Il lato “oscuro” della luce.
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- Scritto da Monica Trevisani
Approfondimento sul tema dell’inquinamento luminoso e dello spropositato utilizzo affaristico dello spazio da parte delle società private. Un utile contributo divulgativo, anche per il ricco elenco di fonti citate, in merito agli effetti sulla salute, in particolare di chi lavora nei turni di notte. Come dell’insorgenza di cancro, e per le donne di tumori al seno.
Il deterioramento della visibilità del cielo non è un capriccio da astrofili: il danno va ben al di là del tema scientifico e culturale, che comunque ha una grande rilevanza.
Parliamo di biodiversità compromessa, comportamenti alterati nel mondo animale e vegetale, drastica diminuzione di insetti impollinatori e, non ultimo, impatto sulla fisiologia umana!
A livello faunistico, basti semplicemente pensare che di notte alcune specie animali vanno a caccia, as es. pipistrelli e anfibi, ma essendo disturbati dalla luce sono a rischio per la propria sopravvivenza. L’illuminazione confonde anche gli uccelli migratori, ma in compenso attrae insetti come le cavallette (nel 2019 Las Vegas fu invasa da milioni di questi insetti), spostandoli dal loro habitat naturale.
La frequenza elettromagnetica che genera luce “blu e fredda” (lampade a LED, lampadine fluorescenti compatte, ma anche schermi di computer e di televisori) colpisce la produzione di melatonina, che, come molti sanno, è un ormone prodotto dalla ghiandola pineale solo di notte e che regola il ciclo sonno-veglia (circadiano).
La melatonina è un potente inibitore della crescita di tumori, è antiossidante, aiuta il corretto funzionamento della tiroide, del pancreas e del sistema immunitario. L’alterata produzione di questo ormone incide sull’obesità e lo stress.
In uno studio dell’Università di Harvard, effettuato su 110mila donne tra il 1989 e il 2013, è stata correlata l’illuminazione notturna ad una maggiore probabilità di contrarre il tumore al seno (14% in più rispetto a donne che vivevano in zone meno illuminate) e l’Università del Connecticut rilevava nel 2016 che, su 164 Paesi esaminati, l’incidenza di tumore al seno nelle donne che lavoravano di notte era tra il 30 e il 60% più alto a seconda dell’incidenza alla esposizione alla luce.
I lavoratori che fanno i turni di notte, gli infermieri, gli addetti alle compagnie aeree, hanno quindi una probabilità maggiore di ammalarsi!
“La Repubblica”, in un articolo del settembre 2016, già segnalava uno studio dell’Università Cégep di Sherbrooke in Canada in cui uno dei massimi esperti del settore (Martin Aubè) indicava un possibile incremento del 30% di insorgenza di cancro a causa dell’inquinamento luminoso.
La progressiva sostituzione nelle nostre strade delle lampade al sodio (gialle) con led “freddi” sta peggiorando la situazione ambientale e poiché sfortunatamente non tutti i satelliti per il monitoraggio sono progettati per essere sensibili a tali frequenze, queste non vengono nemmenorilevate (es Suomi NPP della NOAA – National Oceanic and Atmospheric Administration).
I dati elaborati dagli specialisti, affinchè risultino attendibili, devono quindi tenere conto delle osservazioni satellitari ma anche di modelli dedicati: ad es. le superfici dei grandi laghi italiani dal satellite sembrano buie, ma il cielo anche in quelle zone è fortemente inquinato dalle illuminazioni fino a 200 Km dalla riva!
Mappa dell’inquinamento luminoso in Europa Les dossiers AVEX
World Atlas of Artificial Night Sky Brightness (https://www.science.org/doi/epdf/10.1126/sciadv.1600377) segnalava nel 2016 che l’80% della popolazione mondiale non aveva accesso a un vero cielo notturno, indicando che in Europa tale quota era già tristemente salita al 99%.
Uno studio internazionale, guidato dall’Istituto globale di Barcellona (ISGlobal), come citava l’agenzia www.adnkronos.com il 27/4/2018, e ribadito anche nella pubblicazione di “Environmental Health Perspectives” del 11/8/2021 (https://ehp.niehs.nih.gov/doi/full/10.1289/EHP9381), ha rilevato un rischio più alto nel contrarre tumore a seno e prostata per coloro che maggiormente sono esposti alla luce notturna “blu”.
In Italia il fenomeno è particolarmente grave: ogni italiano in media “emette” il triplo della luce di un tedesco! Le città col bollino nero sono naturalmente le grandi metropoli, ma occorre spostarsi fino nelle piccole isole se si vuole avere un cielo poco più che accettabile (Eolie, Tremiti).
Nel 2016, all’interno dei paesi aderenti al gruppo del G20, l’Italia era la nazione più inquinata in assoluto con la Corea
del Sud (Science Advances https://www.science.org/doi/10.1126/sciadv.1600377)!!
Esiste uno studio dell’Università di Padova (https://www.unipd.it/sites/unipd.it/files/20160920_0.pdf), risalente al 2016, che denuncia come in Italia si illumini senza criterio e con grande spreco di energia. Tale analisi ricorda, tra l’altro, che l’arco della Via Lattea, non più visibile nella maggior parte del territorio, sia stato dichiarato dall’UNESCO patrimonio culturale dell’umanità, senza godere però di alcuna tutela!
Non esistendo precise regole nazionali (www.tuttoambiente.it), esistono leggi più o meno efficaci approvate a livello regionale nel nostro Paese, ma queste sono limitate, evidentemente scarsamente applicate e/o tecnicamente imprecise (www.lightpollution.it; www.cielobuio.org).
Ne consegue che i provvedimenti legislativi non siano applicabili in tutto il territorio nazionale, quando dovrebbero invece essere imposti agli impianti sia pubblici che privati, nelle grandi aree come nell’illuminazione stradale.
Per dare qualche criterio: l’orientamento delle luci dovrebbe essere direzionato verso il basso, la luce dovrebbe essere meno intensa e del colore giusto, vietando i fasci luminosi, ed evitando le frequenze a lunghezza d’onda corta, tendenti al blu o a viola.
Banalmente, se almeno le luci dei nostri cortili si accendessero alla percezione di movimento, consentirebbero ai condomini di ridurre i costi della bolletta e migliorare la qualità del cielo cittadino, senza compromettere nulla in termini di sicurezza.
Servono leggi che impongano il controllo della quantità-qualità delle sorgenti luminose e trattino la luce al pari di altri fattori inquinanti: occorre illuminare meno e meglio!
Ed ecco una nuova fonte di inquinamento, forse più “esotica” ma non meno seria, che porta a considerazioni anche di natura politica.
L’accesso allo Spazio delle società private, in pressochè totale assenza di regolamentazione internazionale, consente di lanciare in orbita migliaia di satelliti artificiali (le cosiddette “costellazioni”) finalizzati prevalentemente (almeno ufficialmente) all’accesso al web di zone che oggi hanno difficoltà a utilizzare Internet (facendo pagare ovviamente costi non esattamente “popolari” per la connessione: nel caso di “Starlink” si tratta di 499 dollari per il kit + costi di spedizione e 99 di canone mensile – https://pagare.online/blog/prezzo-starlink-elon-musk/ )
I vari Musk, Bezos, ma anche stati sovrani (USA, Cina in primis) contribuiscono sia al deterioramento della qualità del cielo (che a maggio 2021 era già peggiorata del 10% a causa della luce riflessa ad es. dai pannelli solari, che raggiungono i 9 metri di ampiezza per quanto concerne i satelliti Starklink di Musk) sia alla pericolosità dei voli aerei e orbitali, a causa della immensa quantità di detriti spaziali che circondano la Terra (si calcola che l’obsolescenza dei satelliti Starlink sia di 5 anni!).
Immagini dell’Inquinamento luminoso in Italia (cielobuio.org)
Il rischio di collisione dei satelliti operativi con rifiuti orbitanti della dimensione di soli 10 cm era giudicata molto pericolosa già nel 2005 dall’ESA (European Space Agency): la stessa ISS (la stazione spaziale internazionale) ha dovuto scansare dei detriti più volte (https://www.agi.it/scienza/news/2020-09-23/manovra-iss-evita-collisione-detriti-9739815/),
Space X (i.e. Musk) aveva lanciato a maggio 2021 già 1.433 satelliti (fonte: wikipedia) ma ha l’autorizzazione ad arrivare a 12.000 e ha chiesto (e ottenuto) il permesso di portarne in orbita ulteriori 30.000 (www.astrospace.it)!
Secondo un articolo di “La Repubblica” dell’11/9/2015, i satelliti artificiali in orbita attorno alla Terra erano già 14.022, di cui il 78% ormai ridotti a rottami: considerando l’obsolescenza dei soli satelliti Starlink (degli altri non si ha conoscenza), che si stima in 5 anni, è facile immaginare che il problema dei detriti diventerà grave in tempi brevi.
Tralasciando altre conseguenze di natura tecnico-scientifica, che disturbano gli scienziati anche nelle rilevazioni “radio” e non solo ottiche, aggiungiamo che non esistono vincoli normativi né studi sistematici sull’impatto inquinante nell’atmosfera anche dei propellenti dei vettori, che portano in “orbita bassa” tutti questi satelliti.
A differenza del volo aereo, il lancio di un vettore spaziale incide su tutti gli strati dell’atmosfera e le emissioni restano più a lungo in sospensione accumulandosi negli anni, proprio dove si colloca lo strato di ozono.
I razzi scaricano, oltre ad anidride carbonica e vapore acqueo, entrambi gas serra, il perclorato di ammonio che contiene cloro molto dannoso per l’ozono. Se per ora le quantità di questi gas sono molto contenute, rispetto alle emissioni dei voli aerei (!), diverso pare invece l’impatto delle fuliggini in stratosfera, poiché queste assorbono la luce solare riscaldando l’aria, e più è calda la stratosfera più si impoverisce lo strato di ozono!
Ricordiamo poi che i detriti spaziali spesso sopravvivono al rientro e si schiantano a terra, mentre parte della loro massa si vaporizza in un gas caldo che contiene i componenti di serbatoi, pannelli solari, computer ecc.
Nessuno ad oggi è in grado di valutare cosa succeda al ns pianeta quando le migliaia di satelliti artificiali si disintegreranno in atmosfera, influenzando il clima.
In sintesi è necessario che anche l’industria spaziale, in cui l’Italia opera in primissima linea, consideri la propria “sostenibilità” e avvii analisi per il recupero e i riutilizzo della “spazzatura” spaziale.
(Osservatorio Lowell- Arizona: tracce dei satelliti Starlink- da Cosmo n 20, Ago-Sett 2021)
Considerando che anche il proprietario di Amazon non intende stare a guardare (si prepara a lanciare 3500 satelliti – fonte Ansa.it del 22/4/2021) con la sua “costellazione” Kuiper, e che comunque in orbita ci sono centinaia di oggetti statunitensi, cinesi, europei ecc. ecc, non si dovrebbe attendere oltre per chiedere una regolamentazione internazionale per la colonizzazione dello spazio (Luna e Marte inclusi), stante che le associazioni astronomiche (ad es l’Unione Astronomica Internazionale UAI) stanno provando a sensibilizzare il mondo politico ad intraprendere azioni che siano condivise presso le Nazioni Unite, ma con scarso successo (le relazioni della recente conferenza “Dark and quiet skies for science and society” sono consultabili nel sito www.bit.ly/2TWfxX8), data l’ignoranza della materia e la scarsa sensibilità al problema.
In aggiunta infatti al problema “ecologico” esiste quello giuridico-politico-economico.
A livello di trattati internazionali, nel 1967 USA e URSS stipularono il “Trattato dello Spazio” in modo che lo spazio non fosse utilizzato a fini bellici, e che “la Luna e lo spazio extra-atmosferico non fossero considerati oggetto di sovranità nazionale” (cit. da Cosmo n 13 Gennaio 2021. Antonio Piazzolla: “Space Law. L’alba della rivoluzione giuridica …).
Piantare una bandierina sulla Luna negli anni ’70 del secolo scorso non significava venirne in possesso, ma quanto durerà questo principio?
Sappiamo della corsa alla colonizzazione della Luna, propedeutica alle spedizioni su Marte e al “mining”.
La crescente necessità di materie prime spinge l’industria a tentare lo sfruttamento minerario di altri pianeti e di asteroidi. Non è fantascienza: gli studi ci sono e presto troveranno applicazione e alla conquista non parteciperanno solo i “soliti noti”.
Vincerà chi arriverà per primo?
“Utilizzato come leva diplomatica e politica, lo sviluppo di programmi spaziali è diventato parte integrante della collocazione strategica dei paesi emergenti” segnala lo studio di Rosa Rosanelli nel 2011 e ancora: “la domanda di tecnologia spaziale da parte dei paesi emergenti si scontra con l’interesse degli Stati che detengono la tecnologia a restringerne l’accesso per controllarne il mercato e proteggere la propria sicurezza nazionale” (Quaderni IAI: https://www.iai.it/sites/default/files/iaiq_01.pdf)
In questo quadro si noti come la tecnologia italiana non sia “liberamente esportabile”.
A causa delle pressioni USA, che hanno impedito alla Cina una collaborazione alla stazione spaziale internazionale ISS, è stata avviata la costruzione della stazione Tiangong 3 che sarà in orbita nel 2022. Nel Marzo 2020 l’Italia aveva sottoscritto un accordo commerciale per la fornitura di componenti, che è stato ritirato a causa della ingerenza statunitense (ovviamente negata dal ministro competente: www.astrospace.it)
La nuova era di conquista dello spazio è iniziata: potrebbe portare posti di lavoro (non solo nell’industria aerospaziale e nel suo indotto ma in biologia e medicina), sviluppo e benessere ma le premesse non fanno ben sperare.
Fonti:
Cosmo, ago-sett 2021:
Fabio Falchi: “A riveder le stelle”
Patrizia Caraveo: ”Non solo stelle”
https://www.science.org/doi/10.1126/sciadv.1600377
www.lightpollution.it/cinzano/stato.html#:~:text=L’inquinamento%20luminoso%20prodotto%20dall,in%20siti%20astronomici%20non%20inquinati.
cielobuio.org/category/sez-leggi-norme/
www.repubblica.it/scienze/2015/09/11/foto/quanti_satelliti_attorno_alla_terra-122666625/1/
www.tuttoambiente.it/commenti-premium/inquinamento-luminoso-autorizzazioni/
www.astrospace.it/2020/02/27/tutto-quello-che-dovete-sapere-su-starlink/
www.astrospace.it/2019/11/28/litalia-abbandona-il-programma-spaziale-cinese/
www.unipd.it/sites/unipd.it/files/20160920_0.pdf ehp.niehs.nih.gov/doi/full/10.1289/EHP9381
www.adnkronos.com/luce-blu-e-cancro-ci-puo-essere-un-legame_BWJenNlLyVoEVxXzkLzOS
www.iai.it/sites/default/files/iaiq_01.pdf pagare.online/blog/prezzo-starlink-elon-musk/
Le Scienze – Aprile 2021; Martin N.Ross e Leonard David : “Inquinamento spaziale”
Monica Trevisani
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