Hotspot Veneto. Nuove entità e devastazione territoriale

 

Fonte: Pfas.Land - 26.01.2023

 

Con questo articolo si fa per la prima volta il punto sui PFAS come sostanze globalmente esemplari, rientranti a pieno titolo tra le "nuove entità" che stanno cambiando la fisionomia chimica del pianeta dal momento in cui dette sostanze – prodotte o spostate dall’uomo – avranno superato per sempre il limite planetario di sicurezza.

Perseverare è diabolico

«Nel corso degli ultimi 25 anni il potere della specie uomo non solo è diventato tanto grande da costituire un pericolo, ma ha assunto anche un aspetto completamente nuovo. Il più allarmante assalto, fra tutti quelli sferrati dall’uomo contro l’ambiente, è la contaminazione dell’aria, del suolo, dei fiumi e dei mari con sostanze nocive e talvolta mortali. Questo inquinamento è, nella maggior parte dei casi, irreparabile […]

Le sostanze chimiche alle quali la vita ha fatto ricorso per raggiungere il suo assetto attuale non sono più soltanto gli elementi ed i minerali provenienti dalle rocce e trasportate dai fiumi verso il mare; oggi esse sono ottenute per sintesi grazie all’inventiva umana, nascono nei laboratori scientifici senza che ne esista un corrispondente in natura […]

Parallelamente all’eventualità della totale estinzione del genere umano in una guerra atomica, l’altro fondamentale problema della nostra epoca consiste, dunque, nella contaminazione dell’ambiente in cui viviamo ad opera di sostanze con un incredibile potenziale di devastazione - sostanze che si accumulano nei tessuti delle piante e degli animali e penetrano anche nelle cellule germinali per distruggere o alterare i fattori dai quali dipende l’eredità, e in ultima istanza, la sorte stessa dell’umanità […]

Per la prima volta nella storia del mondo, oggi ogni essere umano è sottoposto al contatto di pericolose sostanze chimiche, dall’istante del concepimento fino alla morte. Residui di tali prodotti si trovano nel latte materno e, probabilmente, nei tessuti dei nascituri».

 

 

Queste parole potrebbero essere state scritte in questo inizio anno 2023, ma furono bensì scritte 60 anni fa, nel 1962, dalla biologa marina Rachel Carson nel suo famoso libro Primavera silenziosa [1], che è considerato l’atto fondante del movimento ambientalista mondiale. Dopo oltre mezzo secolo, la qualità dell’ambiente è andata progressivamente peggiorando, anche se qualche catastrofe globale è stata fortunatamente evitata all’ultimo istante, come ad esempio la crisi dei missili nucleari di Cuba (1962, anno della pubblicazione di Primavera silenziosa) o l’esposizione della vita sulla terra alla esiziale radiazione ultravioletta, scongiurata tramite la messa la bando con il protocollo di Montréal (1989) dei composti cloro-fluoro-carburi (CFC), che distruggono lo strato di ozono.

 

 

Mondo: i nove confini planetari

L’inquinamento chimico ha il potenziale di causare severe minacce alla salute degli ecosistemi e degli uomini a diverse scale, ma anche di alterare i processi vitali dai quali dipende la vita degli umani. Pertanto, questo processo è stato incluso nei nove identificati dalla scienza per i quali esistono dei confini planetari che delimitano lo spazio di sicurezza operativa per il pianeta2. Il razionale scientifico alla base del concetto di limite planetario è che la stabilità climatica e la resilienza dell’ecosistema della Terra sviluppati durante gli ultimi diecimila anni circa, nell’Olocene, sono il risultato delle interazioni biofisiche dinamiche ora radicalmente alterate dall’attività umana. Temperature regolari, disponibilità di acqua pulita e flussi biogeochimici si mantenevano all’interno di un intervallo relativamente ristretto.

 

Il superamento dei confini biofisici riconosciuti spinge la Terra al di fuori delle condizioni tipiche dell’Olocene, col rischio di cambiamento irreversibile a scala globale. Il periodo di stabilità chiamato dai geologi Olocene ha visto la nascita della civiltà, il suo sviluppo e il suo prosperare. Ora il principale agente di modificazione ambientale è l’uomo e la stabilità è minacciata. Con la Grande Accelerazione permessa dall’uso di una fonte concentrata di energia a basso costo, il petrolio, è iniziata una nuova epoca geologica chiamata Antropocene.

 

Si consideri che negli ultimi 542 milioni di anni, nell’eone Fanerozoico, cioé da quando esistono tracce di vita diffusa (i fossili), il pianeta ha già superato cinque grandi crisi o estinzioni di massa e un gran numero di crisi minori. La più terribile crisi, associata a cambiamento climatico catastrofico, avvenuta circa 250 milioni di anni fa e dove è stato posto il limite tra i periodi Permiano e Triassico (e delle ere Paleozoica e Mesozoica), ha rischiato di far sparire la vita sulla Terra. Per tornare ad una variabilità di (nuove) specie paragonabile a prima ci sono voluti circa 50 milioni di anni. Il pianeta ha saputo sempre riprendersi dalle crisi ambientali più acute, però perdendo per sempre specie che si erano evolute in un certo lungo periodo di tempo. Dunque, il problema contemporaneo non è la vita sulla Terra, bensì la sopravvivenza di una specie in particolare, homo sapiens.

 

I nove processi planetari per i quali è necessario definire dei valori di controllo, siano essi confini ben definiti o livelli pericolosi privi di una soglia ben definita sono: 1) cambiamento climatico, 2) tasso di perdita di biodiversità, 3) interferenza con i cicli dell’azoto e del fosforo, 4) perdita dell’ozono stratosferico, 5) acidificazione degli oceani, 6) uso globale dell’acqua dolce, 7) cambio nell’uso del suolo, 8) inquinamento chimico, 9) carico di aerosol atmosferico.

 

 

Il campo verde rappresenta lo spazio operativo di sicurezza per nove sistemi planetari. I cunei rossi rappresentano una stima al 2009 per ciascuna variabile. Tre sistemi (tasso di perdita di biodiversità, cambiamento climatico, interferenza col ciclo dell’azoto) hanno già superato lo spazio di sicurezza. [2]

 

Nel 2009 si riteneva che tre dei nove processi avessero superato il confine di sicurezza: cambiamento climatico, perdita di biodiversità e interferenza col ciclo dell’azoto. Per esempio, una variabile di controllo per il cambiamento climatico è costituito dalla CO2 atmosferica e il suo confine di sicurezza è stimato in 350 ppm (parti per milione) (in epoca pre-industriale il valore era di 280, mentre attualmente è di circa 420, un valore esistente circa 3 milioni di anni fa, quando il livello del mare era conseguentemente di 10-15 metri più alto). Il valore di 350 ppm dovrebbe assicurare l’esistenza delle calotte polari e quindi la stabilità del livello marino.

 

Perdita di biodiversità (tasso di estinzione delle specie), e interferenza col ciclo dell’azoto (artificialmente sottratto all’atmosfera per produrre fertilizzanti) hanno a loro volta dei valori di soglia delle variabili di controllo che sono abbondantemente superati. Questi processi non sono in realtà separati, ma interagiscono autorinforzando il cambiamento e impedendo al sistema Terra di funzionare in modo stabile, secondo le condizioni oloceniche. Ne consegue che il funzionamento di ecosistemi, società ed economie potrebbe potenzialmente venire interrotto, subendo rapidi e irreversibili salti di stato.

 

 

Stato al 2015 delle variabili di controllo per sette dei nove confini planetari. La zona verde è lo spazio operativo di sicurezza, quella gialla rappresenta la zona di incertezza (rischio crescente), quella rossa è la zona ad alto rischio. I cunei grigi caratterizzano i processi per i quali i confini non sono ancora stati quantificati. [3]

 

Un aggiornamento del 2015 dello studio sui confini di sicurezza planetari ha mostrato come anche l’interferenza del ciclo del fosforo, utilizzato come fertilizzante sulle terre coltivate, ha superato il limite di sicurezza [3]. Il sistema cambiamento climatico, pur rimanendo oltre la zona di sicurezza, viene classificato in uno stato che permette ancora alla società di reagire prima di superare la soglia di non ritorno. Il processo dell’inquinamento chimico, per il quale nel 2009 non esisteva ancora un valore definibile del confine planetario, viene in questo aggiornamento rinominato “nuove entità”, includendo oltre alle sostanze chimiche non presenti in natura anche gli organismi geneticamente modificati, capaci di produrre effetti geofisici e biologici indesiderati.

 

 

Le nuove entità

Le nuove entità includono prodotti chimici e altri tipi di materiali ingegnerizzati o organismi in precedenza sconosciuti al sistema Terra, ma anche elementi naturali (per es. metalli pesanti) mobilizzati dalle attività umane. Pertanto, sono "nuove" in senso geologico, in quanto sono create, introdotte, e fatte circolare dall’uomo4. Esse mostrano persistenza, mobilità a tutte le scale, con conseguente diffusione e accumulo negli organismi e nell’ambiente. Oltre a pesticidi e antibiotici, un esempio rilevante di grande preoccupazione sono le plastiche (miscele di prodotti chimici polimerici e non polimerici), che minacciano la biodiversità tramite ingestione o attorcigliamento mortale degli animali (si pensi alle reti da pesca abbandonate). Ci sono le prime prove che microplastiche (tra 5 mm e 1 milionesimo di millimetro) siano presenti nel sangue umano (soprattutto pet, polistirene e polimetilmetacrilato) [4], da cui potrebbero finire per accumularsi in alcuni organi.

 

 

 

Diagramma della crescita relativa di alcune nuove entità tra il 2000 e il 2017.[5]

 

L’industria chimica è la seconda per importanza dopo quella del settore energetico. Dal 1950, anno che non a caso è stato posto come inizio dell’Antropocene, la produzione di plastiche è aumentata di 50 volte ed è tuttora in crescita. Dal 2000 al 2015 la produzione è aumentata del 79% e si stima che triplicherà nel 2050, raggiungendo 33 miliardi di tonnellate [6]. Per la produzione delle plastiche viene usato il 4% dei combustibili fossili. Si stima che esistano 350.000 prodotti chimici o miscele di essi. Nel 2006 è entrato in vigore il regolamento europeo REACH (registrazione, valutazione, autorizzazione e restrizione dei composti chimici) [7], con scopo principale quello di migliorare la conoscenza dei pericoli e dei rischi derivanti da sostanze chimiche già esistenti (introdotte sul mercato prima del settembre 1981) e nuove (dopo il settembre 1981). Al dicembre 2020 sono state registrate circa 23.000 sostanze chimiche. Di queste, un buon numero deve ancora essere valutato.

 

Ogni anno milioni di tonnellate di nuove entità sono rilasciate nell’ambiente, via emissioni in aria, scarico di liquami e perdite da discariche di rifiuti solidi pericolosi.

La scelta di una variabile di controllo per le nuove entità è di difficile definizione, stante che per queste sostanze non esiste un livello di fondo naturale, stante il loro numero e la loro diversità, nonché la tendenza ad aumentare ad un ritmo superiore alla capacità di monitoraggio e la diversità degli impatti. La conclusione dello studio che ha tentato di definire una variabile di controllo è che l’incremento nella produzione e nel rilascio nell’ambiente delle nuove entità non può garantire all’umanità di rimanere entro i confini di sicurezza e che pertanto anche questo confine planetario di sicurezza, non ancora definibile nel 2015, è stato ora superato.

 

 

Un nuovo limite planetario per i PFAS?

 

La concentrazione nelle acque di pioggia di 4 acidi perfluoroalchilici selezionati ha mostrato che il limite planetario di sicurezza per i PFAS è stato superato [8].

 

Recentemente, è stato proposto che la contaminazione da sostanze per- e polifluoroalchiliche (PFAS) costituiscano un nuovo confine planetario di sicurezza e che tale confine sia stato superato [8]. Essendo una famiglia di alcune migliaia di composti chimici non esistenti in natura, i PFAS fanno parte della categoria molto eterogenea definita nuove entità, verosimilmente caratterizzata da molte variabili di controllo sul limite planetario di sicurezza, talune delle quali difficilmente definibili. Il limite per i PFAS è sicuramente superato globalmente, in quanto i valori dei consigli sanitari per l’acqua potabile e le altre linee guida introdotte a salvaguardia della salute pubblica sono ampiamente superati a causa della loro diffusione globale nell’ambiente. Sulla base di studi epidemiologici sulle popolazioni esposte, nel giugno 2022 l’agenzia per la protezione ambientale americana (EPA) ha consigliato per PFOA un valore di 4 pg/l (picogrammi per litro, cioè milionesimi di milionesimi di grammo per litro) e per PFOS di 20 pg/l [9]. L’effetto non cancerogeno più evidente di questi due Pfas è la soppressione della risposta ai vaccini nei bambini, ma molti altri effetti sono stati dimostrati. Nel 2020, l’autorità europea per la sicurezza degli alimenti (EFSA) ha proposto una dose settimanale tollerabile di 4,4 ng/kg (nanogrammi per chilo, cioè miliardesimi di grammo per chilo di massa corporea) per la somma di PFOA, PFNA, PFHxS e PFOS [10].

 

Nel giugno 2021, l’agenzia per la protezione ambientale danese ha ristretto il limite per l’acqua potabile a 2ng/l come sommatoria di 4 PFAS [11].

Negli ultimi ventidue anni i valori delle linee guida per le acque potabili sono andate progressivamente diminuendo, tanto che ora sono prossimi ai valori trovati nelle acque di pioggia. Infatti, analisi condotte successivamente al 2010 in paesi di vari continenti hanno mostrato che le acque di pioggia contengono valori di PFOA e di PFOS superiori al limite consigliato dall’EPA,  eccetto per i PFOS delle acque che cadono sulle regioni remote praticamente disabitate di Antartide e Tibet. Solo in queste due regioni i valori della somma di 4 PFAS (PFOA, PFNA, PFHxS e PFOS) sono inferiori alle linee guida danesi.

 

Nel 2015, oltre 200 scienziati hanno sottoscritto la Dichiarazione di Madrid [12], in cui si afferma che la produzione e l’uso dei PFAS dovrebbero essere limitati. Infatti, in accordo con la filosofia del Protocollo di Montréal, l’uso “essenziale” dei PFAS va circoscritto ai casi in cui siano effettivamente indispensabili alle funzioni vitali o non esistano alternative [13]. Ad esempio, per filo interdentale, scioline, cosmetici e creme solari i PFAS sono considerati “non essenziali”, mentre per tessuti idrorepellenti, schiume antincedio, strumentazione di laboratorio, molti farmaci e materiali a contatto col cibo esistono alternative e sono quindi sostituibili. La definizione di essenziale rimane pertanto circoscritta ad alcuni dispositivi medici e ad abiti protettivi per certe lavorazioni, ma si ritiene che non dovrebbe essere permanente.

D’altra parte, la regolamentazione procede troppo lentamente rispetto all’innovazione di prodotto

e per proteggere la salute pubblica non è fattibile una valutazione individuale delle migliaia di PFAS. Per questo si raccomanda una regolamentazione come gruppo, mentre misure di riduzione volontarie da parte dell’industria sono già possibili. Ci sono già stati diversi esempi di rivenditori che hanno gradualmente eliminato i PFAS dalle loro catene di approvvigionamento (p.es. IKEA, Lindex e H&M in Svezia, COOP in Danimarca, Vaude in Germania, L’Oréal in Francia).

 

 

Europa: nuotando tra gli inquinanti

Le acque dolci europee e l’aria sono sotto pressione a causa dell’eccessiva emissione di sostanze tossiche da parte di industria, abitazioni e agricoltura, di cui solo una minima parte è monitorata. Secondo l’agenzia ambientale europea (EEA), solo il 44% delle acque superficiali in Europa raggiunge un buono stato, mentre il resto è inquinato in varia misura. Nel 2021 la legislazione sulle acque potabili è stata aggiornata per limitare i PFAS come gruppo e il bisfenolo A, un additivo della plastica che altera il sistema ormonale umano e della vita selvatica. Gli esperti dell’ufficio ambientale europeo (EEB) raccomandano di migliorare e rinforzare la proposta, esprimendo preoccupazione per l’”effetto cocktail” delle miscele di composti chimici a bassa concentrazione, che agiscono in combinazione. Sara Johansson, funzionaria senior EEB per la legislazione sulla prevenzione dell’inquinamento delle acque, ha dichiarato che le nuove regole non rispondono adeguatamente alla realtà del cocktail di sostanze presenti nelle acque superficiali e sotterranee [14].

Da parte sua, il Comitato scientifico europeo su salute, ambiente e rischi emergenti (SCHEER) ritiene che la preoccupazione per la salute umana a causa dei PFAS non dovrebbe limitarsi all’acqua potabile, ma dovrebbe includere anche il consumo di verdura e frutta [15].

 

 

Veneto: una catastrofe annunciata

La diffusione planetaria dei PFAS nell’ambiente viene nel Vicentino correntemente usata per giustificare l’ingiustificabile. Il caso MITENI, la fabbrica di produzione dei PFAS attiva fino al 2018 nella bassa valle dell’Agno, rappresenta una delle catastrofi più rilevanti in Europa per le dimensioni della popolazione avvelenata e per i valori riscontrati nel siero della popolazione e nell’ambiente.  Di fatto, il Vicentino rappresenta un hotspot della contaminazione globale, cioè un sito dove questa raggiunge dei valori particolarmente elevati. Una catastrofe largamente prevedibile, come dimostrano inesorabilmente vari fatti. La localizzazione, prima di tutto. La porzione di valle dove lo stabilimento è stato costruito presenta un deposito alluvionale ghiaioso-sabbioso privo di sedimenti argillosi e caratterizzato da una soggiacenza (profondità della superficie freatica dal piano campagna) limitata a meno di 15 metri. Esso ospita una falda idrica indifferenziata, che solo a sud di Montecchio Maggiore si separa in varie falde separate da lenti argillose impermeabili. Pertanto è stato definito a vulnerabilità elevata16. Qualsiasi spandimento di sostanze contaminanti va a finire direttamente nella falda d’acqua indifferenziata, compromettendo anche le falde in pressione presenti più a sud, dove esiste il campo pozzi di Almisano, che alimentava la rete idropotabile di numerosi comuni. Questa situazione era già nota ben prima dello studio idrogeologico del 1993.

 

Una utilissima sintesi cronologica degli eventi che hanno costruito nel tempo il disastro del Veneto occidentale, incluse le manchevolezze delle autorità preposte al controllo, è esposta nel recente articolo Breve Soria Sociale della MITENI. nei Territori Contaminati da PFAS. Una Prima Traccia Per Il Futuro.

 

Da secoli, ci sono territori e gruppi di persone che vengono trattati come residuali, sacrificabili e sacrificati per estrarre risorse ed espellere rifiuti. Sino a mezzo secolo fa il territorio vicentino era famoso per la quantità e la qualità delle sue acque. Ora non esistono più acque pulite e infatti tutte quelle fornite dagli acquedotti che si alimentano dalle falde di pianura subiscono un processo di filtrazione. Se per un produttore di sostanze pericolose la scelta di massimizzare il profitto a scapito dell’integrità del territorio in cui opera è una tentazione irresistibile, per i residenti nel territorio l’accettazione del rischio è paradossale. Infatti, a seconda del grado di rimozione del problema essi più o meno consapevolmente hanno stretto un patto Faustiano col diavolo, vendendo in cambio di un effimero benessere immediato il futuro dei loro stessi figli e nipoti. Oltre a portare nel loro corpo sostanze tossiche che li predispongono a patologie e malattie, questi si troveranno ad ereditare un territorio devastato e avvelenato, dove non sarà più possibile vivere in sicurezza per decenni a venire o forse secoli. Territorio male governato da una classe dirigente in gran parte inadatta, su posizioni antistoriche e antiscientifiche, che pensa solo al profitto immediato, paradossalmente permesso proprio da quella tecnologia che dalla scienza deriva.

 

 

 

Note

 

[1] Carson R. 1962. Silent spring. Prima ed. Italiana: Primavera silenziosa, Giangiacomo Feltrinelli Editore, Milano 1963.

 

[2] Rockström J. et al., 2009. Planetary boundaries: Exploring the safe operating space for humanity. Ecol. Soc. 14, 32.

 

[3] Steffen W. et al., 2015. Planetary boundaries: Guiding human development on a changing planet. Science, v. 347, 6223.

 

[4] Leslie H. A. Et al., 2022. Discovery and quantification of plastic particle pollution in human blood. Environment Int., 167,  p. 107400.

 

[5] Persson et al. 2022. Outside the Safe Operating Space of the Planetary Boundary for Novel Entities. Sci. Technol. 2022, 56, 1510−1521.

 

[6] Geyer R., 2020 Production, Use, and Fate of Synthetic Polymers. In Plastic Waste and Recycling; 13−32.

 

[7] ECHA. Universe of Registered Substances. European Chemicals Agency, ECHA.

 

[8] Cousins I. T. et al., 2022. Outside the Safe Operating Space of a New Planetary Boundary for Per- and Polyfluoroalkyl Substances (PFAS). Environ. Sci. Technol. 2022, 56, 16.

 

[9] U.S. Environmental Protection Agency. Lifetime Drinking Water Health Advisories for Four Perfluoroalkyl Substances (PFAS).

 

[10]  EFSA Panel on Contaminants in the Food Chain (EFSA CONTAM Panel). Risk to Human Health Related to the Presence of Perfluoroalkyl Substances in Food. EFSA Journal 2020, 18 (9), No. E06223.

 

[11] Miljøministeriet. Bekendtgørelse Om Vandkvalitet Og Tilsyn Med. Vandforsyningsanlæg; 2021; Vol. BEK nr 2361 af 26/11/2021.

 

[12] Blum et al. 2015. The Madrid Statement on Poly- and Perfuoroalkyl Substances (PFASs), Environ. Health Perspect., 123, A107–A111.

 

[13] Cousins et al., 2019. The concept of essential use for determining when uses of PFASs can be phased out. Environ. Sci.: Processes Impacts, 21, 1803.

 

[14] https://eeb.org/european-commission-makes-steps-to-tackle-water-pollution-but-falls-short-on-chemical-mixtures/

 

[15] SCHEER (Scientific Committee on Health, Environmental and Emerging Risks), Final Opinion on Draft Environmental Quality Standards for Priority Substances under the Water Framework Directive - PFAS, 18 August 2022.

 

[16] Antonelli R., Mari G.M., 1993. Carta della vulnerabilità naturale con note illustrative, scala 1:25.000. C.N.R. Gruppo Nazionale per la Difesa dalle Catastrofi Idrogeologiche. Pubbl. n. 947, Venezia.

 

 

Dario Zampieri

Fonte: Pfas.Land 26.01.202