Notiziario Patria Grande - Agosto 2022

NOTIZIARIO

 AGOSTO 2022

 

 

 

TELESUR / OPINIONI / NICARAGUA

La Chiesa cattolica e il Nicaragua 

 

VISION SANDINISTA (NICARAGUA / INTERNI / RUOLO DELLA CHIESA

Nicaragua, il golpismo sotto l’abito talare

 

RESUMEN LATINOAMERICANO / ESTERI / COLOMBIA

Colombia, una nuova opportunità

 

GRANMA (CUBA) / ESTERI / EUROPA E AMERICA LATINA

La «riconquista» dell’America Latina da parte dell’Europa?

 

GRANMA (CUBA) / POLITICA / UNITA’ DELLA SINISTRA

Díaz-Canel: necessaria l’unità dei partiti marxisti

 

GRANMA (CUBA) / ESTERI / CINA E TAIWAN

Cuba riafferma il principio di «una sola Cina»

 

GRANMA / ESTERI / ARGENTINA

Diaz-Canel solidale contro le accuse mediatiche alla vicepresidente argentina

 

GRANMA (CUBA) / ESTERI / AIUTI EUROPEI PER L’INCENDIO DI MATANZAS

Eurodeputati chiedono aiuti per Cuba dopo il recente incendio

 

GRANMA (CUBA) / INTERNI / INCENDIO DI MATANZAS

Per sempre con noi, nel cuore del nostro Paese

 

 

 


 

TELESUR / OPINIONI / NICARAGUA

La Chiesa cattolica e il Nicaragua 

 

La partecipazione della gerarchia al fallito complotto golpista del 2018 ha avuto conseguenze per la Chiesa cattolica: il Governo nicaraguense ha ridotto della metà il sostegno economico a cattedrali, chiese e mantenimento delle installazioni della Conferenza Episcopale. 

Becca Renk ha vissuto e lavorato allo sviluppo comunitario sostenibile in Nicaragua dal 2001 con Jubilee House Community. La JHC lavora anche per educare i visitatori del Nicaragua, incluso attraverso un proprio centro culturale di ospitalità e solidarietà nella Casa Benjamín Linder. 

Recentemente è apparsa sui mezzi d’informazione internazionali un'alluvione di titoli sulla Chiesa cattolica in Nicaragua, ma nessuno degli articoli ha spiegato ciò che sta capitando davvero. A continuazione prenderò in esame separatamente la relazione del Nicaragua con la Chiesa cattolica e i recenti avvenimenti. 

 

Precedenti: da dove ha origine tutto questo?

 

Colonizzazione 

La Chiesa cattolica arrivò per la prima volta in Nicaragua insieme ai colonizzatori spagnoli e, come in altre parti del mondo, la gerarchia e gran parte del clero favorirono la conquista coloniale attraverso la conversione. In Nicaragua la popolazione nativa venne drasticamente decimata: in 35 anni di dominio spagnolo si ridusse da 2 milioni a soli 8.000 indigeni. Furono assassinati, morirono di malattie, vennero sequestrati e venduti come schiavi. Con rimarchevoli eccezioni individuali di alcuni religiosi, come Antonio Valdivieso, la Chiesa non fu solamente connivente, ma partecipò attivamente in prima persona agli orrori della colonizzazione. 

 

Insurrezione 

Dopo l'indipendenza, la gerarchia ecclesiastica e l’élite ricca del Nicaragua diressero congiuntamente il Paese; per generazioni, ogni famiglia potente ebbe un figlio che si era fatto prete. Nel secolo XX, la gerarchia cattolica sostenne la sanguinaria dittatura di Somoza durante i quasi 45 anni del suo governo, e solo verso la fine alcuni membri della gerarchia appoggiarono la liberazione del Paese.

 

Rivoluzione 

A differenza di Cuba, la rivoluzione nicaraguense non fu mai laica. In realtà, la Rivoluzione del Nicaragua fu talmente influenzata dalla teologia della liberazione, che negli anni ‘80 circolava questo detto popolare: "Tra cristianesimo e rivoluzione non c'è contraddizione". Vi erano sacerdoti nel governo - vari ministri - ma non erano i reverendi della gerarchia ecclesiastica, bensì preti che lavoravano per migliorare la vita della maggioranza povera. La gerarchia cattolica si alleò con gli Stati Uniti contro la Rivoluzione Sandinista; Papa Giovanni Paolo II venne in Nicaragua e rimproverò i sacerdoti del governo, in seguito il Vaticano li censurò. 

 

Governo di Riconciliazione e Unità Nazionale 

Quando il partito sandinista tornò al potere nel 2007, formò il Governo di Riconciliazione e Unità Nazionale e cercò di lavorare non soltanto con gli antichi nemici di guerra - il partito politico della Contra si unì all'alleanza sandinista e nominò il vicepresidente dalle proprie fila per quel periodo -, ma incluse anche la Chiesa, l'impresa privata e i sindacati nella pianificazione e gestione dei programmi di governo. Fu dato alla Chiesa un posto al tavolo di governo. Ma l'impresa privata e la Chiesa cattolica posero realmente fine a tale modello quando, nel 2018, cospirarono per abbattere il governo eletto ed utilizzarono il loro ruolo nella società per cercare di mettere il popolo contro il governo. 

 

Tentativo di colpo di Stato nel 2018 

Nell’aprile 2018 presero avvio le proteste che apparentemente erano contro le proposte riforme al sistema di previdenza sociale. Tuttavia, diventò ben presto evidente che le proteste erano qualcosa di più: un tentativo di abbattere il governo nicaraguense. I gruppi armati dell'opposizione installarono centinaia di barricate che paralizzarono il Paese e divennero gli epicentri della violenza. I blocchi stradali durarono quasi tre mesi, morirono 253 persone e molte di più furono ferite. Le indagini hanno dimostrato che il governo statunitense stava finanziando la violenza attraverso l'USAID, la NED e l'IRI, tutte "braccia morbide" della CIA. 

Nel momento in cui gli Stati Uniti stavano finanziando il tentativo di rovesciamento del governo sandinista democraticamente eletto, la gerarchia della Chiesa cattolica nicaraguense lo stava fomentando. Si possono leggere racconti di sacerdoti che in prima persona istigavano alla violenza, perfino nei nostri stessi quartieri di Città Sandino. Mentre la conferenza episcopale stava apparentemente "fungendo da mediatrice" in un dialogo nazionale, il suo stesso clero stava predicando la violenza. In queste “barricate della morte”, come si arrivò a definirle, i sandinisti furono perseguitati - identificati, picchiati, violentati, torturati e assassinati - coi preti che stavano a guardare e a volte prendevano parte alla violenza. 

Sebbene centinaia di persone siano state detenute e condannate per reati violenti nel 2018, l'opposizione pretese la liberazione di coloro che definiva "prigionieri politici". Nell’interesse della pace e della riconciliazione, il governo nicaraguense dichiarò un'amnistia generale e liberò tutti quelli che erano stati accusati in relazione al tentato colpo di Stato, compresi noti assassini, a condizione di non reiterare i reati. 

 

Conseguenze 

La partecipazione della gerarchia al fallito complotto golpista del 2018 ha avuto conseguenze per la Chiesa cattolica: il Governo nicaraguense ha ridotto alla metà il sostegno economico a cattedrali, chiese e mantenimento delle installazioni della Conferenza Episcopale. Ma la Chiesa ha anche perso la sua gente: ho parlato con molti cattolici che ormai non vanno più a messa, perché i loro sacerdoti continuano a promuovere la violenza e a perseguire fini politici dal pulpito. Queste persone non hanno perso la fede - continuano a pregare in casa e a partecipare a celebrazioni religiose fuori dalla Chiesa -, ma non vanno più a messa. Questo sentimento è generalizzato: gli ultimi sondaggi dimostrano che solo il 37 % dei nicaraguensi si considera cattolico oggi, a fronte del 55 % di alcuni anni fa.

 

Avvenimenti recenti 

Che cosa sta accadendo attualmente, che ha provocato tanto chiasso nei media internazionali? La prima settimana di agosto le autorità nicaraguensi hanno smantellato la rete dei mezzi d’informazione (cinque stazioni radiofoniche ed un canale televisivo locale), proprietà di Rolando Álvarez. Álvarez è il vescovo di Estelí e Matagalpa, ma è anche un attore politico, uno dei leader collusi col violento tentativo di colpo di Stato del 2018, e si ripropone di creare un clima di scontro per destabilizzare il governo del Nicaragua in vista delle elezioni municipali di novembre. 

I mezzi d’informazione privati di Álvarez sono stati chiusi, perché li si stava usando per riciclare il denaro sporco utilizzato per pagare i teppisti affinché provocassero la violenza per le strade: facevano parte del suo piano sovversivo. Dopo la chiusura dei suoi media, Álvarez è stato posto agli arresti domiciliari finché sotto inchiesta per una serie di reati. Tuttavia, perfino dopo il suo arresto Álvarez ha continuato a istigare alla violenza, minacciando la sicurezza degli abitanti di Matagalpa. Pertanto, a loro tutela, la settimana scorsa è stato trasferito a Managua, dove rimarrà agli arresti domiciliari mentre l’indagine è in corso; sta ricevendo visite dai famigliari e dal cardinale, con cui ha parlato a lungo. Un comunicato del cardinale nicaraguense Leopoldo Brenes e della Conferenza Episcopale del Nicaragua, ha precisato che Álvarez ha agito a titolo personale e i suoi atti non hanno nulla a che vedere con gli altri vescovi del Paese.

 

Altri sacerdoti arrestati 

Álvarez non è l'unico religioso arrestato in Nicaragua negli ultimi mesi: le autorità nicaraguensi hanno detenuto, processato e condannato un sacerdote per aver violentato una bambina di 12 anni ed un altro per aver preso a botte la sua compagna (l'opinione pubblica nicaraguense non si è sorpresa del fatto che il prete avesse un’amante, ma si è indignata che l’avesse picchiata). Stranamente, non abbiamo visto i mezzi d’informazione internazionali usare i casi dei preti violentatori e picchiatori del Nicaragua per invocare la persecuzione religiosa come fanno con Álvarez, ma tutti e tre sono casi in cui le autorità nicaraguensi attribuiscono ai sacerdoti cattolici la responsabilità delle loro azioni individuali, come farebbero con chiunque altro. 

 

C'è persecuzione religiosa in Nicaragua? 

La persecuzione religiosa per definizione consiste in “attacchi sociali o istituzionali a persone specificamente per il loro credo religioso”. Ciò cui abbiamo assistito negli ultimi eventi in Nicaragua è l'indagine e la detenzione di persone che hanno infranto la legge, indipendentemente dalla loro religione. Questa non è persecuzione religiosa. 

Non soltanto non c'è persecuzione religiosa in Nicaragua, bensì esiste un ambiente di fiorente espressione religiosa. Per provarlo, basta affacciarsi ad una finestra in Nicaragua in questo periodo: agosto è l'epoca delle feste patronali in questo Paese. Mentre i mezzi d’informazione internazionali pubblicano storie di persecuzione religiosa, decine di città e villaggi nicaraguensi si dedicano a celebrare i loro santi cattolici in feste sostenute economicamente e logisticamente dai governi municipali. Il nostro stesso villaggio celebra questo fine settimana la Vergine del Nancite ed a Città Sandino abbiamo celebrato il Piccolo Santo Domingo lo scorso fine settimana. Ma la più grande celebrazione di tutte fu quella in cui decine di migliaia di persone sfilarono e ballarono liberamente per le strade di Managua nei due giorni festivi dedicati a Santo Domingo. In Nicaragua, la gerarchia della Chiesa rimane dentro i propri muri, ma la Chiesa del popolo sta per le strade a celebrare allegramente la sua fede. 

Becca Renk, 27 agosto 2022

 

Traduzione a cura di Adelina B., Patria Grande, CIVG

Articolo originale: La Iglesia Católica y Nicaragua

https://www.telesurtv.net/opinion/La-Iglesia-Catolica-y-Nicaragua-20220827-0014.html

VISION SANDINISTA (NICARAGUA / INTERNI / RUOLO DELLA CHIESA

 


 

 

Nicaragua, il golpismo sotto l’abito talare

 

A Monsignor Álvarez, della diocesi di Matagalpa, costa rassegnarsi al ruolo di amministratore di anime come detterebbe la dottrina della fede. La sua passione per la politica, traviata dall’ambito ideologico di estrema destra che la impregna, lo spinge a presentarsi come un leader oppositore più che come un pastore del gregge. Un gregge, oltretutto, sempre meno numeroso proprio per l'ossessiva politicizzazione della Chiesa nicaraguense, che porta al distanziamento di una gran parte della popolazione la quale, per attuare il proprio cristianesimo, trova sempre di più comodo ricorrere alle chiese evangeliche piuttosto che a quella incarnata da Álvarez e affini. 

Dopo l'uscita di scena di monsignor Báez, il ritiro di monsignor Mata e monsignor Brenes, Álvarez, già noto per aver avuto un ruolo da protagonista nell'organizzazione del colpo Stato tentato nel 2018 in Nicaragua, ha ritenuto di potersi candidare alla direzione della Conferenza Episcopale del Nicaragua. 

Non ha lesinato sforzi, tanto dal pulpito come dal suo Canale TV, per incitare alla violenza e all'odio contro il governo sandinista e i suoi simpatizzanti. L'ha fatto con la teatralità con cui normalmente accompagna ogni suo gesto, messa in scena ridicola e circense di un ego malato che percepisce come inadeguato l’incarico di semplice vescovo. Le risorse di cui dispone la diocesi si mettono a disposizione della sua carriera, ora costellata dalla sovrapposizione autocelebrata delle sue infamie col messaggio di Dio. 

Il tentativo di promuovere una nuova stagione di caos non poteva essere ignorato dalle autorità. E non c’è da sorprendersi, perché i costanti incitamenti all'odio e alla violenza, alla rivolta e al creare caos, avvengono nonostante la pacificazione del Paese, alla quale ha contribuito fortemente anche l'amnistia ultra generosa promulgata alla fine del 2018. 

Le misure adottate obbediscono alle leggi promulgate dal Parlamento nicaraguense ed alle norme stabilite riguardanti il diritto alla diffusione via radio, televisione o Internet dei mezzi d’informazione e comunicazione, che prevedono certe caratteristiche precise da osservare nell'attività di comunicazione e diffusione. Se queste norme e leggi si violano ripetutamente, e se il pulpito ed i microfoni delle stazioni radiofoniche si usano per lanciare incitamenti all'odio e alla rivolta, nessuno può sperare che le autorità dell’ordine pubblico rimangano a braccia conserte. 

La chiusura della sua radio e la presenza della polizia alle porte della sua chiesa portarono il monsignore golpista ad una manifestazione teatrale in cui, in un delirio dionisiaco, dichiarò che "il governo può far tacere le sue radio, ma non la voce di Dio", identificando così se stesso, la sua radio e Dio in un'improbabile trinità. Affermò di essere "perseguitato" dalla polizia, che riduceva la sua "sfera privata". In questo non gli si può dar torto: cospirare senza controllo è più facile che farlo da controllati. 

La petizione dell'UE al governo nicaraguense, arrogante nel tono e falsa nel contenuto, con la richiesta di lasciare in pace il monsignore del golpe, costituisce una nuova figuraccia per Bruxelles. Bruxelles deve capire che ogni Paese, quali che siano la sua latitudine e longitudine, erige il proprio sistema sociopolitico e vi adatta l’ambito giuridico e normativo, e non sono applicabili altri codici che quelli penale e civile. Le vie ad hoc non possono essere invocate nei riguardi dei sacerdoti, giacché la loro appartenenza allo Stato Vaticano non può impedire il giudizio sulle loro azioni, specialmente se contrastano con le norme e le leggi del Paese in cui stanno svolgendo la "missione pastorale". 

Nel caso concreto di Monsignor Álvarez, non vi è nulla di pastorale. C'è un torbido personaggio, colpevole di aver organizzato le feroci bande che insanguinarono il Nicaragua nel corso di quasi 4 mesi del 2018, di aver trasformato le chiese in depositi d’armi e rifugi per i golpisti, e che insiste nel tentativo di riorganizzarsi per porsi a capo di un nuovo complotto golpista che lo proietti, parallelamente, alla dirigenza della CEN. Chiedere indulgenza o indifferenza per questo abuso di sacerdozio è come chiedere di non vedere e non sentire. 

 

La forza della legge è la forza del sandinismo 

Managua non può né vuole ignorare, benché abbia chiaro che si tratta di provocazioni destinate a far passare per martire il golpista e i suoi funzionari. Perché sul rispetto della pace tanto duramente conquistata in quel luglio 2018, dopo tre mesi di orrore nichilista e saccheggi, assassinii di militanti sandinisti e poliziotti, violazioni e persone bruciate vive, blocco di una parte del Paese, dopo circa 1.800 milioni di dollari di danni all'economia, nessuna considerazione politica, per banale o acuta che sia, può avere la prevalenza sull’individuare responsabilità e responsabili. 

E, d'altra parte, quando il senso della convenienza prevale sul senso della giustizia, si denotano due atteggiamenti precisi: la volontà di transigere a basso prezzo e la relativizzazione del sistema giuridico, messo a disposizione della convenienza politica. Ma entrambe sono caratteristiche che non hanno niente a che vedere col sandinismo, la cui forza deriva anche dall'autorità istituzionale e dal rispetto dei principi ispiratori del suo modello democratico applicato con dignità, così come dei risultati socioeconomici raggiunti. 

La responsabilità soggettiva ed oggettiva di Monsignor Álvarez è precisamente ciò che l'Unione Europea, analogamente ad altri attori minori sulla scena internazionale, pretende di misconoscere, dimostrando di non voler vedere. In questo senso, le disordinate allitterazioni dell'UE (che in Europa blocca televisioni e siti web e mette giornalisti sotto inchiesta, per poi saltare l'oceano e parlare di libertà di stampa), si sommano alle arroganti e stupide affermazioni del fallito ambasciatore degli Stati Uniti a Managua: esiste la credenza generalizzata che siamo agli inizi del XX secolo e che le cannoniere imperiali spaventino tutti. 

L'idea di poter destabilizzare il Nicaragua dall’interno mediante una nuova ondata di violenza poggia su una convinzione ancora più erronea, vale a dire l'idea che il Nicaragua, non essendo un Paese subordinato all'impero, non abbia credenziali democratiche, ed in ogni caso non debba rispettare i suoi dettami a qualunque costo. Ovvero: si tratta di un Paese politicamente debole, caratterizzato internamente dalla mancanza di certi parametri istituzionali ed inserito in un sistema di alleanze internazionali carente di credibilità democratica; pertanto, un Paese che può essere richiamato all'ordine imperiale. Quanta idiozia in questa lettura, quanta mancanza di conoscenza storica e di analisi politica, quanta presunzione di potere per occultare la più grave impotenza albergano in questo delirio imperiale. 

Il Nicaragua è politicamente forte, istituzionalmente autorevole, economicamente solido e militarmente capace. Sta attraversando un processo di profonda trasformazione e modernizzazione che presenta i migliori risultati del Centroamerica, occupa il primo posto in America in quanto a crescita economica e compimento dell'indice GINI: è una risposta efficace e dignitosa al neoliberalismo darwiniano. La sua importanza politica cresce parallelamente all'influenza sempre maggiore che esercita, ed il suo apparato difensivo è tale da sconsigliare qualunque avventura neocoloniale, di cui la sua oligarchia pagherebbe per prima il prezzo decisivo. 

Sarebbe bene, piuttosto, considerare il Nicaragua non attraverso la narrazione dei figli dell'oligarchia che, sull'onda dell'odio e della nostalgia dei bei tempi andati in cui si mangiavano il Paese, si ritrovano ora, per continuare ad alimentare i loro conti bancari e le speranze di tornare alla carica, a fare i conti con un Paese che non esiste più. Basterebbe che i politici, e non i sadici funzionari di Bruxelles, si rendessero conto che l'eurocentrismo, già zimbello prima della crisi ucraina, è diventato un artefatto storico da archivio. 

Il messaggio del Nicaragua è alto e chiaro: la Chiesa si occupa delle anime, lo Stato si occupa dei corpi. Nessuno ostacola la preghiera e l'esercizio spirituale, ma non si può tollerare l'incitamento alla violenza e all'odio. In questo senso, il 2018 fu chiarificatore e da allora non si possono confondere i diversi livelli: dopo quell'orrore, chiunque capta ora la differenza tra un uomo di fede e un fariseo, tra un sacerdote e un delinquente. 

Fabrizio Casari, 8 agosto 2022

 

Traduzione a cura di Adelina B., Patria Grande, CIVG

 

Articolo originale: Nicaragua, el golpismo bajo la sotana

https://www.visionsandinista.net/2022/08/08/nicaragua-el-golpismo-bajo-la-sotana/

 


 

 

RESUMEN LATINOAMERICANO / ESTERI / COLOMBIA

Colombia, una nuova opportunità

 

Il 7 agosto è stato nominato Presidente della Repubblica di Colombia Gustavo Francisco Petro Urrego (nato a Ciénaga de Oro, Córdoba, il 19 aprile 1960), politico, economista, ex senatore colombiano ed ex guerrigliero del Movimento April 19 (M-19). È il fondatore del partito politico Colombia Humana e leader del Patto storico della coalizione politica. Il suo vicepresidente, Francia Elena Márquez Mina (nata a Suárez, Cauca, il 1 dicembre 1981), è una leader sociale nera, attivista ambientale, difensore dei diritti umani, femminista, avvocato e politica colombiana. Entrambi hanno promesso che "è tempo di cambiare, inizia la Colombia del possibile".

Fin da subito abbiamo annotato alcuni suggerimenti tratti da diversi scritti di rebelion.org, preparati per il programma radiofonico e di rete del Collettivo Reflection-Acción "Alternativas" del Costa Rica, a cui partecipiamo come organizzatori e che desideriamo condividere con tutti voi.
Petro, con una visione strategica a lungo termine (globale), il 7 agosto, durante la cerimonia di insediamento, nel suo intervento ha mostrato “una visione strategica lontana dai classici discorsi generalisti che si sentono solitamente quando si assume la presidenza di un Paese con argomenti che lo contraddistinguono”. Ha esposto concetti poco frequentati dalla maggioranza dei governi progressisti in America Latina, ovvero: "il problema della sicurezza alimentare, gli effetti del cambiamento climatico, l'importanza dell'Amazzonia”, ed è stato molto critico sulla mancanza di una risposta unitaria da parte dell'America Latina di fronte alla pandemia.

Quando si parla di governi progressisti, ci si riferisce alle loro proposte che “vanno da un'identificazione con il socialismo e la sinistra, passando per il nazionalismo, il populismo e la socialdemocrazia, fino ad arrivare al peronismo (nel caso argentino), anche se per semplificare si parla di progressismo”.

Durante l’insediamento di Petro c'erano tre elementi storici simbolici: per esempio la data del 7 agosto, il giorno in cui viene commemorata la battaglia di Boyacá nel 1819, 203 anni fa, quando l'abnegato e leale esercito patriota guidato dal liberatore Simón Bolívar, in una sorprendente ed eroica impresa militare e umana, attraversa dalle torride pianure dell'Orinoco la gelida landa desolata del Pisba e sorprende la retroguardia dell'esercito monarchico degli altipiani di Cundiboyacense, sconfiggendolo definitivamente e mettendo in fuga il re di Spagna. L'altro elemento è stato presentare la "spada di Bolívar" con la quale (simbolicamente) Bolívar sconfisse il re di Spagna. Con buona ragione, il re Felipe VI di Spagna non si alzò quando la spada di Bolívar passò. Il terzo elemento simbolico ricorda ciò che accadde la notte del 17 gennaio 1974, quando il movimento rivoluzionario M19 rubò la spada di Bolívar. Tra le prime azioni come nuovo presidente, Gustavo Petro ha sottolineato la volontà di rispettare l'Accordo di Pace dell'Avana e di aprire un dialogo con i gruppi armati per porre fine a sei decenni di violento conflitto che ha provocato almeno 450.000 morti, la maggior parte civili tra il 1985 e il 2018”.

Il Ddecalogo di Petro e Francia. «Adesso corrisponde alle esperienze di riconciliazione, rafforzamento delle politiche per la vita, dei legami del Paese Dimenticato, dei «nessuno», degli esclusi, degli emarginati, dei lavoratori, degli studenti, dei giovani, delle donne, dei vecchi, per fare il percorso proposto dal decalogo del presidente Petro e da Francia. Il Decalogo incoraggia a costruire gradualmente, con pazienza, senza esaltazioni, vendette o delusioni, le basi di un potere popolare reale, efficace ed efficiente. Una politica di vita, di amore, prodotta dalla dedizione, dalla convinzione etica e dalla cura di sé e dell'altro».

Le sfide di Petro e del suo nuovo governo. La sfida più grande che dovrà affrontare il prossimo governo colombiano «è promuovere la pace, mettere a tacere le armi, ma anche attaccare le cause della violenza armata come la fame, l'enorme disuguaglianza sociale e dei diritti, che hanno molto a che fare con l'abbandono dello Stato, il razzismo, la plutocrazia, la corruzione, il traffico di droga e il paramilitarismo che fomentano la produzione e la spedizione di coca negli Stati Uniti”.

Il modello politico di Petro. Si tratta di "disarticolare il modello neoliberista radicato da decenni in Colombia con misure per affrontare la povertà che colpisce oltre il 45% della popolazione di circa 50 milioni di abitanti, come una legge contro la fame e per un reddito di base, inclusi nel programma del Patto Storico. Quattro colombiani su dieci soffrono la fame, secondo i sondaggi”. Una sfida per alcuni irraggiungibile.

Dall’altra parte della frontiera, in Venezuela. “Sebbene il presidente della Repubblica Bolivariana, Nicolás Maduro Moros, non sia stato invitato alla cerimonia di inaugurazione come ultimo atto di ostilità da parte del governo uscente, pochi giorni prima si sono incontrati a San Cristóbal, cittadina venezuelana vicino al confine, Carlos Faria, ministro del Potere Popolare per le relazioni estere del Venezuela e Álvaro Leyva, ministro degli esteri del nuovo governo colombiano. Nella riunione hanno convenuto di rafforzare un'agenda di lavoro per la graduale normalizzazione e ricomposizione delle relazioni bilaterali interrotte con la nomina di ambasciatori e funzionari diplomatici e consolari”.

Persone, molte persone. “Lo spazio che Petro ha concesso a sei ospiti d'onore è stato molto simbolico, gente comune in rappresentanza degli esclusi della Colombia con i quali Petro aveva già condiviso la sua campagna. Tra loro, Arnulfo Muñoz, pescatore artigiano di Tolima, Katherine Gil, leader giovanile di Chocó, Genoveva Palacios, venditrice ambulante di Quibdó, e Kelly Garcés, operatrice di un'impresa di pulizie, la cui resistenza alle molestie subite per essere stati trovati con un volantino del Patto Storico. Rigoberto López, un contadino di Caldas, e Jorge Iván Londoño, un silletero di Medellín, completavano il gruppo.

Infine, pochi giorni prima del suo insediamento, il presidente Gustavo Petro “ha preso il toro per le corna” e ha affondato i denti nella “questione militare” con la mano di un chirurgo estremamente preciso. Le decisioni prese con il suo ministro della Difesa, Iván Velásquez, implicano un ampio rimpasto della leadership militare e della polizia, e una nuova formalizzazione della politica di sicurezza umana per la pace riprende il suo cammino perduto dopo il Tavolo di Dialogo e Accordo con i guerriglieri dell'Esercito di Liberazione Nazionale tenuto all'Avana.

Per quanto riguarda i cambiamenti militari, il criterio del presidente Petro è quello di accettare le raccomandazioni della Commissione per la Verità, di eliminare la leadership militare dagli ufficiali. Nominare nuovi comandanti militari e di polizia senza precedenti di abusi e appropriazioni indebite di risorse pubbliche negli acquisti militari di armi, cibo e forniture, una cosa molto difficile visto il degrado dell'apparato armato dello Stato inquadrato nelle dottrine anticomuniste della sicurezza nazionale, del nemico interno e del mercato neoliberista come regolatore della spesa per la difesa”.

“Il presidente ha escluso 55 generali per conformità con la nuova direttiva. È la più grande ristrutturazione degli alti comandi nella storia recente del Paese. Quello che si cerca è una burocrazia non macchiata dal sangue degli umili massacrati a frotte e che non sia un branco di ladri. L'intervento chirurgico di Petro nell'alta dirigenza militare è stato rapido. Come sempre, vedremo nei primi cento giorni di amministrazione del presidente Gustavo Petro come se la caverà. Speriamo di non rimanere delusi, ma di rallegrarci per i suoi risultati e per il popolo colombiano, che ha così tante aspettative.

José A. Amesty Rivera, 22 agosto 2022

 

Articolo originale:

https://www.resumenlatinoamericano.org/2022/08/22/colombia-una-nueva-oportunidad/

 


 

GRANMA (CUBA) / ESTERI / EUROPA E AMERICA LATINA

La «riconquista» dell’America Latina da parte dell’Europa?

 


L’Unione Europea è preoccupata per i passi avanti della Russia,

ma soprattutto della Cina, nei paesi latino americani.

 

«L’Unione Europea è preoccupata per i passi avanti della Russia - e soprattutto della Cina - nei paesi latinoamericani, una regione tradizionalmente legata in termini politici ed economici all’Occidente», ha affermato di recente un rapporto pubblicato dal quotidiano spagnolo El Pais.

Come nell’era coloniale, il testo parla di lanciare una controffensiva diplomatica e commerciale nel 2023 per recuperare la «posizione di guida» nella regione. Si parla di grosse cifre, come quella di 3,4 miliardi di euro assegnata dalla Commissione Europea per azioni di cooperazione con la regione latinoamericana e caraibica fino al 2027.

Non stupisce questa ansia perchè nel vecchio continente sono inarrestabili l’aumento del prezzo del gas e la caduta dell’euro rispetto al dollaro.In meno di due mesi, i prezzi sono aumentati del 213%. Durante l’estate, l’Europa ha registrato la peggior siccità degli ultimi 500 anni. I dati dell’Osservatorio sulla siccità hanno riferito che il 64% del territorio della UE si trova in allerta con un grave impatto sull’agricoltura, sull’allevamento e sugli ecosistemi, sommato ai danni provocati dall’espansione degli incendi.

Anche per l’inverno non ci sono buone notizie: di fronte alla mancanza di idrocarburi russi, sarà freddo e oscuro. L’Europa vive un panorama economico e ambientale avverso e, nella sua pretesa di recuperare la sua presenza nella regione latinoamericana, dovrà confrontarsi con una partnership tra l’America Latina e i Caraibi con la Cina decisamente più forte rispetto al passato.

Tra il 2000 e il 2020, il gigante asiatico ha moltiplicato il suo investimento nella zona divenendo il primo o secondo socio commerciale più importante. Va considerato che 21 dei 33 Stati della regione si sono inseriti nell’iniziativa della Nuova Via della Seta e che dal 2014 è operativo il Forum di Cooperazione Cina-Comunità degli Stati Latinoamericani e Caraibici.

La Russia, dopo le sanzioni imposte dall’Occidente, ha girato lo sguardo verso altre regioni per importare prodotti che prima provenivano dai paesi del blocco comunitario. Secondo Russia Today, la maggioranza dei prodotti agricoli e della carne che consumano i russi provengono dall’Argentina, dal Brasile o dall’Uruguay. La Russia ha investito in Venezuela 6 miliardi di dollari solo nel 2018, e così anche l’Argentina, il Brasile e il Messico guidano la lista dei principali soci commerciali. Nessun paese della zona può accusare la Cina o la Russia d’avere un passato colonialista, piagato di abusi.

Nel secondo semestre del 2023, la Spagna assumerà la presidenza del Consiglio della UE. Non è casuale, allora che il presidente spagnolo Pedro Sánchez abbia realizzato di recente un giro in Colombia, Ecuador e Honduras, e che abbia proposto di relizzare una riunione di leader della UE, dell’America Latina e dei Caraibi, o che in modo (forse) casuale, abbia presentato a Gustavo Petro (neo eletto presidente della Colombia) la possibilità di celebrare i Dialoghi di Pace in Spagna.

Milagros Pichardo e GM per Granma Internacional, 29 agosto 2022

 

 


 

 

GRANMA (CUBA) / POLITICA / UNITA’ DELLA SINISTRA

Díaz-Canel: necessaria l’unità dei partiti marxisti

 


Messaggio al Forum Internazionale dei Partiti Marxisti. Foto: PartidoPCC

 

Il Primo Segretario del Comitato Centrale del Partito Comunista di Cuba e Presidente della Repubblica, Miguel Díaz-Canel Bermúdez, ha inviato un messaggio al Forum Internazionale dei Partiti Marxisti organizzato dal Partito Comunista della Cina e che si è svolto in modo virtuale.

Di fronte ai rappresentanti di 109 partiti di tutto il mondo, la dottoressa Rosario Penton, rettrice  della Scuola Superiore del PCC «Ñico López», ha letto le parole del Capo di Stato che, dopo aver ringraziato per l’invito, ha apprezzato il valore dell’incontro «per parlare dei passi avanti teorici e delle esperienze pratiche nel lavoro di ogni partito verso un livello superiore di giustizia nella storia dell’umanità».

Sul sito web dell’organizzazione del partito cubano, si legge il messaggio integrale nel quale Díaz-Canel sottolinea come il marxismo, che «dalla sua nascita ha dato fondamenta scientifiche alle lotte di classe del proletariato mondiale di ogni Paese e della classe operaia internazionale, ha dimostrato di possedere una poderosa capacità interpretativa delle trasformazioni in atto: «L’obiettività dei suoi postulati si rivela in modo particolare in tempi di crisi, quando scarseggiano visioni e proposte per uscirne», ha detto.

Non ha certo trascurato il prezzo degli errori commessi in nome della tradizione marxista, i passi indietro e le distorsioni, anche se ha sottolineato il modo in cui a Cuba il marxismo si è fuso con il meglio della tradizione nazionale rivoluzionaria di carattere universale e aperta, che ebbe tra i più alti esponenti José Martí e Fidel Castro Ruz.

Essere marxisti per i cubani significa un’attitudine di permanente apprendistato, di pratica per integrare lo sviluppo delle scienze sociali e recuperare i processi storici con il sapere accumulato, di conoscenza delle circostanze attuali e delle opzioni di futuro, così come di assimilazione critica in tutti i campi della conoscenza», ha aggiunto.

Díaz-Canel ha sottolineato le idee, i principi e le direttive approvate nell’VIII Congresso del PCC e i tre principali impegni che sono divenuti strategie per il lavoro del partito: la battaglia economica, l’unità e la lotta per la pace e la fermezza ideologica.

Poi ha ripreso l’esame critico e rivoluzionario della necessaria attualizzazione del marxismo e leninismo nel Paese realizzato nel dicembre del 2021, durante il 3º Plenum del Comitato Centrale del PCC, «che ha tracciato la rotta della continuità delle trasformazioni in tre processi di portata  generale per tutta la società: l’insegnamento, la ricerca e la comunicazione sociale».

Nel suo messaggio ha segnalato che attualmente si lavora alla formazione di un soggetto critico e trasformatore del socialismo prospero, sostenibile e democratico al quale Cuba aspira, che considera la scienza e l’innovazione come uno dei pilastri del lavoro del Partito e del Governo.

«Inoltre», ha proseguito, «siamo fermamente convinti che il socialismo è l’unica via allo sviluppo con giustizia sociale, superamento creativo del capitalismo, della sua irrazionalità insostenibile e dei valori che lo guidano», e ha ancora ricordato le lezioni, positive o negative, di altri Paesi che hanno intrapreso prima questo cammino e quello che significano la vicinanza e l’agguato permanente di un avversario tanto poderoso come il governo degli USA: «È un avversario che non accetta la decisione legittima della maggioranza del nostro popolo, approvata nella Costituzione della Repubblica, di costruire una Cuba indipendente sovrana e socialista».

Inoltre ha denunciato ancora una volta il blocco criminale e le 243 misure aggiuntive adottate durante l’amministrazione trumpista, nonché la crescente aggressività delle campagne «contro tutti coloro che discutono lo status quo, che pretende di impedire a chiunque che il Socialismo provi le sue possibilità, potenzialità e fattibilità con tutti i mezzi, anche usando gli strumenti perversi della guerra non convenzionale, i laboratori d’intossicazione mediatica, la disinformazione, le fake news, la doppia morale e l’ipocrisia attraverso le reti sociali, con l’obiettivo di fratturare e dividere la

società cubana, e in questo impegno falliranno una e un’altra volta di fronte alla ferma volontà di unità», ha precisato.

Infine, ha elogiato la Cina come referente politico ed economico a livello mondiale: «Le sue conquiste sono ispirazione e stimolo per gli altri Paesi del mondo. La realtà del mondo di oggi ci conferma che è sempre più necessario che i partiti marxisti si uniscano per far fronte alle grandi sfide che abbiamo davanti. Solo l’unità nella diversità ci assicurerà la vittoria».

Redazione Granma e GM per Granma Internacional, 28 luglio 2022

 

 


 

 

GRANMA (CUBA) / ESTERI / CINA E TAIWAN

Cuba riafferma il principio di «una sola Cina»

 

Esercitazioni di guerra a Taiwan con la consulenza degli USA. Photo: Russia Today

 

Il Ministero delle Relazioni Estere della Repubblica di Cuba esprime la sua ferma condanna delle azioni mirate a ledere l’integrità territoriale e la sovranità della Repubblica Popolare della Cina, condanna l’ingerenza nei suoi temi interni e sottolinea la sua preoccupazione per l’incremento delle tensioni e l’aggravamento della situazione attorno a Taiwán come risultato diretto della politica aggressiva e dell’elevata presenza militare degli Stati Uniti e dei loro alleati nello Stretto di Taiwán, dei contatti militari, del commercio di armi e delle azioni che minacciano la pace e la sicurezza regionale e internazionale.

Nuove provocazioni, camuffate da contatti ufficiali o visite d’alto livello, generano in maniera deliberata pericoli aggiuntivi. Cuba riafferma l’assoluto rispetto del principio di «una sola Cina» e del riconoscimento di Taiwán come parte inalienabile del territorio di questo Paese. L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, nella sua risoluzione 2758 adottata il 25 ottobre del 1971, lo ha riconosciuto come vero e unico rappresentante legittimo del popolo cinese al Governo della Repubblica Popolare della Cina.

I propositi e i principi della Carta delle Nazioni Unite e il Diritto Internazionale vanno rispettati strettamente senza eccezioni né doppie morali. Non si può ignorare il ruolo chiave della Cina come fattore di stabilità e di equilibrio internazionale, né l’importanza della sua cooperazione senza condizionamenti politici con i paesi in via di sviluppo.

Redazione Granma e GM per Granma Internacional, 2 agosto 2022

 


 

GRANMA / ESTERI / ARGENTINA

Diaz-Canel solidale contro le accuse mediatiche alla vicepresidente argentina

 


Cristina Fernández de Kirchner, politica e avvocatessa argentina. Foto: Cristina Kirchner twitter

 

Il Presidente Miguel Diaz-Canel ha espresso solidarietà con la vicepresidente dell’Argentina Cristina Fernández de Kishner che torna ad «affrontare  un processo giudiziario politico» ha scritto sul suo account Twitter. «Vincerai questo attacco come ne hai vinti altri prima, con la verità e la ragione», ha aggiunto nel suo messaggio riferendosi alla persecuzione politica di cui è oggetto in questi momenti, così com’è avvenuto in occasioni precedenti con altri leader dell’America Latina.

Si tratta di una strategia imperiale per evitare le elezioni dei veri rappresentanti dei popoli e indebolirli di fronte ai loro sostenitori con il fine di mantenere il dominio nel continente attraverso le oligarchie nazionali corrotte ch difendono il neoliberalismo.

Secondo il quotidiano Página 12, la richiesta di 12 anni di carcere e l’inibizione perpetua dagli incarichi pubblici si basa sulla presunta responsabilità della ex presidente e il presunto legame di favoritismo con Lázaro Báez nella determinazione dei prezzi e nei ritardi nella costruzione di strade, negli interessi personali in pubblico ufficio e nel lavaggio di denaro sporco attraverso hotel e affitti.

Nel suo profilo di difesa, la ex presidente ha detto che con queste azioni si vuole distrarre l’attenzione pubblica dai veri corrotti come l’imprenditore Nicolás Caputo per la línea sotterranea del treno Sarmiento, con implicazioni per il Segretario delle Opere Pubbliche José López nel governo di Mauricio Macri (10 dicembre 2015/10 dicembre 2019).

«Questo ha provocato», ha spiegato la vicepresidente, «la distrazione di 45 miliardi di pesos del bilancio della nazione,con l’approvazione del presidente che ha ricevuto tangenti per accelerare la privatizzazione del Paese».

Poi ha mostrato prove di messaggi personali tra gli imprenditori (Nicolás Caputo, Juan Chediack e Eduardo Gutiérrez) con la cupola al potere del governo macrista sulle gestioni di pagamento del denaro: «Se in Argentina c’era un caso di corruzione in generale da investigare e in particolare in materia di opera pubblica, era quello di José López», riporta sempre Pagina 12.

Per questo è stata messa in atto una feroce campagna di menzogne e falsità contro Fernández de Kishner da parte di tutti i media a grande diffusione e le reti sociali, per impedire che le masse popolari seguissero i leader onesti e facessero una campagna politica per loro.

Di fronte a questa situazione di risorse giudiziarie contro la senatrice argentina, nelle strade di Buenos Aires e in altre città, i militanti del gruppo Frente de Todos e di varie organizzazioni simpatizzanti con il peronismo, hanno convocato a un sostegno per Fernández de Kishner in una

massiccia marcia che, nella capitale, ha subìto la repressione della polizia, secondo quanto riportato da Russia Today.

Il presidente argentino Alberto Fernández, il Governo nazionale, i governatori, gli intendenti, i senatori, i deputati e le altre figure politiche si sono uniti alla richiesta d’assoluzione per l’imputata Dall’estero si sono aggiunte voci alla richiesta della fine di questa persecuzione. Tra queste, spiccano l’ex presidente del Brasile Luiz Inácio Lula da Silva, gli ex presidenti della Bolivia Evo Morales e della Colombia Ernesto Samper, dell’Ecuador Rafael Correa con l’ex candidato presidenziale della Francia Jean Luc Mélenchon, riporta Telesur.

Nuria Barbosa León e GM per Granma Internacional, 24 agosto 2022

 

 


 

 

GRANMA (CUBA) / ESTERI / AIUTI EUROPEI PER L’INCENDIO DI MATANZAS

Eurodeputati chiedono aiuti per Cuba dopo il recente incendio

 


Incendio a Matanzas. Photo: Ricardo López Hevia

 

Un gruppo di 27 eurodeputati di diverse forze politiche e Paesi hanno chiesto ai leader dell’Unione Europea di promuovere presso i rispettivi Stati membri un veloce aiuto a Cuba in seguito al recente incendio di Matanzas, informa Prensa Latina.

In una lettera inviata al presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, alla presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, all’alto rappresentante della UE per le Questioni Estere, Josep Borrell e alla presidente del Parlamento Europeo, Roberta Metsola, i deputati

hanno richiesto l’attivazione del Meccanismo Europeo di Protezione Civile.

Membri dell’Eurocamera di Germania, Belgio, Cipro, Spagna, Grecia, Irlanda, Italia, Portogallo e Repubblica Ceca, hanno sottolineato nel testo che la solidarietà va concretizzata con risorse che permettano a Cuba di rispondere con quanto necessita per il recupero. La lettera sollecita inoltre l’assunzione di una posizione politica che conduca all’eliminazione dell’unilaterale blocco imposto dagli Stati Uniti a Cuba più di 60 anni fa.

L’ organizzazione britanica di solidarietà Cubanos in UK ha denunciato sui social network il furto di una somma raccolta da inviare come donazione a Cuba con il fine di contribuire a riparare i danni provocati dall’incendio ai serbatoi di Matanzas. L’organizzazione ha accusato di questo tipo d’azioni il criminale blocco economico, commerciale e finanziario degli USA contro il popolo cubano: «Quando credevamo di aver trovato una crepa nelle sanzioni con l’invio di aiuti umanitari a Cuba, la piattaforma di gestione dei pagamenti Stripe ha bloccato il nostro conto quando avevamo già raccolto on line circa 1000 euro», dichiara il responsabile Daniesky Acosta.

Per nascondere il motivo di questa decisione ed evitare qualsiasi responsabilità legale, i dirigenti della piattaforma di pagamento hanno addotto una serie di giustificazioni come “crimini finanziari, riciclaggio di denaro, alto rischio, terrorismo”, eccetera.

Nella denuncia diffusa dal sito cubanos.org.uk, l’organizzazione ha dichiarato che i fondi erano destinati all’acquisto di antibiotici, analgesici e materiale medico, carenti a Cuba per le sanzioni del blocco che da sei decenni è imposto all’Isola.

Precedentemente, questa organizzazione di solidarietà che  raggruppa cubani residenti nel Regno Unito, ha denunciato che altre piattaforme virtuali (GoFundMe, JustGiven e Crowdfunder UK) hanno impedito di raccogliere fondi per le vittime dell’incendio di Matanzas, e che le banche e altre istituzioni finanziarie britanniche continuano ad assecondare il blocco statunitense imposto a Cuba anche se una legge approvata da Londra nel 1980 dichiara illegale che le imprese del Regno Unito obbediscano a questa legge statunitense con applicazione extraterritoriale assolutamernte illegittima.

Nuria Barbosa León e GM per Granma Internacional, 17 agosto 2022

 

 


 

 

GRANMA (CUBA) / INTERNI / INCENDIO DI MATANZAS

Per sempre con noi, nel cuore del nostro Paese

 

“Il fuoco non ha bruciato l’amore che sentiamo. Voi siete nei nostri cuori”, ha scritto un bambino su un cartello. È entrato tenuto per mano da sua madre nel Museo dei Pompieri di Matanzas e ha lasciato il cartello tra i fiori per onorare coloro che sono morti compiendo il proprio dovere nella lotta per lo spegnimento dell’incendio della Base dei Super-serbatoi.

Dopo aver letto il suo messaggio, sembrava che tutto fosse stato detto con quella più bella semplicità, perché parlava di gratitudine e d’amore, ed è questo, precisamente, ciò che ha inondato le anime di migliaia di matanzeri andati lì per compiere un dovere imprescindibile: rendere omaggio ai caduti.

Nonostante il sole inclemente e la pioggia, nessuno è andato a casa senza aver lasciato a suo modo un pensiero, un’offerta, una rosa, un disegno, una bandiera cubana, un saluto, un grazie sussurrato, un silenzio. All’interno della Caserma  dei Pompieri, Enrique Estrada, tutto ha commosso fino ai singhiozzi i familiari che baciavano sconsolati le foto, i soccorritori con gli occhi pieni di lacrime, i membri della Croce Rossa che si sono inginocchiati davanti alle 14 urne senza nome.

Emozionavano quelli che hanno sfilato con le ustioni ancora evidenti, e tremavano e piangevano con un’angoscia profonda che si spiega solo nella loro condizione di testimoni, di sopravvissuti in quella terribile mattina.

Tutti i gradi militari, i livelli d’autorità, le provenienze, le occupazioni, le età hanno reso omaggio agli eroi dell’incidente della Zona Industriale. La gente ha espresso il suo genuino dolore perchè sentiva che doveva ringraziare coloro che hanno dato tutto e di più per ripulire il cielo di Matanzas.

Nella Piazza de la Vigía, al disopra della profonda tristezza, si è imposto il rispetto, quello di una città e del paese intero.

Oltre alla presenza delle massime autorità della nazione, l’omaggio di Raúl e del Presidente Díaz-Canel è stato una prova assoluta di questa venerazione dell’Isola di chi dà la vita per difenderla. Sapere che lì c’era il Generale d’Esercito, leader della Rivoluzione, è stato come ricevere un abbraccio.

Cuba ha onorato i suoi morti perchè Cuba non dimentica i suoi figli. Il fuoco non ha potuto nulla contro l’amore. I 16 uomini che hanno lasciato la loro esistenza in questa lotta epica contro le fiamme, resteranno sempre in noi, nel cuore del nostro Paese.

 

Yeilén Delgado Calvo e GM per Granma Internacional, 25 agosto 2022