Val d’Agri, tra inquinamento e lotte popolari – Un’intervista a Camilla Nigro

 

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Ringraziamo Camilla Nigro (Osservatorio Popolare Val d’Agri – Liberiamo la Basilicata) per averci concesso questa intervista, dedicata al complesso tema delle ricadute dello sfruttamento di fonti energetiche fossili sulla salute delle popolazioni della Val d’Agri (Basilicata).

 

Camilla, puoi riassumerci brevemente la storia della ricerca, dell’estrazione e della raffinazione degli idrocarburi in Val d’Agri?

Già all'inizio del secolo '900, l'Agip sfruttava nell'area il Campo petrolifero di Tramutola, con la perforazione di 47 pozzi nel periodo 1936-1943. Il campo venne ufficialmente chiuso nel 1959. La storia più recente però inizia negli anni ’80 quando diverse società di ricerche petrolifere cominciarono a far brillare mine nel sottosuolo della val d’Agri ed entrare senza alcun permesso nelle proprietà private. Già allora le amministrazioni pubbliche dimostrarono tutta la loro prostrazione nei confronti dei nuovi invasori rapaci! Purtroppo poi il giacimento fu individuato e si calcolò essere il più grande d’Europa su terra ferma. Attualmente il giacimento concorre al 90% della produzione italiana di petrolio ed a circa il 10% del fabbisogno nazionale di petrolio. Il primo pozzo fu perforato nel 1988 e la prima centrale di trattamento di idrocarburi risale al 1992, il primo centro olio al 1996. Attualmente sono stati perforati 39 pozzi di cui 27 sono in produzione. Nell’attuale Centro Olio Val d’Agri (COVA) avviene il processo di desolforazione, cioè di separazione della fase gassosa e di separazione della cosiddetta “acqua” di strato cioè legata naturalmente al petrolio. È questa la frazione più pericolosa perché rappresenta uno scarto sempre maggiore man mano che il giacimento invecchia, e che ENI non sa più dove stoccare. Una parte viene infatti inviata tramite condotta sotterranea nel pozzo di reiniezione “Costa Molina 2”, un pozzo non più in produzione, quindi riportata nel sottosuolo. Il pozzo, ormai esausto, è stato più volte oggetto di bonifica per perdite e chiuso dalla magistratura. Una parte viene poi trasferita con autobotti in centri di smaltimento di rifiuti speciali (si noti: nel primo processo che ha visto ENI inquisita a Potenza, è stata emessa una condanna in primo grado per traffico illecito di rifiuti). Ora ENI, nell’ambito delle operazioni di greeenwashing e della loro cosiddetta economia circolare, stanno tentando di far approvare il progetto ENIrewind per la depurazione e riutilizzazione in loco della loro monnezza definita “acqua”, comprese eventuali scorie radioattive. Ricordiamo che tutto ciò sorge a monte della diga del Pertusillo che, attraverso l’acquedotto lucano e pugliese, fornisce acqua potabile e per irrigazioni a ben 3 regioni del Sud Italia. Il petrolio così trattato viene poi inviato tramite l’oleodotto direttamente a Taranto.

 

Quando e perché nasce il vostro Osservatorio? Come ‘lavora’ sul territorio?

L’Osservatorio Popolare nasce nel 2016 dall’impegno di diverse associazioni con sede in Val d’Agri: WWF, Libera, Catalite, Laboratorio per Viggiano, lavoratori dell’area industriale e semplici cittadini decisi ad unire le proprie (poche) forze a difesa della propria terra. Raccogliamo ed elaboriamo dati ufficiali di inquinamento e promuoviamo incontri informativi sulle problematiche riscontrate, aperti alla cittadinanza. Inoltre, promuoviamo leggi, incontri con gli enti pubblici locali, e partecipiamo alle conferenze dei servizi, e infine ci occupiamo di eventuali esposti sulla base di quanto emerge dai dati raccolti.

 

Ambiente e salute: quali sono i problemi più gravi che il vostro Osservatorio ha messo in luce? E come rispondono le aziende coinvolte e gli amministratori locali di fronte alle vostre denunce?

Abbiamo contribuito a promuovere la VIS (Valutazione di impatto sanitario ed ambientale), un progetto condotto dal CNR di Pisa e dall’Università di Bari, poi finanziato dai comuni di Viggiano e Grumento Nova. Questa indagine ha messo in luce per la prima volta il nesso tra l’inquinamento dovuto al COVA e l’aumento di mortalità e di ricoveri per malattie cardiovascolari e respiratorie. Questa è stata una delle poche iniziative partite dal basso e poi supportate a livello istituzionale, poiché in genere gli enti pubblici sono sordi alle nostre istanze. Non a caso, la VIS e le sue conclusioni sono finite nel dimenticatoio dagli stessi Enti che l’hanno finanziata... La Regione ha infatti poi provveduto a finanziare tramite la fondazione biomedica a partecipazione regionale un nuovo studio, una sorta di ‘contro-VIS’, di cui si sono perse le tracce…

 

Royalties e posti di lavoro sembrerebbero ghiotte compensazioni per un territorio afflitto dalla disoccupazione… Quale è il vostro punto di vista, e quali proposte avanzate di fronte all’alternativa ‘lavoro o salute’?

Ci sono royalties regionali e quelle che più o meno ghiotte che coinvolgono tutti i comuni dell’area. Il solo comune di Viggiano (quello in cui si trova il COVA e la maggior parte dei pozzi produttivi), riceve da 20 anni una media di 9 milioni all’anno di royalties grazie alle quali è diventato il comune più ricco d’Europa in relazione al PIL! Le royalties vengono in genere utilizzate per operazioni di cementificazione spinta, senza nessuna progettualità per il futuro. Più volte abbiamo proposto progetti che portassero il comune all’indipendenza da fonti fossili ormai in esaurimento per farne “una città solare”, volano anche di possibili investimenti nell’area industriale nel settore delle rinnovabili democratiche e centri di studio in questo settore capaci di dare un vero e duraturo lavoro alle future generazioni. Purtroppo i decisori politici ai diversi livelli (statale, regionale e comunale) con l’appoggio di tutti i sindacati hanno deciso un destino ancora più infame per noi una volta che il petrolio sarà esaurito (ENI investirà nell’area fino al 2025 come ha affermato De Scalzi in una delle ultime assemblee degli azionisti). Viene infatti invocata la conversione della Basilicata ad hub dell’idrogeno… la rinnovabile dei petrolieri… per ora da gas e petrolio… poi dall’acqua… quella buona, potabile, di cui è ricca la Basilicata. Da questo punto di vista si stanno già portando avanti con il lavoro: è in atto un progetto di captazione di sorgenti di montagna destinato all’area industriale.

 

Avete in cantiere delle iniziative nel prossimo futuro?

La nostra azione ha degli alti e dei bassi, e a volte subentra la stanchezza. Stiamo cercando di metterci in rete con altre associazioni a livello locale e nazionale, anche per infondere un po’ di coraggio. Attualmente ci dobbiamo preparare al processo “petrolgate 3” che avrà la sua seconda udienza preliminare il 3 giugno 2021 con la richiesta di dati dagli Enti in relazione allo sversamento secondo l’azione “Common”, comunità monitorante nata nell’ambito di Libera e del gruppo Abele. Poiché il nostro è un NO alle energie fossili e non democratiche né ecologiche, perché c’è una reale e necessaria alternativa ed è quella della transizione al solare democratico, continuiamo a portare avanti le attività di transizione energetica democratica insieme al presidio della Val d’Agri di Libera Basilicata ed al comitato promotore comunità solare con progetti nelle scuole e candidati ai comuni.

 

A cura di Luca Pellegrino, Gruppo Lavoro del CIVG  -  maggio 2021