Inchiesta di Lorenzo Poli: tra greenwashing e “capitalismo delle aberrazioni”. La frontiera del cibo sintetico.

 

Considerazioni iniziali

Adesso si parla del Piano Grande Reset e dell’evoluzione del capitalismo avanzato, ma non è la prima volta che il capitalismo globale annuncia di voler “convertirsi alla sostenibilità” (e soprattutto: in che modo?). Anche il World Business Council for Sustainable Development, nato 25 anni fa sull’onda del summit di Rio de Janeiro sullo sviluppo sostenibile, un’organizzazione di 200 aziende con un fatturato complessivo di 8,5 trilioni di dollari e 19 milioni di dipendenti, dichiarò di voler “accelerare la transizione verso un mondo sostenibile” e a realizzare il “massimo impatto positivo per gli azionisti, l’ambiente e le società”.

Da notare che per prima vengono gli azionisti. Il Wbcsd ha da poco pubblicato un rapporto dal titolo Reinventing Capitalism. Un’agenda per la trasformazione in cui si spiega perché le aziende dovrebbero aspirare a un successo “a lungo termine”. Ma chi ha contribuito a questo Summit? Sembrerà uno scherzo, ma si tratta di Stephan Schmidheiny del gruppo svizzero Eternit che ha subito una condanna a 18 anni dalla Corte d’Appello di Torino per il disastro ambientale provocato dall’amianto negli stabilimenti in Italia. Nel 1990, durante una conferenza in Norvegia, Stephan Schmidheiny conosce Maurice Strong, Segretario Generale dell’UNCED, che lo nomina suo Consigliere capo per l’industria e l’economia, convinto delle sue esperienze da imprenditore e soprattutto per la sua reputazione di “precursore dell’abbandono della lavorazione dell’amianto”. Nulla di più falso, dal momento che i produttori di amianto sapevano dal 1929 gli impatti dell’amianto sulla salute, senza aver mai divulgato un’informazione sul suo impatto. Schmidheiny, il magnate dell’amianto (e sul Sebino ne sappiamo qualcosa), oggi è uno dei tanti che, per rigenerare la propria immagine, si trasformarono in “precursori dell’amore per l’ambiente”.

Oggi è così: uno può fare tutto e il contrario di tutto senza che nessuno lo prenda per le orecchie. Nel silenzio più totale quindi, si passa da speculatore che ha fatto profitto sullo sfruttamento dell’ambiente, speculando sulla salute, a “imprenditore etico” che ama l’ambiente. Un ossimoro, esattamente come è un ossimoro dire che il capitalismo può essere anche etico, che la finanza può essere anche etica e le fondazioni in cui girano un sacco di soldi possono essere senza scopo di lucro. Tutto si può rigenerare nel “capitalismo delle aberrazioni” (parafrasando Naomi Klein che parlava di “capitalismo dei disastri”), ovvero il capitalismo che propone con normalità delle sconcertanti e disordinate deviazioni e traviamenti. Lo stesso sistema che in passato ha prodotto quelle storture delle “guerre umanitarie o preventive”.

Nell’ultimo anno altri annunci hanno dato nuovo slancio al mondo imprenditoriale. La Us Business Roundtable, il gruppo di lobby aziendali più influente d’America, tra cui JP Morgan Chase, Apple, AT&T, Amazon, General Motors, ha invitato le imprese a non considerare più il solo profitto come lo scopo principale della loro attività, ma di includere anche la “protezione dell’ambiente” e la “dignità e il rispetto del lavoro”. A dirlo è Amazon che sfrutta con contratti neo-schiavili; a dirlo è Apple al centro di un contenzioso sullo sfruttamento minorile nelle miniere della Repubblica Democratica del Congo. Eppure il nuovo brand è dire che gli azionisti sono solo uno dei cinque stakeholders delle imprese, assieme ai consumatori, ai lavoratori, ai fornitori e alle comunità locali. Sono assurdità ad aver portato il Finacial Time a parlare di “svolta etica del capitalismo”, cercando di far credere che il capitalismo non possieda più la sua essenza verticistica e coercitiva.

Come movimenti ambientalisti e anticapitalisti, oggi, non possiamo credere che de-carbonizzare l’economia sia veramente solo l’unico presupposto per un cambiamento di paradigma economico ed ecologico. Se non si mette in discussione il modello di sviluppo, di produzione e di consumo non può esserci futuro ecologico. Oggi sta succedendo che i grandi colossi si appropriano dello slogan “de-carbonizzare l’economia” per non cambiare veramente l’economia. Una sottile operazione di greenwashing parallela all’appropriazione coloniale del “cibo sotto brevetto” da parte delle grandi multinazionali dell’agro-chimico-alimentare che, per quanto spaccino i loro prodotti per ecofrendly, nulla hanno di ecologico e sostenibile.

 

Fake food e rebranding: il greenwashing dei responsabili della crisi climatica.

Per capire la portata di questo fenomeno, bisogna guardare alle attuali operazioni di rebrandig dei colossi multinazionali dell’agrochimica. L’organizzazione ambientalista Navdanya International ha pubblicato un rapporto dal titolo “Bill Gates & His Fake Solutions to Climate Change”, nella quale si parla anche degli, appunto, “aberranti” investimenti dei tycoon dell’agrochimica (tra i più grandi responsabili del surriscaldamento globale) nel settore del fake food. È stato proprio Bill Gates ad affermare che “tutti i paesi ricchi dovrebbero passare al manzo sintetico al 100%”.

Il fake food, detto anche cibo sintetico, avrebbe l’intenzione di sostituire i prodotti animali con alimenti altamente trasformati coltivati in laboratorio, come carne, latticini o uova sintetiche, grazie all’avvento di innovazioni tecniche come la biologia sintetica, che comporta la riconfigurazione del DNA di un organismo per creare qualcosa di diverso. Le aziende di “carne a base vegetale” come Beyond Meat e Impossible Foods utilizzano una sequenza di codifica del DNA da semi di soia o piselli per creare un prodotto che ha l’aspetto e il sapore della carne animale.

Per quanto si tratti di settori ancora sperimentali, alcune aziende stanno anche investendo in carne ottenuta da cellule animali reali e sempre più aziende sono coinvolte in questo mercato in rapida crescita. Tra questi vi è Motif Foodworks (alternative a base di carne e latticini), Ginkgo Bioworks (microbi personalizzati), BioMilq (latte materno coltivato in laboratorio), Nature’s Fynd (funghi- carne coltivata e alternative ai latticini), Eat Just (sostituti delle uova a base di proteine vegetali), Perfect Day Food (prodotti lattiero-caseari coltivati ??in laboratorio) o NotCo (prodotti animali a base vegetale realizzati attraverso l’intelligenza artificiale), solo per citarne alcuni.

Tutte queste società sono ingentemente finanziate da miliardari attivi nel settore del bio-tech come Bill Gates, che da solo ha investito 50 milioni di dollari in Impossible Foods e finanzia attivamente Beyond Meat, Ginkgo Bioworks, BioMilq e il crescente mercato del cibo sintetico. I tycoon del bio-tech sono anche gli stessi che supportano l’inquinante industria agro-chimico-alimentare e della zootecnia intensiva. Industrie della carne come Tyson Foods (che ha investito in Memphis Meats e Future Meat Technologies che creano entrambi sostituti della carne coltivata in laboratorio), Nestlé, Cargill, Maple Leaf Foods o Perdue Farms stanno vendendo prodotti come salsicce, hamburger, e carne macinata a base di proteine di piselli o soia.

Secondo alcuni si tratterebbe di una vera soluzione al cambiamento climatico in grado di risolvere il degrado ambientale e le preoccupazioni per il benessere degli animali. Impossible Foods ha dichiarato che la sua carne di origine vegetale ha bisogno del 96% in meno di terra, dell’87% in meno di acqua ed emette l’89% in meno di gas serra rispetto ai prodotti animali convenzionali. Questo sarebbe un ottimo pretesto per far passare il messaggio che questo cibo è “ecologico” e “sostenibile”. Anche molti giornalisti attenti alle questioni climatiche e ambientali sono cascati in questo tranello definendo il cibo tecnologico come “il cibo del futuro”.

Si tratta in realtà dell’ennesimo greenwashing sull’argomento, dal momento che il cibo sintetico non è “eco-friendly” in quanto prodotto con proteine di piselli, soia o mais che vengono coltivati su larga scala industriale, basandosi su monocolture intensive, pesticidi tossici e OGM. Non a caso, The Impossible Burger è composto da soia cresciuta con Roundup, pesticida a base di glifosato che negli anni ha portato ad una massiccia devastazione ecologica tra alterazione del ciclo dell’acqua e inquinamento delle falde acquifere. I livelli totali di glifosato rilevati nell’Impossibile Burger dagli Health Research Institute Laboratories erano 11,3 ppb, rendendo il suo consumo altamente pericoloso poiché solo con 0,1 ppb di glifosato si possono distruggere i batteri intestinali, danneggiare organi vitali come fegato e reni, causare anomalie riproduttive o, addirittura, tumori, in quanto riconosciuto come “probabile cancerogeno per l’uomo”. Aziende come Beyond Meat che commercializzano i loro prodotti come “OGM-free”, ammettono di non produrre cibo ecologico in quanto basato su pesticidi e monocolture intensive.

Per quanto si dica che il cibo sintetico possa essere una “soluzione” alla crisi climatica, in realtà i suoi danni sull’ambiente a lungo termine sono prevedibili. La produzione di fake food ha un’impronta di carbonio maggiore rispetto alle proteine vegetali meno trasformate e, secondo recenti studi, i sostituti vegetali sono circa 7 volte più intensivi di emissioni di anidride carbonica rispetto ai legumi interi; la carne a base cellulare emette anche più emissioni di CO rispetto ai prodotti animali, come carne di maiale o pollame; mentre a lungo termine, l’impatto ambientale della carne coltivata in laboratorio potrebbe essere superiore a quello del bestiame.

 

Cibo sintetico e pericolo per la salute

Queste false soluzione alla crisi climatica, che affermano di salvare animali, acqua e ambiente, stanno invece contribuendo direttamente al sistema alimentare che sta minacciando la biodiversità globale, distruggendo la fauna selvatica, alterando i suoli e inquinando le falde acquifere. Bisogna inoltre sottolineare che le catene di approvvigionamento delle aziende di fake food richiedono un eccessivo trasporto di combustibili fossili, come per la maggior parte degli alimenti industriali: il fake food non mette in discussione il sistema dell’industrializzazione, ma anzi si integra nella catena di produzione rendendosi completamente dipendente dal sistema stesso. Ecco perché è giusto chiamarlo “capitalismo delle aberrazioni”, perché si basa sulle deviazioni dell’opinione pubblica diffondendo illusioni di cambiamento che permettono a soliti noti di accumulare profitto e spartire i dividendi a propri azionisti.

Non solo, il cibo sintetico può anche essere dannoso per la salute umana a lungo termine, poiché, come dichiarato anche da Sabrina Giannini, è basato su sostituti a base vegetale ultra-lavorati e ultra-processati. Le proteine isolate di soia e piselli utilizzate principalmente nella maggior parte delle carni a base vegetale sono pesantemente lavorate attraverso un elevato riscaldamento, estrazioni chimiche, isolamento di proteine e alterazioni genetiche, generando composti che non si trovano negli alimenti naturali.

Inoltre a questi prodotti vengono aggiunti nuovi additivi chimici, realizzati tramite la biologia sintetica, che si occupano di dare forma appariscente a questi prodotti. Per esempio, per far “sanguinare” l’Impossibile Burger viene aggiunta la molecola “eme” che deriva dalla leghemoglobina di soia, un colorante prodotto nel lievito geneticamente modificato. Secondo quanto riporta il Center for Food Safety, la FDA non ha condotto adeguati test a lungo termine prima di approvare questo colorante nel 2019, nonostante nel bel mezzo di sperimentazioni a breve termine siano stati rilevati potenziali effetti negativi come cambiamenti nell’aumento di peso, alterazioni del sangue, infiammazioni o malattie renali, interruzioni del ciclo mestruale e casi di anemia.

Infine, i prodotti animali creati artificialmente a volte mancano di diversi nutrienti o benefici naturali. Il latte coltivato in laboratorio, come quello di BioMilq, non può cambiare in risposta al bisogno del bambino, come invece può fare il latte materno. Il latte sintetico non contiene ormoni o batteri del bioma della madre e non ha anticorpi vitali per la formazione del sistema immunitario dei bambini. Per quanto riguarda le carni “di origine vegetale”, invece, non soddisfano i requisiti nutrizionali che sono soddisfatti dai veri alimenti di origine animale. La semplice aggiunta di proteine, vitamine e minerali isolati alla dieta non conferisce gli stessi benefici per la salute di quando questi nutrienti vengono ingeriti come alimenti integrali, che contengono migliaia di composti che agiscono in sinergia. Come afferma anche il Rapporto di Navdanya International, “gli hamburger vegetali non sono più salutari dei prodotti animali, compresa la carne rossa”.

Se il fake food non è una soluzione alla crisi climatica, non è una soluzione per l’ambiente e neanche un elisir per la nostra salute, per quale motivo viene ingentemente finanziato e spinto affinchè diventi il paradigma del futuro? Da tempo le grandi multinazionali del settore agro-chimico-alimentare, per deviare l’attenzione pubblica dai loro danni all’ambiente, procedono nella produzione di chimere spacciandoli per “soluzioni sostenibili”: un po’ per rigenerare la loro immagine globale e un po’ per rilanciare nuovi mercati favorendo delle norme neoliberiste di deregulation. Prima è arrivato il junke food (il cibo-spazzatura delle grandi catene come McDonald’s, definito come il cibo che nutre milioni di persone al mondo), poi gli OGM (spacciandoli per cibo sano, resistente e contro la fame) ed oggi arriva il fake food, cibo che non è neanche più cibo.

Questa nuova creazione, in un mondo in cui parte della ricerca scientifica dipende dall’accumulo capitalistico, non ha nulla di filantropico, non ha alcun motivo per combattere la fame nel mondo, ma anzi ha l’obiettivo ultimo di monopolizzare il cibo in futuro. La brevettibilità delle tecniche di coltivazione di alimenti artificiali è il vero strumento di profitto da parte di multinazionali e di miliardari per detenere il controllo sui diritti di proprietà intellettuale. Non a caso più di 20 brevetti sono ora assegnati a Impossible Foods, con oltre 100 brevetti in ??attesa di essere approvati per altri falsi sostituti sintetici della carne, del pollo e del pesce.

Questa logica della brevettibilità del cibo mercifica gli animali e la Natura, riducendoli a una “tecnologia migliorabile”. A dirlo è stato proprio Pat Brown, CEO e fondatore di Impossible Foods, secondo il quale: “gli animali sono stati solo la tecnologia che abbiamo usato finora per produrre la carne”. Ciò significa che possono essere semplicemente sostituiti da tecnologie più efficienti come il cibo artificiale. Il fake food è il prodotto postmoderno della visione baconiana e riduzionista della scienza: separare l’essere umano dalla Natura e il cibo dalla vita. Da notare come tra le false soluzioni proposte dall’industria agrochimica e dai miliardari del bio-tech non vi siano mai la dieta vegetariana e vegana: le uniche in grado di garantire l’ecologia degli ecosistemi, elevati valori nutrizionali per la nostra salute e, soprattutto, l’unica soluzione contro le monocolture intensive, la zootecnia intensiva e per i diritti animali. Non vengono proposte perché sono diete variegate che necessitano dei frutti della Terra e non sono diete standardizzate che dipendono dal cibo multinazionale sotto brevetto. Il fake food è l’ennesimo attacco alla biodiversità della Natura e dell’alimentazione sana libera da veleni, in favore dell’omologazione del cibo carente di nutrienti e del profitto delle multinazionali.

Si tratta di soluzionismo tecnologico che ancora una volta vuole impedire di trasformare il nostro rapporto con la Natura, offrendoci soluzioni semplici a problemi complessi. Soluzioni facili per impedire il vero contrasto alla crisi climatica senza che nessuno ci speculi, ovvero cambiare modello di produzione, di sviluppo e di consumo. Il modello del fake food si riferisce a bisogni strettamente umani ignavi delle necessità dei sistemi ecologici in cui l’essere umano è inserito.

Come sottolinea il rapporto di Navdanya International, il cibo sintetico sposta ancora una volta il potere politico dagli agricoltori biologici, dai piccoli contadini e dalla localizzazione dell’agricoltura e dei mercati locali verso le aziende biotecnologiche, le multinazionali dell’agrochimico, i miliardari del bio-tech, l’industrializzazione dei sistemi alimentari, l’omologazione e la brevettibilità del cibo e la globalizzazione di un sistema insostenibile. Un modello che ignora le conoscenze locali e indigene, le diverse culture alimentari che si sono evolute insieme a diversi ecosistemi, le soluzioni climatiche da sempre proposte dal crescente movimento per l’agroecologia. Sebbene le preoccupazioni sulla produzione industriale di carne siano legittime, le pratiche di pascolo degli animali rigenerative possono effettivamente migliorare la biodiversità, la salute del suolo e riutilizzare il carbonio nel suolo fertilizzando la vegetazione e il suolo.

Gli investitori e i sostenitori del paradigma riduzionista del fake food fanno di tutto per oscurare che i veri problemi risiedono nel modello di agricoltura industriale e nella produzione intensiva di carne, cercando di distogliere i riflettori dalle pratiche agroecologiche incentrate sulla diversità agricola per garantire un ambiente sano e la sovranità alimentare su scala globale.

1 Giampiero Rossi, “Amianto. Processo alle fabbriche della morte”, Editore Melampo 2012

 

https://doi.org/10.1136/bmj.l2289

https://www.frontiersin.org/articles/10.3389/fsufs.2020.00134/full

https://www.momsacrossamerica.com/gmo_impossible_burger_positive_for_carcinogenic_glyphosatehttps://www.commondreams.org/views/2019/05/21/6-reasons-impossible-burgers-ceo-wrong-about-gmo-soy

https://navdanyainternational.org/it/publications/bill-gates-his-fake-solutions-to-climate-change/

Lorenzo Poli

Collaboratore redazionale di Lavoro e Salute

Inchiesta pubblicata sul numero di novembre del mensile

Pubblicato da: http://www.blog-lavoroesalute.org

PDF http://www.lavoroesalute.org/