Notiziario Patria Grande - Giugno 2022

NOTIZIARIO

 

GIUGNO 2022

 

 

 

 

TELESUR / COLOMBIA / ELEZIONE DI PETRO

Colombia tra la gioia della vittoria e l'enorme sfida di un futuro difficile ma non impossibile

 

REBELION (CUBA) / ESTERI / CONFLITTO IN UCRAINA

Pulizia etnica nelle biblioteche Ucraine

 

REBELION /  ANALISI / VERTICE DELLE AMERICHE E DELLA NATO

Due summit e una stessa tradizione imperiale

 

GRANMA (CUBA) / ESTERI / VERTICE DELLE AMERICHE E RIUNIONE DELLA CELAC

Riunione della Celac parallela al Vertice delle Americhe

 

GRANMA (CUBA) / ANALISI / PRESERVAZIONE DELL’AMBIENTE

Il prezzo  della morte

 

GRANMA (CUBA) / ESTERI / VIOLENZA NELLE STRADE USA

Negli Stati Uniti duecentrotrenta sparatorie dal 1° gennaio 2022

 

GRANMA (CUBA) / INTERNI / PROVVEDIMENTI PER L’ECONOMIA

L’industria cubana presenta nuove opportunità per l’investimento straniero

 

GRANMA (CUBA) / ESTERI / IL BLOCCO AL IX VERTICE DELLE AMERICHE

La condanna del blocco è rimbombata anche a Los Angeles

 

 

TELESUR / COLOMBIA / ELEZIONE DI PETRO

Colombia tra la gioia della vittoria e l'enorme sfida di un futuro difficile ma non impossibile

di Carlos Aznarez, 20 giugno 2022 

 

L'esplosione di euforia che si scatenò in Colombia e in tutta la Patria Grande col trionfo della formula Gustavo Petro e Francia Márquez, parla da sola di quanti decenni di lotte di ogni tipo hanno preceduto tale evento e delle loro conseguenze: uomini e donne pestati, torturati, incarcerati e assassinati. 

  

Il popolo colombiano in oltre mezzo secolo combinò tutte le forme di lotta possibili contro l'oligarchia ed i suoi sostenitori, le forze militari e repressive: dalle mobilitazioni di massa, agli scioperi nazionali attivi, alle insurrezioni della popolazione di interi paesi e città, alle varie esperienze guerrigliere. Ma si cimentò anche in battaglie elettorali, alcune di esse frutto di accordi di pace per far tacere le armi, che sfociarono in veri e propri genocidi, come l'esperienza dell'Unione Patriottica negli anni ’80, che ebbe un bilancio di migliaia di dirigenti e attivisti/attiviste assassinati. 

Diversi anni dopo, gli Accordi di Pace a L'Avana tra le FARC e il governo conservatore di Juan Manuel Santos, nuovamente crearono aspettative che finirono frustrate da sofferenza aggiuntiva, poiché tutto quanto era stato concordato fu reso carta straccia e tradimento da parte dell’establishment colombiano, che aprì spazi allo scatenarsi di un ulteriore genocidio di ex guerriglieri e numerosi leader sociali. 

Infine, arrivò il momento di provare la tattica dell'insurrezione di massa, che si manifestò con lo sciopero nazionale attivo degli anni 2020-21, che vide protagonisti migliaia e migliaia di cittadini, contadini, studenti, lavoratori, con una gigantesca e importantissima presenza giovanile. Era ora, bisognava cominciare a dire "basta" all'uribismo narco-paramilitare, intimamente legato al governo di Iván Duque. E così si dovettero contare decine di assassinii e sparizioni forzate, repressione che - va ricordato - continuò fino alla settimana scorsa, in cui furono detenuti numerosi giovani della "prima linea".   

È chiaro allora quale sia l'accumulo storico che genera in queste ore una tale esplosione di giubilo popolare: è una parte importante della popolazione stanca di guerra interna, ma anche di accordi fasulli con l'imperialismo yankee, che ha tutelato tutti i governi colombiani, sia liberali che conservatori. 

Ora sta nascendo una speranza, non soltanto per la figura di Petro, che mentre era sindaco di Bogotà ha già dimostrato ciò che sa fare bene, ma anche le sue debolezze, bensì per la presenza di quella irriducibile lottatrice che è Francia Márquez, femminista, antirazzista ed attivista anti-patriarcale come poche. E a questi meriti si aggiunga il fatto che la sua presenza porta al governo coloro che sempre sono stati i “nessuno”, le vittime del razzismo, uomini e donne della popolazione Afro-colombiana. 

Orbene, è chiaro che l'allegria e l'entusiasmo sono necessari e rappresentano una valvola di sfogo a fronte di tanti anni di tristezza, ma se il percorso finora è stato in salita, ciò che verrà ora non è da meno. Il futuro sarà pieno di bastoni fra le ruote, poiché l'opposizione conservatrice non se ne starà inattiva, il paramilitarismo è intatto e sicuramente disposto a continuare ad uccidere. 

A partire dal 7 agosto si avvia la grande battaglia, in cui la formula vincitrice dovrà dimostrare fino a che punto vuole arrivare coi cambiamenti promessi al popolo che l’ha insediata a Palazzo Nariño. Bisogna sfruttare, si dice sempre, quei primi cento giorni nei quali ancora perdura l'effetto del grande sostegno popolare ricevuto, e lì bisogna mettere in pratica misure che siano segnali chiari della direzione in cui si vuole andare. 

Non dimentichiamo che la Colombia ospita 7 basi militari USA, coi loro marines, istruttori e armi, oltre ad essere Paese socio della NATO. Nell'agenda che il nuovo governo deve approntare, c’è un altro peso di cui tener conto: la Colombia possiede uno degli eserciti più potenti del continente, assai infiltrato finora dall'uribismo. 

A ciò si aggiungano i cartelli del narcotraffico, che hanno fino ad oggi collocato dappertutto negli incarichi di potere presidenti, deputati e senatori. Infine, tra le gravi situazioni da affrontare, vi è un'economia che fa acqua da tutte le parti, con un livello di dipendenza dal FMI e da altri simili settori, frutto degli accordi di libero commercio con gli USA realizzati da tutti i governi che si sono susseguiti.  

Con queste istanze sfavorevoli più tante altre dovrà confrontarsi Petro, che festeggiando la vittoria, nel suo discorso con una certa ingenuità fece appello alla riconciliazione con tutti coloro che tanto male hanno fatto a questo popolo, il quale si aspetta dei cambiamenti radicali. È difficile immaginare che l'uribismo resti inerte ed accetti dialoghi, mentre invece è necessario fare giustizia per tutti i massacri compiuti e per gli uomini e donne assassinati da tale forza criminale, senza distogliere lo sguardo. 

È evidente che Petro non è un rivoluzionario, ma come uomo di sinistra che dice di essere, è suonato scioccante il suo continuare a puntare sul "costruire il capitalismo", come hanno fatto e fanno la maggior parte dei governanti progressisti che lo hanno preceduto nel continente. Tra loro diversi son caduti per strada, a volte a causa di colpi di Stato “di palazzo”, altre per il voto di protesta equivocato, alla destra, da parte di coloro che non si sentivano più rappresentati.   

Auspichiamo che a Petro e Francia Márquez vada bene, vorremmo che la limitazione socialdemocratica del primo possa essere spinta verso una sinistra più forte ed efficace dalla leader ora vicepresidentessa. Speriamo che non succeda come a Pedro Castillo in Perù, o ad Alberto Fernández in Argentina, il cui azzardato civettare coi gringos fece perdere loro la grinta con cui giunsero al governo, mentre oggi stanno aprendo le porte a nuove e pericolose involuzioni. Auspichiamo che la politica estera di questo nuovo governo si orienti ad abbracciare i governi popolari del continente, a iniziare da Cuba e Venezuela, che non per niente sono stati i primi ad applaudire il suo trionfo, insieme al Messico.    

Infine vorremmo che il popolo colombiano non abbandonasse né le strade, né le piazze dove ora festeggia il trionfo: questo e non altro, sarà il fattore fondamentale affinché questa odierna allegria positiva non venga delusa. È necessario, per la Colombia e per la Nostra America. 

 

Fonte:

https://www.telesurtv.net/bloggers/Colombia.-Entre-la-alegria-de-la-victoria-y-el-enorme-desafio-de-un-devenir-dificil-pero-no-imposible-20220620-0003.html

 

Traduzione a cura di Adelina B., Patria Grande, CIVG

 


 

REBELION (CUBA) / ESTERI / CONFLITTO IN UCRAINA

Pulizia etnica nelle biblioteche Ucraine

di Renán Vega Cantor, Rebelión, 9 giugno 2022

 

Fonti: Rebelión - Immagine: Uno dei numerosi roghi di libri organizzati dai nazisti in Germania a partire dal 1933.

 

L’entità del “bibliocidio” è tale che oltre che rimuovere le centinaia di milioni di esemplari di tutto ciò che sia scritto in russo, il contenuto delle biblioteche risulterà ridotto della metà.

 

«Essere russo è un problema? Persino essere un russo morto? Ciò che sta succedendo in Ucraina  è orribile, e mi viene da piangere al solo pensarci. Però queste cose sono ridicole»
(Paolo Nori - scrittore, traduttore e blogger italiano)

La pulizia etnica è una caratteristi
ca del fascismo e di tutte le sue varianti di estrema destra, a livello universale. Si basa sul presupposto che vi siano culture superiori e inferiori, e che queste ultime debbano sparire dalla faccia della terra in modo che non resti neppure una traccia della loro presenza storica. Contro le culture proclamate come inferiori si utilizzano tutti i meccanismi di distruzione fisica e simbolica come eredità permanente dell’espansione dell’Europa nei cinque continenti.

L’esempio più spaventoso della pulizia etnica fu preannunciato dal nazismo, prima in Germania e quindi in tutti i territori conquistati durante la Seconda Guerra Mondiale, compresi quelli dei popoli slavi, a cominciare da quelli ubicati nell’allora Unione Sovietica. La pulizia etnica incluse gli ebrei, ma non solo, al contrario di ciò che lo stato sionista di Israele assieme agli artefici dell’industria dell’Olocauso (la lobby ebrea negli USA) hanno decretato come verità ufficiale, bensì anche tutti i popoli che il nazionalsocialismo tedesco considerò come inferiori, tra i quali vale la pena di ricordare il popolo rom (i gitani).

Dopo l’esperienza nazista si pensò ottimisticamente che la pulizia etnica fosse cosa del passato e che non si sarebbe ripresentata come politica di Stato. Al di fuori dell’Europa continuò ad essere praticata in varie parti del mondo e in gran parte con l’appoggio dell’Europa e degli Stati Uniti, dove furono sistematicamente eliminati diversi gruppi etnici – come accaduto in America Latina con le comunità indigene, in Brasile, Colombia, Ecuador – o si misero in atto tentativi poi falliti di sterminare gruppi umani e di cacciarli dalle proprie terre ancestrali, come avvenne invece con i palestinesi in Israele o con i curdi in Turchia.

Nonostante il ritorno della pulizia etnica in Europa tra la fine degli anni ‘80 e il principio degli anni ‘90, in particolare nei Balcani, si volle far credere, con l’inganno, che la situazione fosse stata superata con i bombardamenti della NATO e l’ingerenza dell’Unione Europea, del Vaticano e degli USA che incoraggiarono la creazione di stati etnicamente puri, come si accertò per il caso dei nuovi paesi riconosciuti dopo il 1991 e, tra questi, l’entità fantasma che si chiama Kosovo. Così gli europei si convinsero che la pulizia etnica non facesse più parte della loro mentalità colonialista e imperialista dal momento che la loro civilizzazione era stata completa, mentre ciò che fecero fu legittimare e dare consenso a nuove forme di pulizia etnica come quella dei criminali che governano il Kosovo e che trafficano organi umani dei loro nemici etnici.

Adesso che la guerra è tornata in Europa, si rivendica ancora ed apertamente la pulizia etnica nei confronti dei russi, come fecero gli europei per molti secoli e come tentò di mettere in pratica il nazismo. Questa pulizia etnica, oggi imperante in Europa, si manifesta come russofobia e adotta i meccanismi criminali ostentati impunemente in Ucraina da parte delle classi dominanti di quel paese, reiterati da parti considerevoli della loro popolazione oltre che essere emulati da gran parte degli europei. Non stupisce che, nella televisione ucraina, annunciatori, medici e scienziati esaltino la dottrina della soluzione finale nazista per applicarla ai russi, e chiedano che vengano uccisi i bimbi e castrati i soldati russi per il fatto di essere “scarafaggi e non umani”, che venga cancellato tutto ciò che abbia a che vedere con la cultura russa senza badare al suo valore per l’umanità.

Ma quello che sta succedendo in Ucraina con il beneplacito dell’Europa riguardo alla rivendicazione della pulizia etnica - ciò che peraltro viene messo in pratica dal 2014 nei territori delle popolazioni di madrelingua russa in Ucraina - non si limita ad esaltare i procedimenti tradizionali di questa “purificazione etnica”, come la richiesta esplicita di uccidere i russi per il solo fatto di esserlo, il divieto di usare l’idioma russo, la distruzione di statue della Seconda Guerra Mondiale che ricordano la lotta contro il nazismo e il sacrificio di milioni di russi, il divieto della lettura di autori classici della letteratura universale come Fedor Dostoevskij, Alexander Pushkin e di grandi compositori di musica classica come Tchaikovsky, il divieto di balli tradizionali russi come la balalaika, la denigrazione degli alimenti russi e l’imposizione nei menù dei ristoranti che al posto di “Insalata Russa o Tartara” venga scritto invece “Insalatina Kiev”, o che al quadro del pittore francese Edgar Degas (morto nel 1917) venga cambiato il titolo da “Ballerine russe” nel più politicamente corretto di “Ballerine ucraine”, ed altre mille ridicole cose del genere che farebbero arrossire di vergogna i grandi pensatori e umanisti di tutti i tempi nati in Europa.

Oltre a ciò, ora in Ucraina è stata inventata una nuova forma di pulizia etnica, per quanto sappiamo senza precedenti storici nel mondo. Si tratta di una pulizia etnica di tipo bibliografico, un “bibliocidio” con nuovi ingredienti. Vediamo in cosa consiste.

È stato annunciato senza eufemismi dalla direttrice dell’Istituto Ucraino del Libro Aleksandra Koval che, seguendo le istruzioni del Ministero della Cultura, ha dato ordine di ripulire le biblioteche del suo paese da tutti i libri russi che vi si trovino. La cifra è incredibile: l’ordine è stato di sottrarre dalle biblioteche cento milioni di libri (in cifre, perché non restino dubbi, 100.000.000) e quindi di distruggerli. Questa burocrate-censora che ha più a che fare con la morte piuttosto che con i libri, ha dichiarato che si tratta di ripulire le biblioteche ucraine dal momento che non si può accettare la “propaganda russa”, e quindi  nella sua pochezza mentale, comprende tutto ciò che sia scritto in russo, dal momento che secondo la concezione bellica i libri “sono un’arma tanto per attaccare quanto per difendersi” (L’intervista con Aleksandra Koval si può leggere al link https://bit.ly/3LEnx4r).

Questa burocrate, che sembra che nella sua vita non abbia mai letto un libro, ha sostenuto che si tratta di eliminare, prima della fine dell’anno, la letteratura di propaganda con contenuti antiucraini che comprende tutti i libri stampati in Russia e scritti in russo, inclusi i classici della letteratura universale di tutti i tempi, perché sono “ideologicamente dannosi”. Nulla si salva dalla pulizia bibliografica, dal momento che in essa vengono inclusi anche i libri per l’infanzia, le favole, i racconti e i romanzi polizieschi. La pulizia bibliografica non ha limiti cronologici, include i libri russi e sovietici prodotti in qualsiasi momento, prima e dopo il 1991 quando si dissolse l’Unione Sovietica.

Riguardo al tema di sradicare i classici della letteratura russa, vale la pena citare il suo “sofisticato ragionamento”, perché lei stessa parla proprio della pulizia etnica di tipo bibliografico che è in corso. Inizia indicando che questi classici sono particolarmente dannosi perché i primi a leggerli sono i bambini e si rivela deleterio dir loro che uno scrittore russo, per esempio uno come Alexander Pushkin, sia un autore universale: “Perché un classico è tanto inquietante? Tutti abbiamo letto questi libri, nel mio percorso scolastico vi era una forte presenza dei classici russi, considerati come il culmine della scrittura mondiale. A causa del fatto che conoscevamo i classici in maniera mediocre, molti svilupparono la convinzione che questa fosse la letteratura senza la quale fosse impossibile sviluppare l’intelligenza e le sensazioni estetiche, insomma essere una persona istruita. In realtà non è questo il caso. Per esempio, per studiare la letteratura straniera, ed il russo è solo questo, è necessario un certo equilibrio. Oggi siamo arrivati alla convinzione che tanto la letteratura britannica, francese o tedesca, la letteratura statunitense ed i popoli orientali, abbiano dato al mondo molti più capolavori che la letteratura russa”.

Certo, ma il fatto che tutto il mondo abbia dato vita a capolavori, come quelli generati qui da Nuestra America, non dà il diritto di sconfessare quelle delle altre latitudini (in questo caso quelli della Russia), anche se si è in guerra in quel momento con quel medesimo paese. Dobbiamo quindi escludere i letterati russi, che non sono più annoverati tra i classici perché la Russia è in guerra con gli Stati Uniti e la NATO sul territorio ucraino. Una tale stupidaggine non solo riflette una assoluta ignoranza, ma anche un crimine culturale con conseguenze funeste per il futuro dell’Ucraina, un Paese che non appena termini la guerra dovrà riflettere sulla sua identità. E questa, piaccia o non piaccia, è legata storicamente alla Russia. Che questo fatto venga considerato in maniera critica è un conto, ma che pretendano di negarlo e farlo sparire, non solo dalla storia ma anche dalla vita quotidiana, è una idiozia criminale.

Più avanti, la burocrate dell’Istituto del Libro dell’Ucraina pronuncia una tal mole di sciocchezze che vale la pena di citare nel dettaglio:

- Essendo così amati dai nostri bibliotecari e da alcuni lettori, è necessario dire che Pushkin e Dostoevskij posero le basi del “mondo russo” e del messianismo. Sin dall’infanzia, a causa di queste narrazioni, le persone sono convinte che la missione del popolo russo non sia occuparsi delle proprie vite e del proprio Paese, ma piuttosto “salvare” il mondo contro la sua volontà. In realtà, si tratta di una letteratura molto dannosa che può realmente influenzare i punti di vista delle persone. La mia opinione personale, quindi, è che anche questi libri dovrebbero essere eliminati dalle biblioteche pubbliche e scolastiche. Forse potrebbero essere conservati nelle biblioteche universitarie e scientifiche in modo che gli esperti possano studiare le radici del male ed il totalitarismo. Credo che verranno scritte molte riflessioni scientifiche e verranno fatte molte ricerche su come i classici russi hanno influenzato la mentalità del popolo russo.

Così succede che una burocrate da quattro soldi che si trova a capo dell’Istituto Ucraino del libro scopre che i classici russi sono perversi a differenza di quelli tedeschi, statunitensi o di altre latitudini, e lo sono solo per le loro origini nazionali e che in essi stanno le “radici del male e del totalitarismo”, e per questo si deve proibire che vengano letti dagli abitanti dell’Ucraina. E non importa che la maggior parte della popolazione ucraina parli il russo e neppure che per una grossa parte di quella popolazione questa sia la lingua quotidiana e non conoscano una parola di ucraino.

Seguendo una logica così xenofoba e sciovinista, in nessun posto al mondo si potrebbero leggere libri di autori “stranieri”, poiché in un qualche periodo storico c’è stato un conflitto o un’aggressione da parte di altri paesi o potenze imperialiste. Con questa logica di purezza etnica, in Argentina si dovrebbero proibire i libri in lingua inglese (e, tra questi, Shakespeare) ed eliminarli dalle proprie biblioteche a partire dalla guerra delle Malvine di 40 anni fa; a Cuba bisognerebbe eliminare dalle biblioteche i libri di autori della levatura di Ernest Hemingway o William Faulkner o John Steinbeck a causa del bloqueo e delle aggressioni che l’isola subisce da 60 anni per mano degli Stati Uniti; dall’Africa bisognerebbe sradicare la letteratura classica francese, inglese, portoghese, italiana, spagnola, tedesca… perché queste sono le lingue originarie delle potenze colonialiste e imperialiste; in Ecuador si dovrebbero eliminare i libri degli autori colombiani (come chi scrive queste righe) dopo il brutale attacco a Sucumbios per mano dell’organizzazione criminale degli “Urabeños” (https://g.co/kgs/8sS8Nh) il primo marzo del 2008, e così si potrebbe continuare fino alla nausea.

La pulizia etnica culturale che si porta avanti in Ucraina non ha nulla a che vedere con la guerra attuale con la Russia, ma piuttosto con il progetto di negare le proprie radici, che ha a che fare direttamente con la storia del popolo russo e con la sua vasta cultura, nel mondo delle arti, delle lettere, del teatro, della poesia, del racconto, del saggio, del pensiero politico (tra cui possiamo annoverare Lenin, Trotsky, Bakunin, Kropotkin, Herzen, Chernyshevsky e tanti altri).

Per farsi un’idea di ciò che è in gioco con questo nuovo tipo di pulizia etnica di indole bibliografica, questa censora aggiunge che è stato un grosso problema l’aver ricevuto dei libri in regalo dalla Russia  senza poterne prima esaminare il contenuto, a tal punto che “i bibliotecari erano felici per i nuovi libri, ma nessuno aveva pensato al loro contenuto”.

A proposito della letteratura di natura scientifica, la funzionaria ha precisato che non si tratta di un tema semplice, per cui “se ne parlerà nelle tavole rotonde degli esperti. Se si trattasse di letteratura puramente medica e senza sfumature ideologiche, allora non vedrei alcuna ragione per eliminarla, almeno fino a quando gli autori ucraini o stranieri non abbiano creato un qualche tipo di rimpiazzo”. Si evidenzia che, come sempre, il problema è l'ideologia, ovviamente quella degli altri, dei nemici, perché la censora sembrerebbe non avere ideologia, ponendosi al di sopra sia del bene europeo che del male russo.

L’entità del bibliocidio è tale che dopo l’eliminazione di cento milioni di esemplari di tutto ciò che è scritto in russo, il contenuto delle biblioteche risulterà ridotto alla metà. Vale a dire, verrà eliminato in un colpo solo il cinquanta per cento del contenuto delle biblioteche. E questi cento milioni di libri sono stati dichiarati dal Ministero della Cultura dell’Ucraina come carta da macero, aprendo quindi la strada alla distruzione pura e semplice dei libri, ovvero ad un “bibliocausto”.

I burocrati del libro ucraini pretendono che la cancellazione dei testi russi sia mondiale e si vantano del fatto che il boicottaggio dei libri di quel paese nelle fiere internazionali sia legato alla loro cattiva influenza. Ma vanno oltre: chiedono che nel resto dell’Europa si applichino le misure di pulizia etnica bibliografica e spariscano dalle biblioteche (dal momento che sono già scomparsi dalle librerie) gli scritti dei seguaci incondizionati di Vladimir Putin che rispondono ai nomi di Leon Tolstoi, Anton Cechov, Leonid Andreev, Maximo Gorki… 

La burocrate del libro aggiunge che, nonostante non possa purtroppo influenzare queste misure allo stesso modo di come invece succede in Ucraina, afferma che esiste “un pubblico che può mettersi in contatto con tutte le biblioteche locali ed esigere che si rimuovano certi libri. Sfortunatamente, è molto difficile per noi da qui, dall’Ucraina, stabilire quali libri russi vi siano in ogni biblioteca di ogni piccola città europea”. Per questo chiede ai migranti ucraini che dovunque si trovino si trasformino in censori e inquisitori dei libri russi in modo che questi spariscano dalle biblioteche e librerie delle città europee, perché “riguardo alle biblioteche straniere, credo che solo l’esistenza della diaspora ucraina ed i nostri movimenti sociali possano portare alla diminuzione dei libri russi ed all’aumento di quelli ucraini”.

Il criterio principale nella caccia ai libri è che abbiano un contenuto antiucraino, qualcosa di tanto fumoso che può comprendere qualsiasi cosa, a cominciare dall’idioma russo con cui sono scritti e proseguendo con gli autori, compresi quelli nati in Ucraina e che osano criticare i nazisti del loro paese o promuovano l’obiettivo della pace o un accordo con la Russia in modo che il loro paese non diventi una base NATO.

I lettori di questa nota potranno pensare che non ci sia nulla di nuovo in questo bibliocidio, se ricordiamo i momenti tragici in cui sono stati distrutti dei libri, come nella Germania nazista o nell’ultima dittatura argentina, o in cui sono state distrutte le biblioteche in Irak e saccheggiato il loro patrimonio bibliografico, che costituiva un patrimonio culturale dell’umanità, dopo l’invasione degli Stati Uniti nel 2003. O si ricorderà la distruzione delle scuole e delle biblioteche palestinesi da parte delle forze genocide dello stato sionista di Israele. Però, che io sappia, in nessuno di questi casi, nonostante si sia arrivati al bibliocausto - rogo di libri - venne praticata la politica sistematica e pianificata di rintracciare in ogni biblioteca, ricercandoli fino all’angolo più nascosto per eliminarli, tutti i libri che si consideravano pericolosi, nocivi e nemici di un determinato progetto nazionale. Questo è ciò che si sta facendo impunemente in Ucraina ed in maniera generalizzata, con l’appoggio di quel circolo di delinquenti che si fanno chiamare Comunità Internazionale e Unione Europea.

Che sia in atto una guerra tra Russia e Ucraina e che si stia portando al parossismo l’odio nazionale e la xenofobia, dovrebbe indurre a riflettere sull’importanza della cultura e, in particolare, dei libri. Perché se c’è qualcosa che contribuisce a fomentare ancora di più l’odio, questa è l’ignoranza, la distruzione dei libri ed il nascondere agli abitanti di un paese, in questo caso dell’Ucraina, le molteplici influenze culturali che vi sono state nel corso della storia e il modo in cui le nuove generazioni dovrebbero ripensare la propria identità, senza disprezzare ma neppure ignorare una cultura, specie quella straordinaria cultura russa, che è qualcosa di completamente differente da un determinato regime politico.

Stando così le cose, al compimento del piano della burocrate citata in queste pagine arriveremo alla situazione che la ricchezza bibliografica delle scuole e delle biblioteche ucraine sarà cosa del passato e “la restaurazione dell’Ucraina includerà tanto la riforma del sistema delle biblioteche come la rifusione dei fondi alle biblioteche dopo la confisca dei libri di letteratura russa”. Questo è un passo certo verso l’ignoranza, l’odio e la sete di vendetta che riempirà l’Ucraina e l’Europa di battaglioni di nazisti la cui massima è “la morte dell’intelligenza”. Questa azione persecutoria verso i libri acquisisce un significato speciale – per così dire un valore aggiunto – se si tiene conto che viviamo in un mondo in cui si legge sempre meno a causa della dittatura digitale, e che in questo senso quasi ogni libro (indipendentemente dal suo contenuto) deve essere inoffensivo per una larga platea di persone nella misura in cui il circolo dei lettori si va via via riducendo. In queste condizioni, viene alla luce il vero significato del ripulire le biblioteche ucraine dalla letteratura russa: si tratta di un progetto di pulizia etnica e di cancellazione totale di una cultura multiforme e complessa.

Così vediamo che nelle biblioteche in Ucraina spariranno autori tanto perversi e malevoli come Tolstoj, Dostoevskij e Pushkin, e al loro posto gli scaffali si riempiranno di libri privi di ideologia, di classici dell’ottusità universale come quelli che regalano gli Stati Uniti (…) e che si pubblicano nei circoli universitari e nei laboratori del pensiero reazionario degli USA.

In merito alla letteratura e alle arti, vedremo come gli artisti ucraini potranno andare oltre al teatro di Cechov, alle novelle di Pushkin, alle riflessioni di Leon Tolstoi, alla critica letteraria di Vladimir Propp o alle analisi testuali di Michail Bachtin. Una delle illusioni più tremende è supporre che si possa prescindere da questi autori senza perdere una parte della propria umanità, tutto in nome della pulizia etnica bibliografica in corso in Ucraina.

Paradossalmente – e questo i censori non lo hanno previsto – la letteratura russa acquista un nuovo significato e una nuova importanza per il fatto di essere stata proibita, e ciò porterà, nel futuro, molti ucraini ad interrogarsi sulle ragioni che hanno condotto al divieto, tanto che questa letteratura continuerà ad essere letta clandestinamente nella "democratica" Ucraina. Semplicemente, una cultura non può essere soppressa per mezzo della censura e delle proibizioni, per quanto si cerchi di giustificarsi nel nome di un'assurda russofobia e della pulizia etnica, anche se si avvale del supporto della “Grande e Civilizzata Europa”, con i suoi nuovi tribunali di inquisizione e persecuzione nei confronti degli autori dei libri. Questa misura possiede un tono cupo d’altri tempi, in un periodo in cui la comunità dei lettori di libri si è ridotta in maniera drastica e in cui predomina la pseudo lettura digitale, che non è una lettura in senso stretto come hanno ben dimostrato gli psicologi cognitivi.

 

Limpieza étnica en las bibliotecas de Ucrania – Rebelion
Traduzione a cura di Patrizia B., Patria Grande, CIVG

 

 


 

 

REBELION /  ANALISI / VERTICE DELLE AMERICHE E DELLA NATO

Due summit e una stessa tradizione imperiale

di Gustavo Espinoza M., 13 giugno 2022   

 

In questo suggestivo mese di giugno, il mondo avrà la possibilità di conoscere due eventi, quasi in parallelo, partoriti dallo stesso marchio. 

 

Si tratta del IX Summit dei Capi di Stato delle Americhe conclusosi senza infamia e senza lode venerdì scorso (1), e quello della NATO, che avrà luogo il 29 e 30 giugno a Madrid, orientato a "coordinare azioni" per salvare Zelensky ed affrontare la guerra in Ucraina. 

Senza dubbio entrambe gli eventi rientrano nell’ottica di servire al Governo degli Stati Uniti per alimentare la tradizione imperiale e ostentarla ancor più agli occhi del mondo. In America, rievocando le illusioni di James Monroe, e in Europa fomentando il risorgere del Nazismo come mezzo per recuperare - con una strategia bellicista - l'iniziativa globale. 

Compromesso fin dall’inizio per l'assenza di una triade che toglie il sonno alla Casa Bianca (2), l’incontro in California registrò assenze notevoli. Otto presidenti dell'America ispanofona lasciarono vuoto un posto non occupabile da alcun altro. 

Come già in altri casi, il silenzio che accompagnò il loro gesto risultò più eloquente di tutti i discorsi pronunciati durante un evento in cui, le sole a brillare, furono le luci dello scenario. Per il resto, Almagro la pagò cara, perché gli rinfacciarono una ad una le sue malefatte. 

A Madrid s’incrineranno anche le sfaccettature di un'alleanza militare che le rende tutte perdenti, e che s’impegna a prolungare una guerra usando l’Ucraina come carne da cannone per la sua strategia di dominio mondiale. 

Narrando la storia del IX Summit delle Americhe, si dovrà ammettere che l'assenza dei Capi di Stato di Cuba, Venezuela, Nicaragua, Messico, Bolivia, Honduras, El Salvador e perfino dell'Uruguay - assente per altre ragioni - ha avuto più risonanza della dozzinale vertigine parlante di coloro che vi presenziarono; alcuni per adattarsi placidamente all'ombra dell'anfitrione, altri per esprimere il loro disaccordo con una "linea di lavoro" egemonista, escludente e settaria, profondamente colpita da ciò che costituisce indiscutibilmente un rifiuto verso le sue vecchie pratiche imperiali. 

Pedro Castillo sbagliò appuntamento. Dovette concludere il suo timido discorso con una precisa frase di Bolivar: “Per noi, la Patria è l'America… la nostra bandiera, l'Indipendenza e la Libertà!" 

Nemmeno a Madrid le cose fileranno come vorrebbero i capetti di quel putiferio guerrafondaio. Gli strateghi della sconfitta nel Donbass dovranno incolparsi a vicenda per il fallimento dei loro piani bellicisti.   

Grandi temi imperniano l’uno e l’altro evento. A Los Angeles, da più parti si espresse il dissenso contro l'esclusione di Paesi della regione per motivi di ordine politico o ideologico. Nessuno ha diritto a discriminare, si affermò, men che meno ad imporre assenze forzate. La "legge del più forte" è incompatibile con la tanto decantata democrazia, ma soprattutto, con la realtà che il nostro tempo impone. 

Perché questo non è più il tempo passato, in cui la voce di Washington era norma e legge per tutti. E nemmeno l’epoca in cui il servilismo e l'ossequio costituivano il comune denominatore tra governi paria e presidenti sottomessi. 

Per quanto riguarda Cuba, si parlò con lampante chiarezza del blocco genocida vigente ormai da oltre 60 anni, sottolineando inoltre il progresso raggiunto dalla maggiore delle Antille nel campo della salute e della medicina, che ha superato ampiamente perfino gli stessi Stati Uniti del Nordamerica, non solo sul piano della Medicina scientifica, ma anche nel ruolo sociale compiuto dalle Brigate mediche cubane ai diversi confini del pianeta. 

Né il Venezuela, né il Nicaragua rimasero esclusi dall'interesse e dalla preoccupazione degli ospiti della California. Nessuno, che si rispetti minimamente, si dimostrò concorde con la discriminazione di cui sono state oggetto le patrie di Bolivar e Sandino. 

In quanto alla prima, fu chiaro che neanche il Presidente degli Stati Uniti riconosce più Juan Guaidó.  E oggi, quell'oscuro personaggio interessato al proprio guadagno, non ha la capacità di vendere agli USA neppure un barile di petrolio. 

Neanche all’evento che si celebrerà nella Penisola Iberica mancheranno le discrepanze. Il fallimento delle "sanzioni" contro la Russia sarà motivo di assai grave preoccupazione; la perdita di materiale da guerra consegnato dagli Stati Uniti ed altre potenze capitaliste all’Ucraina, creerà un clima d’insicurezza assoluta: ma per i mercanti d’armi, la questione apparirà come un brillante affare. 

Ciò nonostante, gli uni e gli altri ascolteranno, contro le pretese di Kiev, le parole dell’ex-cancelliera tedesca Angela Merkel, costituenti quel minimo di realismo tanto carente attualmente ai leader occidentali. Svezia, Finlandia ed Ucraina resteranno in lista d’attesa, poiché le porte del consorzio militare non gli verranno aperte.  

Oggi né l’America né il Mondo vogliono alimentare odi, mantenere blocchi, né incoraggiare conflitti. L'ora dei popoli marcia per un percorso diverso. È il momento di parlare di pace e, pertanto, qui occorre disinnescare la politica genocida in America e porre fine alla strategia bellicista in Ucraina. 

L’una e l’altra sono fallite nei fatti e hanno inflitto danni immensi all'umanità del nostro tempo. 

Il fatto è che hanno solamente richiesto sangue e morte ai vari confini del pianeta.

 

Fonte: Dos cumbres y una misma tradición imperial – Rebelion

https://rebelion.org/dos-cumbres-y-una-misma-tradicion-imperial/

 

Traduzione a cura di Adelina B., Patria Grande, CIVG

 

Note:

(1)   a Los Angeles

  (2) Cuba, Nicaragua, Venezuela, escluse dagli inviti

 

 


 

 

 

GRANMA (CUBA) / ESTERI / VERTICE DELLE AMERICHE E RIUNIONE DELLA CELAC

Riunione della Celac parallela al Vertice delle Americhe

 

Nello spirito di mantenere l’unità, l’Argentina organizza una riunione della Comunità degli Stati Latinoamericani e Caraibici (Celac), in parallelo al IX Vertice delle Americhe.

L’agenzia Prensa Latina ha informato che l’Argentina, presidente pro tempore dell’organismo, chiede che  all’incontro partecipino rappresentanti di Cuba, Venezuela e Nicaragua, nazioni escluse da Washington dall’incontro che si svolgerà dal 6 al 10 giugno a Los Ángeles, in California.

«La riunione si svilupperà in parallelo e senza contrapporre gli orari» precisa il dispaccio, che riferisce anche ciò che altre fonti hanno rivelato a Telam, informando che i contatti diplomatici sul tema sono progrediti durante un recente incontro tra il ministro argentino delle Relazioni Estere, Santiago Cafiero, e il suo pari messicano, Marcelo Ebrard.

Tra le alternative valutate ci sono l’uso delle piattaforme digitali e la presenza nell’evento di inviati di queste nazioni ai dibattiti sulla salute del Vertice delle Americhe, dove si spera possano partecipare delegazioni di tutto il continente.

Il presidente argentino, Alberto Fernández, ha sollecitato la fine dei blocchi imposti dagli Stati Uniti a Cuba e al Venezuela e ha ripetuto il suo richiamo alla realizzazione di incontri senza esclusioni.

Il mandatario ha ricevuto nella Casa Rosada l’assessore del governo statunitense, Christopher Dodd, per esprimergli il suo disaccordo con le intenzioni di Washington d’impedire la partecipazione di questi Paesi all’incontro di giugno.

Il presidente del Nicaragua, Daniel Ortega, a proposito del ruolo della Celac, intervenendo nel XXI Vertice dei Capi di stato e di Governo dell’ALBA-TCP, con sede nella capitale cubana, ha affermato che questo meccanismo costituisce il contraltare del Vertice delle Americhe: «Il Vertice delle Americhe ha smesso di essere l’arma utile per la dottrina Monroe. La Celac ha seppellito questa dottrina e l’America Latina e i Caraibi non sono più per gli Stati Uniti, ma per i latino americani e i caraibici», ha sottolineato.

Redazione Granma e GM per Granma Internacional, 27 maggio 2022

 

 


 

 

GRANMA (CUBA) / ANALISI / PRESERVAZIONE DELL’AMBIENTE

Il prezzo  della morte

di Frei Betto, 22 maggio 2022

 

 

Nella COP 26 svoltasi nel 2021, i paesi sviluppati si impegnarono a destinare 100 miliardi di dollari al Fondo d’Adeguamento per aiutare i paesi in via di sviluppo a prepararsi al cambio climatico. Alla fine di aprile del 2022, l’Istituto Internazionale degli Studi per la Pace di Stoccolma ha diffuso la sua relazione annuale dove si dice che nel 2021 le spese militari mondiali hanno superato i due miliardi di dollari, una cifra mai raggiunta prima.

I Paesi che investono di più in armi sono gli Stati Uniti, l’India, il Regno Unito e la Russia, che rappresentano il 62% del totale, e gli Stati Uniti sono responsabili da soli del 40% delle spese in armi. Basta dire che il sistema di armi Lockheed Martin F-35, progettato dagli Stati Uniri per fabbricare aerei caccia supersonici multifunzione, ha un bilancio di quasi due miliardi di dollari, il più elevato nella storia dell’industria bellica.

Il fatto è ovvio: per ammazzare le persone e distruggere l’ambiente con prove nucleari e lo sfruttamento di minerali per l’industria della guerra le risorse non mancano, però si destinano pochi spiccioli per evitare lo sconvolgimento ambientale.

In aprile, un articolo pubblicato nel The Lancet Planetary Health segnalava che tra il 1970 e il 2017 (47 anni) «le nazioni con forti introiti sono state responsabili del 74% della generazione globale di materiale eccedente, soprattutto gli Stati Uniti (27%) e 28 Paesi con alti introiti dell’Unione Europea (25%)», mentre i Paesi del sud del pianeta sono responsabili solo del 8%. Il materiale eccedente è tutto quello che le imprese e il commercio considerano scarto e che quindi si può gettare via, come le tonnellate di plastica che inquinano gli oceani e avvelenano i pesci.

Nei Paesi molto ricchi c’è molto materiale eccedente per via dell’uso frequente di risorse abiotiche, e questo è tutto quello che rende impossibile la presenza di vita vegetale o animale. Le principali risorse abiotiche sono i combustibili fossili, i metalli e i minerali non metallici, utilizzati in grande scala in questi Paesi.

La minor generazione di materiale eccedente nei Paesi più poveri si deve al maggior utilizzo di risorse biotiche (biomassa), che sono rinnovabili a differenza delle risorse abiotiche. Questo dimostra che Paesi ricchi dell’Atlantico del Nord sono colpevoli della distruzione del pianeta. Gli autori dell’articolo segnalano che le nazioni con alti introiti hanno una schiacciante responsabilità del collasso ecologico globale e quindi hanno contratto un debito ecologico con il resto del mondo.

Questi stessi Paesi sono quelli che investono maggiormente nella fabbricazione e nel commercio delle armi: «Il Pentagono e le forze armate degli Stati Uniti sono i maggiori consumatori individuali di petrolio», dice uno studio della Brown University, «e come conseguenza, sono uno dei maggiori emissori di gas con effetto serra del mondo».

Per far sì che gli Stati Uniti e i loro alleati firmassero il Protocollo di Kyoto nel 1977, gli Stati membri dell’ONU dovettero permettere che le emissioni di gas con effetto serra dei militari fossero escluse dal rapporto nazionale sulle emissioni. I dati seguenti pongono in evidenza l’indifferenza dei Paesi ricchi rispetto a ciò che è il rispetto della conservazione ambientale e il futuro del nostro pianeta: nel 2019 l’ONU ha calcolato che la soglia annuale di finanziamento per realizzare gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (ODS) era di 2,5 miliardi di dollari. Destinare agli ODS i miliardi bilioni di dollari che si dedicano annualmente alle spese militari permetterebbe di attenuare molto i principali fattori antitetici al mantenimento della dignità umana: la fame, l’analfabetismo, la mancanza di casa, l’assistenza medica, eccetera.

Nel  2021 il mondo ha speso più di due miliardi di dollari nella guerra e ha investito solamente 750 milioni in energia pulita e in efficienza energetica. L’investimento totale in infrastrutture energetiche nel 2021 è stato di 1,9 miliardi di dollari, ma la maggior parte di questo investimento è stato in combustibili fossili  (petrolio, gas naturale e carbone).

Continuano gli investimenti in  combustibili fossili e aumentano gli investimenti in armi mentre quelli destinati alla transizione verso nuove forme d’energia pulita continuano a essere insufficienti.

I dati dimostrano che la lotta per la conservazione ambientale è legata alla lotta per la conquista della pace e alla riduzione non solo dell’arsenale bellico mondiale, ma anche ai fattori che provocano morti precoci di milioni di persone che non possono godere di condizioni di vita degna.

 

Frei Betto e GM per Granma Internacional

 


 

 

 

GRANMA (CUBA) / ESTERI / VIOLENZA NELLE STRADE USA

Negli Stati Uniti duecentrotrenta sparatorie dal 1° gennaio 2022

 

 

Il numero delle sparatorie nelle strade degli Stati Uniti continua a crescere e solo dall’inizio di quest’anno si registrano già 230 fatti di questo tipo. Lo ha denunciato l’organizzazione Gun Violence Archive. Gli incidenti da arma da fuoco nei quali sono state coinvolte, ferite o uccise più di quattro persone si verificano nella misura di uno al giorno come media in questa prima metà del 2022, e non sono mai stati meno di quattro alla settimana, riporta Prensa Latina.

Dopo il massacro dello scorso 24 maggio in Texas in cui hanno perso la vita 19 bambini e due maestre, un uomo armato ha ucciso quattro persone in un ambulatorio medico.

La frequenza con cui avvengono nel Paese tragedie di questo tipo ha posto l’utilizzo di armi da fuoco fa riportato questo tema alla ribalta del dibattito sociale e politico.

Ecco i numeri esatti fino al 1° giugno (dati Gun Violence Archive):

• 8031 morti per armi da fuoco;

• 15119 ferite per armi da fuoco;

• 231 sparatorie sulla folla;

• 466 bambini fucilati;

• 1924 adolescenti uccisi da proiettili;

• 469 incidenti per l’uso di armi difensive;

• 609 sparatorie non  intenzionali.

Giovedì 2 giugno, il presidente Joe Biden ha pronunciato un discorso sulla necessità di maggiori regole per i fucili d’assalto che richiederanno i provvedimenti del Congresso, ha annunciato la portavoce della Casa Bianca Karine Jean-Pierre.

Le forze politiche però non si mettono d’accordo sulle pratiche di limitazione dell’accesso alle armi per questioni di carattere soprattutto economico. Le sparatorie di massa sono aumentate negli Stati Uniti negli ultimi anni e, nel 2021, ci sono stati 700 casi di questo tipo. Nel 2020 furono 417, mentre negli anni precedenti non avevano mai superavano i 400, riporta sempre Gun Violence Archive.

Redazione Granma e GM per Granma Internacional, 3 giugno 2022

 


 

 

GRANMA (CUBA) / INTERNI / PROVVEDIMENTI PER L’ECONOMIA

L’industria cubana presenta nuove opportunità per l’investimento straniero


Il Ministero per l’Industria (Mindus) e l’Impresa Nazionale del Mobile hanno presentato un ventaglio d’opportunità per l’industria cubana cosi come per la strategia economico sociale rappresentata dall’investimento straniero per il consolidamento dell’economia del paese.

Ana Iris Cabrera Salomón, vice direttrice della Direzione Generale della Gestione Industriale del Mindus, ha spiegato che  la Politica del settore si focalizza sulla promozione di progetti atti alla  trasformazione, modernizzazione e creazione di nuove capacità industriali, sempre con un occhio di riguardo ai prodotti di maggior impatto nei settori strategici e combinando l’innovazione con la sostituzione delle importazioni e l’orientamento all’esportazione.

Ha informato che attualmente sono stati identificati 22 campi di interesse per lo sviluppo degli affari con l’investimento straniero,cinque dei quali sono localizzati nella Zona Speciale di Sviluppo Mariel. Le proposte sono distribuite in cinque settori industriali: Chímica, Industria Leggera, Siderurgica Meccanica, Elettronica e del Recupero e Riciclaggio.
La dirigente ha segnalato che il Mindus segue 26 progetti con capitale straniero nei quali Italia e Spagna sono i paesi di maggior peso: «Tutti i progetti marciano con stabilità nonostante la grave crisi economica a livello mondiale; gli investimenti stranieri stanno avanzando». Poi ha aggiunto che l’obiettivo è facilitare l’accesso alla tecnologia avanzata, differenziare e ampliare i mercati

dell’esportazione e promuovere l’accesso al finanziamento esterno creando nuove occasioni di lavoro nel Paese.
Cabrera Salomón ha detto che oltre a promuovere un legame produttivo e un’ottimizzazione dei progetti, i progetti rivestono un interesse prioritario anche per lo sviluppo industriale, lo scambio tra centri di ricerca e sviluppo, la consulenza tecnica specializzata e le nuove piattaforme per l’investimento e il commercio.

Nel colloquio svoltosi nella sede dell’Impresa Nazionale del Mobile, è stato spiegato il significato per questo settore delle applicazioni delle misure della strategia economico sociale, specialmente per l’industria del mobile verso il settore del turismo.

di Maby Martínez Rodríguez e GM per Granma Internacional,

 

 

 



 

GRANMA (CUBA) / ESTERI / IL BLOCCO AL IX VERTICE DELLE AMERICHE

La condanna del blocco è rimbombata anche a Los Angeles

 


Dettaglio di L’unione dell’America Latina, affresco di Roberto Montenegro.

Photo: Ilustrativa 

 

La città di Los Angeles è stata scenario, giovedì 9 giugno, delle due facce dell’America Latina: da un lato il  Vertice dei Popoli con la pluralità come massima, e dall’altra il Vertice delle Americhe, basato sull’esclusione. Nelle due riunioni così diverse, c’è però stata una cosa in comune: l’appoggio all’Isola grande delle Antille.

Il membro del Burò Politico del Comitato Centrale del Partito Comunista e ministro delle Relazioni Estere di Cuba Bruno Rodríguez Parrilla, ha scritto su Twitter che «nel vertice dei popoli rimbomba la condanna al criminale e genocida blocco imposto dagli  Stati Uniti contro Cuba. Lasciate vivere Cuba è la richiesta di moltissime voci al Governo statunitense, che da  63 anni tenta di strangolare la nostra economia e di asfissiare il popolo cubano».

Nei dibattiti di questo Vertice, la voce di Cuba è stata presente negli interventi virtuali dell’agricoltore Fernando R. Funes Monzote; del cantautore Israel Rojas; di Gretel Marante, della segreteria della Federazione delle Donne Cubanee; del lavoratore non statale Daniel Abner Rodríguez.

L’altra faccia della medaglia è il IX Vertice delle Americhe che il cancelliere cubano ha definito «antidemocratico ed escludente, che rappresenta un nuovo rovescio per il  governo degli USA, accecato dalla sua superbia e dal disprezzo per la regione. Mentre insiste nell’applicare la sua Dottriva Monroe e il disegno egemonico su Nuestra America, sarà condannato al discredito e all’isolamento», ha scritto in Twitter.

Giovedì 9 sono iniziate le sessioni e il tema Cuba è stato al centro di diversi interventi, Il presidente dell’Argentina Alberto Fernández, nella sua qualità di presidente pro tempore della Comunità degli Stati Latinoamericani e Caraibici (Celac), ha lamentato che non c’erano tutti quelli che dovevano essere lì; ha invocato un’America Latina unita, senza esclusioni, e ha protestato per l’assenza di Cuba, Venezuela e Nicaragua. Poi ha denunciato che Cuba sopporta un blocco da decenni, imposto negli anni della guerra fredda, e che il Venezuela ne tollera un altro, mentre una pandemia che colpisce l’umanità trascina con sè milioni di vite. Con misure di questo tipo si cerca di condizionare i governi, ma nei fatti si danneggiano solo i popoli.

Il primo ministro del Belice, John Briceño, ha assicurato che Cuba è stata una fonte di solidarietà, soprattutto medica, per i paesi delle Americhe e che il Venezuela ha fatto molto per la sicurezza energetica dei Caraibi. Inoltre ha sottolineato che «è imperdonabile che tutti i paesi dell’America non siano qui e che il potere del Vertice si veda diminuito per la loro assenza». È incomprensibile isolare  paesi dell’America che hanno offerto un forte sostegno e apportato all’emisfero in temi critici del nostro tempo.

 

di Milagros Pichardo e GM per Granma Internacional, 10 giugno 2022