traffico di droghe sostenuto dai cartelli locali verso il maggior consumatore del mondo: gli Stati Uniti, dove c’è una “Legge di Protezione del Commercio Legale delle Armi” che assegna immunità a fabbricanti, distributori e venditori, che possono agire come credono, come le mafie e i cartelli del narcotraffico o coloro che le usano per regolamento di conti o per sparare contro civili, bambini nelle scuole o contro normali cittadini, in un supermercato o in altri luoghi.

Il tema più critico, sulla lunga frontiera, è la necessità di controllare il flusso migratorio illegale, questione in sospeso da risolvere negli Stati Uniti che i legislatori, i governatori e anche il presidente hanno trasformato in “cose politiche” utili ai candidati in epoca elettorale.

La richiesta messicana va indirizzata contro importanti fabbricanti di armi: Smith & Wesson Brands, Inc.; Barrett Manufacturing of Firearms, Inc.; Beretta USA Corp.; Glock, Inc.; Sturm, Ruger & Company, Inc.; Witmer Public Safety Group, Inc., D/B/A Interstate Arms; Century

International Arms, Inc.; Beretta Holdings Spa; Glock Ges. M.B.H.; Colt's Manufacturing Company, LLC.

Si tratta della prima richiesta di un governo straniero contro l’industria delle armi degli Stati Uniti. Era stata presentata nel 2021 al tribunale distrettuale del Massachusetts con l’accusa di facilitare il traffico di armi ai cartelli della droga. Il materiale militare sequestrato in Messico a questi cartelli negli ultimi anni comprende 21 mitragliatrici totalmente automatiche, 56 lanciagranate e una dozzina di lanciamissili, a dimostrazione di quanto sia pericoloso questo traffico che coinvolge mezzi letali usati dall’esercito degli Stati Uniti.

Alcuni giorni fa quel tribunale ha stabilito che il Governo del Messico può procedere con la sua denuncia, e questa è una vittoria per la nazione messicana.

 

Elson Concepción Pérez e GM per Granma Internacional, 25 gennaio 2024

 


 

 

HISPANTV / ARGENTINA

Province della Patagonia argentina formano un fronte politico

 

 

 

 

Il potere centrale del presidente Milei affronta una crescente conflittualità con le province meridionali dell’Argentina. 

 

Il Presidente argentino Milei, durante un incontro di leader di ultra-destra negli Stati Uniti, ha utilizzato canali informativi nazionali pubblici per trasmettere dal vivo il discorso ivi pronunciato. Ciò è avvenuto dopo la sconfitta subita in parlamento, in cui ha cercato di imporre la “Legge Omnibus” che gli dava facoltà straordinarie sul Congresso. Ora lo scontro è con le province, per l'invio di risorse. 

Il profilo del Governatore di Chubut (provincia del Sud), Ignacio Torres, è caratterizzato da precedenti quali le sue visite in Israele prima di assumere l’incarico, volontà di scatenare una campagna contro il popolo mapuche accusandolo di terrorismo, appiccare incendi intenzionali nella sua provincia, infine minacciare che chiuderà il rubinetto del petrolio al resto del Paese. 

Lo scontro della Casa Rosata con le province della Patagonia argentina, può essere legato ad interessi esterni (N.d.T.: che ambiscono ad impossessarsi di spazi e risorse di quelle regioni, in primis USA e Israele. Il governatore Torres ha interessi privati con la compagnia mineraria ed energetica statunitense Pan American Energy)

 

Sebastián Salgado, Buenos Aires, 29 febbraio 2024

 

Traduzione a cura di Adelina B., Patria Grande/CIVG

 

Articolo originale: Provincias patagónicas arman frente político en Argentina

https://www.hispantv.com/noticias/argentina/580551/patagonia-conflictividad-milei

 


 

 

HISPANTV / HONDURAS

Honduras: deputati chiedono la cancellazione dei partiti corrotti

 

 

All'interno del potere legislativo in Honduras, è stata proposta la cancellazione della personalità giuridica ai partiti politici che siano implicati nella corruzione.

 

Il deputato del partito LIBRE (Libertà e Rifondazione) Andrés Castro, ha proposto la soppressione di ogni istituto politico coinvolto in atti di corruzione e narcotraffico. Senza specificarne i nomi, il PN (Partito Nazionale) si dà per sottinteso. 

Se tale proposta viene approvata, sarebbe inclusa nella legge elettorale e si sommerebbe alle altre 7 condizioni già in vigore per la soppressione di un partito politico in Honduras.  

Nel complesso sono 4 le nuove ragioni per le quali si potrebbe cancellare la personalità giuridica di un partito politico, tra cui: quando lo scopo della creazione del partito sia un fine illecito, quando un partito politico favorisca o accetti una frode elettorale. 

Il Partito Nazionale svolse un’attiva pratica nel traffico di droga che faceva con Juan Orlando Hernández verso gli Stati Uniti, ciò risulta comprovato dall’esito del processo svoltosi a New York. 

Le altre due nuove ragioni per sopprimere un partito politico sono: promuovere colpi di Stato e parteciparvi; non rispettare la condizione non deliberante delle Forze armate e della Polizia Nazionale. 

 

Dassaev Aguilar, Tegucigalpa, 29 febbraio 2024

 

Traduzione a cura di Adelina B., Patria Grande/CIVG

 

Articolo originale: Diputados solicitan cancelación de partidos corruptos en Honduras

https://www.hispantv.com/noticias/honduras/580547/diputados-cancelacion-partidos-corruptos

 


 

 

HISPANTV / VENEZUELA

Il Venezuela concorda il calendario elettorale mediante il dialogo nazionale 

 

 

Sottoscritto in Venezuela un ampio accordo di dialogo nazionale, in vista delle elezioni presidenziali di quest’anno.

 

Il salone ellittico del Palazzo Federale Legislativo a Caracas, spazio storico e solenne: questa la cornice per un atto che ha trascendenza storica. Qui infatti, si sono riuniti quasi tutti i partiti politici venezuelani, insieme a settori religiosi, imprenditoriali e accademici, per procedere ad un inedito dialogo nazionale. 

Tutti hanno firmato un documento che contiene una proposta di calendario elettorale, il rispetto della sovranità nazionale, le garanzie elettorali e la parità di presenza sui mezzi d’informazione per lo svolgimento della campagna elettorale presidenziale. 

Questo documento sarà consegnato all'autorità elettorale il prossimo venerdì. Rappresenta davvero il punto di partenza di uno spazio che continuerà a funzionare anche oltre l'atto elettorale di quest’anno. 

Un accordo storico per un nuovo momento politico in Venezuela. Così è stata definita qui la firma dell’accordo, che include partiti politici del chavismo e dell'opposizione, che per la prima volta in modo ampio potranno inoltrare una proposta di calendario elettorale al Consiglio Nazionale Elettorale, per le elezioni presidenziali 2024. 

 

Marcos Salgado, Caracas, HispanTV, 29 febbraio 2024

 

Traduzione a cura di Adelina B., Patria Grande/CIVG

 

Articolo originale: Venezuela acuerda cronograma electoral en diálogo nacional

https://www.hispantv.com/noticias/venezuela/580545/elecciones-dialogo-nacional

 


 

 

HISPANTV / VENEZUELA

Il Venezuela approva il Piano delle 7 Trasformazioni 

  


 

Il Governo del Venezuela ed il Potere Popolare insieme hanno approvato un nuovo progetto per migliorare la qualità di vita dei venezuelani e dare impulso a progressi politici e sociali nel Paese sudamericano.

 

Il Governo del Venezuela, per mano del Potere Popolare organizzato del Paese, ha approvato il Piano delle 7 Trasformazioni (7T), elaborato attraverso oltre 60.000 assemblee comunitarie portate avanti in tutto il territorio venezuelano, nell’ambito del metodo di Consultazione-Dibattito-Azione (CDA) adottato dal presidente Nicolás Maduro.  

Questo piano è progettato per abbracciare una politica di consolidamento, recupero e prosperità da portare avanti fino al 2030.  

"Siamo dispiegati su tutto il territorio nazionale, per presentare al presidente della Repubblica Bolivariana del Venezuela, Nicolás Maduro, il risultato, il bilancio dei dibattiti che sono emersi, e progettare una politica d’azione 2024-2030", ha spiegato la vicepresidente dell’Esecutivo, Delcy Rodríguez, durante una delle assemblee realizzate negli ultimi giorni. 

In tal senso tutti i movimenti sociali, dei contadini, dei produttori, dei comunicatori, degli studiosi, degli accademici, dei militari e dei civili si sono riuniti, partecipando al CDA per contribuire alle 7T proposte dall’Esecutivo venezuelano.  

Il presidente ha sottolineato che questo metodo di consultazione servirà per costruire l'agenda concreta d’azione per ognuna delle 7 trasformazioni a breve, medio e lungo termine; ha anticipato che potrebbero persino essere aggiunte altre 2 "T" alle 7 Trasformazioni proposte e dibattute, se così si stabilisce nel documento che si presenterà. 

Quali sono le 7T?  

1. Indipendenza Piena: Aggiornare ed espandere la Dottrina Bolivariana nelle sue dimensioni politica, scientifica, culturale, educativa e tecnologica. 

2. Consolidamento della Pace e Sicurezza dei Cittadini: Perfezionare il modello di convivenza civica, il godimento dei diritti umani e garantire la difesa dell'Esequibo. 

3. Recupero della Protezione Sociale: Consiste nel recupero dello stato di benessere, le sue missioni e grandi missioni. 

4. Processo di Ripoliticizzazione: Consolidamento della democrazia, "della politica vista come servizio pubblico alla collettività" 

5. Ecologia: Consiste nel preservare il pianeta e rispondere alla crisi climatica. 

6. Geopolitica: Progetta l'inserimento e la leadership del Venezuela nel nuovo ordine mondiale. 

7. Rinnovamento del sistema socioeconomico del Venezuela per offrire una maggiore prosperità al popolo venezuelano.  

Nel corso di queste settimane, il presidente Maduro ha ribadito che le 7 Trasformazioni sono state poste per consolidare il modello sociale di inclusione, democrazia partecipativa e vissuta in prima persona, giustizia e sviluppo, che il Comandante Hugo Chávez Frias aveva avviato 25 anni fa. 

"Abbiamo sfide importanti, siamo una vera squadra, unita da affetti, dall'amore per il Venezuela e la nostra storia. Abbiamo grandi obiettivi in vista del 2030 ed anche oltre, quest’anno è partito con tanto lavoro, con una visione storica e strategica che ci indirizza verso 12 mesi di vittorie", ha sottolineato il presidente della Repubblica Bolivariana del Venezuela, dal suo account ufficiale sui social @ NicolasMaduro. 

 

HispanTV, Caracas, 27 febbraio 2024

 

Traduzione a cura di Adelina B., Patria Grande/CIVG

 

Articolo originale: Venezuela aprueba el Plan de las Siete Transformaciones

Fonte: https://www.telesurtv.net/news/venezuela-aprueba-el-plan-de-las-siete-transformaciones-20240227-0001.html

 

 


 

 

 

RUSSIA TODAY / LA RUSSIA SOSTIENE l’AMERICA LATINA

Il segretario del Consiglio di Sicurezza della Russia afferma che Mosca è disposta a sostenere l'America Latina

 

 

 

 

 

Durante la sua visita a Managua, Nikolái Pátrushev ha affrontato con vari leader della regione le "misure per contrastare l'ingerenza estera nelle questioni interne degli Stati sovrani".

 

Il segretario del Consiglio di Sicurezza della Russia, Nikolái Pátrushev, presente questo martedì a Managua, ha avuto consultazioni sul tema della sicurezza con rappresentanti di Nicaragua, Cuba, Venezuela e Bolivia, ed ha affermato che Mosca è disposta a prestare tutto il suo appoggio ai partner latinoamericani. 

Vi è stato uno scambio di punti di vista su questioni inerenti alla sicurezza regionale. Si sono dibattute in dettaglio misure per contrastare l'ingerenza estera nelle questioni interne degli Stati sovrani", riporta un comunicato del Consiglio di Sicurezza russo. 

Pátrushev ha segnalato che "lo sviluppo di legami amichevoli coi partner chiave in America Latina e Caraibi continua ad essere una delle principali priorità internazionali di Mosca". Il funzionario ha aggiunto che l'importanza di questa regione per la Russia sta crescendo rapidamente. "Sono questi i Paesi all'avanguardia nella lotta per la sovranità genuina dell'America Latina e per il posto che a pieno diritto le spetta sullo scenario mondiale", ha affermato. 

"Da parte nostra, siamo disposti a fornire un sostegno pieno ed integrale ai nostri amici latinoamericani. È necessario rafforzare la nostra coordinazione sulle piattaforme internazionali. Fianco a fianco dobbiamo difendere l'uguaglianza sovrana degli Stati, lo Stato di diritto, l'indivisibilità della sicurezza, l'inammissibilità dell'ingerenza nelle questioni interne ed opporci alla pressione illegale delle sanzioni", ha concluso. 

Durante gli incontri di Pátrushev col rappresentante speciale del presidente del Nicaragua per le questioni riguardanti la Russia, Laureano Ortega, e con il consigliere della sicurezza del presidente boliviano, José Hugo Moldiz, si sono affrontati temi di cooperazione bilaterale negli ambiti dell'economia e della sicurezza, particolarmente i piani per rafforzare la cooperazione tra le forze dell'ordine e i servizi d’intelligence. 

Pátrushev è giunto a Managua questo martedì per riunirsi col presidente nicaraguense, Daniel Ortega, e con la vicepresidente, Rosario Murillo. Il giorno prima il segretario del Consiglio di Sicurezza della Russia era stato all’Avana, Cuba, dove si era riunito col presidente del Paese caraibico, Miguel Díaz-Canel Bermúdez, e con il leader rivoluzionario Raúl Castro.

 

Russia Today, Managua, 27 febbraio 2024

 

Traduzione a cura di Adelina B., Patria Grande/CIVG

 

Articolo originale: El secretario del Consejo de Seguridad de Rusia afirma que Moscú está dispuesta a apoyar a Latinoamérica

https://actualidad.rt.com/actualidad/500531-secretario-consejo-seguridad-rusia-latinoamerica

 


 

 

GRANMA (CUBA) / ESTERI / ISRAELE

Di fronte ai crimini d’Israele e degli USA si farà giustizia?

 

Il Governo statunitense non permette sanzioni né critiche contro il Governo israeliano

 


I popoli che ritengono necessario porre fine all’orrendo crimine sono la maggioranza. Foto: Agencia Anadolu

 

Il Sudafrica ha intrapreso, con la sua autorità l’appoggio alla difesa della popolazione palestinese, un processo pieno d’interrogativi e insicurezze: portare il governo sionista d’Israele davanti al Tribunale Penale internazionale (TPI) perché risponda dei crimini che commette a Gaza.

La nazione africana ha ricevuto l’appoggio internazionale per la richiesta di giustizia perché i popoli che si identificano nella necessità di porre fine all’orrendo crimine sono la maggioranza.

Movimenti sociali, istituzioni internazionali e locali e anche molti governi condannano il crimine di Israele contro il popolo palestinese, e la condanna dovrebbe quindi essere scontata.

Senza dubbio, alcuni di questi – una sparuta minoranza che non rappresenta la comunità internazionale – hanno strappato alla vera giustizia la possibilità di essere imparziale e giusta, e parlano e agiscono con due metri e due misure.

L’istituzione giuridica internazionale, per accettare la domanda presentata dal Sudafrica ha mostrato le posizioni e le contraddizioni di coloro che preferiscono al dibattito gli oscuri maneggi politici intrisi di connivenza con Tel Aviv, o peggio, l’allineamento con gli ordini del Governo degli Stati Uniti.

Due precedenti obbligano a questa riflessione. Il primo è relativo a quando, l’11 novembre del 2004, in un ospedale di Parigi morì il presidente palestinese e leader indiscusso della causa, Yasser Arafat. Si presentarono evidenze della sua possibile morte per avvelenamento. Nel luglio del 2012, il network informativo del Catar, Al Jazeera, pubblicò un’indagine di nove mesi successiva all’esumazione del cadavere di Arafat, nella quale evidenti prove riscontrate dal prestigioso Centro di Medicina Legale dell’Ospedale Universitario di Losanna, stabilirono che gli oggetti del leader palestinese, specialmente quelli che erano stati in contato con il suo corpo, contenevano un livello  estremamente alto di polonio 210. La prova del materiale radioattivo è in contraddizione con la versione ufficiale delle «cause naturali», e suggerisce l’avvelenamento come possibile causa della sua morte. Quando conobbe i primi risultati del gruppo di indagine svizzero, la vedova di Arafat denunciò il fatto come «crimine politico». Poi, Tawfiq Tirawi, direttore del comitato palestinese 

delle indagini investigazione sulla morte di Arafat, assicurò che «Israele è l’unico sospettato per l’assassinio di Yasser». L’Autorità Palestinese iniziò un processo legale contro Israele al Tribunale Penale Internazionale, ma nulla cambiò e nessun funzionario o istituzione di Israele o degli Stati Uniti è stato mai portato davanti alla giustizia di questo tribunale.

Un altro caso oscuro è quello della morte dell’ex presidente della Yugoslavia, Slobodan Milosevic, che dopo i bombardamenti al suo paese durati 78 giorni dal marzo del 1999, sferrati dall’aviazione degli Stati Uniti e della NATO senza che il Consiglio di Sicurezza della ONU fosse mai stato consultato, fu detenuto e portato davanti al Tribunale Penale Internazionale per la ex Yugoslavia.

Morì l’11 marzo del 2006 nella cella in cui era stato rinchiuso da questo Tribunale. Un giorno prima aveva denunciato che lo volevano ammazzare o avvelenare.

L’allora presidente degli Stati Uniti e autore dell’ordine di bombardare la Yugoslavia, Bill Clinton, non si presentò al TPI, e la denuncia non si applicò nemmeno a coloro che come NATO accompagnarono i bombardieri statunitensi in quell’azione genocida che provocò la morte di centinaia di civili, di feriti e di mutilati, e poi per gli effetti dell’uranio impoverito utilizzato nei bombardamenti.

Sono solo esempi della cosiddetta «giustizia» intrappolata nella ragnatela della manipolazione politica di chi da Washington e Tel Aviv, o dalla sede della NATO a Bruxelles, si considerano padroni del mondo.

Il primo ministro israeliano Benjamín Netanyahu lo sa bene, nel suo affanno di far sparire dalla faccia della terra la popolazione palestinese, e meglio ancora lo sanno Joe Biden e i governi degli Stati Uniti che non ammettono nemmeno l’idea di una sanzione o di una critica contro il Governo d’Israele. I due faranno il possibile perché non si applichi mai la giustizia contro di loro e i loro governi, che siano sionisti come quelli insediati a Tel Aviv, oppure «democratici» come quello insediato a Washington.

 

Elson Concepción Pérez e GM per Granma Internacional, 2 febbraio 2024

 


 

 

TELESUR (VENEZUELA) / ANALISI / INGERENZE USA IN LATINO AMERICA

Duecento anni di Dottrina Monroe, sofferenza infinita per l’America Latina

 

 

Nell’aprile del 2009, durante il V Vertice delle Americhe, l’allora presidente del Venezuela, Hugo Chávez, regalò al suo omologo americano Barack Obama un libro intitolato “Le vene aperte dell’America Latina”, in cui il suo autore, Eduardo Galeano, afferma che "Il sottosviluppo dell'America Latina è l’effetto dello sviluppo di altri e continua ad esserlo".

Dopo più di 300 anni di dominio coloniale europeo, l’America Latina, terra ricca e fertile, vide l’alba dell’indipendenza all’inizio del XIX secolo, prima di diventare una prelibatezza in bocca ai suoi vicini, gli Stati Uniti.

Nel dicembre del 1823, il quinto presidente americano, James Monroe, tenne un discorso al Congresso proclamando una “America per gli americani”. Da allora, gli Stati Uniti hanno abbracciato la Dottrina Monroe per praticare l’egemonia e l’interventismo, lanciando invasioni, organizzando e infliggendo colpi di stato, imponendo sanzioni e conducendo ripetutamente infiltrazioni e interferenze contro l’America Latina.

Oggi, la lama egemonica della Dottrina Monroe continua a incidere profondamente le “vene” dei popoli latinoamericani, causando gravi danni alla sicurezza politica, allo sviluppo economico, alla stabilità sociale e alla vita quotidiana della regione.

 

Invasioni

All’alba del 20 dicembre 1989, a Panama City, una violenta esplosione impaurì Trinidad Ayola. Era preoccupata per la sicurezza di suo marito, incaricato di difendere l'aeroporto di Paitilla, situato nella capitale panamense. Le sue peggiori paure si avverarono. "Quando andai a identificarlo, non ne ebbi la forza perché aveva la schiena piena di buchi", disse.

Quel giorno, gli Stati Uniti lanciarono un'operazione militare chiamata "Giusta Causa" per invadere Panama e rovesciare il governo di Manuel Noriega. Durante l'invasione, un gran numero di case ed edifici furono distrutti e il Pentagono stimò in 500 i morti panamensi tra militari e civili, ma il numero reale delle vittime è ancora oggi un mistero.

In qualità di presidente dell'Associazione Parenti e Amici dei Caduti del 20 dicembre, Trinidad lavora da anni per portare alla luce la verità su questa invasione. Secondo lei, l’accaduto ha lasciato un trauma che molti panamensi non sono ancora riusciti a superare:

«Dietro la “Giusta Causa” c'erano loro e i loro interessi. Quella che vivemmo fu una grande ingiustizia», dice.

Il miglior documentario vincitore dell'Oscar nel 1992, “L’inganno di Panama”, rivelò le ragioni per cui gli Stati Uniti fecero quell’invasione: lasciare che l’esercito statunitense rimanesse schierato a lungo termine, installare un nuovo governo per difendere gli interessi degli Stati Uniti, salvaguardare gli interessi dell’apparato statunitense e occupare permanentemente il Canale di Panama.

Negli ultimi 200 anni, gli Stati Uniti hanno consolidato la loro posizione egemonica in America Latina con invasioni militari dirette o interventi indiretti per raggiungere una serie di obiettivi come l’annessione di territori, il rovesciamento di governi e i diritti di utilizzo dei canali. Ad esempio, scatenò la guerra tra Stati Uniti e Messico in cui il Messico perse circa il 55% del suo territorio; occupò militarmente Haiti e ne saccheggiò la ricchezza nazionale; invase Granada e ne rovesciò il governo; inviò navi da guerra per "monitorare" le elezioni in Repubblica Dominicana, eccetera.

Secondo uno studio della Tufts University, dalla loro indipendenza nel 1776 al 2019, gli Stati Uniti hanno effettuato circa 400 interventi militari in tutto il mondo, il 34% dei quali diretti contro paesi dell’America Latina e dei Caraibi.

«Fin dal suo inizio, la Dottrina Monroe si è basata sull'idea che gli Stati Uniti fossero il popolo eletto per guidarne altri, anche se ciò avrebbe comportato interventi militari, colpi di stato e colonialismo», ha detto Lucas Leite, professore associato di Relazioni Internazionali presso la FAAP, una rinomata istituzione accademica brasiliana.

Da parte sua, Euclides Tapia, professore di Relazioni Internazionali all'Università di Panama, ha affermato che l'essenza della Dottrina Monroe è quella di ottenere il controllo statunitense sull'intero continente americano e di mantenerlo nella sua sfera di influenza.

«Quello che viene chiamato il corollario della Dottrina Monroe sono momenti e circostanze in cui essa muta per adattarsi alle situazioni del momento, ma la sua essenza è stata sempre la stessa in tutta la storia», ha affermato.

 

Colpi di Stato

La mattina dell'11 settembre 1973, Radio Magallanes trasmise la voce calma ma potente dell'allora presidente cileno Salvador Allende: «Non mi dimetterò! Posto in una transizione storica, pagherò con la vita la lealtà del popolo».

Circondato da carri armati e bombardato da aerei da combattimento, Allende guidò la guardia presidenziale in una lotta disperata contro le forze golpiste, finendo per morire nel compimento del suo dovere.

Quel giorno, una commissione della giunta militare guidata dal comandante in capo dell'esercito Augusto Pinochet, ordinò ad Allende di dimettersi immediatamente e di cedere il potere ai militari. Negli ultimi istanti della sua vita, Allende rivelò al pubblico, attraverso la radio, che quel colpo di stato era stato attuato grazie alla connivenza del capitale straniero, dell’imperialismo e delle forze reazionarie.

Quel colpo di stato – concordarono diversi media internazionali – fu uno degli episodi più oscuri della storia cilena. Secondo il quotidiano britannico The Guardian, "le mani degli Stati Uniti sono macchiate del sangue dei cileni", poiché il paese nordamericano istigò quel colpo di stato per impedire l'emergere di una "seconda Cuba" in America Latina.

Secondo il quotidiano americano The New York Times, l’allora governo statunitense aveva stanziato 815.000 dollari per creare divisioni all’interno del governo Allende e, tra il 1970 e il 1973, la Central Intelligence Agency spese in Cile più di otto milioni di dollari, la maggior parte dei quali furono utilizzati per finanziare scioperi e manifestazioni dei gruppi di opposizione di destra.

Negli ultimi 200 anni, gli Stati Uniti hanno spesso organizzato colpi di stato nei paesi dell’America Latina e perseguitato i leader dei partiti politici di sinistra. Secondo uno studio dell'Università di Harvard, tra il 1898 e il 1994, in meno di cent’anni, il governo statunitense ha pianificato e realizzato in America Latina almeno 41 colpi di stato, ovvero uno ogni 28 mesi.

Negli ultimi anni, la Dottrina Monroe ha fatto ricorso a colpi di stato giudiziari in modo più subdolo. Con la collusione tra gli organi giudiziari e di intelligence statunitensi e brasiliani, Luiz Inácio Lula da Silva, allora il candidato presidenziale più popolare, fu incastrato e incarcerato con l'operazione "Lava Jato" e perse il diritto di partecipare alle elezioni presidenziali.

Nel frattempo, anche i leader di sinistra di Argentina, Bolivia, Ecuador e altri paesi hanno ripetutamente affrontato minacce di colpi di stato giudiziari e ne sono diventati vittime.

Secondo la rivista statunitense Foreign Policy, gli Stati Uniti hanno ripetutamente appoggiato colpi di stato nei paesi latinoamericani soffocando la democrazia e provocando innumerevoli atti di violenza e corruzione. Per citare il deputato statunitense Greg Casar, "la politica estera statunitense ha troppo spesso contribuito all'instabilità in America Latina".

Secondo Leite, nonostante siano trascorsi 200 anni dall’inizio della Dottrina Monroe, l'intervento statunitense in America Latina non è mai cessato: «Gli americani sono intervenuti e continuano a farlo nei processi elettorali e politici di diversi paesi dell'America Latina, dal finanziamento di gruppi di disturbo fino alla pressione diretta sui governi», ha affermato.

Secondo Pável Alemán Benítez, ricercatore del Centro Cubano di Ricerca di Politica Internazionale (CIPI), attraverso la Dottrina Monroe gli Stati Uniti cercano di generare instabilità politica in America Latina e di sostituire a breve termine governanti che mettono in discussione il rapporto di subordinazione che il paese nordamericano ha imposto all’America Latina e ai Caraibi.

 

Sanzioni

Il 14 febbraio 2019, in un edificio residenziale della popolosa parrocchia di El Valle situata nel sud-est di Caracas, capitale del Venezuela, il tassista Ramón de la Hoz stava preparando il pranzo con sua moglie. Il cibo era molto semplice: brodo, riso e succo d'arancia.

A causa delle sanzioni statunitensi, il Venezuela affronta una difficile situazione di carenza di cure mediche e medicinali. Questo preoccupa Ramón perché soffre di diabete e deve fare iniezioni di insulina ogni giorno: «Il problema sanitario è enorme e la situazione ha reso molto difficile per noi ottenere medicine», afferma.

Riguardo al presunto “aiuto umanitario” che gli Stati Uniti forniscono all’opposizione venezuelana mentre, allo stesso tempo, impongono sanzioni al paese, De la Hoz sostiene che l’egemonia del paese nordamericano non ha nulla a che fare con l’umanitarismo, ma lo usa come pretesto per praticare ingerenza negli affari interni del Venezuela.

Negli ultimi 200 anni, gli Stati Uniti hanno adottato una serie di politiche unilaterali nei confronti dei paesi dell’America Latina come sanzioni economiche, embarghi commerciali e tecnologici, congelamento dei beni, cancellazione dei visti, restrizioni all’ingresso e confische di beni contro funzionari e uomini d’affari latinoamericani “disobbedienti”.

Gli embarghi e le sanzioni a lungo termine imposte dagli Stati Uniti non hanno solo inferto un duro colpo ai sistemi economici dei paesi dell’America Latina, ma hanno anche innescato una grave crisi umanitaria. Cuba, Venezuela e alcuni altri paesi sono i più colpiti.

Dal 1962 gli Stati Uniti hanno imposto un embargo economico, commerciale e finanziario contro Cuba. I blocchi hanno coperto quasi tutto: dal carburante, cibo e medicine ad altre necessità quotidiane, costringendo Cuba ad affrontare gravi carenze di beni a lungo termine.

Nonostante l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite abbia adottato per 31 anni consecutivi risoluzioni che chiedono agli Stati Uniti di porre fine all’embargo contro Cuba, la potenza nordamericana non ha ceduto.

Secondo statistiche ufficiali cubane, dal 1962 l’embargo statunitense ha causato perdite accumulate per oltre 154,2 miliardi di dollari, ovvero circa 1,4 trilioni di dollari se si tiene conto del deprezzamento del dollaro statunitense rispetto al prezzo dell’oro nel mercato internazionale.

Nel caso del Venezuela, gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni alla nazione latinoamericana dal 2006 e, negli ultimi anni, hanno continuato a moltiplicare gli sforzi per esercitare pressioni estreme, compreso il congelamento dei beni e il divieto di importazione del petrolio greggio venezuelano nel paese nordamericano.

Il presidente venezuelano Nicolás Maduro ha reso noto che il suo Paese ha smesso di ricevere 232 miliardi di dollari in valuta estera e che ci sono stati danni economici al prodotto interno lordo per oltre 630 miliardi di dollari a causa delle sanzioni statunitensi.

Per l’ex ministro degli Esteri boliviano Fernando Huanacuni, questa strategia ha avuto solo “conseguenze catastrofiche” per la regione in quella che costituisce “una storia nera di neocolonialismo”. Ha sottolineato che l'America Latina ha capito che "200 anni di applicazione della Dottrina Monroe in America Latina non hanno portato alcun beneficio" e ha insistito affinché l'imposizione imperialista degli Stati Uniti e dell'Occidente non si ripeta mai più, perché la storia e le sue conseguenze ci dimostrano che questa non è la strada giusta.

 

Infiltrazioni

Nel pomeriggio del 4 febbraio 2020, quando l’allora presidente degli Stati Uniti Donald Trump pronunciò al Congresso il discorso sullo stato dell’Unione, presentò ai deputati un ospite speciale: «Stasera qui c'è un uomo molto coraggioso che porta con sé le speranze, i sogni e le aspirazioni di tutti i venezuelani. È con noi il vero e legittimo presidente del Venezuela, Juan Guaidó», disse.

Già nel 2005, come "leader studentesco" venezuelano, Guaidó ricevette l’abilitazione all’ “insurrezione” finanziata dal National Endowment for Democracy degli Stati Uniti. Dopo la formazione, Guaidó tornò nel suo paese per promuovere idee di estrema destra al fine di influenzare i giovani, e pianificò una serie di violente attività politiche di strada.

Dopo che Maduro ottenne la vittoria alle elezioni venezuelane del 2018, il governo degli Stati Uniti iniziò a sostenere Guaidó, allora presidente del Congresso venezuelano e autoproclamato "presidente ad interim", nel tentativo di rovesciare il governo Maduro. Sotto la coercizione degli Stati Uniti, più di 50 paesi e l’Unione Europea riconobbero il cosiddetto “status presidenziale legittimo” di Guaidó.

Secondo Jesús Marcano, analista politico venezuelano, la "presidenza ad interim" di Guaidó fu sostenuta “dalla volontà e dal finanziamento statunitense, e fu la Casa Bianca che decise, secondo i suoi interessi, fino a quando sarebbe durata la farsa”.

Attraverso l’esportazione di prodotti culturali, la vendita della "democrazia americana" e la diffusione di false informazioni, gli Stati Uniti hanno strumentalizzato l'ideologia e manipolato la percezione del popolo latinoamericano, aprendo così la strada all'ingerenza negli affari interni dei paesi latinoamericani e perfino all'incitamento di “rivoluzioni colorate”.

Gli esempi abbondano: produrre film e opere musicali per la propaganda anticomunista, istigare la "rivoluzione hip-hop" per cercare di rovesciare il governo a Cuba, creare reti sociali per diffondere informazioni false e idee di estrema destra, diffondere voci che scuotono il sostegno pubblico del governo Arbenz del Guatemala e del governo Allende del Cile, tra gli altri.

Le agenzie di intelligence statunitensi hanno anche creato un gran numero di organizzazioni per effettuare infiltrazioni culturali e ideologiche in America Latina e nel mondo, tra cui l'Agenzia per lo Sviluppo Internazionale e la Fondazione per la democrazia, rendendole "intermediari" per l'esportazione dell'ideologia in “guanti bianchi” per coprire i mali del governo degli Stati Uniti.

Secondo lo storico venezuelano Amílcar Figueroa, l’intervento statunitense nei paesi dell’America Latina non si limita ai mezzi militari, ma “c’è una combinazione di quello che chiamano soft e hard power”: «Ci fu una apparente varietà nella politica che in realtà conservava la stessa essenza suprematista ed egemonica di tutta la storia degli Stati Uniti», ha affermato.

Negli ultimi 200 anni, il popolo dell’America Latina è diventato sempre più consapevole delle intenzioni degli statunitensi e chiede ai paesi della regione di integrarsi e unirsi, così come chiede agli Stati Uniti di smettere di interferire negli affari latinoamericani.

Come ha esortato William Jones, capo del Washington Bureau della rivista americana Executive Intelligence Review, si dovrebbe relegare la Dottrina Monroe al posto che le spetta negli annali della Storia e smettere di fingere che abbia qualche rilevanza per il mondo di oggi, un mondo di stati sovrani indipendenti, nelle Americhe e anche oltre.

 

Xinhua, 31 dicembre 2023

 

Traduzione a cura di Luigi M., Patria Grande/CIVG

 

Articolo originale:

Doscientos años de la Doctrina Monroe, un sinfín de sufrimientos para América Latina

https://www.telesurtv.net/opinion/Doscientos-anos-de-la-Doctrina-Monroe-un-sinfin-de-sufrimientos-para-America-Latina-20240106-0009.html

 

 


 

 

RESUMEN LATINOAMERICANO / ANALISI / ESITO ELEZIONI IN GUATEMALA

Il voto e i fattori che hanno portato Arévalo alla presidenza

In Guatemala regna l’instabilità anche dopo le ultime elezioni

 

 

 

Sono diversi i fattori che sono stati importanti nella vittoria di Bernardo Arévalo e del suo partito nelle elezioni presidenziali di fine 2023: la stanchezza per la corruzione e per il modello partitico tradizionale; il voto ragionato; la lotta alla corruzione che la gente voleva intraprendere e la mobilitazione della cittadinanza e dei popoli indigeni per la difesa della democrazia. La sorpresa data dal partito Movimento Semilla lo scorso luglio ha gettato a mare tutti i piani del Patto dei Corrotti che aveva pensato a tutto per ottenere elezioni controllate affinché uno dei suoi candidati potesse raggiungere la Presidenza senza trovare ostacoli.

Il 20 agosto 2023 sarà ricordato in Guatemala come il giorno in cui Bernardo Arévalo de León ottenne una delle vittorie più sorprendenti nella storia delle elezioni generali del Paese, conquistando la Presidenza della Repubblica al secondo turno, battendo tutto il sistema politico istituzionale cooptato dal patto dei corrotti e da Alejandro Giammattei.

La cittadinanza guatemalteca è arrivata alla campagna elettorale stanca del modo di governare della classe politica tradizionale. Avevano diritto al voto otto milioni e 415 mila persone. I gruppi di potere attorno all’ex presidente hanno rafforzato il modello clientelare, corrotto e impunito con cui l’attuale presidente faceva affari per vantaggio personale, distribuendone altri a finanziatori della campagna elettorale, deputati del Congresso, governatori, sindaci e amici.

I guatemaltechi erano stufi di casi come l’acquisto dalla Russia del vaccino Sputnik V contro la pandemia di covid, o come del “tappeto magico” in cui gli imprenditori minerari russi della Mayaniquel/Telf Ag hanno dato una tangente a Giammattei, la ripartizione dei lavori pubblici alle imprese edili legate a deputati affini al partito di governo e finanziatori del presidente, e della persecuzione giudiziaria contro pubblici ministeri anti corruzione e giornalisti.

Durante il processo elettorale, il clima è stato di totale sfiducia, a causa della cooptazione delle istituzioni attuata dal presidente e dal suo entourage. All'epoca, la cooptazione includeva anche il Tribunale Supremo Elettorale (TSE), quindi la fase di richiesta e registrazione è stata influenzata al punto che c'erano candidature presidenziali non legate al partito al potere che hanno generato rumore nel settore imprenditoriale e sono state bloccate o annullate.
A questo si è aggiunte che i magistrati del TSE hanno agito con poca trasparenza nella formazione delle commissioni elettorali dipartimentali (JED) e municipali e che hanno appoggiato acquisti come il sistema di trasmissione dei risultati elettorali preliminari (TREP) o l'acquisto per un deputato ufficiale dei mobili da utilizzare il giorno delle elezioni.

La presenza di volti ripetitivi alle elezioni come Sandra Torres, Zury Ríos o Manuel Conde, con candidature presidenziali che rappresentano la continuità del “sempre lo stesso”, ha generato stanchezza nella popolazione, che ha deciso con il suo voto di punire la classe politica tradizionale e ha optato per un raggruppamento di taglio socialdemocratico emerso nel 2015 dopo le manifestazioni nelle piazze di tutto il Paese, che costrinsero l’allora presidente Otto Pérez Molina alle dimissioni.

Nei sondaggi sulle intenzioni di voto, il binomio del Movimento Semilla non si è mai posizionato tra i partiti leader. Nell'ultimo sondaggio effettuato dalla società ProDatos per Prensa Libre prima del primo turno, Arévalo si è piazzato all'ottavo posto, con un'intenzione di voto del 2,9%.
Ma è arrivata la grande sorpresa: Bernardo Arévalo de León è passato al secondo turno, sorprendendo tutti dopo aver ottenuto il 15,4% dei voti validi, superato solo da Sandra Torres dell'Unidad Nacional de la Esperanza (UNE), che ha ottenuto il 20,9% nel primo turno elettorale.
Successivamente, al secondo turno del 20 agosto, Arévalo ha raggiunto il 60% dei voti validi mentre Torres è sceso al 39%, perdendo le elezioni presidenziali per la terza volta consecutiva.

 

Arévalo, deputato e diplomatico sconosciuto alla maggioranza
Nelle elezioni generali del 2019, Bernardo Arévalo fu eletto deputato al Congresso della Repubblica per la Lista Nazionale dal partito Movimento Semilla, diventando il capo gruppo della Lista.
Il suo ruolo di legislatore fu in quegli anni più che discreto. Il sito web del Congresso precisa che nei suoi quasi quattro anni come parlamentare, è stato relatore di soli tre progetti di legge.
Questo passaggio discreto attraverso l'Organo Legislativo può essere una delle risposte al motivo per cui la candidatura di Arévalo non è stata attaccata dalla classe politica dominante e dai settori economici che compongono il patto, guidati dal presidente Alejandro Giammattei. Bernardo e Semilla non erano considerati un rischio. Quando il 25 giugno 2023 si svolse la prima tornata elettorale, pochissimi conoscevano la sua carriera o i suoi risultati accademici.
Arévalo è il figlio dell'ex presidente Juan José Arévalo Bermejo e Margarita de León. È nato il 7 ottobre 1958 nella città di Montevideo, in Uruguay, durante l'esilio dei suoi genitori, e attualmente è sposato con la dottoressa Lucrecia Peinado. Ha conseguito un'istruzione superiore presso l'Università Ebraica di Gerusalemme e l'Università di Utrecht nei Paesi Bassi, come descritto in un curriculum lavorativo presentato nel 2015 a Interpeace.

Negli anni '80 entrò nel servizio diplomatico guatemalteco attraverso la mediazione della famiglia García Granados. È stato primo segretario, console e ministro consigliere presso l'ambasciata del Guatemala in Israele. Ha ricoperto anche incarichi come direttore della Politica Estera Bilaterale, direttore generale delle Relazioni Internazionali Bilaterali e direttore generale delle Relazioni Economiche e Multilaterali Internazionali presso il Ministero degli Esteri guatemalteco, come descritto dal quotidiano spagnolo El País.
Nell'amministrazione di Ramiro de León Carpio, è stato vice ministro degli Affari Esteri e successivamente nominato ambasciatore del Guatemala in Spagna. Queste informazioni hanno cominciato ad essere conosciute meno di una settimana prima delle elezioni generali.

 

Il candidato invisibile nei sondaggi
Arévalo ha ottenuto il passaggio al secondo turno con quasi 640mila voti contro gli 815mila ottenuti da Sandra Torres. Il voto di Semilla si è concentrato nel dipartimento del Guatemala, dove ha ottenuto il 54% dei suoi voti, e in grandi città come Chimaltenango, Sacatepéquez e Quetzaltenango.

“La penetrazione di Internet è molto elevata in Guatemala, circa l’80% tramite gli smartphone e molte aziende forniscono l’accesso gratuito a Tik Tok e WhatsApp. Quindi penso che la velocità della conoscenza potrebbe aumentare, e lo si capisce meglio quando gli sforzi di Semilla si concentrano su un'area come la Capitale, che ha una maggiore e migliore copertura di comunicazione digitale, e da lì nasce il 55% dei suoi voti”, spiega Monzón, il direttore di una società di sondaggi.

In Guatemala attualmente circolano 10 milioni di cellulari, che significa che in media ogni persona potrebbe utilizzare due cellulari e le reti sociali e Internet portano più informazioni ai cittadini, anche nelle zone provinciali.
Il sondaggio pubblicato da Prensa Libre nell’aprile del 2023 indicava che Arévalo era conosciuto tra la popolazione in una misura del 15,3% e nell’ultimo sondaggio pubblicato prima del primo turno il suo livello di notorietà era arrivato al 27% a livello nazionale. Nella capitale era passato dal 27 al 46 per cento. Monzón ha dichiarato nell'intervista a Prensa Comunitaria che il Forum “Yo Soy Samuel” gli aveva dato molta visibilità mediatica.
Ma perché l’indagine non rifletteva questi dati? La risposta sembra risiedere negli effetti successivi alla raccolta dei dati, afferma Monzón.

I dati del sondaggio riportano gli effetti dal 5 al 14 giugno. I risultati sono stati pubblicati il 22 giugno, tre giorni prima della prima tornata elettorale. Monzón sottolinea che il 10 giugno il candidato del partito Cabal, Edmond Mulet, uno di quelli che guidavano i sondaggi al momento della raccolta dei dati, ha apportato un cambiamento alla sua comunicazione che non concordava con l'immagine seria che aveva proiettato. Mulet iniziò ad essere attaccato sui social e da quella data è iniziato il suo declino. In quegli stessi giorni, il partito Movimento Semilla cominciò a presentarsi come il candidato “diverso” e ad additare gli altri come candidati corrotti, sottolineando lo slogan del primo presidente della Rivoluzione del 1944 e padre di Bernardo Arévalo, Juan José Arévalo: “Lunga vita ad Arévalo.”

Alcuni analisti e intervistati da Prensa Comunitaria sottolineano che l'intenzione di votare per i candidati di Semilla è aumentata il 24 giugno, appena 24 ore prima del primo turno. Le informazioni hanno iniziato a circolare attraverso comunità e gruppi WhatsApp. I video di Semilla in cui si chiamavano 5 amici per convincere a votare per Arévalo hanno cominciato a essere rilanciati dai giovani ai loro parenti più anziani: “È ora di dare ai corrotti un +5. Questa domenica, unisciti alla sfida di portare 5 persone ad esercitare il loro voto per dare un futuro diverso a questo paese", affermava uno messaggi.

Una delle persone consultate da Prensa Comunitaria riferiva che sabato 24 giugno aveva deciso di andare a votare per Semilla riuscendo a convincere 20 suoi parenti ad andare a votare il giorno successivo.

Un'altra persona del dipartimento di Jutiapa, nell'est del Guatemala, sottolineava che il partito Semilla era conosciuto e identificato con i candidati di quel dipartimento, ma la coppia presidenziale non attirava molta attenzione. Secondo la testimonianza, questa persona aveva deciso all'inizio di votare per Roberto Arzú, ma quando è stato escluso decise di votare per Carlos Pineda, ma poi anche lui è stato escluso dalla corsa. Rimasto senza candidato, aveva deciso di non andare a votare, tuttavia due giorni prima delle elezioni video Bernardo Arévalo come candidato alla presidenza sulle storie su WhatsApp, i video gli erano arrivati dalla fidanzata di uno dei suoi cugini, una ragazza di 25 anni.
Agli attacchi del partito di governo contro candidati considerati pericolosi, si aggiunge il fatto che il voto antisistema ha punito il candidato del partito VOS, Manuel Villacorta, candidato dell'opposizione, per essersi alleato con Roberto Arzú, candidato di destra, così ha spinto la gente a cercare l'unica opzione democratica rimasta guardando a Bernardo Arévalo e Karín Herrera, una professionista universitaria che godeva di un buon credito presso la comunità accademica.

 

L'alterazione del consiglio
Diversi analisti sottolineano che il voto antisistema era rimasto in sospeso dopo che alla coppia del Movimento di Liberazione Popolare (MLP), Thelma Cabrera e Jordán Rodas, non fu permesso di partecipare. Cabrera arrivò quarto alle ultime elezioni presidenziali e Rodas aveva trovato sostegno nella lotta alla corruzione e la candidatura a rettore dell'Università di San Carlos.

Sono usciti dalla corsa anche il candidato del partito Podemos, Roberto Arzú, e Carlos Pineda, candidato del partito Prosperidad Ciudadana che era cresciuto a macchia d'olio sui social e che faceva parte della strategia legata all'alleanza ufficiale guidata dal Patto dei Corrotti, ma che divenne un pezzo incontrollato del patto.
Gustavo Berganza, sociologo, afferma che il Movimento Semilla “è riuscito a capitalizzare alle urne il malcontento esistente nei confronti dell’establishment politico e ciò era percepibile nei sondaggi in cui si rifletteva la scarsa popolarità del governo di turno”.

“Credo che la cancellazione di candidature come quella di Thelma Cabrera e Jordán Rodas, quella di Roberto Arzú e quella di Carlos Pineda, sia stata una molla elettorale di cui ha beneficiato Bernardo Arévalo, perché l'elettorato cercava un'opzione che non rientrava nel programma politico tradizionale che era stato riciclato per diversi anni”, dice Berganza.
Infatti, un denominatore comune tra i candidati alle presidenziali del MLP e di Podemos è che erano candidati di punta nei sondaggi di opinione, ma non facevano parte dell'alleanza che governava con il presidente Giammattei, ed erano addirittura critici nei confronti della sua gestione.

Nel gennaio del 2023, la registrazione di Cabrera e Rodas fu respinta dal Registro dei Cittadini del TSE con la motivazione che l'allora vicepresidente aveva a suo carico accuse legali e un reclamo alla Controlleria Generale dei Conti (CGC), e quindi la registrazione al momento della registrazione non era valido.
D’altra parte, la registrazione di Roberto Arzú e David Pineda come binomio presidenziale del partito Podemos fu revocata a febbraio dalla sessione plenaria dei magistrati TSE dopo aver dichiarato ammissibile un ricorso di annullamento presentato dal gruppo FCN-Nación, il quale sosteneva che Arzú era infranto il regolamento avendo anticipato la sua campagna e Podemos non aveva pagato una multa di 50mila dollari.

A maggio, il TSE annullò l'accreditamento di Carlos Pineda e di tutti i candidati del partito Prosperidad Ciudadana, dopo che la Sesta Sezione del Tribunale per il Contenzioso Amministrativo concesse protezione al gruppo Cambio che aveva contestato una delle assemblee nazionali di Prosperidad Ciudadana.

Prosperidad Ciudadana aveva nominato per posizioni elettive diverse personalità politiche legate al traffico di droga. Tra queste spiccavano le candidature a deputati di Freddy Arnoldo Salazar Flores (con ordine di estradizione negli Stati Uniti) e di Elisa Judith Mejía Salazar de Rozotto, legate all’organizzazione criminale Los Huistas che opera a Huehuetenango.
Aveva inoltre nominato María Judith Flores Porras, madre di Freddy Salazar, e Danury Lizeth Samayoa Montejo, moglie di Freddy, candidate a deputate al Parlamento Centroamericano (Parlacen). Anche Lilian Piedad García Pineda, segretaria di Prosperidad Ciudadana, ha accuse che la collegano al narcotrafficante Otoniel Turcios Marroquín, che nel 2010 fu estradato negli Stati Uniti per essere processato.
L'annullamento della candidatura di Pineda è avvenuto pochi giorni dopo che Prensa Libre aveva pubblicato un sondaggio in cui il candidato presidenziale di Prosperidad Ciudadana guidava l'intenzione di voto su Sandra Torres, Edmond Mulet, Zury Ríos e Manuel Conde.

 

Il discorso anti-corruzione
Il blocco delle candidature presidenziali considerate una minaccia per la classe politica dominante ebbe un effetto silenziante sugli altri candidati al governo che, per alleanza o per paura di subire la stessa sorte, scelsero di non criticare le azioni antidemocratiche del governo Giammattei e del TSE, e per non aver denunciato la continuazione degli atti di corruzione.
Per Manfredo Marroquín, presidente di Acción Ciudadana, questo fu un altro fattore importante di cui beneficiò Bernardo Arévalo: “A differenza di altri gruppi politici, il partito Semilla ha sempre mantenuto la questione anticorruzione”.

“È chiaro che in campagna elettorale la gente non voleva eleggere qualcuno accusato di corruzione o alleato dei corrotti. Semilla è stato uno dei pochi partiti che durante la campagna elettorale hanno trasmesso un messaggio contro la corruzione e questo lo ha presentato come un partito che non faceva parte del Patto dei Corrotti”, dice Marroquín.
Un altro aspetto che ha avvantaggiato Semilla e Arévalo è che i loro candidati non erano politici famosi o riciclati da altri gruppi politici, né erano legati a casi di corruzione. I volti più visibili dei candidati erano rappresentati dai giovani.

Infine, il partito Semilla presentò il suo candidato alla presidenza come una persona diversa, preparata e onesta rispetto al resto dei candidati e alla politica tradizionale. Inoltre, la sua identificazione con la primavera democratica in cui governò suo padre, il dottor Juan Jose Arévalo Bermejo, dopo il trionfo della Rivoluzione d'Ottobre del 1944 che pose fine alla dittatura ventennale del generale Jorge Ubico, giocò a suo favore.

 

Gestione dei social network
Un terzo fattore fondamentale che ha aiutato Bernardo Arévalo è stato la strategia di comunicazione - poco sviluppata - e la gestione da parte del Movimento Semilla dei social network, soprattutto Tik Tok. Roberto Alejos, ex costituzionalista ed ex presidente del Congresso, afferma che per la prima volta ha osservato che “una campagna elettorale si decide attraverso i social e non attraverso i media tradizionali”.

“La campagna elettorale non si decide più alla radio, alla televisione o sui giornali. Adesso la questione è digitale, con brevi video, reel e podcast. C’è un nuovo modo di comunicare con il mondo, soprattutto con i giovani. Semilla ha concentrato lì la sua strategia e i risultati si vedono, avendo conquistato la maggioranza dei voti giovani”, spiega Alejos.
Gli strateghi di Arévalo hanno saputo sfruttare i social per diffondere il loro messaggio e connettersi con l'elettorato più giovane, soprattutto su Tik Tok. Su questo social il presidente eletto conta su più di 725mila follower e 12,1 milioni di like. Nei suoi video, Arévalo mostra il suo lato più umano, condivide le sue proposte, denuncia la corruzione e invita alla mobilitazione dei cittadini. La sua campagna ha utilizzato anche altre reti come X, Facebook e Instagram.

 

Il suicidio politico di Manuel Villacorta (VOS)
Un'altra delle decisioni sorprendenti della campagna elettorale del 2023 fu quella presa da Manuel Villacorta di sostenere pubblicamente Sebastián Arzú (Podemos) come sindaco della capitale pochi giorni prima delle elezioni. Manuel Villacorta, il candidato alla presidenza del partito Voluntad, Oportunidad y Solidaridad (VOS), aveva avuto una crescita rispettabile nei sondaggi ed era uno dei pochi candidati a contestare il voto antisistema dell'elettorato. Dopo l'uscita dalla corsa elettorale della coppia MLP, Roberto Arzú e Pineda, e l'inaspettata svolta comunicativa di Edmond Mulet, che cominciarono ad associare al Patto dei Corrotti, molti cominciarono a vedere Villacorta come un'opzione.

“Villacorta non è stato tolto (dalla corsa elettorale) ma si è tolto da solo. Si è praticamente suicidato (politicamente) appena due giorni prima delle elezioni. L'azione di Villacorta potrebbe aver aggiunto quei tre o quattro punti ad Arévalo che lo hanno aiutato ad accedere al secondo turno”, dice Manfredo Marroquín.
Il motivo del suo collasso politico potrebbe essere stato il controverso video che Sebastián Arzú pubblicò sui suoi social network il 23 giugno (due giorni prima del primo turno) in cui Villacorta si diceva sorpreso dalla capacità (di Sebastián Arzú) di comprendere i problemi della capitale e pensava che Sebastián poteva essere un'ottima opzione per il ruolo di sindaco di Città del Guatemala.

Quel video scatenò molte critiche sui social a causa del rifiuto nei confronti del controllo esercitato da Arzú sulla municipalità della capitale dal 1985, essendo stato incapace di risolvere i problemi dei servizi di base e della mobilità dei residenti. Riassume Berganza: “Villacorta si mise a parlare di cose che non lo favorivano tra i giovani, anche se la sua maggior influenza era proprio su quella fascia della popolazione e il colpo di grazia della disillusione fu l’appoggio che diede alla candidatura di Sebastián Arzú, che non ha il carisma del papà”.
Il giorno delle elezioni, Villacorta ottenne il settimo posto conquistando il 5,62% dei voti per la presidenza, e Arzú ottenne il 4,25% dei voti per la posizione da sindaco della capitale.

 

Con le elezioni sull'orlo della sconfitta, il patto si lancia nel colpo di stato
Dopo i risultati del primo turno, la risposta delle élite e del patto dei corrotti fu la radicalizzazione fino al punto di promuovere il colpo di stato. Non si è trattato di un colpo di stato tradizionale in America Latina poiché fino a quel momento l’esercito guatemalteco era rimasto distante dai tentativi e dagli appelli dei vari gruppi che lo appoggiavano.
Nel colpo di stato sono intervenute diversi organismi e istituzioni statali, come la Presidenza, il Pubblico Ministero, le Corti di Giustizia, la Corte Suprema di Giustizia, la Corte Costituzionale, il settore imprenditoriale e i partiti politici alleati del partito al governo.

Il colpo di stato fu messo in atto dal Pubblico Ministero e dall'organo giudiziario attraverso il giudice Fredy Orellana, che intervennero nel processo elettorale. I giudici della Corte Costituzionale non fermarono l'intervento e permisero al PM di perseguire i lavoratori TSE con diversi procedimenti penali, e poi gli studenti, gli insegnanti, i lavoratori dell'Università di San Carlos del Guatemala, i membri del partito Movimento Semilla, cercando di arrivare addirittura al presidente e alla vicepresidente del Paese.

Gruppi politici come Vamos, UNE, Cabal, Valor, Podemos, Creo, Cambio, Azul e Mi Familia, agirono davanti alla Corte Costituzionale per presunte incongruenze tra i risultati pubblicati dal TSE e i verbali delle Commissioni Elettorali. La Corte decise allora che il TSE sospendesse l'ufficializzazione dei risultati del primo turno e che tutti i collegi elettorali convocassero nuove udienze per rivedere i voti, in modo che tutti i verbali potessero essere confrontati e correggere eventuali incongruenze. Nel corso delle udienze, i PM delle parti ricorrenti non poterono verificare l'esistenza di errori nei risultati rilasciati dal TSE.

Tra il primo e il secondo turno, il Pubblico Ministero avviò una persecuzione giudiziaria contro il Movimento Semilla e i suoi leader. Con la collaborazione del giudice Fredy Orellana, la FECI riuscì a far sospendere questa organizzazione politica per un caso di firme false durante la sua costituzione. Nello stesso momento in cui il deputato e le Cortes portavano avanti il loro attacco legale, i pastori evangelici e i settori ultraconservatori del paese portavano avanti una campagna diffamatoria contro la figura di Arévalo e del partito Semilla.
Tuttavia, né i tentativi del deputato né le campagne denigratorie impedirono ad Arévalo di vincere il 20 agosto, al secondo turno, ottenendo il 58% dei voti validi contro il 37% ottenuto da Sandra Torres secondo i risultati finali del TSE.

 

Transizione tormentata
Arévalo e il suo partito Movimento Semilla fecero fatica ad insediarsi nel nuovo governo del Guatemala, dato che il 14 gennaio le forze che hanno governato con Giammattei e che hanno promosso il colpo di stato hanno continuato il tentativo.
Ritardarono la sessione di chiusura della IX Legislatura e cercarono di imporre la nuova giunta direttiva al Congresso affinché Sandra Jovel, ex cancelliera di Jimmy Morales, fosse la punta di diamante del patto dei corrotti e impedisse a Bernardo Arévalo di insediarsi.
L'intero periodo della cosiddetta transizione (dalla vittoria del secondo turno, il 20 agosto, fino al 14 gennaio) è stato caratterizzato da numerosi tentativi di annullare i risultati delle elezioni generali.

Il Pubblico Ministero di Consuelo Porras, insieme al Presidente Alejandro Giammattei e ai partiti rappresentati nell'attuale Congresso della Repubblica, operarono numerose manovre giuridiche e politiche per impedire l'insediamento di Bernardo Arévalo, Karin Herrera e dei deputati eletti.

I tentativi spaziano dall'intensificazione delle cause legali contro i leader di Semilla, alle irruzioni nella sede del Tribunale Supremo Elettorale, alla revoca dell'immunità a quattro magistrati TSE per essersi rifiutati di portare avanti il piano presidenziale di ignorare i risultati elettorali, al boicottaggio del Documento Generale di Bilancio della Nazione 2024, all’intimidazione dei giudici della Corte Costituzionale per non aver risolto come la presidenza intendeva.
Finora, però, tutti i tentativi di sabotaggio da parte del PM, della presidenza Giammattei e degli attuali deputati sono falliti, in buona misura grazie alla mobilitazione dei cittadini nelle principali città del Paese dopo l’intervento del PM in diverse circoscrizioni elettorali e dopo che si verificarono gli scontri davanti alla sede centrale del PM nel barrio Girona.

Le prime mobilitazioni contro gli atti illegali del PM si svolsero con gli studenti universitari di San Carlos e di Rafael Landivar che scesero in piazza per proteggere l'integrità delle urne elettorali e dei risultati.

Le manifestazioni cittadine acquisirono maggior forza con l'appello di diversi sindaci indigeni del paese a uno sciopero nazionale a tempo indeterminato e a chiedere le dimissioni del procuratore generale Consuelo Porras.

Così sono iniziate le occupazioni delle strade avvenute lo scorso ottobre su iniziativa dela giunta direttiva dei 48 Cantoni, del sindaco indigeno di Ixil, delle autorità indigene di Sololá, Chichicastenango e del Parlamento Xinka e altri. A loro si sono unite organizzazioni sociali, studenti universitari, mercati cantonali e i cittadini in generale, usciti per chiedere alle autorità di rispettare i risultati elettorali e la democrazia.
Sulla base di queste manifestazioni, la comunità internazionale, principalmente gli Stati Uniti e l’Unione Europea, hanno svolto un ruolo fondamentale nel fermare le intenzioni di non conferire l’incarico alla coppia presidenziale e ai deputati eletti del Movimento Semilla. Le sanzioni imposte vanno dal ritiro dei visti all’applicazione della legge Global Magnitsky e alle condanne internazionali.

Un altro tentativo di annullare le elezioni è stato fatto il 30 novembre, quando il Congresso, con più di 108 voti, ha privato dell'immunità quattro giudici del TSE che poche ore dopo hanno lasciato il Paese ritenendo che non esistessero le condizioni per un giusto processo. A seguito di questa azione, gli Stati Uniti hanno annunciato il ritiro dei visti a più di 100 deputati.

Gli analisti consultati sottolineano che con tale azione e la nomina del nuovo ambasciatore di quel paese in Guatemala non ci sarebbero state ulteriori azioni che avrebbero potuto influenzare l'insediamento di Arévalo e Karin Herrera. Tuttavia, anche se la Corte Costituzionale ha concesso protezione per garantire la transizione, lascia la porta aperta affinché il Pubblico Ministero possa continuare con le sue azioni contro il processo elettorale e i membri del partito Movimento Semilla.
A un mese dall'insediamento del presidente Arévalo e del nuovo governo, si comincia a far luce sulle depurazioni e sulla continuità della lotta alla corruzione, in un tira e molla contro la resistenza della procuratrice generale Consuelo Porras che rifiuta di dimettersi, in conflitto con la nomina ai posti di governo di quadri opachi che provengono dai governi precedenti.

Sembra che il nuovo governo dovrà continuare a fare i conti con le azioni antidemocratiche e illegali da un lato del PM e, dall'altro, con la burocrazia in cui il patto è riuscito ad accumulare spazio e risorse. A ciò si aggiunge il malcontento della società civile e dei popoli indigeni che non vedono rappresentata tutta la forza della lotta contro il colpo di stato.

 

Resumen Latinoamericano, 26 de febrero de 2024 (fuente: Prensa Comunitaria)

 

Traduzione a cura di Luigi M., Patria Grande/CIVG

 

Articolo originale: Guatemala. El voto y los factores que empujaron a Arévalo a la presidencia

https://www.resumenlatinoamericano.org/2024/02/26/guatemala-el-voto-y-los-factores-que-empujaron-a-arevalo-a-la-presidencia/