Lettera aperta al Sindaco Ascoli Piceno
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- Scritto da Ivan Pavicevac
Egregio Signor Sindaco di Ascoli Piceno,
città decorata Medaglia d'Oro al valor militare per attività partigiana
Era domenica 4 maggio 1980, verso le 15,30. Mi trovavo sulla frontiera italo-jugoslava con un gruppo di ginnasiali di Ascoli Piceno, al rientro da un viaggio attraverso la Jugoslavia "dal monte Triglav al fiume Vardar...", quando ci raggiunse la triste notizia della morte di Tito.
I ragazzi erano stati premiati con quel viaggio per i migliori compiti sulla Resistenza italiana.
Mi sono rimaste impresse le parole di commiato da parte del Direttore della scuola, appena prima di arrivare nella città di Trieste: mi ringraziò dell' impegno con il quale avevo svolto il mio lavoro di guida – per il quale mi ispiravo in fondo alle parole del poeta Jure Kaštelan: "Vieni amico, noi siamo nei Balcani. Sai dove sono i Balcani, la Jugoslavia... Vieni e vedi, e soffermati dove ti piaccia. Vedrai un paese aperto come un palmo della mano...". Proseguì rivolto agli alunni: "Vorrei vedervi crescere come quest'erba che spunta da questo sottile stratto di terra sul Carso“.
Invece ora cosa si insegna a scuola?
Prendo spunto, per scriverle questa mia, dall'apprendere con disgusto che la Giunta Comunale di Ascoli Piceno con a lei a capo ha deciso di stravolgere la storia della Resistenza, sia jugoslava che italiana, approfittando del "Giorno del Ricordo“ (10 Febbraio) per diffondere nelle scuole un fumetto di propaganda slavofoba e antipartigiana, altamente diseducativo anche per il modo con cui si indugia sullo stupro collettivo di una giovane ragazza.
Nella rappresentazione della storia istriana, delle "foibe", dei "titini", lei e la sua Giunta vi siete accodati a quei neo-irredentisti che il Presidente partigiano Sandro Pertini giustamente definì "gentaglia", mettendoli alla porta quando provarono ad incontrarlo a Trieste.
Egregio Sindaco, lei avrà pur sentito qualcosa sulla Resistenza, benché in Italia a scuola troppo spesso con l'insegnamento della Storia non si vada oltre la fine della cosiddetta Grande Guerra. Le rinfresco un po' la memoria sulla storia istriana.
Fino al crollo del fascismo avvenuto nel 1943 i fascisti in Istria cantavano „Se a Pola xe l' Arena, la foiba xe a Pisin(o)...“. E "giù nella buca col colpo alla nuca" gli antifascisti, sia slavi che italiani, gente inerme. Quanti crimini e violenze hanno compiuto i fascisti! La madre di un mio amico è stata violentata dai fascisti dinanzi a lui piccino. La mia stessa madre fu violentata minorenne da parte di un militare italiano.
Dopo la caduta del fascismo si verificarono due-tre mesi di baraonde, vendette trasversali (delle quali fu vittima anche la Cossetto); poi arrivarono i tedeschi a mettere il loro "ordine". Dopo la Liberazione, 1945 – 1947, l'Istria era governata dagli Alleati – periodo durante il quale si poteva OPTARE, il che significava SCEGLIERE se emigrare o rimanere.
Molte famiglie in prevalenza slave con nomi italianizzati (Božac in Bosazzi, Šikić in Sicchi, Motika in Matticchio, Kovač in Fabbro, Fonović in Fonio) decisero di emigrare, col miraggio dell' America o Australia. Dunque dove stavano i titini?!
Ivan Pavičevac, istriano, classe 1940