DDL concorrenza: anche dell’acqua si fa mercato violando i referendum
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- Scritto da Marco Manunta e Michela Bianchi
Con il disegno di legge (DDL) approvato il 4/11/2021 dal Consiglio dei Ministri in materia di concorrenza e mercato il Governo si è mosso in modo molto invasivo sui servizi pubblici locali, nessuno escluso: dai trasporti ai rifiuti e all’acqua potabile. Il principio ispiratore dell’intervento è di nuovo il liberismo spinto, come se la gestione mercantile adottata sistematicamente negli ultimi lustri e, soprattutto, durante la pandemia, non avesse dimostrato chiaramente il fallimento della ricetta.
Ciononostante viene esaltata la privatizzazione dei servizi e l’affidamento al mercato come il toccasana “per rafforzare la giustizia sociale, la qualità e l’efficienza dei servizi pubblici, la tutela dell’ambiente e il diritto alla salute dei cittadini” (articolo 1). Se il DDL verrà tradotto in legge dal Parlamento nessuno dei servizi locali potrà rimanere nella gestione pubblica. Nessuna eccezione è prevista, neppure per l’acqua: il servizio idrico è equiparato in tutto e per tutto a qualunque altro servizio gestito in forme e con finalità puramente mercantili. Ma l’intervento del Governo, in particolare per quanto riguarda l’acqua, è censurabile sotto due aspetti. Sotto l’aspetto politico e democratico, in quanto viene calpestata platealmente la volontà espressa dagli elettori con i referendum del 2011: “no alla privatizzazione dei servizi idrici” e “no al profitto sulla gestione dell’acqua”. Con i due referendum infatti, i cittadini hanno bocciato a larghissima maggioranza l’obbligo di privatizzare i servizi idrici ed hanno cancellato il margine di utile previsto per legge in favore del gestore del servizio. Questa espressione netta della volontà politica degli elettori, però, non ha sinora avuto concreta attuazione. In particolare: l’esclusione di ogni margine di utile per il gestore è stata elusa ricorrendo ad audaci formule terminologiche; la ripubblicizzazione dei servizi in tutto o in parte in mano ai privati non è neppure iniziata. Senza dimenticare la proposta di legge di iniziativa popolare volta a rendere effettivo il diritto universale all’acqua che giace in Parlamento da oltre 10 anni. Sotto l’aspetto giuridico, poi, l’invasione della competenza regionale sui servizi locali presenta in modo evidente un profilo di illegittimità costituzionale del DDL stesso su cui è necessario tornare in modo specifico. E, infine, la motivazione, anche questa trita e ritrita, dell’adeguamento ai principi dell’Unione europea, che è la perenne foglia di fico del liberismo: nessun obbligo di privatizzazione è previsto, in realtà, dalla normativa europea (sul punto rimandiamo a Marco Manunta, Uno statuto per l’acqua. MC Editrice).
Marco Manunta e Michela Bianchi, giornalisti