Alla feria di San Isidro vendono Patria e Vita

6 marzo 2021

 

In questo particolare periodo sarà capitato di captare qualche notizia su Cuba e sul suo sistema sanitario che ha affrontato e gestito con buoni risultati la crisi pandemica, oppure sui vaccini che le farmaceutiche statali sono in procinto di somministrare ai cubani e distribuire ai Paesi del Terzo Mondo. Ma dell’ultimo, ennesimo attacco contro il “regime che soffoca i diritti umani” e della nuova ondata di indignazione e discredito che gli si sta rovesciando addosso, in effetti in Italia si sa ancora poco.

 

I fatti

Nella notte di giovedì 26 novembre 2021, una pattuglia della polizia cubana sgombera uno spazio in un edificio abbandonato nel quartiere di San Isidro, nella zona di Habana Vieja, dove si trovavano 14 giovani. Una settimana prima, sei di questi avevano dichiarato uno sciopero della fame e attuato un sit-in per chiedere al governo cubano il rilascio del rapper Denis Solís González, membro del cosiddetto Movimiento San Isidro (MSI), arrestato il 9 novembre e condannato due giorni dopo a otto mesi di reclusione per oltraggio. Solís, con numerosi precedenti e sanzioni amministrative per disturbo della quiete pubblica e molestie al turismo, in più di un’occasione aveva gridato a favor di telecamere il suo appoggio a Trump e alle politiche di inasprimento dell’embargo, e promesso di convertirsi alla dissidenza.

Con l’intervento della polizia, il caso “esplode” e la grancassa mediatica internazionale parte lancia in resta: il governo dell’Isola sarebbe colpevole di aver zittito i social network – principale canale di comunicazione di questo e altri gruppi – durante l'operazione di polizia. Successivamente, Razones de Cuba – un sito giornalistico cubano che raccoglie e analizza le informazioni sulle campagne mediatiche, politiche ed economiche contro Cuba – spiega che l’intervento è l’esito di un controllo delle autorità sanitarie in seguito alla violazione dei protocolli di sicurezza legati alla pandemia da parte dei viaggiatori internazionali. La violazione si riferisce a uno dei ragazzi, cittadino cubano con residenza in Messico di nome Carlos Manuel Álvarez Rodríguez che, dopo essere rientrato a Cuba e aver dichiarato l’indirizzo dove avrebbe alloggiato, ha poi deciso di trasferirsi nello spazio occupato abusivamente che, visto il rifiuto di ottemperare alle misure di prevenzione, la pattuglia ha poi sgomberato.

Con curiosa tempestività, Timothy Zúñiga-Brown, capo della missione diplomatica degli Stati Uniti all'Avana, si è recato personalmente sul luogo "dove è in atto una provocazione politica e sociale", accompagnando in auto alcuni attivisti.
Venerdì 27 dicembre, circa 300 persone, per lo più giovani, si riuniscono davanti al Ministero della Cultura per manifestare contro lo sgombero dei 14 membri del MSI. Una rappresentanza dei manifestanti è accolta dalle autorità per discutere. Insieme, si concorda un programma di confronti da avviarsi con il ministro della Cultura nella settimana successiva.

Ma il Ministro degli Esteri cubano non può fare a meno di sottolineare il comportamento di Zúñiga-Brown: in una nota ufficiale lo denuncia per flagrante e provocatoria ingerenza negli affari politici interni di Cuba in violazione incontestabile della Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche. Chiede al funzionario statunitense di trasmettere al suo governo il rifiuto dei suoi atti che Cuba considera l’ennesimo caso di incitazione e sostegno a gruppi di opposizione che sfidano l'autorità del governo dell'isola con mezzi pacifici o violenti, supportati e finanziati direttamente o indirettamente dal governo di Washington.

All’interno del gruppo degli artisti di San Isidro, infatti, vi sono alcuni personaggi noti da tempo alle autorità cubane per la lunga e comprovata collaborazione con le trame destabilizzatrici organizzate dalla diplomazia statunitense attraverso i funzionari di stanza sull’Isola.

Venerdì 4 dicembre il governo cubano annuncia di voler interrompere il dialogo offerto agli artisti che hanno inscenato la protesta spiegando che "gli stessi che hanno chiesto il dialogo ne hanno causato l’interruzione: il ministro della Cultura non incontrerà persone che hanno contatti diretti e ricevono finanziamenti, supporto logistico e di propaganda dal governo degli Stati Uniti e dai suoi funzionari".

Tra questi c’è Tania Bruguera, “artivista”, come lei ama definirsi. Negli anni ‘90, l’Università di Chicago la invitò per un lungo soggiorno assegnandole una borsa di studio. Nel 2016, nei giorni immediatamente successivi alla visita di Obama all’Avana, si esibì in una performance in Plaza de la Revolucion. Spontaneità artistica o “promemoria” all’inquilino della Casa Bianca per invocargli il sostegno e ricordargli di proseguire l’impegno di destabilizzazione del Governo cubano? Secondo quanto afferma in un suo intervento su Razones de Cuba il docente universitario, giornalista e scrittore Raúl Antonio Capote, si tratta dello stesso impegno che il Movimiento San Isidro sta ora ricordando a Biden.

Come già detto, i fatti di San Isidro sono solo l’ennesimo episodio di una lunga serie di aggressioni nel segno dell’ambizione mai sopita degli Stati Uniti di riannettersi Cuba, di riportarla al suo ruolo originario di “parco giochi”, zona franca in cui tutto è lecito. Eppure, nonostante sia abituata a infinite e pesantissime prove, questa è forse la prima volta, dall’invasione della Baia dei Porci del 1964, in cui Cuba sente di dover davvero rialzare la guardia. Non per paura, non per la posta in gioco che – in quest’epoca di pandemia e di massicce riforme interne – potrebbe anche essere pesante, non per il calibro dell’attacco, ma per la forma con cui è stato sferrato. Questa volta si tratta di un attacco al sentimento comune, all’orgoglio nazionale, alla Storia. E’ un attacco al cuore come i tanti precedenti, mai però così subdoli. Mai così vigliacchi.

 

Una serie interminabile di attacchi al cuore

Per dare consistenza a questa mia considerazione e a beneficio di chi non le conosce, vorrei citare, tra le tantissime, alcune prove tra le infinite che Cuba ha sopportato. Le ricorderò velocemente scorrendo il mio quadernino degli appunti e tralasciando i dettagli per brevità. Sono sicuro che chi vorrà, troverà gli strumenti per approfondirli.

Aprile 1976. Un ordigno esplode nell’ambasciata di Cuba a Lisbona. Muoiono due funzionari. Meno di due mesi dopo, a giugno, una bomba esplode davanti all’ufficio della delegazione cubana alle Nazioni Unite. Tre giorni piu tardi, una valigia che doveva essere imbarcata su un aereo di linea della compagnia aerea cubana esplode anticipatamente in un hangar dell’aeroporto internazionale di Kingston (Giamaica).

Agosto 1976. Due bombe esplodono negli uffici della Cubana de Aviacion dell’aeroporto internazionale di Panama.

Settembre 1976. Due granate vengono lanciate da un’auto contro il Consolato di Cuba ad Ottawa.

Ottobre 1976. Un aereo di linea della compagnia cubana esplode dopo il decollo dall’aeroporto delle Barbados. Nessun sopravvissuto tra le 73 persone a bordo. Tra le vittime, 24 sono ragazze e ragazzi della nazionale giovanile cubana di scherma che rientrava vittoriosa nel Campionato Centroamericano, e un’altra decina erano giovani guyanesi che si recavano a Cuba per frequentare gratuitamente la Facoltà di Medicina.

Ottobre '90. Due terroristi armati provenienti da Miami si infiltrano nel territorio di Cuba con l'obiettivo di compiere attentati. L’episodio si ripeterà nel settembre e nel dicembre del ‘91.

Luglio ‘92. Terroristi provenienti dagli Stati Uniti tentano di attaccare obiettivi strategici sulla costa dell'Avana, ma vengono intercettati. Colpiti dalla guardia costiera cubana sono portati in salvo da unità navali statunitensi. L’FBI li rimetterà presto in libertà.

Ottobre '92. Un'imbarcazione armata attacca l'Hotel Mella di Varadero e ripara in acque statunitensi. L’FBI arresta l'equipaggio ma lo rimette subito in libertà.

Ottobre '92. Tre “combattenti controrivoluzionari” si infiltrano nel territorio cubano provenienti dagli Stati Uniti; altri tre sono contemporaneamente fermati in aeroporto nelle Bahamas.

Gennaio '93. Cinque terroristi a bordo di un'imbarcazione armata di mitragliatrici diretti verso le coste cubane sono arrestati negli Stati Uniti e subito rilasciati. Sempre a gennaio, alcuni esponenti del Commando L, in una conferenza stampa a Miami, dichiarano guerra a Cuba e minacciano di morte i turisti che si recano sull'isola.

Aprile '93. A 7 chilometri da Matanzas una nave cipriota viene mitragliata da terroristi.

Maggio '93. Lo spazio aereo cubano viene violato da un Cessna. Nello stesso mese la guardia di frontiera degli Stati Uniti arresta nove terroristi armati a bordo di un’imbarcazione in rotta verso Cuba. Come già successo, i terroristi sono subito rilasciati.

Novembre '93. Il gruppo terrorista Alpha 66, a Miami, minaccia di morte alcuni turisti con destinazione Cuba.
Marzo '94. Un gruppo di terroristi proveniente da Miami spara contro l'Hotel Guitart Cayo Coco. Un analogo episodio si ripeterà in ottobre.

Dall’aprile del '94,lo spazio aereo dell’Avana viene nuovamente violato, per otto volte, con lancio di fumogeni sulla città.

Ottobre '94. Un gruppo di terroristi provenienti dagli USA sbarca e assassina un cittadino cubano.

1997. Cuba è travolta da nove attentati terroristici contro le più importanti istallazioni turistiche. L'obiettivo è scoraggiare l’afflusso di turisti e valuta pregiata per portare al collasso l'economia. Dopo l’Hotel Meliá Cohiba, il Triton e la Bodeguita del Medio, il 4 settembre è la volta del Copacabana, dove muore Fabio Di Celmo, un ragazzo italiano di 32 anni. Le autorità cubane arrestano l’esecutore materiale, il salvadoregno Raúl Cruz León, che confessa di aver agito su mandato di Luis Posada Carriles, esule cubano e membro delle Fondazione Nazionale Cubano-Americana (FNCA), un’associazione a “fini umanitari” con l’obiettivo di riportare la democrazia e la libertà a Cuba. Un anno dopo, Posada Carriles rilascia un'agghiacciante intervista al New York Times in cui ammette la paternità degli attentati e i legami con CIA ed FBI, giustifica gli attentati come "atti di guerra" e definisce la morte di Fabio Di Celmo "un incidente" che non gli impedisce di “dormire come un bambino”. Posada Carriles, considerato il Bin Laden dei Caraibi, ha circolato liberamente per le strade di Miami fino alla sua morte, nel 2018. Fu arrestato nel 2005 per immigrazione clandestina, ma fu rilasciato nel 2007. Cuba e Venezuela ne chiesero l'estradizione, ma il suo avvocato ottenne l’asilo politico del governo degli Stati Uniti affermando che il suo cliente ne aveva sostenuto per 40 anni gli interessi. L’Italia, invece, non ha mai nemmeno chiesto l’estradizione di Posada Carriles agli Stati Uniti per l’assassinio di Fabio di Celmo.

Ottobre '97. In un bus per turisti è rinvenuta una bomba. La guardia costiera degli Stati Uniti blocca nelle acque di Porto Rico un’imbarcazione con a bordo con fucili di precisione e altre armi. Gli occupanti dichiarano di voler compiere un attentato contro Fidel Castro in Venezuela durante la Cumbre Iberoamericana. La Corte Federale nel ‘99 li assolve. Ancora in ottobre viene ritrovata una bomba in un chiosco all'esterno del terminal 2 dell'areoporto dell'Avana.

Maggio '98. Due terroristi provenienti dagli Stati Uniti si infiltrano nel territorio di Pinar del Rio con armi ed esplosivi.

Settembre 1998. Cinque cittadini cubani vengono arrestati a Miami con l’accusa di violazione delle leggi federali degli Stati Uniti. I Cinque svolgevano il compito affidato dal governo cubano di intercettare all’interno delle organizzazioni terroristiche della Florida i piani terroristici per prevenirli e sventarli. Nonostante i capi d'imputazione non comprendessero né atti violenti né azioni di spionaggio pericolose per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, i Cinque furono condannati in primo grado a pene durissime, tre di loro all'ergastolo. La sentenza fu revocata nell'agosto del 2005 dalla Corte d'Appello federale di Atlanta con il riconoscimento del pregiudizio che aveva viziato l'intero processo e delle omissioni riguardanti i diritti degli imputati e la valutazione delle prove, ma nonostante ciò furono rilasciati solo nel 2014.

Più di 2000 morti e 3000 mutilati è il terrificante bilancio del terrorismo contro Cuba negli ultimi sessant’anni.

 

Associazioni umanitarie

A supporto della tesi che enuncerò, dopo questa sintetica e non esaustiva elencazione (dalla quale per brevità ho stralciato gli oltre 600 tentativi di eliminazione fisica di Fidel Castro, di cui più di 80 ufficialmente ammessi dalla stessa CIA), vorrei ancora presentare alcuni elementi, raccolti “alla fonte” sui relativi siti, che definiscono due “associazioni umanitarie” e ne descrivono le missioni.

 

USAID. La United States Agency for International Developmentfu creata nel 1961 dal Presidente John. F. Kennedy con l’obiettivo di guidare lo sviluppo internazionale e gli sforzi umanitari del governo degli Stati Uniti per salvare vite umane, ridurre la povertà, rafforzare la governance democratica e aiutare le persone a progredire oltre l'assistenza. (…) Nel nome del popolo americano, USAID promuove la sicurezza nazionale e la prosperità economica degli Stati Uniti, mostra i suoi valori democratici e la sua generosità all'estero, promuove un mondo libero, pacifico e prospero, individua percorsi verso l'autosufficienza e la resilienza del destinatario a sostegno della politica estera americana. Sollecita il progresso riducendo la portata dei conflitti, previene la diffusione di malattie pandemiche e contrasta la violenza, l’instabilità, la criminalità transnazionale e altre minacce alla sicurezza. Promuove la prosperità americana attraverso investimenti che espandono i mercati per le esportazioni statunitensi, crea condizioni di parità per le imprese statunitensi e sostiene società più stabili, resilienti e democratiche. Si propone come guida mondiale dell’assistenza umanitaria quando si verificano disastri o crisi.

 

NED. La National Endowment for Democracy[fondata da Ronald Reagan nel 1983, ndr] è una fondazione indipendente senza scopo di lucro dedicata alla crescita e al rafforzamento delle istituzioni democratiche in tutto il mondo. Ogni anno, NED concede più di 1.600 sovvenzioni per sostenere i progetti di gruppi non governativi all'estero che lavorano per obiettivi democratici in più di 90 paesi. Dalla sua fondazione nel 1983, NED è rimasta ovunque all'avanguardia nelle lotte democratiche, evolvendosi in un'istituzione poliedrica che è fulcro di attività, risorse e scambi intellettuali per attivisti, professionisti e studiosi della democrazia in tutto il mondo.
(…) Il carattere non governativo conferisce alla NED una flessibilità che rende possibile lavorare in alcune delle circostanze più difficili e rispondere rapidamente quando c'è un'opportunità di cambiamento politico. NED si impegna a promuovere la crescita di un'ampia gamma di istituzioni democratiche all'estero, inclusi partiti politici, sindacati, mercati liberi e organizzazioni imprenditoriali, nonché gli elementi di una società civile vivace che assicurano diritti umani, mezzi di comunicazione indipendenti e stato di diritto.
Questo approccio a tutto tondo risponde ai diversi aspetti della democrazia e si è dimostrato pratico ed efficace nel corso della storia della NED. Finanziato in gran parte dal Congresso degli Stati Uniti, il sostegno che la NED fornisce ai gruppi all'estero invia un importante messaggio di solidarietà a molti democratici che lavorano per la libertà e i diritti umani, spesso nell'oscurità e nell'isolamento.
Fin dal suo inizio, NED è rimasta fermamente bipartisan. Creata congiuntamente da repubblicani e democratici, è governata da un consiglio equilibrato tra le due parti e gode del sostegno del Congresso in tutto lo spettro politico.

Sul sito della NED – e, in sintesi, anche sul sito Cuba Money Project del giornalista statunitense Tracey Eaton – sono disponibili i dati relativi ai finanziamenti che il Congresso Americano ha erogato verso Cuba, attraverso la NED, per operazioni mirate a destabilizzarla e che, per il solo ventennio dal 2001 al 2020, ammontano a circa 250 milioni di dollari.

Come si può constatare, tutto si può dire di queste due “organizzazioni umanitarie”, meno che siano ipocrite: ciò che sono e fanno, e come lo fanno, lo dicono senza giri di parole.

Come si declina tutto questo nella società civile cubana e in qualsiasi Paese dove gli Stati Uniti ritengano necessario il loro intervento di “democratizzazione”? Non è difficile immaginarlo: si individuano soggetti disponibili ad attuare operazioni a vario titolo e di vario tipo – culturali, ma anche piccoli sabotaggi – per le quali riceveranno piccoli finanziamenti, mentre a un livello appena più alto i capifila raccolgono cifre più ingenti. In un video diffuso sui social media, lo stesso Solís González ammette i suoi legami con Jorge Luis Fernández Figueras, noto alla giustizia cubana per appartenere ai Lobos Solitarios, uno dei tanti gruppi terroristici con sede a Miami e da lì finanziati. Un altro dei leader del MSI, Luis Manuel Otero Alcántara, è accusato di provocazioni e oltraggio alla bandiera cubana sotto la protezione di Mara Tekach, ex dirigente dell'ambasciata Usa all'Avana, e simpatizza apertamente con i membri del Congresso degli Stati Uniti che hanno promosso l’inasprimento del blocco. È stato arrestato in diverse precedenti occasioni suscitando anche le reazioni di una figura emblematica della scena musicale cubana come quella del cantautore Silvio Rodríguez. Insieme ad altri gruppi di Miami, si dedica al reclutamento di mercenari attraverso i social network. Un membro dell'MSI ha salutato durante una trasmissione in diretta William González Cabrera, finanziatore dei sabotaggi contro una caffetteria, un negozio di barbiere e un bar, e un altro membro ha chiesto supporto per la preparazione di molotov.
L’MSI ha il sostegno di Michael Kozak (funzionario del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti e fervente promotore del blocco e della cancellazione delle rimesse), del senatore repubblicano della Florida Marco Rubio (famoso ex-cubano anti-cubano) e nientepopodimeno che di Luis Almagro, l’ineffabile segretario generale dell'Organizzazione degli Stati americani (OAS).

 

Cosa vuole il Movimiento San Isidro?

Sostanzialmente, la libertà di espressione, il dibattito, il confronto. Cioè quello che tutti gli artisti del mondo vogliono in tutte le parti del mondo. Chissà però perché, a Cuba, qualsiasi dibattito è sempre una questione di diritti umani.

E’ in corso un confronto aperto e profondo sul Decreto 349, una legge che riguarda la sfera culturale  e che ha l’obiettivo di definire obblighi e responsabilità dello Stato e dei cittadini attraverso norme e regolamenti attuativi. Ma il dibattito ha immediatamente infiammato la scena internazionale. C'è chi è favorevole al nuovo codice e chi è critico, e c’è in effetti anche chi è molto critico. Tutti, comunque, partecipano alla consultazione del Ministero della Cultura per redigere il regolamento attuativo.

C’è poi un gruppo di persone che sta cercando di influenzare la situazione con orientamenti in gran parte ispirati e fomentati dagli Stati Uniti. Il metodo che utilizza è come al solito la disinformazione, facile e potente strumento che sfrutta preconcetti buoni per tutte le stagioni come i jolly della "libertà di espressione" e dei “diritti umani”, applicati come un mantra a qualsiasi sistema politico che si smarca da quello degli Stati Uniti. Niente di nuovo, dunque, anche se in realtà qualcosa di nuovo c’è: questa volta a essere presa di mira è la cultura.

Ascoltando le opinioni più rappresentative dell'opposizione, si scopre che hanno tutte un punto di riferimento comune: l'ambasciata americana all'Avana, la quale twitta a ripetizione uno slogan molto poco diplomatico: "No al decreto 349 ".

 

La via morale della libertà di espressione

La tattica prediletta dagli Stati Uniti dà per scontato che, lì, esista libertà di espressione, nell’arte come in tutte le sfere della vita sociale, e che non vi siano le restrizioni invece presenti a Cuba. Secondo questa prospettiva, chiunque, negli USA, è libero di esprimere i propri talenti, e non c'è alcun Ministero che potrebbe controllare e guidarne l’ispirazione. Quello statunitense, dunque, si erge a modello culturale di riferimento mondiale. Questo tipo di atteggiamento è profondamente radicato nelle origini della nazione nordamericana, nel concetto di "popolo eletto" che emerse nel XVII secolo al tempo delle Tredici Colonie, e che da allora ha fatto proprio.

Vale in tutte le sfere ciò che vale in particolare per la musica: se vendi hai ragione. Se la banalità, il sesso e la violenza funzionano, così sia. Il criterio è il profitto. Gli artisti disponibili e capaci che si prestano a questa logica sono ben ricompensati. Inutile dire che a funzionare meglio sono quelli di bell’aspetto. Da parte loro, gli artisti ripagano gli sponsor prestandosi nella perpetuazione del "sogno americano”, dell'individualismo estremo come valore a cui ambire al di sopra di tutto: uno su mille ce la fa, anche se viene dai più bassi bassifondi suburbani.

Tutto questo processo è presentato come “naturale”, senza alcun intervento dello Stato, nel solco del liberalismo più spinto: la legge della domanda e dell'offerta applicata al campo artistico. La logica della "mano invisibile" del capitalismo che tutto vede e tutto determina, ciò che è appropriato e ciò che non lo è, anche in ambito artistico.


La cultura può essere considerata una merce?

In sostanza, gli Stati Uniti equiparano la libertà di creazione al libero mercato.

Nel 2005, a Parigi, l'UNESCO  adottò la Convenzione sulla Diversità Culturale che, in breve, stabilisce che la cultura non è una merce, e garantisce agli Stati il ​​diritto sovrano di promuovere e proteggere la creazione e produzione culturale autoctona materiale e immateriale, contro qualsiasi misura che considerino una minaccia. Contro il documento votarono solo due Paesi: Stati Uniti e Israele, che sostennero in antitesi la libertà individuale come unica e vera diversità culturale.


I Paesi hanno il diritto di difendere la propria cultura?
A un primo sguardo può sembrare che il governo degli Stati Uniti non imponga alcuna regola alla scena culturale propria interna. Secondo questa idea, di fatto, la "libertà di espressione artistica" è garantita solo in due Paesi, e gli Stati Uniti hanno l'onere, ancora una volta, di esercitare il proprio ruolo di popolo eletto, responsabile dell'insegnamento al pianeta della cultura così come per la democrazia e i diritti umani. Se applichiamo questa logica, quindi, fatta eccezione per gli Stati Uniti e Israele, tutti gli altri Paesi del mondo violano la libertà artistica.
Tuttavia, anche opponendosi alla Convenzione dell'UNESCO che intende proteggere l'attività artistica dalle mire del mercato sottolineando il ruolo dello Stato come garante della creatività, a fronte della questione su quale debba essere il ruolo dello Stato nella cultura, consapevoli o no gli Stati Uniti hanno fatto la loro scelta: per impostazione predefinita e per loro stessa ammissione, sostengono il primato del mercato come garanzia della "libertà individuale". Lo affermarono con il loro voto alla Conferenza dell'UNESCO di Parigi nel 2005.

Il loro modello assume dunque il mercato capitalista come primitiva norma comportamentale per gli artisti, oltretutto proteggendolo. Ma anche così non c’è nulla di male: il problema nasce quando si oppongono al diritto sovrano di altri Paesi di proteggere la propria cultura. Nel 2005 a Parigi, la posizione dell'UNESCO sul diritto sovrano di promuovere e proteggere la produzione culturale nazionale ha probabilmente molto infastidito Washington.

 

Un polverone unico

Uno dei motivi che hanno messo sotto i riflettori la “questione culturale” di San Isidro, è che il Movimiento ha opportunisticamente mischiato nel dibattito temi diversi che con l’arte hanno poco oppure nulla a che fare. Per Cuba si tratta di temi di centrale importanza, ma i media internazionali li tacciono considerandoli curiosamente irrilevanti.

Una delle “rivendicazioni” riguarda ad esempio le cosiddette Tiendas MLC (negozi in valuta, ovvero Moneda Libremente Convertible). Sono esercizi commerciali che hanno lo scopo di raccogliere le valute forti circolanti fra la popolazione o per mano dei turisti, drasticamente ridotte per gli effetti rispettivamente delle misure restrittive unilaterali che gli Stati Uniti hanno inasprito dal 2019, e per la pandemia. La stampa di Miami definisce questi negozi “strumenti di apartheid economico” e incoraggia le azioni di vandalismo e sabotaggio che da qualche tempo li hanno presi di mira.

Dal 2019, l'amministrazione Trump ha inasprito l'embargo: ha chiuso il consolato, ha ordinato il ritiro di gran parte del personale dell'ambasciata che oggi lavora sotto il comando di un incaricato d'affari perché il Congresso non ha ancora nominato un ambasciatore (mentre Cuba mantiene l’Ambasciata a Washington, tra l’altro presa a fucilate da un “folle” nell’aprile del 2020), ha applicato la persecuzione finanziaria delle banche che appoggiano transazioni con Cuba, aumentato le misure che impediscono l'ingresso di carburante, sospeso i viaggi aerei e marittimi e fomentato l'attacco (mediatico, ma anche fisico) alle missioni mediche cubane, limitato ulteriormente le importazioni di rum e tabacco.

Il presidente cubano Miguel Díaz-Canel, in un suo intervento in televisione, ha respinto l'uso della violenza e denunciato l’ennesimo caso di terrorismo finanziato dal territorio degli Stati Uniti. Ha mostrato prove filmate di istigazioni premiate con denaro o con promesse di visti immigratori.

Altri obiettivi dei piani vandalici sono i veicoli statali, gli ambulatori medici, i centri educativi e i negozi di computer. Nel maggio del 2019 è stato fatto deragliare un treno merci in uscita dal centro logistico Mariel, uno degli investimenti più importanti del Paese. Le indagini hanno portato all'arresto dei quattro autori che hanno confermato di essere stati istigati, organizzati e finanziati dalla Florida.

 

Viva la libertà

Con tutta la buona volontà, è difficile credere senza riserve alla buona fede degli Stati Uniti e di chi, a Cuba, ne riceve con certezza di prova i finanziamenti, in forma diretta o indiretta attraverso le “agenzie umanitarie”. Difficile anche credere che, con i precedenti degli ultimi 60 anni, gli Stati Uniti possano ravvedersi dalla sera alla mattina.

Il Movimiento San Isidro porta il nome di un quartiere di Habana Vieja che ai tempi di Batista fu "zona di tolleranza", dove i marines statunitensi cercavano il facile ed economico trastullo delle giovani cubane e che oggi, grazie alla Rivoluzione, è invece sede di 14 ambulatori medici, una clinica di medicina integrale, una clinica veterinaria, tre asili nido, una casa di riposo e quattro scuole. Questa cosa dovrebbe aiutare a capire perché i cubani, per questa operazione ad opera di un gruppo seppur esiguo di connazionali, si sentano così colpiti al cuore.

Che i giovani sperino in un cambiamento di scenario ci sta: è ciò che tutti gli uomini di buona volontà auspicano. Ci sta anche che qualcuno sia in buona fede, ma non ci sta che possa equivocarsi fino a dirigere la propria “energia rinnovatrice” contro di sé e contro il proprio Paese.

I “democratici” del mondo sostengono che l’embargo e le pressioni non bastano a giustificare la deliberata e incondizionata volontà del “regime” cubano di non perseguire un progetto di democratizzazione della società, e che non si può impedire il confronto, ma… di quale confronto parlano? Di quello proposto dagli Stati Uniti negli ultimi sessant’anni?

La disponibilità al confronto deve valere solo per Cuba? Qualcuno può spiegare ai cubani, schiacciati da 60 anni di blocco genocida, che cos’è un “sereno confronto”?

“In una fortezza assediata ogni dissidenza è tradimento”. Non l’ha detto Fidel né Raúl Castro, non è un grido di guerra o di istigazione alla guerriglia: sono parole di Sant’Ignazio di Loyola.

“L'obiettivo finale della strategia è vincere nel campo delle idee attraverso la persuasione, la manipolazione dell'inconscio, l'usurpazione dell'immaginario collettivo e la ricolonizzazione dell'utopia redentiva. Le vittime devono comprendere e assumere come propria la logica dei loro carnefici”. Non è il testo del Decreto 349 per la difesa della roccaforte culturale cubana: sono parole di Allen Dulles, fondatore e direttore della CIA dal 1953 al 1961, estratte dal suo rapporto all’Intelligence Commettee sulla strategia contro la ex Unione Sovietica.

 

Patria y Vida

Proprio in questi ultimi giorni, ciliegina sulla torta, è esplosa una enorme polemica intorno a una canzone che a Cuba, in questo momento, sta imperversando sui social media. E’ stata “fabbricata” in Florida, dove si è raccolto un gruppo di sei musicisti cubani: Yotuel Romero, il duo Gente de Zona, Descemer Bueno, Maykel Osorbo e El Funky. Il suo titolo è Patria y vida. Inutile specificare che fa il verso alla “consegna” Patria o muerte, con l’intento di svuotarla di significato.

Sul Washington Post in spagnolo del 1° marzo si può leggere: “Nelle ultime settimane la canzone ha scosso le viscere del regime cubano fino a diventare l’inno di chi lotta per un'altra Cuba. Un passaggio dice: ‘Niente più bugie / la mia gente chiede libertà / niente più dottrine’”.

Pur ammettendo che le dottrine non siano sempre un bene, a questo punto forse si può intuire perché gli Stati Uniti vorrebbero cancellarle tutte. O almeno quelle degli altri.

Che l’amministrazione Biden possa invertire una politica consolidata di decenni di terrorismo, blocco genocida e disinformazione sistematica è la scommessa e la sfida del prossimo futuro, e non è affatto scontata: le rivoluzioni colorate sono un segno distintivo degli Stati Uniti, indipendentemente da chi ne assume la presidenza.

La vera sfida per Cuba sarà ricordare la consegna della Rivoluzione ai cubani dentro e fuori Cuba e a tutti i “dirittumanisti” che si sono emozionati per questo “inno”, e che devono sapere che stanno prendendo la più grande cantonata della loro vita.

Non si tratta di stabilire quale parola, tra Muerte o Vida, debba seguire la parola Patria.

Patria o Muerte non è fanatismo ideologico, non è istigazione al sacrificio estremo, non è integralismo “vetero” della guerriglia, non è un grido di guerra. E tantomeno è una minaccia.

Patria o Muerte è una constatazione, nient’altro che una semplice constatazione.

Patria o Muerte significa che se non è Patria, allora è Morte.

Patria o Muerte significa che senza Patria non c’è vita, che se non difendi la tua Patria sei destinato a finire. Non perché qualcuno ti ucciderà, ma perché, lentamente, morirai. Morirà la tua Storia. Morirà la tua terra. Morirà la tua cultura, la tua tradizione, fagocitate da chi non vuole ideologie o dottrine, ma ti vende la sua, quella del disimpegno e del mercato, come unica possibile. La dimostrazione è sotto gli occhi di tutti. Fa male vedere così tanti giovani che non lo capiscono. O peggio ancora, fanno finta di non capire.

Patria y Vida non significa nulla perché, in definitiva, Patria ES Vida.

E’ un insegnamento che non vale solo per i cubani.

 

 

Fonti:

Cuba, Movimento San Isidro. Un tentativo di golpe

https://www.lantidiplomatico.it/

Movimiento San Isidro: un intento de golpe contra Cuba no tan blando

https://www.cubaperiodistas.cu

Diritti umani a Cuba: braccio di ferro tra governo e artisti sul diritto al dissenso
https://www.osservatoriodiritti.it/

Cuba tra svolta economica e dialogo, sotto tiro del «golpe blando» di Trump
https://ilmanifesto.it/

La Usaid y los bolsillos hambrientos de la contrarrevolución
https://granma.cu/

La rivolta degli artisti cubani contro il decreto 349
https://censure101.wordpress.com/

La política cultural en EEUU y el “modelo” del Movimiento San Isidro
http://www.trabajadores.cu/

 

Luigi Mezzacappa – Coordinatore di PatriaGrande/CIVG -  6 marzo 2021