Notiziario Patria Grande - Settembre - Ottobre 2023
NOTIZIARIO SETTEMBRE-OTTOBRE 2023
CIVG INFORMA / INIZIATIVE / NICARAGUA
Nicaragua, Davide e Golia in Centro America (registrazione video)
GRANMA (CUBA) / ESTERI / CONFLITTO ARABO-ISRAELIANO
Il Presidente Díaz-Canel sulla Palestina: la storia non perdonerà gli indifferenti, e noi non saremo tra loro
TELESUR (VENEZUELA) / ESTERI / ELEZIONI IN ARGENTINA
Che cosa è successo e cosa succederà in Argentina?
TELESUR / ESTERI / ECUADOR
Il dilemma ecuadoregno
GRANMA (CUBA) / ESTERI / G77+CINA
G77 + Cina riunito a L’Avana
CONTEXTO LATINOAMERICANO (ARGENTINA) / ESTERI / UNIONE LATINOAMERICANA
Esiste anche il Sud
GRANMA (CUBA) / ESTERI / DIRITTI CIVILI E STATI UNITI
Stessa società, stesso sogno frustrato
GRANMA (CUBA) / GEOPOLITICA / TERRORISMO E INGERENZA STATUNITENSE
Terroristi anticubani al di là dell’odio e della farsa
GRANMA (CUBA) / ANALISI / DIRITTI UMANI E MISTIFICAZIONE
Diritti umani come vergognosa arma politica
GRANMA (CUBA) / ESTERI / BASI MILITARI USA NEL MONDO
Un piano per distruggere i Paesi
GRANMA (CUBA) / ESTERI / L’OPERAZIONE PAPERCLIP
L’ operazione Paperclip e il risveglio della serpe
GRANMA (CUBA) / ESTERI / CUBA ALL’ONU
Cuba eletta al Consiglio dei Diritti Umani
CONTEXTO LATINOAMERICANO (ARGENTINA)
I punti cardine della Politica di Massima pressione contro Cuba
CIVG INFORMA / INIZIATIVE / NICARAGUA
Nicaragua, Davide e Golia in Centro America (registrazione video)
Incontro organizzato da Patria Grande/CIVG
Torino, 20 ottobre 2023
La registrazione dell’evento è visionabile all’indirizzo:
https://www.youtube.com/watch?v=8VnBWZpzCs8
Smontare le menzogne che circolano copiose e raccontare cos’è davvero il Nicaragua oggi, quali obiettivi persegue e come si colloca in un quadro più ampio latinoamericano e mondiale. Questo era l'obiettivo della serata.
Il Nicaragua è un piccolo Stato del Centroamerica, una superficie poco più grande dell’Italia settentrionale, con circa 6 milioni e mezzo di abitanti. È stato una colonia spagnola che nel 1821 ha ottenuto l’indipendenza che, però, è durata poco.
Già agli inizi del ‘900, infatti, gli USA esercitano la loro pesante ingerenza, che diviene anche militare per 24 anni fino al 1933, quando i marines vengono sconfitti a scacciati da un esercito di patrioti guidati da Augusto Cesar Sandino, considerato dai nicaraguensi il Padre della Patria.
Gli USA ritirano l’esercito, ma non il controllo, e lasciano a guida della nazione Anastasio Somoza, che instaura una dittatura tramandata di padre in figlio per 45 anni. Negli anni ’60 l’opposizione al somozismo si organizza e nasce il FSLN, Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale, che conduce una lotta di guerriglia che dura quasi 20 anni, con oltre 60.000 morti, finché nel 1979 la rivoluzione trionfa.
Somoza fugge negli Stati Uniti e porta con sé tutto il denaro delle casse dello Stato. I sandinisti si trovano un Paese distrutto, senza risorse finanziarie per ricostruirlo, ma pieno di risorse umane, con un’energia collettiva che in quegli anni era palpabile, straordinaria, scaturita dalla consapevolezza della libertà di costruire la propria nazione e creare insieme il proprio futuro. Il piccolo Davide ha battuto il grande Golia del Nord e il Nicaragua diviene esempio e stimolo per altri popoli in lotta per la liberazione. Sorge un ampio movimento di solidarietà internazionale, anche da noi: si fonda l’Associazione di amicizia, solidarietà e scambi culturali Italia-Nicaragua.
Ma gli Stati Uniti non mollano. Armano i “contras”, ovvero bande di controrivoluzionari che penetrano in territorio nicaraguense ed operano tipo squadroni della morte, allo scopo di distruggere, ammazzare, terrorizzare, tenere occupate risorse umane e materiali per la difesa, anziché dedicarle alla ricostruzione di cui il Paese ha tanto bisogno. Questa “guerra sporca”, come viene definita, si protrae per quasi 10 anni con altri 50.00 morti.
La gente arriva alle elezioni del 1990 stanca di guerre. Il ricatto degli Stati Uniti a quel punto è: o votate la candidata a noi gradita, o la guerra continua. Vince di stretta misura l’opposizione di destra filostatunitense, che nei successivi 16 anni di governo neoliberista distrugge le conquiste sociali ed economiche che il popolo si era faticosamente costruito.
Alle elezioni del 2006 torna a vincere il sandinismo con Daniel Ortega, riconfermato in tutte le elezioni successive fino ad oggi, avendo di nuovo un Paese da risollevare e far progredire.
Ma gli USA non mollano. Avviano una campagna mediatica internazionale capillare di demonizzazione contro Ortega e, parallelamente, sanzioni economiche finanziarie e commerciali che sono un altro modo per fare la guerra ai popoli, strangolandoli. Cuba ne sa qualcosa. Nel 2018 tentano anche un colpo di Stato violento, che non riesce, ma causa danni materiali ingenti e centinaia di morti.
Ma il Nicaragua si riprende, governo e popolo insieme, nonostante tutto. Come dicevano i nicaraguensi dopo il trionfo della rivoluzione: “Qui non si arrende nessuno”.
Interventi:
Cos'è davvero una dittatura
Aurora Baltodano Toledo, cittadina nicaraguense, membro del Coordinamento Europeo di Solidarietà con la Rivoluzione Popolare Sandinista
Il Modello Sandinista
Fabrizio Casari, giornalista, direttore di Altrenotizie.org
Ha moderato: Adelina Bottero, Gruppo Patria Grande/CIVG
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Il CIVG ha realizzato un “quaderno” dal titolo “Storia del Nicaragua dalla dittatura somozista ai giorni nostri” di cui è autrice Aurora Baltodano.
È disponibile anche un quaderno su Haiti: un’altra nazione che ha condotto un’importante lotta rivoluzionaria, completamente cancellata dai libri di storia. Autore è il nostro storico Flavio Rossi.
Chi è interessato può farne richiesta al CIVG con un contributo a partire da 5€ che finanzia i progetti di solidarietà concreta per i popoli oppressi dalle guerre.
GRANMA (CUBA) / ESTERI / CONFLITTO ARABO-ISRAELIANO
Il Presidente Díaz-Canel sulla Palestina: la storia non perdonerà gli indifferenti, e noi non saremo tra loro
Parte della Striscia di Gaza bombardata
in un’immagine del giornalista Hosam Salem. Photo: Twitter
In uno storico discorso di 63 anni fa all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il leader storico della Rivoluzione cubana, Fidel Castro Ruz, disse: «Le guerre, dal principio dell’umanità, sono sorte fondamentalmente per una ragione: il desiderio di alcuni di appropriarsi delle ricchezze di altri. Scompaiano le colonie, scompaia lo sfruttamenti dei paesi realizzato dai monopoli, e allora l’umanità avrà davvero fatto un passo avanti!». Fine della citazione.
In questa idea si riassume la ragione dell’orrore che vive oggi il popolo palestinese confinato con un nuovo Apartheid in una minima striscia di terra. La filosofía della spoliazione è quella che oggi provoca una catastrofe umanitaria di proporzioni dantesche.
Ma non è una semplice striscia di terra quella che soffre l’impatto dei missili israeliani: è il popolo palestinese il destinatario delle bombe. Sono più di 3000 bambini e 1700 donne i morti nelle ultime settimane, mentre migliaia di persone restano intrappolate tra le macerie aspettando possibili soccorritori che potrebbero giungere a salvarli.
Più del 40% delle case di Gaza sono state distrutte e gli ospedali si sono trasformati in obitori.
Cuba condanna duramente i bombardamenti contro la popolazione di Gaza e la distruzione delle sue case, degli ospedali e delle infrastrutture civili. Condanniamo l’uccisione di persone innocenti come risultato dell’attuale escalation che attacca con malvagità, senza distinzione d’etnia, nazionalità o fede religiosa.
Condividiamo anche il dolore per la sofferenza provocata per le vittime civili israeliane del conflitto, ma non accettiamo l’indignazione selettiva che pretende di non riconoscere la gravità del genocidio che oggi si perpetra contro i palestinesi, presentando il lato israeliano come la vittima e non riconoscendo 75 anni di attacchi, di occupazione, di abusi e di esclusione. Niente può giustificare quello che sta facendo l’esercito israeliano contro Gaza. Niente può giustificare le gravi violazioni del Diritto Internazionale Umanitario che si stanno commettendo.
Israele trasgredisce tutte e ognuna delle risoluzioni della ONU e tutti e ognuno dei suoi obblighi come Potenza Occupante in virtù del Quarto Accordo di Ginevra, confidando pienamente nel fatto che la paralisi del Consiglio di Sicurezza lo proteggerà permettendogli la continua fuga delle responsabilità.
Il Consiglio di Sicurezza, nemmeno nella gravissima congiuntura attuale, è stato capace di chiamare Israele a fermare il massacro in corso. Gli Stati Uniti hanno posto il veto a una proposta che invitava semplicemente a pause umanitarie per permettere l’accesso di aiuti a Gaza e garantire la protezione dei civili. Quelli che oggi si oppongono alla fine della violenza a Gaza come questione di massima priorità dovranno assumersi le responsabilità per le gravi conseguenze che questo implica.
Ma non sorprende la posizione del governo degli Stati Uniti che storicamente ha agito come complice della barbarie sionista, bloccando in maniera reiterata l’azione del Consiglio di Sicurezza rispetto alla Palestina, impedendo con il suo offensivo esercizio del veto la pace e la stabilità nel Medio Oriente.
Una soluzione ampia, giusta e duratura del conflitto, esige l’esercizio reale del diritto inalienabile del popolo palestinese alla libera determinazione e a costruire il suo Stato indipendente e sovrano dentro le frontiere precedenti al 1967 e con la sua capitale a Gerusalemme Orientale.
Non c’è altra maniera efficace per fermare, una volta per tutte, questa spirale di violenza, per salvare vite umane e tracciare una rotta percorribile verso la pace.
La comunità internazionale permetterà che continui questa situazione insostenibile? O continuerà ad essere ostaggio di un esercizio arbitrario come il veto, che le impedisce d’agire come dovrebbe per fermare il crimine?
Un gruppo di paesi, tra i quali Cuba, ha proposto all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite un progetto di risoluzione che è stato finalmente approvato, che reclama l’immediato cessate il fuoco, il ristabilimento urgente di un meccanismo per proteggere la popolazione civile palestinese e condanna lo sfollamento forzoso dei civili reclamando l’invio di aiuti umanitari d’emergenza.
Ogni momento d’inerzia e passività costerà altre vite di altri innocenti. Si deve agire immediatamente. Continueremo a contribuire agli sforzi internazionali legittimi che sono indirizzati a porre fine a questa barbarie.
La storia non perdonerà gli indifferenti, e noi non saremo tra questi. È tempo di porre fine alla spoliazione e far morire la filosofia della guerra.
Miguel Diaz Canel (GM per Granma Internacional), 30 ottobre 2023
Fonte: Canale YouTube della Presidenza di Cuba
TELESUR (VENEZUELA) / ESTERI / ELEZIONI IN ARGENTINA
Che cosa è successo e cosa succederà in Argentina?
Il risultato finale dipenderà dalla capacità di convinzione che Massa o Milei avranno
nel mezzo di una disputa epocale tra due visioni opposte sul futuro del Paese | Foto: EFE
Il risultato delle elezioni generali e lo scenario in vista del ballottaggio
1. Il tetto di Milei
Gran parte della società argentina ha detto a Javier Milei: "fin qui e basta". Secondo i dati degli ultimi sondaggi del CELAG (1), la maggioranza non condivide la sua idea di dollarizzazione; non approva il termine "casta"; lo considera un violento, ricattatore e maschilista; crede che sia instabile; non è d’accordo col resto delle sue proposte. In definitiva: politicamente ha un limite ed elettoralmente pure. Dal PASO (2) al primo turno, l’intenzione di voto è scesa in percentuale (dal 31,6 al 29,98 % di voti a favore), malgrado abbia ampliato il bacino voti a 651.345 (ciò si spiega con l'aumento di 8 punti nella partecipazione).
2. Bullrich, dal piano terra allo scantinato
Patricia Bullrich ha perso 533.996 voti dal PASO al primo turno; quasi 6 punti percentuali. “Juntos por el Cambio” (Insieme per il Cambiamento) è tornato al punto di partenza. Il suo risultato attuale è simile a quello ottenuto alle primarie del 2015 (23,8 vs 24,5 %). Sono in caduta libera e non hanno ancora finito di cadere. Le sconfitte fanno molto male; ancor più se sono due consecutive. Si trovano in un labirinto senza uscita. Non han saputo cosa fare con l'apparizione dell'ultradestra libertaria e continuano a restare ancorati al passato.
3. La scala di Massa
Sergio Massa ha progredito ad un ritmo crescente: 3 milioni di voti in più, quasi 8 punti percentuali. È riuscito a convincere una buona parte degli elettori del “Frente de Todos” (Fronte di Tutti) del 2019, che nel PASO di agosto erano rimasti a casa, astenendosi. Come ha fatto? Né con spot pubblicitari, né con motivetti promozionali. Ma con decisioni concrete in materia economica (devoluzione dell'IVA, ad esempio); spiegando con sincerità l'alta responsabilità del FMI in tutte queste trame; e, inoltre, chiedendo scusa per tutto ciò che non è stato fatto bene. Se continua così, con azioni precise che migliorino la quotidianità, continuerà a salire di gradino in gradino.
4. La formula di Axel: idee + gestione - fiaschi
È il trionfo della Politica con lettere maiuscole. Axel Kicillof ha ottenuto quasi il 45 % dei voti nell’elezione a governatore della Provincia di Buenos Aires. È stata la vittoria di un goleador. Ottenuta governando e credendo nei Principi. Senza distrarsi nemmeno un po’ da ciò che davvero conta. È diventato così un Progetto Politico attuale, venuto per restare.
5. L'impotenza dei grandi mezzi d’informazione
Da anni stiamo dimostrando, grazie alle inchieste del CELAG, che i media in America Latina hanno la loro importanza, perché sono altamente consumati dalle masse come forma d’intrattenimento, ma non sono credibili. Possono creare schemi, questo sì, ma non arrivano ad avere la portata e la forza loro attribuite. Ed in Argentina il loro intento è nuovamente fallito. La loro candidata si è fermata al terzo posto.
6. I cigni non sempre sono neri
Si esagera - e molto - ogni avvenimento congiunturale (si chiami esso Insaurralde o Chocolate) (3) ignorando che la cittadinanza "è interessata ad altro". Siamo caduti nella trappola del “castello di carte” che si fa la politica, credendo che tutto abbia una logica lineare e semplice. Ed a volte ci dimentichiamo che il buonsenso ed i solchi profondi non cambiano tanto rapidamente.
7. Il ballottaggio è aperto
Se la partecipazione ed i voti bianchi/nulli si mantenessero come al primo turno (come capitò nel 2015, ultima volta che vi fu un ballottaggio), allora avremmo che:
(a) Milei dovrebbe ottenere 5,5 milioni di voti in più per vincere; ad esempio, intercettando il 90 % dei voti di Bullrich;
(b) Massa avrebbe bisogno di 3,8 milioni di voti per imporsi; ad esempio: tutti i voti di Myriam Bregman, più l’80 % di Juan Schiaretti, più il 60% degli elettori di Horacio Rodríguez Larreta (supponendo che questi abbiano votato per Bullrich al primo turno, che sarebbe la cosa più probabile secondo i nostri studi).
Attualmente è molto complicato sapere quale sia la probabilità maggiore: la prima o la seconda. Ma c'è qualcosa di assolutamente chiaro: la soluzione a questa equazione elettorale non si troverà facendo somme e sottrazioni come se gli elettori di ogni candidato fossero tutti uguali. L'aritmetica, rampante e sempliciotta, in Politica ha i suoi limiti.
Il risultato finale dipenderà dalla capacità di convinzione di Massa o Milei, nel mezzo di una disputa epocale tra due visioni contrapposte sul futuro della nazione in materia di giustizia, democrazia, sovranità, libertà, uguaglianza, diritti.
Si apre a partire da ora una battaglia Politica ed Elettorale che avrà il suo lato propositivo e che, ovviamente, sarà anche accompagnata da una Guerra delle Paure.
Vedremo chi vincerà. (4)
Alfredo Serrano Mancilla
Articolo originale: ¿Qué pasó y qué pasará en Argentina?
https://www.telesurtv.net/opinion/Que-paso-y-que-pasara-en-Argentina-20231024-0043.html
Note
(1) CELAG = Centro Strategico Latinoamericano di Geopolitica
(2) PASO = Elezioni primarie, aperte, simultanee e obbligatorie, svoltesi il 13 agosto 2023
(3) Scandali di corruzione legati a funzionari statali, scoppiati proprio prima delle elezioni. Si veda: https://izquierdaweb.com/del-caso-chocolate-a-insaurralde-un-estado-a-imagen-y-semejanza-de-los-ricos/
Il ballottaggio si svolgerà il 19 novembre 2023
TELESUR / ESTERI / ECUADOR
Il dilemma ecuadoregno
Solo con un'alleanza programmatica, solida e generosa di tutte le parti sarà possibile affrontare il prossimo appuntamento elettorale | Foto: EFE
Alcune cause strutturali che spiegano il risultato elettorale del secondo turno
Con poche eccezioni, il risultato di un’elezione presidenziale è spiegato molto più dalla politica che dalla campagna. Eppure, quasi sempre cadiamo nella tentazione di stordirci di fronte alla situazione, perdendo di vista i solchi profondi che permettono di comprendere il vero motivo di una vittoria o di una sconfitta elettorale. Ciò che è accaduto in Ecuador non fa eccezione.
Daniel Noboa sarà il prossimo presidente del Paese. Ha vinto al secondo turno con il 52% contro il 48% di Luisa González. Percentuali molto simili a quelle ottenute da Lasso e Arauz nel 2021 (52,3 contro 47,6).
C'è molta somiglianza anche tra i primi turni, cioè Arauz ha ottenuto 32,7 nel 2021 e Luisa 33,6 nel 2023, e da parte sua, Lasso ha ottenuto quasi 20 punti e Noboa ora 23.
Inoltre, c’è un alto grado di somiglianza anche nella composizione altamente frammentata dell’Assemblea tra il 2021 e il 2023, e lo stesso vale per la percentuale di atomizzazione del resto dei candidati esclusi dal secondo turno.
Potremmo dire che tale somiglianza sia pura coincidenza? No, in nessun modo.
Nonostante le tante differenze tra una circostanza e l’altra, la somiglianza dei risultati elettorali ha molto più a che fare con il processo politico che l’Ecuador sta vivendo negli ultimi tempi.
In altre parole, commetteremmo un grave errore analitico se pensassimo che quanto accaduto in questo evento elettorale sia dovuto alle differenze tra i profili dei candidati (Noboa non assomiglia a Lasso, né Luisa assomiglia ad Arauz). Né dobbiamo considerare che i voti di entrambi siano dovuti alle loro prestazioni nel dibattito presidenziale, oppure ai jingle o agli spot. Nemmeno ai social network, nemmeno in un contesto di crescente insicurezza. Nemmeno le società offshore di Noboa.
Questa tesi non nega che queste situazioni abbiano avuto una qualche importanza relativa nel modo in cui i cittadini decidevano. Ce l’avevano, sì, ma la loro influenza era marginale se la confrontiamo con un altro insieme di variabili politiche più durature.
Alcune di queste ragioni strutturali che spiegano il risultato elettorale sono le seguenti:
1. Il correismo è la principale identità politica del Paese, ma non è sufficiente per raggiungere la maggioranza al secondo turno. Continua a essere la centralità, in un senso e nell’altro.
2. La frammentazione dei partiti e l’elevata volatilità sono destinate a durare. Il fenomeno della “Democrazia Spotify” ha raggiunto anche l’Ecuador. Lo si vede chiaramente radiografando tutto ciò che è al di fuori del correismo: non importa chi sia il candidato o quale sia il partito. Finiscono per riunirsi al secondo turno, in modo tattico, nonostante le eterogeneità politiche.
3. La popolazione che soffre di più e con il reddito più basso è un soggetto chiave nel nuovo (dis)ordine sociale e politico. Una buona parte ha smesso di credere nelle istituzioni. L’Ecuador sta attraversando una profonda crisi di rappresentanza. Le soluzioni non si trovano guardando nello specchietto retrovisore. L’unica strada è ripensare tutto andando avanti, individuando nuove istanze senza pregiudizi e trovando risposte precise e puntuali, e proponendo nuovi orizzonti in sintonia con la nuova era.
4. Il Blocco Indigeno è un attore fondamentale in Ecuador. Non solo quantitativamente, ma anche per la sua rilevanza politica. Negli ultimi anni, anche se non vota in modo omogeneo, il suo conflitto irrisolto con il correismo è un ostacolo alla costruzione di una maggioranza progressista che prevalga al secondo turno.
Questi ultimi due punti costituiscono insieme la principale sfida storica e, allo stesso tempo, il più grande dilemma che buona parte della società ecuadoriana deve affrontare per vincere politicamente ed elettoralmente contro il neoliberismo. Solo con un’alleanza programmatica, solida e generosa da tutte le parti sarà possibile affrontare il prossimo appuntamento elettorale del febbraio 2025.
Alfredo Serrano Mancilla, 16 ottobre 2023
Traduzione a cura di Luigi M., Patria Grande/ CIVG
Articolo originale: El Dilema Ecuatoriano
https://www.telesurtv.net/opinion/El-Dilema-Ecuatoriano-20231016-0039.html
GRANMA (CUBA) / ESTERI / G77+CINA
G77 + Cina riunito a L’Avana
I paesi in via di sviluppo continuano a impegnarsi nelle loro priorità nazionali di sviluppo.
In questo impegno, la scienza, la tecnologia e l’innovazione costituiscono strumenti imprescindibili per accelerare il ritmo della differenza e la trasformazione economica, aumentare la produttività e la competitività e facilitare il pieno inserimento dei paesi in via di sviluppo nell’economia mondiale.
I passi avanti nel campo scientifico e tecnico sono la chiave per raggiumgere lo sviluppo sostenibile.
Senza dubbio l’accesso a tutto questo è vietato a gran parte dell’umanità, sottoposta a una perenne lotta per la sopravvivenza. Cambiare questo scenario esige la costruzione di un mondo più giusto, veramente democratico e inclusivo, che privilegi la solidarietà e la cooperazione internazionali, che a loro volta permettano la mobilità delle risorse necessarie per appoggiare gli sforzi dei paesi nella conseguimento del loro sviluppo, impedito da secoli di sfruttamento coloniale e saccheggio.
In questo contesto, l’unità e l’attivismo del G77 più Cina nei dibattiti e nei forum internazionali risultano fondamentali per far crescere le legittime aspirazioni dei nostri popoli.
Nello stesso tempo gli scambi all’interno del Gruppo sono importanti per identificare punti di convergenza ed esplorare meccanismi e iniziative che contribuiscano alla complementarità tra i paesi del Sud nei principali temi di nostro interesse.
Il ruolo della scienza, della tecnologia e dell’innovazione nello sviluppo è cresciuto di importanza per il Gruppo dei 77 più Cina.
Le priorità del Gruppo in questo ambito sono state integrate nei documenti risultanti dal Iº e IIº Vertice Sud. Inoltre si segnala la presenza del tema nelle dichiarazioni finali delle riunioni dei ministri delle Relazioni Estere del Gruppo, così come nei risultati delle discussioni del Gruppo su questi temi.
Di fronte alla crescente emarginazione tecnologica del Sud, la scienza, la tecnologia e l’innovazione costituiscono una priorità che i paesi del Gruppo devono difendere da difendere in quanto di grande impatto nello sviluppo e nello scontro efficace alle sfide attuali.
In questo spirito Cuba, nella sua condizione di presidente del Gruppo dei 77 più Cina, ha deciso di convocare un Vertice dei Capi di Stato e di Governo con il tema “Gli impegni attuali dello sviluppo: il ruolo della scienza, la tecnologia e l’innovazione”.
Il Vertice si svolge oggi e domani a l’Avana.
Gli obiettivi del vertice
*Propiziare il dibattito e l’analisi sulle sfide principali del Sud per l'avanzamento verso uno sviluppo sostenibile, tenendo in particolare attenzione il ruolo della scienza, della tecnologia e dell’innovazione per ncrementare della sicurezza alimentare, la salute, i nuovi processi di produzione, il benessere umano in un ambiente sano, la gestione dei governi e il settore privato, così come il contributo dell’educazione e dell’etica nella scienza e la tecnologia, i modelli di
scienza aperta, il ruolo delle scienze sociali e umanistiche per lo sviluppo delle nostre società, questi alcuni tra i temi rilevanti.
* Dare continuità e sviluppare quanto sottoscritto dai Capi di Stato e di Governo nel I nel II Vertice Sud, realizzati rispettivamente a L’Avana nel 2000 e a Doha nel 2005.
* Porre le basi delle posizioni e degli interessi che il Gruppo difenderà nel contesto dei molteplici processi di negoziato multilaterali in corso e di grande importanza per ilG77 più Cina, come il Patto Globale Digitale, il processo di Revisione Generale del Vertice Mondiale sulla Società dell’Informazione (WSIS e 20), il Vertice degli ODS, il Vertice del Futuro; e altri di fronte ai quali sarà necessaria un’azione concertata.
* Dare un impulso rinnovato a questioni sostanziali nello sviluppo delle nazioni del Sud, come il contributo della scienza, tecnologia e innovazione, così come definire azioni pratiche per seguire le
disparità esistenti tra i paesi sviluppati e in via di sviluppo e lavorare per il compimento degli impegni internazionali in materia di Aiuto Ufficiale per lo Sviluppo, il trasferimento di altre tecnologie e il finanziamento necessario per lo sviluppo dei paesi del Sud.
Granma e GM per Granma Internacional, 15 settembre 2023
CONTEXTO LATINOAMERICANO (ARGENTINA) / ESTERI / UNIONE LATINOAMERICANA
Esiste anche il Sud
di Anisley Torres Santesteban, 18 settembre 2023
“I sistemi e i diversi contesti mondiali non funzionano nei paesi in via di sviluppo”. È l’idea espressa dal massimo rappresentante delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, durante il recente Vertice del G77 e Cina che si è svolto all’Avana, ribadita più e più volte durante tutti i discorsi degli oltre cento oratori nelle due sessioni di interminabili discorsi senza nessuna interruzione, nemmeno per i pasti.
Durante l’incontro convocato da Cuba, che presiede in questo 2023 per la prima volta il meccanismo di concertazione politica, la catarsi è stata “consistente” e “produttiva”, in sintonia con i suoi protagonisti. I leader mondiali hanno saputo non solo identificare le problematiche e le cause, nella maggior parte comuni a tutti e determinata da un ordine internazionale che esclude il sud – visto solo come riserva di materie prime e manodopera – ma hanno anche convenuto che le soluzioni passano attraverso azioni volte a potenziare la cooperazione sud-sud.
È per questo che, non appena conclusa la riunione di alto livello, la cancelleria cubana l’ha definita “strategica” e “di successo”. Diversi presidenti hanno convenuto nell’evidenziare quanto sia stato opportuno ed utile l’incontro, come nel caso del venezuelano Nicolás Maduro che l’ha definito “un successo mondiale assoluto”.
Per quanto riguarda il gruppo multilaterale, il più esteso e diversificato che esiste, che concentra l’80% della popolazione mondiale e più dei due terzi dei membri dell’ONU, quello dell’Avana non è stato uno dei tanti eventi diplomatici, ma un appuntamento operativo. Tra i suoi principali risultati emerge la Dichiarazione Politica finale ed una dichiarazione aggiuntiva con il benvenuto al Messico per la sua reintegrazione nel blocco. Entrambi i testi sono stati approvati per acclamazione, vale a dire con il consenso unanime dei suoi membri.
E’ stata inoltre approvata una dichiarazione identica a quella già discussa e concordata dagli ambasciatori durante la riunione di New York del G77 e Cina. Con l’unica aggiunta di un paragrafo per l’espressione della solidarietà al Marocco ed alla Libia per le perdite umane e materiali causate dai recenti disastri naturali.
Nel documento politico di 47 punti é stata enfatizzata la necessità di una riforma urgente e profonda dell’architettura finanziaria internazionale che consenta l’accesso equo alle risorse di cui hanno bisogno i paesi del sud per il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (ODS - Objetivos de Desarrollo Sostenible).
Gli ODS sono 17 obiettivi adottati dagli stati membri dell’ONU nel 2015 per ottenere un futuro più sostenibile per più della metà del mondo. Gli obiettivi avrebbero dovuto realizzarsi tutti nel 2030, tuttavia, a metà strada, solo il 15% di essi è sulla buona strada, mentre molti sono fermi e altri retrocedono.
E’ stata inoltre espressa una energica condanna ai sistemi unilaterali coercitivi che vengono applicati dai centri di potere contro i vari membri del G77. Il testo ha riassunto le preoccupazioni generalizzate dei popoli del sud per gli effetti della crisi pluridimensionale globale nella ferma volontà di intraprendere azioni per proseguire nel percorso dello sviluppo.
Sia nella dichiarazione che negli interventi, la maggior parte del contenuto riguardava l’importanza della scienza, della tecnologia e della innovazione per lo sviluppo. Questo è stato l’asse centrale dell’incontro, anche se si è imposta una revisione per effetto delle tematiche contingenti: le iniquità sociali, l’impatto dei cambiamenti climatici e ovviamente, la guerra in Ucraina, come conflitto più visibile, polemico e mediatico del momento, in un mondo con moltissimi altri conflitti armati, controversie geopolitiche e minacce alla autodeterminazione.
Hanno partecipato 116 paesi dei 134 che compongono il G77, 31 di essi rappresentati da capi di stato o di governo, oltre ad una dozzina di organismi e agenzie internazionali, in un dibattito trasparente che è stato diffuso in tempo reale a tutti i popoli, cosa poco diffusa negli eventi di questa dimensione, mentre spesso si discute a porte chiuse e le persone comuni hanno scarso accesso alla informazione tempestiva.
Per quanto riguarda Cuba, è stato un appuntamento che ha aperto un po’ di più le porte al mondo, allo scambio e alla conoscenza, ma anche alla legittimazione politica dopo decenni di tentativi statunitensi di isolarla ed emarginarla. “Ci resta la certezza che non siamo né saremo soli”, ha affermato il direttore degli affari multilaterali della cancelleria cubana, Rodolfo Benítez.
La “piccola, magica e ribelle isola di Cuba”, così definita dal Ministro degli Esteri Bruno Rodríguez Parrilla alla vigilia del vertice, è stata l’epicentro dei paesi del sud, in un incontro austero – come più volte sottolineato dai padroni di casa – senza lussi né sprechi di nessun tipo, con risorse minime indispensabili, in un contesto di crisi economica profonda, la più acuta dal cosiddetto “Periodo Speciale” degli anni 90 del secolo scorso.
Austerità materiale, ma argomentazioni avanzate, con voce critica e riflessiva a proposito delle urgenze del mondo di oggi per le nazioni che fino a ieri venivano definite in maniera dispregiativa e sprezzante “sottosviluppate”, come se fosse una loro incapacità propria ed intrinseca e non il risultato di una storia di saccheggi e spoliazioni, di dominazioni e sottomissioni. Il vertice dell’Avana ha rivendicato che “Esiste anche il sud!”. E non solo esiste, ma gode anche di uno straordinario patrimonio di talento, culture ancestrali, conoscenze specifiche, forze umane e risorse materiali considerevoli per compiere il salto necessario verso una vita dignitosa per tutto il suo popolo.
Il Messico, paese fondatore che era uscito dal meccanismo politico negli anni 90, torna ora a far parte del G77 e Cina. Con questa reintegrazione, l’America Latina è di nuovo rappresentata nella sua totalità nel gruppo che esce dal Vertice dell’Avana più coeso e più forte.
Cuba concluderà il suo ruolo alla testa del blocco all’inizio del 2024, data nella quale consegnerà la presidenza pro tempore all’Uganda nel III Vertice del Sud, che avrà luogo a Kampala nella prima quindicina del prossimo Gennaio.
Intanto, il presidente cubano Miguel Díaz-Canel parteciperà nella seconda metà di settembre a New York alla più importante riunione del mondo. Díaz-Canel parlerà alle Nazioni Unite questa volta a nome dell’isola, ma anche come voce del G77 e Cina nell’appuntamento che ogni settembre raduna i leader mondiali per i dibattiti di alto livello nell’Assemblea Generale dell’ONU.
Come fece nella capitale cubana, ora lo fa sul suolo statunitense, però dinanzi al governo diplomatico mondiale: il presidente cubano lancia un appello affinché “si cambino le regole del gioco” a beneficio dei paesi in via di sviluppo che, a suo giudizio, sono le principali vittime del commercio, della finanza internazionale e degli scambi impari. “Per secoli si sono spartiti la torta lasciandoci solo le briciole”, ha detto Díaz-Canel, come potente appello ad abbandonare l’immobilismo ed impegnarsi nell’emancipazione del Sud Globale.
Fonte: Contexto Latinoamericano.com, una rivista di Ocean Sur, 14 Settembre 2023
Articolo originale: El Sur también existe
https://www.contextolatinoamericano.com/site/article/el-sur-tambien-existe
Traduzione a cura di Patrizia B., Patria Grande, CIVG
GRANMA (CUBA) / ESTERI / DIRITTI CIVILI E STATI UNITI
Stessa società, stesso sogno frustrato
Sessant’anni sono passati da quel 28 agosto del 1963 in cui Martin Luther King pronunciò il suo discorso durante la marcia a Washington. Fu un momento cruciale nella lotta per i diritti civili, la sua oratoria segnò una sentenza importante per la storia degli Stati Uniti: «Ho un sogno: che questa nazione si alzerà e vivrà il vero significato del suo credo. Tutti gli uomini sono stati creati uguali».
Attualmente, le forze più reazionarie cercano di tacere gli orrori del fenomeno della schiavitù affinché quel sogno sparisca del tutto. La Giunta dell’Educazione dello stato della Florida ha approvato nuovi modelli per l’insegnamento della storia della popolazione negra dopo che il governatore Ron DeSantis e i congressisti repubblicani hanno approvato nuove leggi che limitano il programma educativo nelle scuole. Propongono di insegnare agli studenti che grazie alla schiavitù «gli schiavi svilupparono abilità che in alcuni casi poterono utilizzare per il loro beneficio personale».
L’Associazione dell’Educazione della Florida ha criticato queste norme: «Il governatore De Santis sta adottando un’agenda politica che produrrà conflitti, sta ingannando i giovani, i quali meritano di sapere la verità sulla storia degli Stati Uniti, sia la buona che quella cattiva».
Nel 1625, 23 africani furono portati con una nave «negriera» verso le Tredici Colonie. La prima città che toccarono fu Virginia e, cent’anni dopo, 293 mila africani costituivano il 42% di tutti gli schiavi del paese, esseri umani considerati proprietà dei padroni delle piantagioni che avevano il diritto di comprarli e venderli o darli in qualità di garanzia per prestiti concessi dalle banche.
JPMorgan, la maggiore banca statunitense, ha riconosciuto nel 2005 che, tra il 1831 e il 1865, le sue sussidiarie Citizen Bank e Canal Bank esercitarono queste deprecabili pratiche. Il guadagno che procurò il commercio degli schiavi fu di 4 miliardi di dollari.
Dal punto di vista economico, il sud offriva materie prime, cotone, legname e tabacco che il nord trasformava. Il denaro ottenuto dalle imprese finanziarie, gli affari dei trasporti e delle compagnie d’assicurazione contribuirono allo sviluppo delle due regioni. Si può affermare che il sistema schiavista costituì la base del progresso della nazione. E allora, l’obiettivo è rivalutare questo sistema, ed eliminare dai libri di storia i crimini commessi in suo nome.
Un altro King, quest’altro di nome Travis, soldato statunitense, è entrato circa un mese fa illegalmente nella Repubblica Popolare Democratica della Corea. In una dichiarazione all’agenzia di stampa Kcna, ha ammesso che si sentiva frustrato perché viveva in una società dove impera la disuguaglianza e ha disertato le truppe nordamericane per i maltrattamenti e le discriminazioni razziale.
I tentativi di negare l’orrore della schiavitù e della discriminazione imperanti negli Stati Uniti svelati dai fatti quotidiani. Basta consultare le statistiche delle sparatorie, dei suicidi, le statistiche sulla disoccupazione… le vittime di etnia afro americana sono prime in tutte. Non è necessario un Ku Klux Klan: l’essenza del sistema ne svolge la funzione.
Manuel Valdés Cruz e GM per Granma Internacional, 30 agosto 2023
GRANMA (CUBA) / GEOPOLITICA / TERRORISMO E INGERENZA STATUNITENSE
Terroristi anticubani al di là dell’odio e della farsa
Una delegazione della cosiddetta Assemblea della Resistenza Cubana e del cosiddetto Fronte Emisferico per la Libertà in Ucraina ha recentemente lanciato da Kiev un appello ai "soldati cubani" affinché si schierino con il "popolo ucraino".
Ma la notizia che ha immediatamente guadagnato spazio sui principali media controrivoluzionari, ben condita con melodrammatiche messinscene, è la fake della partecipazione delle truppe cubane ad azioni di combattimento dalla parte russa.
Se al mondo esistesse un premio all'impostura dovrebbe essere assegnato, per l'opera della sua vita, a Orlando Gutiérrez Boronat, portavoce in prima linea di questo inganno. È utile ricordare chi è questo paladino preoccupato del “popolo ucraino”…
Gutiérrez Boronat è il leader del cosiddetto Direttorato Democratico Cubano, una delle tante organizzazioni anticubane finanziate dagli Stati Uniti. È stato anche membro delle organizzazioni terroristiche Abdala, del Fronte di Liberazione Nazionale Cubano, dell'Organizzazione per la Liberazione di Cuba e dei Jóvenes de la Estrella, quest'ultima cervello ed esecutrice di decine di attentati dinamitardi a Miami.
Boronat è anche legato ai servizi segreti statunitensi e coordina il Fronte Emisferico per la Libertà, un’accozzaglia internazionale di estrema destra che si oppone ai governi di Cuba, Venezuela e Nicaragua. È un fervente difensore del blocco contro Cuba e, in più di un'occasione, ha chiesto un intervento militare diretto contro l’Isola. Tra le sue imprese “meritorie e pacifiche" c'è quella di essere stato responsabile dell'assalto compiuto alcuni anni fa da un gruppo di uomini incappucciati negli uffici di Prensa Latina a Città del Messico. Ma se cerchiamo nel suo lungo curriculum anticubano, troviamo cose ancora più “interessanti” che dimostrano la statura criminale della sua persona.
Nel maggio 2002, l’allora sottosegretario di Stato John Bolton tenne il discorso “Oltre l’asse del male: minacce dalle armi di distruzione di massa”. Poi, al cosiddetto “asse del male”, composto secondo loro da Iraq, Iran e Repubblica popolare democratica di Corea, si aggiunsero Libia, Siria e Cuba. Questo servì al governo di George W. Bush e alle amministrazioni successive per fabbricare in modo fallace un rapporto simbolico tra terrorismo e Cuba che fu alla base della sua inclusione nella lista dei Paesi che lo sponsorizzano.
Le linee fondamentali di quel discorso si basavano sul “Rapporto Speciale su Cuba e la coalizione del terrore” pubblicato il 19 settembre 2001, una settimana dopo la demolizione del World Trade Center, che pretendeva di collegare Cuba agli eventi violenti dell'11 settembre suggerendo l'esistenza di legami tra Osama bin Laden, leader di Al-Qaeda, l'Iran, la Repubblica popolare democratica di Corea, la Siria e Cuba.
L'autore di un errore così pericoloso è stato Orlando Gutiérrez Boronat, o almeno sua è la firma apposta al testo. Tali accuse mettono in serio pericolo il popolo cubano in un momento in cui l’inferno della guerra si scatena in diversi “angoli oscuri del pianeta”.
Cosa cerca in Ucraina una figura così “importante” dell’estrema destra? La sceneggiatura non è affatto complicata. Gli obiettivi centrali della nuova campagna statunitense sono quelli di rompere le relazioni diplomatiche tra Cuba e l’Ucraina, rafforzare i legami con l’estrema destra del Vecchio Continente e far saltare l’accordo politico e di cooperazione tra l’Isola e l’Unione Europea, uno dei principali centri finanziari partner delle Grandi Antille.
Inoltre, cosa non meno importante, si propone di lanciare presso l’ONU un'offensiva diplomatica contro Cuba e la Russia insieme ad altre azioni che si preparano contro la presenza del Presidente cubano a New York.
Vogliono impedire che la voce di Cuba venga ascoltata, impedire la cooperazione sud-sud e ostacolare il percorso verso un mondo multipolare. Per questo sono estremamente preoccupati per il vertice del G77 che, con la Cina, si terrà questo mese all'Avana alla presenza del Segretario Generale dell'ONU.
In ogni caso, il loro “agente migliore” doveva essere mandato in tournée, in un tour finanziato dal Dipartimento di Stato. Nessuno come lui è così bravo a recitare davanti alle telecamere e a raccontare senza provare il minimo imbarazzo storie folli e fallaci contro la terra dove è nato.
Raúl Antonio Capote e GM per Granma Internacional, 4 settembre 2023
GRANMA (CUBA) / ANALISI / DIRITTI UMANI E MISTIFICAZIONE
Diritti umani come vergognosa arma politica
L’ ambasciatore Juan Antonio Quintanilla Román, rappresentante permanente di Cuba presso le Nazioni Unite a Ginevra, è intervenuto nel dibattito generale in relazione alla situazione dei Diritti Umani che necessita l’attenzione del Consiglio e ha denunciato che l’approvazione di procedimenti speciali e di meccanismi investigativi contro Paesi senza il consenso dello Stato interessato è diventato una pratica quotidiana del Consiglio stesso. Ha quindi spiegato che questo consesso è stato concepito per lo scambio rispettoso di esperienze e per favorire la cooperazione internazionale, ma senza dubbio oggi agisce come luogo di concertazione di misure punitive mirate.
«Questo modo d’agire non si applica a tutti nello stesso modo. Basterebbe un rapido sguardo all’agenda del Consiglio per constatare lo strabismo secondo cui sembrerebbero esistere situazioni critiche unicamente nel Sud Globale. Questa è una costruzione ideologica con fini di dominio
economico e geopolítico», ha affermato, e ha prseguito: «Tutto questo sembra mostrare che non ci sia allarme per i trattamenti disumani che ogni giorno ricevono decine di migliaia di migranti nei Paesi sviluppati, e tanto meno si discute la brutalità della polizia contro gli afro discendenti o la morte di innocenti per mano dell’industria delle armi, per citare solo alcuni esempi».
Ha quindi biasimato la sistematica azione selettiva e politicizzata che predomina nell’agenda contro i Paesi che non si piegano ai disegni dell’imperialismo internazionale e difendono la loro indipendenza: «Denunciamo che la strumentalizzazione dei diritti umani è diventata un’arma politica vergognosa per tentare di sovvertire l’ordine costituzionale degli Stati sovrani, principalmente nazioni in via di sviluppo», ha detto l’ambasciatore cubano, «Cuba continuerà a insistere sull’urgente necessità di riscattare gli obiettivi di dialogo e cooperazione su cui si deve reggere questo Consiglio», e ha concluso con l’esortazione a realizzare, nella cornice del 75º anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e 30º anniversario della Dichiarazione del Programma d’Azione di Vienna, un impegno collettivo per eliminare la politicizzazione e la doppia misura del trattamento dei Diritti Umani e del lavoro di questo organo.
Nuria Barbosa León e GM per Granma Internacionale, 26 settembre 2023
GRANMA (CUBA) / ESTERI / BASI MILITARI USA NEL MONDO
Un piano per distruggere i Paesi
È assolutamente vergognoso che il Governo degli Stati Uniti, che accusa in continuazione la Russia, abbia 800 basi militari sparse nel mondo che occupano aree di altri Paesi.
Alcune, installate in parte del territorio siriano, le usa senza pudore per rubarne il petrolio; un’altra occupa parte del suolo cubano a Guantánamo, dove ha una base navale e aerea con un carcere illegale che è un centro di tortura, e così tante altre nel resto del mondo, utilizzate per fini diversi.
Si stima ci siano circa 173 mila militari statunitensi in queste basi, mentre il bilancio militare annuale supera i 700 miliardi di dollari, come mostrano i dati raccolti da David Vine, dell’American University, di Washington.
Il piano di «fare a pezzi i paesi», come ha denunciato all’ONU il presidente serbo Aleksandar Vucic, «non è terminato». Gli Stati Uniti non ci hanno pensato due volte quando hanno deciso di smembrare l’ex Repubblica Federale Socialista della Yugoslavia. Mutilare il paese balcanico e impadronirsi del Kosovo era un piano deliberato la cui attuazione avvenne tra il 24 marzo e 10 giugno del 1999 quando, senza il consenso del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, il Pentagono e la NATO sferrarono i più selvaggi bombardamenti contro Belgrado e le altre città della Serbia, contro ospedali, asili, stazioni di televisione, scuole, ambasciate, case e fabbriche.
L’uranio impoverito che copriva le bombe provoca ancora oggi seri danni alle persone, soprattutto ai bambini nati dopo il crimine. Più di 3 mila civili serbi morirono e altre migliaia furono feriti e mutilati. Migliaia di strutture furono distrutte e le acque del fiume Danubio sono state inquinate dall’uranio.
Le differenze etniche tra una parte della popolazione albanese residente in Kosovo e i serbi locali furono pretesti per una campagna di diffamazione che propagò la menzogna su una presunta pulizia etnica contro gli albanesi-kossoviani da parte dei serbi, con cui «giustificarono» la distruzione della Yugoslavia.
L’attuale mandatario serbo ha parlato all’ONU per mettere in guardia ancora una volta sul Kosovo. Nel 2008, con il patrocinio statunitense, quella provincia si dichiarò indipendente dopo aver intrapreso un piano di destabilizzazione contro la popolazione serba.
Vucic ha detto: «I tentativi di fare a pezzi il mio Paese non sono terminati. Questo mostra la doppia morale dell’Occidente».
Dopo la cosiddetta “indipendenza”, gli Stati Uniti hanno costruito in Kosovo la loro maggiore base militare in Europa e una delle più grandi del mondo, l’obiettivo principale che volevano il Pentagono e la NATO era un’installazione militare dalla quale – per la sua ubicazione strategica –
potessero controllare i paesi del Vecchio Continente, i Balcani, la Russia e il Medio Oriente, oltre a servire da rampa per attacchi militari, bombardamenti e altri interventi.
Le guerre che gli USA fomentano servono per espandere il loro dominio a detrimento del resto dei Paesi.
Elson Concepción Pérez e GM per Granma Internacional, 26 settembre 2023
GRANMA (CUBA) / ESTERI / OPERAZIONE PAPERCLIP
L’ operazione Paperclip e il risveglio della serpe
Campo di concentramento. Oggi si glorificano i nazisti e si reiscrive la storia.
Nell’immagine i bambini nei campi di sterminio. Foto: World History Archive ap
In alcuni luoghi del mondo oggi è diventato abituale qualcosa che solo pochi anni fa sembrava impossibile: mentre i monumenti in ricordo della vittoria sul fascismo vengono vandalizzati e si lodano i nazisti, si riscrive la storia presentando come eroi i colpevoli di crimini e abusi infiniti.
In Canada, alleato nella lotta contro il fascismo durante la Seconda Guerra Mondiale, il Parlamento ha recentemente reso «un sentito omaggio» a Yaroslavl Hunka, 98 anni, che lottò nella 14ª divisione dei Granatier Waffen-SS o Divisione Galizien, conosciuta per aver commesso crimini di guerra contro migliaia di civili polacchi e di ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale.
Hunka è stato invitato dal presidente della Camera dei Comuni, Anthony Rota, che lo ha presentato come «un eroe ucrainiano e canadese che lottò per l’indipendenza dell’Ucrainia contro i russi», un fatto che ha provocato un’ondata di indignazione in tutto il mondo.
Come arrivarono gli Yaroslavl Hunka in Nordamérica, se sia il Canada che gli Stati Uniti combattevano contro la Germania nazista? La risposta va cercata nella storia dei giorni finali della guerra, quando alti funzionari dell’amministrazione statunitense affidarono alla Office of Strategic Services (OSS) il compito di localizzare gli agenti nazisti che si erano dispersi tra le linee nemiche dopo la ritirata del esercito tedesco. Scopo della missione era di arruolare gli ex membri della Gestapo e delle SS nei servizi di Intelligence per il loro utilizzo futuro. Fascisti che avevano collaborato con i tedeschi in Ungheria, Bulgaria, Ucraina, Lituania e Russia arrivarono alle coste nordamericane con la protezione ufficiale dei governi.
Originalmente battezzata Overcast, e poi conosciuta come Paperclip, l’operazione fu un programma ultrasegreto per «l’ottenimento, l’utilizzo e il controllo degli specialisti».
Allen Welsh Dulles riuscì a contattare, in Svizzera, vari tedeschi disposti a offrire informazioni confidenziali. Il futuro direttore della CIA riuscì così a formare un’importante lista di spie naziste infiltrate nelle fila alleate. Dulles fu, inoltre, con la Joint Intelligence Objectives Agency (JIOA), incaricato di controllare le documentazioni e selezionare gli «specialisti» che furono accolti e utilizzati negli Stati Uniti.
Fondata la CIA nel 1947, la Compagnia ebbe a sua disposizione agenti esperti in temi sovietici e nell’industria militare statunitense, scienziati che avevano lavorato nei programmi segreti dei nazisti, includendo quelli relazionati alla guerra batteriologica.
Dopo la guerra in Canada si creò una grande comunità di origine ucraina. Dopo la sconfitta della Germania, si permise ai soldati della Divisione Galizien di risiedere in questo paese. L’ esistenza di questa collettività permise ad alcuni dei «salvati» da Paperclip e successivamente emigrati di stabilirsi in suolo canadese.
Raúl Antonio Capote e GM per Granma Internacional, 2 ottobre 2023
GRANMA (CUBA) / ESTERI / CUBA ALL’ONU
Cuba eletta al Consiglio dei Diritti Umani
Cuba è stata eletta per la sesta volta a far parte del Consiglio dei Diritti Umani, a dimostrazione del prestigio conquistato dal Paese nei lavori di questo organismo.
Con il voto segreto, diretto e individuale dei 146 Stati membri dell’Assemblea delle Nazioni Unite, Cuba è stata il paese che ha ottenuto il più alto numero di voti della regione e questo ratifica il riconoscimento della comunità internazionale dei significativi passi avanti dell’Isola nel godimento di tutti i diritti umani per tutte le persone.
Come membro fondatore del Consiglio dei Diritti Umani, Cuba possiede un ampio curriculum di cooperazione internazionale fondato su un dialogo rispettoso, franco e aperto. Quest’anno, in cui Cuba occupa la Presidenza del G77 più Cina, questo riconoscimento ha un significato speciale per la difesa degli interessi dei Paesi in via di sviluppo e per l’ottenimento di un ordine internazionale equo e giusto.
Il risultato è anche il riconoscimento del fermo operato nella difesa dell’impegno del multilateralismo, della Carta delle Nazioni Unite e del contributo come membro del Consiglio dei Diritti Umani che può apportare una nazione in via di sviluppo come Cuba, che difende il dialogo e la cooperazione per la promozione e la protezione di tutti i diritti umani con rispetto dei principi di obiettività, imparzialità e non selettività.
A Cuba si è svolto un ampio, profondo e integrale processo di riforme legislative che ha compreso il rafforzamento della cornice giuridica e istituzionale di promozione e protezione dei diritti umani.
Nel mezzo delle difficili circostanze economiche provocate dall’inasprimento del genocida e illegale blocco economico, commerciale e finanziario imposto dagli Stati Uniti contro Cuba, l’elezione dell’Isola come Paese membro di questo importante organismo ne riconosce il valore, l’autodeterminazione e la resistenza creativa del popolo cubano di fronte agli ostacoli provocati da questa politica che costituisce la più flagrante e sistematica violazione dei diritti umani di un popolo.
Il Consiglio dei Diritti Umani ha sede a Ginevra, in Svizzera, ed è composto da 47 Stati membri.
Redazione Granma e GM per Granma Internacional, 10 ottobre 2023
Fonte: Cubaminrex
CONTEXTO LATINOAMERICANO (ARGENTINA)
I punti cardine della Politica di Massima pressione contro Cuba
Pochi giorni fa, diverse testate giornalistiche hanno reso noto che la Banca statunitense per le esportazioni e le importazioni (EXIM) ha deciso di annullare il finanziamento di un credito di 800 milioni di dollari all’impresa petrolifera messicana Pemex. La decisione della banca statunitense è stata motivata dal fatto che la compagnia messicana ha effettuato spedizioni di petrolio a Cuba nei mesi di giugno e luglio dell’anno in corso.
Questo è solo uno degli esempi più recenti dell’applicazione della politica di massima pressione del governo statunitense contro la nazione cubana che costituisce, senza dubbio alcuno, il principale ostacolo per lo sviluppo socioeconomico del paese.
Sebbene ciò che ha caratterizzato tradizionalmente l’atteggiamento dei governi statunitensi nei confronti di Cuba sia stato il confronto e le misure unilaterali, a partire dal 2019, con il governo Trump si apre una fase di rafforzamento senza precedenti dell’ostilità e dei provvedimenti che hanno causato danni gravissimi all’economia ed alla qualità di vita del popolo cubano.
E’ stato proprio il governo statunitense a definire questa politica come di massima pressione tenendo conto degli obiettivi e della natura delle azioni che pone in essere. Questo articolo ha come proposito fondamentale quello di spiegare gli obiettivi, i punti cardine e le principali espressioni di questo disegno di politica che il governo Biden ha difeso e sta applicando con estremo rigore.
In primo luogo, è necessario fare riferimento agli obiettivi strategici di questa politica. Dal nostro punto di vista, esistono quattro obiettivi ben definiti:
1) Forzare un “cambio di regime” a Cuba nel più breve tempo possibile.
2) Provocare gravi e persistenti danni al popolo cubano in tutti gli ambiti della vita.
3) Privare il governo cubano delle fonti essenziali di entrate e risorse finanziarie.
4) Interrompere irreversibilmente il consenso interno e l’appoggio del popolo alla dirigenza politica cubana.
Per progredire nel raggiungimento di questi obiettivi, il disegno politico si basa su un sistema di punti cardine e componenti essenziali che costituiscono i meccanismi impiegati per la realizzazione delle azioni volte a generare i danni indirizzati non al governo cubano bensì al suo popolo. I punti cardine sono i seguenti:
1) Lista dei paesi che patrocinano il terrorismo. L’inserimento di Cuba in questo elenco ha serie implicazioni negative per le operazioni bancarie e finanziarie della nazione cubana. Le banche, le istituzioni finanziarie, le aziende e gli investitori tendono a praticare un “eccesso di conformità” per il timore di stabilire un qualsiasi tipo di relazione che coinvolga Cuba a causa del rischio che correrebbero di incorrere in sanzioni.
È la causa delle limitazioni alle persone fisiche e giuridiche cubane nelle aperture di conti bancari all’estero, nell’uso di strumenti di incassi o pagamenti internazionali, nell’accesso a imprese fintech ed alla banca digitale, così come nell’acquisto di server e servizi online. Di conseguenza, provoca gravissimi danni nelle operazioni finanziarie nello scenario economico internazionale attuale. Il suo impatto si estende non solo alle istituzioni statali cubane ma si ripercuote anche sulle persone fisiche.
2) Azioni di boicottaggioverso i distributori di combustibile. A partire dall’aprile del 2019, iniziò una offensiva contro i fornitori di petrolio e altre fonti energetiche per Cuba. Ottanta imbarcazioni e aziende vennero inclusi dagli USA nella cosiddetta “Lista dei cittadini specificamente designati e delle persone bloccate” (Lista de Nacionales Especialmente Designados), con la conseguente inclusione nel sistema di sanzioni previste contro Cuba.
Queste azioni non convenzionali e normalmente previste solo in periodi di guerra, causarono problemi non indifferenti ai fornitori di combustibile tanto da incidere in maniera significativa nella profonda crisi energetica che il paese vive attualmente.
3) Azioni di boicottaggioverso la cooperazione medica cubana a livello internazionale. A gennaio del 2019 venne rinforzata la campagna di discredito e pressioni a paesi terzi per ostacolare la cooperazione medica verso altri paesi.
Oltre a compromettere l’immagine della Rivoluzione cubana su scala globale, questa campagna ha come obiettivo fondamentale quello di ripercuotersi negativamente sugli introiti che lo stato cubano otteneva come corrispettivo legittimo di questa cooperazione. L’esportazione di questi servizi era diventata una delle principali fonti per attrarre divise estere utili allo sviluppo socioeconomico del paese. La significativa riduzione di questi introiti ha determinato un peggioramento di vari indicatori economici e di conseguenza un forte impatto nella qualità della vita.
4) Attivazione del Titolo III della Legge “Helms Burton”. A partire dal maggio 2019, data di entrata in vigore di tale decisione, inizia una fase di importanti conseguenze per gli investimenti esteri a Cuba. L’adozione di questa misura, che non era stata adottata dalle precedenti amministrazioni per motivi di sicurezza nazionale, è orientata a disincentivare gli investitori, attuali e futuri, in qualsiasi settore dell’economia cubana. Si tratta infatti di una azione capace di incidere nelle reali possibilità di attrarre capitali esteri.
5) Lista degli organismi cubani soggetti a vincoli. Nel giugno 2017 venne pubblicata la lista delle 179 persone giuridiche cubane con le quali era proibito effettuare qualsiasi tipo di transazione economica, commerciale o finanziaria da parte di persone soggette alla giurisdizione degli USA. Nel 2020 l’elenco risultava comprendente oltre 230 organismi. In pratica la lista comprende aziende fondamentali per lo sviluppo socioeconomico del paese che non possono avere nessun tipo di relazione con il loro mercato naturale situato nel territorio USA.
6) Lista delle Strutture Ricettive Proibite. Nel settembre del 2020 è stata pubblicata la lista che comprende 422 hotels e case in affitto nei quali è proibito l’alloggio a persone sotto la giurisdizione degli USA. Si tratta di una misura indirizzata a danneggiare considerevolmente il flusso di viaggiatori statunitensi, e di conseguenza, ad ostacolare le entrate a tale titolo.
Qualsiasi osservatore, indipendentemente dalla sua visione ideologica, potrà rendersi conto che questo insieme di punti cardine nei quali si realizza la politica di massima pressione del governo statunitense contro Cuba, costituisce un sistema di misure e azioni indirizzate a causare il maggior danno possibile al popolo cubano che costituisce il principale obiettivo a cui è indirizzato tutto questo spiegamento di iniziative. E’ ancora da vedere quando potranno imporsi la razionalità, la sensatezza e in special modo la volontà politica degli USA che permetta di lasciarsi alle spalle questo disegno di politica che non contribuisce in nessun modo agli interessi di entrambe le popolazioni.
Rafael Gonzáles Morales, 23 ottobre 2023
Articolo originale: Los pilares de la política de máxima presión contra Cuba
https://www.contextolatinoamericano.com/site/article/los-pilares-de-la-politica-de-maxima-presion-contra-cuba
Traduzione a cura di Patrizia B., Patria Grande, CIVG