Notiziario Patria Grande - Luglio 2023

 

 

 

NOTIZIARIO LUGLIO 2023

 

 

 

TELESUR (VENEZUELA) / ESTERI / GUATEMALA

La situazione elettorale in Guatemala

 

CONTEXTO LATINOAMERICANO (ARGENTINA) / ANALISI / GEOPOLITICA ED ECONOMIA

Questione di poteri

 

TELESUR (VENEZUELA) / ESTERI / RIFORMA DELL’ONU

Riforma del Consiglio di Sicurezza ONU: verso la pace e la stabilità o verso gli interessi occidentali?

 

TELESUR (VENEZUELA) / ESTERI / COLOMBIA

I colombiani si mobiliteranno per la pace e la democrazia

 

GRANMA (CUBA) / ESTERI / RAPPORTI EUROPA-CUBA

Il Parlamento Europeo non ha autorità morale, politica e giuridica per giudicare Cuba

 

GRANMA (CUBA) / ESTERI / BLOCCO CONTRO CUBA

Gli Stati Uniti sanzionano i cubani con doppia nazionalità e gli stranieri che visitano Cuba

 

GRANMA (CUBA) / ESTERI / CRISI EUROPEA

Che pena, Europa!

 


 

TELESUR (VENEZUELA) / ESTERI / GUATEMALA

La situazione elettorale in Guatemala

 

Il 25 giugno scorso si sono svolte le elezioni generali per eleggere presidente e vicepresidente, 160 deputati al Congresso della Repubblica, 20 deputati del Parlamento e 340 amministrazioni locali. Sono stati convocati a esprimere il proprio voto 9,3 milioni di guatemaltechi, sia in patria che all'estero. Hanno partecipato 30 organizzazioni politiche e 22 coppie presidenziali. Ad altre tre coppie, con motivazioni diverse, è stata impedita dal Tribunale elettorale supremo (TSE) la partecipazione alla competizione elettorale.
Il processo elettorale, è stato messo in discussione fin dal suo inizio per le irregolarità e l’arbitrarietà che la stessa TSE ha permesso o commesso.

I risultati elettorali del 25 giugno, contestati e denunciati come fraudolenti, hanno dato vincitrice Sandra Torres del Partito Unità Nazionale della Speranza (UNE) con il 15% dei voti, e Bernardo Arévalo del partito Semilla al secondo posto con l'11%. Poiché nessun candidato ha ottenuto il 50% +1 dei voti, ci sarà un secondo turno elettorale il 20 agosto.
Tra le novità dei risultati: il voto nullo ha superato il 17%, l'astensionismo è andato vicino al 40% e le schede bianche vicino al 7%. Il Congresso della Repubblica continuerà sotto il controllo maggioritario dei gruppi conservatori di destra.

 

Un processo elettorale in discussione fin dall'inizio
Sia a livello nazionale che da istanze internazionali, attori diversi hanno messo in guardia il Guatemala e lo hanno invitato, in particolare il TSE, a seguire quanto stabilito legalmente per l'organizzazione e lo svolgimento del processo delle elezioni generali del 2023. Ma la stessa TSE e le autorità giudiziarie del Paese hanno consentito e addirittura promosso irregolarità molto contestate dalla cittadinanza fin dall'inizio del processo per ciò che riguarda la registrazione o l’esclusione delle candidature.

 

I candidati costituzionalmente impediti sono stati registrati dal TSE
La Costituzione politica del Guatemala stabilisce espressamente all'articolo 186 che i discendenti di ex dittatori non possano candidarsi alla prima magistratura del Paese. Tuttavia, la signora Zury Ríos, figlia del dittatore Ríos Montt (1982-1983), condannato a 80 anni di carcere per genocidio, è stata registrata come candidata alla presidenza per il partito Valor.
La stessa Costituzione Politica vieta, nell’articolo 186, che gerarchi o pastori delle chiese non possano essere candidati a cariche di elezione popolare. Il partito politico UNE ha registrato un pastore evangelico come candidato alla vicepresidenza che si avvia al secondo turno elettorale.

 

Candidati costituzionalmente ammessi sono stati esclusi dal processo elettorale

Il Movimento per la Liberazione dei Popoli (MLP), organizzazione politica fondata e composta da comunità indigene e contadine che è arrivata quarta alle elezioni generali del 2019, è stata esclusa dal TSE che ha impedito la registrazione del suo candidato alla presidenza sostenendo che il suo candidato alla vicepresidenza, Jordán Rodas, ex difensore civico per i diritti umani, non aveva un accordo (controllo amministrativo emesso dal  Controllo Generale dei Conti). Rodas ha mostrato l'esistenza del documento, ma il sistema giudiziario ha confermato l'esclusione.

L'esclusione del candidato alla presidenza del partito Prosperidad Ciudadana, Carlos Pineda, così come l'esclusione del candidato alla presidenza del partito Podemos, Roberto Arzú, entrambi contrari all'attuale governo, hanno generato molte proteste e minato la credibilità e la trasparenza del processo elettorale.

 

Candidati denunciati per narcotraffico e con sentenze giudiziarie sono invece stati ammessi
Mentre il TSE escludeva candidati alla presidenza scomodi per il governo e per il sistema (come nel caso dell’MLP), lo stesso ente registrava candidati a cariche di deputato o sindaco gravati da accuse di traffico di stupefacenti e, in alcuni casi, anche di sentenze.
Il caso della registrazione del candidato Manuel Baldizón a deputato da parte del partito Cambio, condannato al carcere per riciclaggio di denaro negli Stati Uniti e con procedimento penale pendente in Guatemala, è un patetico esempio della condotta permissiva del TSE. Tale candidatura è stata contestata ed esclusa dal processo elettorale.

 

Risultati del primo turno legalmente offuscati
Sebbene il processo elettorale, prima del 25 giugno, sia stato oggetto di sporadici atti di protesta di piazza a causa dell'arbitrarietà del TSE, il giorno del voto è trascorso tranquillo, fatta eccezione per sei comuni in cui le votazioni sono state annullate e si ripeteranno il 20 agosto.
Contro tutti i sondaggi pubblicati, i risultati del 25 giugno hanno dato il partito Semilla come secondo vincitore, un’organizzazione politica che, come l'UNE, si dichiara socialdemocratica.
L'ascesa di Semilla con il suo candidato Bernardo Arévalo è stata una sorpresa, soprattutto per i settori conservatori del Paese che vedono in Arévalo i fantasmi di quella che fu la Rivoluzione Nazionale troncata del 1944, la stessa che fu guidata e presieduta dal padre Juan José Arevalo.
Dato questo risultato "inaspettato", nove partiti politici hanno chiesto al sistema giudiziario di ordinare al TSE di rivedere i fogli di conteggio. E così è iniziato il processo alle elezioni. Contestualmente a questa inchiesta sul processo elettorale, è arrivata una sentenza del tribunale "che ha ordinato l'annullamento della personalità giuridica del partito Semilla" per illegalità commesse nel processo di costituzione del partito.
Insomma, le ingiunzioni e le sentenze dei tribunali vanno e vengono e tengono in ansia l'elettorato e il Paese per quello che potrebbe accadere il 20 agosto, e dopo quella data a seguito di queste elezioni politiche “poco trasparenti”.
In mezzo c'è il governo e l'ambasciata nordamericana che, come in nessun altro caso, si è schierata anticipatamente in difesa del partito Semilla, chiedendo il rispetto dei risultati del primo turno. La verità è che c'è una sentenza del tribunale che ordina l'annullamento della personalità giuridica di questo partito.

 

Secondo turno senza dibattito né proposte programmatiche
Se il processo elettorale e i risultati del primo turno erano già in discussione e delegittimati a causa dell'arbitrarietà e della disputa politica tra il sistema giudiziario (Corte Suprema di Giustizia) e i giudici elettorali (TSE) oltre al silenzio compiacente del governo di Alejandro Giammattei, la tesa atmosfera elettorale creatasi per il secondo turno ha rafforzato l'incertezza e la criticità di quello che, secondo gli standard internazionali, è inteso come processo elettorale democratico.
A quanto pare la battaglia elettorale in corso ha lo scopo di creare una cortina fumogena affinché l'elettorato si rechi alle urne senza considerare le questioni fondamentali del Paese che il prossimo governante dovrà affrontare.

Tra le questioni importanti assenti nel dibattito elettorale giudiziario vi sono:
La corruzione. L'elettorato, a parte la promessa del partito Semilla di riportare in patria giudici e pubblici ministeri rifugiatisi all'estero per riformare il sistema giudiziario, non sa come e in cosa consiste nello specifico la promessa “lotta alla corruzione”. L'UNE, il partito la cui candidata presidenziale Sandra Torres è già stata arrestata per "associazione illegale", tace su questa questione delicata per il Paese.
Traffico di droga. Da diverse comunità e municipalità sono state fatte ripetute denunce pubbliche nelle reti socio-digitali di compra di voti fino a Q.1,500 (equivalenti a 200 dollari) da parte di candidati locali e dipartimentali. Inoltre, politici con gravi accuse di traffico di droga sono stati candidati a sindaci e altre rappresentanze. Però queste e altre variabili che hanno determinato le elezioni del primo turno non sono state né sono materia di dibattito.
Le istituzioni pubbliche chiamate per legge a svolgere le indagini giudiziarie semplicemente si esauriscono nella difesa del processo elettorale o nel promuovere indagini giudiziarie contro il partito Semilla.

Neoliberismo. Sorprendentemente, il sistema neoliberista vigente in Guatemala, con dolorose conseguenze per il popolo e per il Paese stesso, non è stato e non è oggetto di dibattito elettorale. L'unica organizzazione politica che ha messo in discussione il sistema neoliberista attraverso la sua proposta di rivedere i contratti di privatizzazione, è stato l’MLP. Sia Semilla che UNE sono partiti politici che nei loro programmi di governo non sollevano la necessità di discutere o superare il sistema neoliberista in vigore in Guatemala.
Disuguaglianza socioeconomica. Nel 2015, quando è scoppiata “l'euforia della lotta alla corruzione”, il 59% dei guatemaltechi si trovava in situazione di povertà. Nel 2022, il 63% dei guatemaltechi si trovava in una situazione di povertà complessa.

La carestia, come conseguenza del declino dei mezzi di sussistenza e dell’impatto del cambiamento climatico, sta peggiorando. Anche se le rimesse economiche dei migranti (che rappresentano oltre il 20% del Prodotto Interno Lordo) sembrano attenuare il problema. Anche questo fondamentale tema della disuguaglianza sociale non è oggetto del dibattito elettorale in vista del ballottaggio.
Multinazionalità taciuta. Un'altra tara repubblicana che tende a rinaturalizzarsi in questo contesto elettorale è il razzismo e l'espropriazione coloniale dei territori delle popolazioni indigene. Né Semilla né UNE contemplano nei loro programmi di governo il riconoscimento e l’attuazione dei diritti collettivi dei popoli indigeni come il diritto alla consultazione preventiva, il diritto al territorio, il diritto all'autogoverno e altri. Il Congresso della Repubblica, secondo i risultati del 25 giugno, avrà una presenza quantitativamente inferiore di indigeni e donne. Queste e altre questioni non sono in discussione in questa tornata elettorale.
Con sorpresa dei guatemaltechi e degli stranieri, anche le organizzazioni indigene che a un certo punto si sono autoproclamate “plurinazionali”, chiedono ora il voto per Semilla, forse senza valutare le finalità geopolitiche o antiplurinazionali di entrambe le proposte politiche. In questo modo, il 20 agosto, il Guatemala deciderà per più neoliberismo, più razzismo e continuazione dell’espropriazione dei territori indigeni.

Itzamná Ollantay, 31 luglio 2023

 

Articolo originale: Guatemala en contexto electoral 2023

https://www.telesurtv.net/bloggers/Guatemala-en-contexto-electoral-2023-20230731-0001.html

Traduzione a cura di Luigi M., Gruppo Patria Grande, CIVG

 


 

 

CONTEXTO LATINOAMERICANO (ARGENTINA) / ANALISI / GEOPOLITICA ED ECONOMIA

Questione di poteri

 

 

Di questi tempi, quando qualcuno osa dire che l’egemonia statunitense traballa, non sono pochi quelli che – avendo bisogno di perpetuare lo stato attuale delle relazioni di potere e incantati dal racconto della superiorità e del ruolo di poliziotto buono del mondo – cercano di attribuire questa idea all’ossessione di un politico anticapitalista che propugna un mondo multipolare, oppure a quella di qualche analista progressista, oppure semplicemente riconducono il tutto all’aspirazione di qualche cittadino stanco del “sogno americano”.
Il fatto è
che non si tratta più di teorizzazioni o posizioni isolate. In campo economico si sono verificati alcuni fatti concreti che più che sostenere questa tesi ne dimostrano la veridicità, senza contare che, in materia geopolitica, ci sono movimenti nuovi che ridefiniscono il potere degli Stati Uniti e delle loro alleanze storiche, specialmente in Medio Oriente e Asia dopo l’apertura della Siria al mondo arabo, la ricomposizione dei legami tra Arabia Saudita e Iran o il ruolo di leader della Turchia in svariati scenari.
Uno dei raggruppamenti che ha cominciato a dar segno di poter sfidare la vecchia articolazione degli organismi internazionali che rispondono solo agli interessi di Washington e Bruxelles, è il cosiddetto BRICS: Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica. In principio quest’associazione era costituita da economie emergenti, ma in questo momento annovera una grande varietà di paesi con  serie ambizioni (alcuni di essi hanno intrapreso azioni mirate all’adesione) e ha recentemente superato il G-7, il gruppo delle 7 economie più industrializzate, in termini di influenza economica.

Fondamentalmente, il PIL dei BRICS ha raggiunto il 31,5% grazie all’impulso cinese e ha superato il 30,7% del PIL del G-7. Sembrerebbe numericamente poco significativo, ma ciò che è interessante è la tendenza che caratterizza lo studio: la crescita della curva dei BRICS è ascendente mentre quella del G-7 è discendente, e si tratta di proiezioni a breve termine. E’ utile inoltre precisare che sono state stimate da una società di consulenza britannica.

D’altra parte, abbiamo le fredde previsioni del FMI e della Banca Mondiale e anche qui abbiamo una sorpresa: proprio in America Latina, il Venezuela iper-satanizzato e asfissiato che continua ad essere governato contro tutti i pronostici da Nicolás Maduro, sarebbe cresciuto secondo le stime delle  massime istituzioni del capitale globale del 5% nel 2023, e il Cile, con la sinistra attualmente al potere, ma con il suo modello neoliberale intatto, subirebbe una recessione con una perdita dell’1% della sua economia. Nella stessa area è la Bolivia, amministrata dai progressisti, quella che ha meno inflazione proprio mentre la crisi inflazionistica sta scuotendo il mondo intero.

Proseguendo con i fatti, probabilmente l’evento mediatico più importante dell’ultimo anno e mezzo è costituito dalla Russia, destinataria di 11 pacchetti di sanzioni europee, oggetto di una russo-fobia brutale che la accerchia e con i rubinetti occidentali chiusi, che non ha tuttavia subito alcun collasso. Semplicemente, Mosca ha ri-orientato il suo commercio verso partner che le hanno permesso un incremento del 14% tenendo conto degli introiti provenienti dal petrolio e dal gas, che sono quelli maggiormente colpiti.

Anche la Cina è riuscita alla fine di marzo 2023 a chiudere il suo primo pagamento internazionale per un contratto di fornitura di gas in Yen, ma ciò che è interessante è che lo ha fatto con la Francia di Emmanuel Macron, che indipendentemente dalle sue crisi interne e dalle contestazioni subite in Africa e nei Paesi Bassi durante le visite in quei territori, ha abbandonato il copione per un minuto e ha messo in forse la dipendenza europea dagli Stati Uniti: “Siamo alleati, ma decidiamo da soli”. Lo ha detto dopo essere stato in Cina qualche mese fa a colloquio con il suo omologo Xi Jinping, dunque lo pensava davvero o stava solo cercando di empatizzare?

Di sicuro la posizione del leader francese sul suolo cinese ha disgustato i suoi vicini europei che hanno incaricato la ministra degli esteri della Germania perché facesse un “controllo dei danni” in occasione della visita che ha fatto in Cina subito dopo quella di Macron.

Cosa ci dice tutto ciò? Che la multipolarità è ormai un obiettivo concreto verso il quale sempre più nazioni si stanno incamminando, e ciò che è interessante è che si tratta di nazioni di tutti gli orientamenti politici. L’alternativa ai meccanismi egemonici si sta sviluppando a partire dalla scommessa più ardua: la de-dollarizazione mondiale. Come ha affermato chiaramente il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva a Shanghai lo scorso aprile: “Perché tutti i paesi hanno bisogno che il loro commercio sia supportato dal dollaro? Perché non possiamo commerciare con le nostre monete? Chi ha deciso che la moneta debba essere il dollaro?”.

Lula persegue seriamente da molto tempo il progetto di dar valore alle monete locali. La sua prima proposta la fece alla CELAC insieme con il presidente argentino Alberto Fernandez, e quindi ne fece una priorità per la riunione in Cina con Xi Jinping, una delle tappe più importanti della sua agenda internazionale nell’ambito dell’intenso programma di politica estera teso a riposizionare il Brasile nel mondo dopo l’isolamento bolsonarista.

E’ necessario quindi imparare la lezione secondo la quale una banca non può essere una ghigliottina politica: ti faccio un prestito se accetti le mie condizioni, che è ciò che fa in pratica da sempre il FMI. Non è possibile che il crollo di una banca a New York possa condizionare le casse statali del sud in via di sviluppo. Lo sanno molto bene tutti quei paesi latinoamericani, a cominciare dall’Argentina, che si sono visti con il cappio al collo proprio a causa delle pressioni delle istituzioni finanziarie che dominano.

Per questo alcuni presidenti puntano sulla multipolarità e su alternative sovrane, come il messicano Andrés Manuel López Obrador che ha proposto strategie regionali per combattere l’inflazione: compensare gli uni con gli altri, scambiare beni e servizi per attenuare i fattori esterni come la guerra in Ucraina che sembrava lontana, ma che sta facendo diventare il nostro pane – di tutti – ogni giorno più caro.

E così i BRICS, ora per mano di Dilma Rousseff alla guida della loro banca, continuano a cambiare le regole del gioco commerciale. E’ il primo passo di questa democratizzazione del potere economico per evitare altre crisi ad effetto domino. Il successivo sarà capire che è necessaria la de-centralizzazione politica e culturale, più difficile da accettare e instaurare dal momento che in economia è facile spiegare l’esattezza del 2+2 della matematica, ma nelle scienze sociali si impone con forza la soggettività umana.

Anisley Torres Santesteban, 24 luglio 2023

Articolo originale: Cuestión de poderes

https://www.contextolatinoamericano.com/site/article/cuestion-de-poderes

Traduzione a cura di Patrizia B., Patria Grande, CIVG

 


 

 

TELESUR (VENEZUELA) / ESTERI / RIFORMA DELL’ONU

Riforma del Consiglio di Sicurezza ONU: verso la pace e la stabilità o verso gli interessi occidentali?

 


Consiglio di Sicurezza dell’ONU di fronte al bivio tra meschinità e lealtà dell’Occidente

 

Politici ed esperti stanno esprimendo - con maggior frequenza e forza - le loro opinioni sulla necessità di riformare il Consiglio di Sicurezza dell’ONU per aumentarne l'efficacia. Con l'emergere di un ordine mondiale multipolare, di nuovi centri di potere e nuove tensioni nelle relazioni tra paesi, quali strutture ha a disposizione l'umanità per discutere delle minacce alla sicurezza globale e trovare soluzioni accettabili reciprocamente? Pochissime!

L'organo chiave è il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che ha la responsabilità primaria di mantenere la pace e la stabilità secondo la Carta delle Nazioni Unite e le norme del Diritto Internazionale. Tuttavia, a causa dell'esistenza di profondi disaccordi tra gli opponenti geopolitici in merito all'allargamento del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite nonché al suo funzionamento, si stanno compiendo pochi progressi per raggiungere il consenso tra le parti.
Gli Stati Uniti d'America si sforzano di promuovere la riforma dell'organismo centrale della sicurezza mondiale ma a condizioni vantaggiose per loro e senza badare al loro scopo originario. Gli Stati Uniti d’America intendono sottomettere il Consiglio di sicurezza e usarlo come strumento della loro politica estera per mantenere il dominio globale. Qual è la strategia yankee per raggiungerlo? Semplice, vogliono incorporare i paesi fedeli a Washington nell'organizzazione per garantire il sostegno alle iniziative statunitensi e quindi far votare questi membri del Consiglio di sicurezza a favore della revoca del veto imposto, prima dalla Russia e poi dalla Cina, contro la loro arbitrarietà.

Come se non bastasse, la Germania, nonostante sia stata promotrice e il principale aggressore nella Seconda Guerra Mondiale, sta cercando di diventare membro permanente del Consiglio di Sicurezza e perfino con potere di veto! In questo modo, i tedeschi cercano di recuperare la loro posizione politica perduta e ottenere autonomia nel processo decisionale senza guardare a Washington. Da dove viene questa aspirazione? L'argomento principale di Berlino è la quantità dei suoi contributi alle attività delle Nazioni Unite.
Vista l'aspirazione tedesca ad entrare nel Consiglio di Sicurezza dell'Onu, cosa ne pensano i suoi alleati nella Nato e nell'Unione Europea? Vale a dire: Spagna, Italia e Francia si oppongono alle intenzioni dei tedeschi! D'altra parte, tenendo conto della rivalità tra Berlino e Parigi per la leadership in Europa, i francesi non permetteranno ai loro ex nemici, tenendo presente la Seconda Guerra Mondiale, di entrare nel Consiglio di Sicurezza e consentire loro gli stessi diritti all'interno dell’organizzazione. Da parte loro, Roma e Madrid propongono di concedere un posto di membro permanente non alla Germania, ma all'intera Ue.

In Venezuela diciamo "Ciò che è in vista non ha bisogno di occhiali". Lo scenario è chiaro: si vede che i paesi occidentali intendono riformare il Consiglio di Sicurezza dell'Onu, ma solo per raggiungere i loro obiettivi egoistici. Tuttavia, per ora non c'è alternativa all'istituzione delle Nazioni Unite. L'ampia composizione dei membri di questa organizzazione, nonché il potere di veto dei membri permanenti del Consiglio di Sicurezza, consentono di trovare soluzioni reciprocamente accettabili a gravi problemi internazionali ed escludono l'approvazione di risoluzioni unilateralmente vantaggiose. Per quanto riguarda la sua riforma, tutto ciò che è favorevole e contrario deve essere attentamente soppesato al fine di adattare razionalmente i suoi compiti a beneficio di tutta l'umanità.

Ramón Rodríguez Montero, 19 junio 2023

 

Articolo originale: Reforma del Consejo de Seguridad de las Naciones Unidas: ¿Camino hacia la paz y la estabilidad o avance de los intereses occidentales?

https://www.telesurtv.net/opinion/Reforma-del-Consejo-de-Seguridad-de-las-Naciones-Unidas-Camino-hacia-la-paz-y-la-estabilidad-o-avance-de-los-intereses-occidentales-20230619-0026.html

Traduzione di Luigi M., Gruppo Patria Grande, CIVG

 

 


 

 

TELESUR (VENEZUELA) / ESTERI / COLOMBIA

I colombiani si mobiliteranno per la pace e la democrazia

 


I colombiani riprenderanno le mobilitazioni pacifiche a sostegno del processo di pace lanciato dal presidente Petro

 

Mille leader sociali provenienti da diverse regioni della Colombia arriveranno nella capitale per partecipare alla marcia. Le organizzazioni sociali, contadine e indigene della Colombia si mobiliteranno il 9 agosto nella capitale del paese a sostegno della pace, della democrazia e della partecipazione popolare.
Secondo le organizzazioni che hanno sollecitato la mobilitazione, la pace in Colombia deve passare attraverso azioni energiche del governo e l'azione del popolo colombiano. Sono in atto molteplici iniziative di pace nate dalle lotte del popolo colombiano, pertanto si ritiene che la partecipazione della società civile alla costruzione della pace così come delle garanzie sociali e di politiche di sicurezza sia fondamentale. Tra le rivendicazioni dei movimenti dei contadini e degli indigeni ci sono anche lo smantellamento dei gruppi paramilitari in diverse zone rurali del Paese sudamericano.

La violenza e la persecuzione di dirigenti sociali è un'altra delle preoccupazioni degli organizzatori delle marce. L'Istituto di Studi per lo Sviluppo e la Pace (Indepaz) ha sottolineato che nei primi otto mesi del 2023 in Colombia ne sono stati assassinati 98. Indepaz ha anche confermato che quest'anno sono stati assassinati 24 firmatari della pace. Allo stesso modo, l'organizzazione per i diritti umani ha riferito che nel 2023 si sono verificati 56 assassinii.

Redazione, 2 agosto 2023

 

Articolo originale: Colombianos se movilizarán en apoyo a la paz y la democracia

https://www.telesurtv.net/news/colombia-movilizacion-nacional-apoyo-paz-democracia-20230802-0002.html

Traduzione di Luigi M., Gruppo Patria Grande, CIVG

 


 

 

GRANMA (CUBA) / ESTERI / RAPPORTI EUROPA-CUBA

Il Parlamento Europeo non ha autorità morale, politica e giuridica per giudicare Cuba

 

Dichiarazione della Commissione delle Relazioni Internazionali dell’Assemblea Nazionale del Potere Popolare, 12 luglio 2023

 

La Commissione delle Relazioni Internazionali dell’Assemblea Nazionale del Potere Popolare (ANPP) respinge energicamente la risoluzione adottata dal Parlamento Europeo il 12 luglio, con riferimento alle dichiarazioni del Consiglio, della Commissione Europea e all’Accordo di Dialogo Politico e Cooperazione (ADPC) tra l’Unione Europea (UE) e Cuba in seguito alla visita di maggio all’Avana nel dell’Alto Rappresentante per la Politica Estera e di Sicurezza della UE Josep Borrell in occasione del Terzo Consiglio Congiunto Cuba-Unione Europea.

La Commissione delle Relazioni Internazionali della ANPP ha dichiarato che il Parlamento Europeo manca d’autorità morale, politica e giuridica per giudicare Cuba.

Com’è avvenuto con risoluzioni precedenti su Cuba, approvate dall’attuale legislatura, il testo trasuda ingerenza e diffamazione non solo sulla realtà cubana, sul suo ordinamento giuridico e sul suo Stato di Diritto, ma anche rispetto ai legami che Cuba mantiene in forma sovrana con altri Stati e in osservanza del Diritto Internazionale.

Nello stesso tempo riflette la doppia misura di questo Parlamento nel giudicare i suoi stessi Stati membri e nel mondo. Il silenzio del Parlamento Europeo sembra volersi fare complice di un nuovo fascismo.

Il dibattito alla base di questa risoluzione evidenzia una forte carica ideologica del gruppo di euro deputati conservatori e dell’estrema destra, alcuni legati a politici anti cubani degli Stati Uniti il cui proposito è avvelenare le relazioni tra Cuba e l’Unione Europea. Per realizzare i loro fini cercano di aggirare i risultati del Terzo Consiglio Congiunto Cuba-Unione Europea dello scorso 26 maggio e travisano fatti, dati e cifre. Mentono per mettere in dubbio il corso positivo delle relazioni tra Cuba e l’Unione Europea.

Il dibattito al quale hanno partecipato alti rappresentanti di istituzioni come il Consiglio e la Commissione Europea, ha mostrato la validità del ADPC per procedere nello sviluppo delle relazioni con reciproco beneficio e l’inefficacia delle posizioni unilaterali e d’ingerenza che in altri momenti hanno impedito il dialogo e la cooperazione.

Va riconosciuta la posizione di quegli eurodeputati che, nel rispetto dell’evidenza e della verità storica, hanno denunciato i tentativi servili della destra reazionaria europea alla politica del Governo degli Stati Uniti contro il popolo cubano di demolire il dialogo e la cooperazione in corso. Questa risoluzione è in coerente con il tentativo statunitense di isolare Cuba internazionalmente e di giustificare il suo genocida blocco che infligge tanti danni al popolo cubano da più di 60 anni. Inoltre, è contro le imprese comunitarie che investono in Cuba o sono interessate a farlo ed esprime la volontà dell’estrema destra e delle forze politiche affini di privare l’Unione Europea di una politica propria e indipendente verso Cuba.

Adottare questa Risoluzione che colpisce un paese latinoamericano e caraibico viola i principi di rispetto, inclusione e cooperazione con cui si pretende di organizzare il Terzo Vertice CELAC-UE che si svolgerà tra pochi giorni a Bruxelles, e solleva dubbi sugli obiettivi di un’Unione Europea che cerca di rilanciare le sue relazioni con l’America Latina e i Caraibi.

Chiediamo gli eurodeputati di rispettare l’Accordo di Dialogo Politico e Cooperazione tra l’Unione Europea e Cuba, l’impegno dei suoi Stati membri e la posizione di altre istituzioni dell’Unione Europea come il Consiglio e la Commissione Europea, e di ascoltare i vasti settori delle società europee che reclamano il consolidamento del dialogo e lo sviluppo di scambi e collaborazione in spazi di mutuo interesse.

Redazione Granma e GM per Granma Internacional. L’Avana, 12 luglio 2023

 


 

 

GRANMA (CUBA) / ESTERI / BLOCCO CONTRO CUBA

Gli Stati Uniti sanzionano i cubani con doppia nazionalità e gli stranieri che visitano Cuba

 

 

Il Governo degli Stati Uniti ha iniziato ad applicare sanzioni ai cubani con doppia nazionalità e agli stranieri che visitano Cuba: a meno di piccole eccezioni, i viaggiatori che hanno visitato Cuba a partire dal 12 gennaio del 2021 non hanno il permesso di viaggiare negli Stati Uniti per via del Programma d’Esenzione del Visto (VWP) che utilizza il Sistema Elettronico per l’Autorizzazione di Viaggio (ESTA), e dovranno richiedere un visto per entrare nel Paese. Proprio in quella data, otto giorni prima del termine del mandato di Donald Trump, il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti aveva ufficializzato la designazione di Cuba come Stato Patrocinatore del Terrorismo.

Le sanzioni fanno parte delle politiche ostili e del blocco verso l’Isola dei Caraibi e confermano la linea dell’amministrazione Biden con quella del suo predecessore.

Il perfido obiettivo che sta dietro a questa decisione è allontanare l’emigrazione cubana dal suo paese d’origine e compromettere l’industria turistica tanto essenziale nell’economia dell’isola.

Di conseguenza l’Ambasciata USA in Spagna, paese che accoglie molti cubani con doppia nazionalità, ha reso noto che «le persone che hanno viaggiato a Cuba dal 12 gennaio del 2021 non possono entrare negli Stati Uniti con autorizzazione ESTA e dovranno invece richiedere un visto».

Questo danneggia tutti i cittadini dell’Unione Europea esenti dal visto e che non potranno utilizzare questo criterio per visitare Cuba.

Biden continua a fare il sordo ai molteplici reclami della comunità internazionale, dei governi, delle organizzazioni e della società civile cubana che esigono l’eliminazione di Cuba dalla lista dei paesi che patrocinano il terrorismo, decisione che vuole isolare Cuba e provocare carenze economiche alla sua popolazione.

Redazione Granma e GM per Granma Internacional, 13 luglio 2023

 

 


 

 

GRANMA (CUBA) / ESTERI / CRISI EUROPEA

Che pena, Europa!

 

 

Economicamente, l’Europa retrocede invece di avanzare, la disoccupazione cresce invece di ridursi e l’inflazione aumenta, così come le proteste. Anche le cosiddette locomotive, la Germania prima di tutto e poi la Francia, stanno sentendo in modo crescente l’effetto di essersi piegate a una politica imposta da Washington che le rende ree degli interessi stranieri.

Non si comprende in nessun modo che l’Unione Europea, nata si presume per rafforzare unitariamente il suo sviluppo economico, politico e sociale, permetta il fallimento del suo progetto iniziale agendo al servizio degli Stati Uniti.

Che pena, l’Europa, che con tanti gravi problemi si renda subalterna ad altri piuttosto che concentrarsi sulla soluzione della sua crisi sistemica. Forse non ha compreso che i suoi Paesi sono parte di questo mondo, ognuno con la propria verità e i propri errori, con le proprie aspirazioni e frustrazioni. Come può non intendere – per esempio – che facendo ciò che ordinano le amministrazioni statunitensi, i suoi governi o la loro maggioranza hanno optato per l’adesione al reality show delle sanzioni alla Russia per il conflitto con l’Ucraina al punto di bloccare gli acquisti di gas e petrolio provenienti da Mosca, cancellare affari, investimenti, importazioni di grano e di altri articoli di base per le aziende europee?

Mentre succede tutto questo e i popoli del Vecchio Continente vengono danneggiati sia dalla carenza di gas russo come che dagli alti prezzi di quello ottenuto da altri Paesi, il Governo statunitense batte le mani e accumula un nuovo vantaggio come unico beneficiario di un’Europa più destabilizzata e caotica, che acquista armi provenienti dal complesso militare industriale degli Stati Uniti, armi da consegnare all’Ucraina in modo che la guerra continui e si allontani la soluzione attraverso il dialogo.

Siamo nel 2023: è mai possibile continuare ad appoggiare chi vuole vivere con il business della guerra, delle sanzioni e delle minacce e dimenticare la disoccupazione che affligge 13 milioni di disoccupati?

Rispetto a Cuba, non sarebbe meglio e più plausibile che coloro che dentro la stessa UE e l’Eurocamera promuovono rotture, creano notizie false e ingeriscono nei temi interni dell’Isola, cercassero l’amicizia e non l’odio, la collaborazione e non l’esclusione, il dialogo permanente come forza motrice per raggiungere stadi superiori in relazioni basate nella cultura, la storia e gli scambi economici, commerciali e politici, in accordo con i tempi che corrono?

Elson Concepción Pérez e GM per Granma Internacional, 13 luglio 2023