Docente esperto, l’ultima pirotecnica baggianata del governo Draghi

Sciopero e richiesta di Stati Generali della scuola per tornare a porre la scuola, l’università e i saperi al centro della società

 

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Tre percorsi formativi di tre anni per un totale di nove anni al termine dei quali il 99% del corpo docenti italiano verrà giudicato “inesperto” e quindi punibile con la conferma degli stipendi meno significativi di tutta l’Unione Europea. Francamente neppure Berlinguer nel 2000 si era inventato tanto, il suo concorsone definiva un numero inferiore di “cretini”, solo i quattro quinti, tra l’altro proprio quel concorso lo ha mandato a casa, dopo un sciopero indetto dal sindacalismo di base a metà febbraio di quell’anno e sul cui carro vincente son saltati tutti, ricordiamo a un mese di distanza sindacalisti confederali che si attribuivano il merito dell’azione di lotta, che invece avevano osteggiato, essendo pronti alla firma anche di quella stupidaggine.

Se si vuole introdurre su richiesta dell’Unione Europea il docente “aggregato”, lo si faccia con il sistema francese, esame di stato sulle competenze didattiche e relazionali volontario e aperto a tutti i docenti interessati con almeno trenta anni di servizio, nel caso di superamento dell’esame, riduzione di un terzo dell’orario di servizio e aumento di un terzo dello stipendio, con in aggiunta compiti di tutoraggio per i docenti neo-immessi.

Il docente esperto partorito dal duo Draghi – Bianchi è la trovata più ridicola, più stupida, meno utile e meno praticabile che si possa avere per la scuola italiana.

La scuola piuttosto merita rispetto, risorse, investimenti nelle infrastrutture cadenti, nel salario dei lavoratori tutti, docenti e ATA, in strumenti didattici, da quelli informatici (LIM e computer), a quelli di una volta ma ancora utili come dizionari e carte geografiche, che i ragazzi di oggi se non hanno Google non sanno dove sta Civitavecchia e quale è la capitale della Romania.

Le elezioni politiche intanto, oltre alle solite false promesse del Partito Democratico sui salari europei, a cui credono oramai solo i babbei, porta un generale silenzio sui temi della scuola.

È il segno di come la scuola e la cultura non abbiano nella nostra società l’importanza e la centralità che meriterebbero.

Per questi e per molti altri motivi, espressi nell’indizione di sciopero, saremo con gli studenti che si preoccupano dell’ambiente e del cambio climatico, come ripetiamo spesso dovuto più all’uscita dalla piccola glaciazione terminata un paio di secoli fa che dal CO2, nelle piazze venerdì 23 settembre 2022.

Potrà essere un’ottima occasione per riaffermare, a pochi giorni dal voto, le nostre richieste al futuro governo per una scuola e una università in cui investire, consapevoli che i punti di PIL da aggiungere son in queste istituzioni e non nelle armi e nelle guerre che proditoriamente il governo Draghi ha scelto di condurre contro la volontà degli italiani e contro quanto stabilità dalla nostra Costituzione.

Pace, dunque, ma anche cultura e investimenti nell’istruzione.

Ribadiamo altresì la richiesta già avanzata a giugno di Stati Generali in autunno, per salvare la scuola da una situazione in cui le speranze e gli entusiasmi sono da troppo tempo mortificati, salvare la scuola non è una possibilità, è un obbligo per chiunque abbia responsabilmente a cuore il futuro.

Da sisa