L’altra faccia della Corea del Nord: hotel di lusso e piste da sci
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- Scritto da Federico Giuliani
15 Febbraio 2021
La conoscono principalmente per i missili lanciati dal suo presidente Kim Jong Un, per le minacce, più o meno realistiche, scagliate all’indirizzo degli Stati Uniti, per le notizie bizzarre, più o meno gonfiate, su quanto accade al suo interno e poco altro. Sulla Corea del Nord aleggia un alone di mistero pressoché insormontabile, come invalicabile è la Zona Demilitarizzata (DMZ), il confine meridionale che la separa dalla Corea del Sud. A causa di contingenze storiche e politiche, il governo nordcoreano si ritrova costretto ad operare in un contesto assai delicato.
Le sanzioni economiche, che da decenni stritolano l’economia del Paese, costringendolo a un arduo isolamento, si uniscono a vecchie questioni rimaste in sospeso. Ricordiamo, infatti, che la Guerra di Corea, conflitto fratricida combattutosi nel 1950-1953 tra l’allora blocco comunista (Pyongyang, Pechino e Mosca) e quello occidentale (Corea del Sud, Stati Uniti e altre potenze alleate), non è ancora terminata. C’è un armistizio da oltre 70 anni, ma non è mai stato firmato un accordo di pace tra le due Coree, costrette tutt’oggi a vivere in una sorta di diffidenza reciproca.
Dato il contesto geopolitico a dir poco turbolento, si potrebbe pensare alla Corea del Nord come una nazione imprigionata in un comunismo di guerra di arcaica memoria. Da quando è salito al potere Kim Jong Un, nel 2011, il “Regno eremita”, come sono soliti chiamarlo molti osservatori internazionali, ha provato a cambiare volto. In parte, è pure riuscito nell’impresa. Il giovane leader, anche grazie a un’adolescenza trascorsa in Svizzera, nel cuore dell’Europa, ha cercato di trapiantare oltre il 38esimo parallelo pratiche e innovazioni alquanto moderne. L’estetica della capitale, Pyongyang, è lo specchio delle ambizioni di Kim. Il visitatore che entra per la prima volta nella città simbolo della nazione nordcoreana penserà di trovarsi in una città cinese.
In effetti, in un primo momento è quasi sembrato che il Grande Leader volesse liberare la forza economica del suo Paese, allentando la presa statale sull’economia ed ergendosi a “novello” Deng Xiaoping. La pandemia di Covid-19 e le tensioni mai cessate con l’America hanno in un certo senso infranto questo progetto ideale. A dire il vero, un progetto molto più pragmatico che non ideologico, capace di abbracciare vari ambiti di azione, tra cui quello turistico. Ebbene sì: prima che il coronavirus bloccasse ogni spostamento, il governo nordcoreano aveva pensato bene di potenziare l’apparato turistico. Sia chiaro: il numero di turisti provenienti dall’estero non è mai stato particolarmente elevato (secondo alcune fonti, si sarebbe aggirato intorno alle 4-6mila presenze all’anno). Ma per Pyongyang, il turismo ha sempre rappresentato una fondamentale entrata monetaria.
Considerando che fino a qualche anno fa l’ipotesi di una distensione con gli Stati Uniti di Donald Trump era un’eventualità concreta, Kim pensò bene di allestire zone ad hoc dedicate al turismo. Modernizzazione, sviluppo, turismo e, forse, anche graduale apertura economica: un percorso, quello lasciato intendere da Pyongyang, che avrebbe ricalcato, a grandi linee, la stessa strada intrapresa dalla Cina qualche decennio prima. Adesso i turisti non ci sono, ma i luoghi allestiti da Kim Jong Un restano al loro posto, in attesa di tempi – e giorni – migliori. Non sappiamo se il sogno di Kim, trasformare la Corea del Nord in un Paese forte e prospero, diventerà mai realtà. Al di là di come andrà a finire, il presidentissimo ha piantato alcuni semi.
Le zone strategiche per lo sviluppo del turismo internazionale sono racchiuse lungo la costa orientale, da Majon a Wonsan, passando per l’area del Monte Kumgang, e il confine con la Corea del Sud, dove spicca Kaesong, vicina ai principali siti storici della DMZ. Meritano inoltre menzione Pyongyang, che negli anni si sta sforzando di apparire sempre più attraente, futuristica e internazionale (la strada sarà lunga), la città di Nampho, a occidente, famosa per le sue terme, e il Monte Paektu, luogo importantissimo nella simbologia del Paese (questi ultimi due luoghi sono tuttavia allestiti per lo più per alimentare il turismo interno).
Partiamo con la capitale. Se è vero che molti hotel hanno mantenuto il retaggio sovietico – soprattutto negli interni, nel mobilio e nelle forme esterne – altri sono stati rinnovati con successo. In attesa dell’apertura del Ryugyong Hotel, l’hotel a forma di piramide unico nel mondo, iniziato a costruire nel 1987 e in ancora da inaugurare, uno degli alberghi più frequentati dai turisti stranieri è lo Yanggakdo International Hotel.
Situato nell’Isola Yanggak, un’isoletta nel bel pezzo del Taedong, il fiume che taglie in due parti la capitale, con i suoi 170 metri di altezza, in cui sono spalmate oltre mille camere, lo Yanggakdo è il più grande hotel della Corea del Nord. Al 47esimo piano, l’ultimo, spicca un ristorante che ruota lentamente dal quale si può ammirare Pyongyang dall’alto. Conta vari ristoranti, un centro benessere, un casino e un piano interrato completamente dedicato al divertimento degli ospiti (dal bowling al karaoke passando per lo shopping).
L’altro hotel con la h maiuscola della capitale è il Pyongyang Koryo Hotel, costruito nel 1985 per volere di Kim Il Sung.
L’edificio è formato da due torri rettangolari di 45 piani ciascuna (143 metri, sul modello delle Torri Gemelle americane) unite intorno al 40esimo piano da un punte in orizzontale. Ha più di 500 stanze e due ristoranti panoramici sul tetto, uno per torre. L’albergo presenta un’architettura particolare; l’ingresso principale ricalca la forma della testa di un dragone, placcato in giada e contornato da metalli preziosi.
A 189 chilometri da Pyongyang, troviamo il Masikryong Hotel, l’ormai famoso hotel extralusso nordcoreano che ha attirato l’attenzione dei curiosi.
Il resort è stato – si dice – voluto da Kim in persona. Il leader, probabilmente ispirato dalle baite viste in Svizzera, ha dato il suo assenso alla costruzione di un albergo mastodontico capace di offrire un’atmosfera unica ai visitatori. Più che un hotel, il Masikryong è una sorta di mondo a parte. Incastonato tra le montagne di Wonsan, provincia di Kangwon, e inaugurato nel 2014 dopo appena 10 mesi di lavori, il resort si estende per un’area di oltre 1.400 ettari.
Al termine di una superstrada, costruita da poco, si entra dall’ingresso principale in auto. Superato un sentiero montano, affiancato da padiglioni e persino da una pompa di benzina, il visitatore si ritrova davanti a un colosso dorato a forma di piramide composto da due blocchi. Tralasciando le suite e le strutture riservate, pare ci siano 120 camere. L’intero edificio è stato progettato dal Pyongyang Architectural Institute e, stando ad alcune indiscrezioni, sarebbe costato quasi 30 milioni di euro. Oltre alle comodità presenti in qualsiasi hotel di lusso, non mancano immense sale per riunioni, aree di ristoro, centri benessere, negozi (con in vendita t shirt Adidas e altre marche occidentali), librerie, saloni di bellezza e caffetterie. E non è poco, visto che ci troviamo in Corea del Nord. Il vero fiore all’occhiello del Masikryong è tuttavia rappresentato dalle dieci piste da sci e dalle quattro seggiovie (da 600 a 4mila metri) che circondano la struttura.
A un centinaio di chilometri da qui, sempre nell’area Wonsan, in cui sono state concentrate le maggiori risorse dedicate al turismo, troviamo un altro albergo per palati fini. Si chiama Majon Beach Resort, è letteralmente a due passi dal mare, è stato inaugurato nel 2009 e ha una forma che ricorda quella di un gabbiano pronto a volare nel cielo.
Gli esterni sono bianchi come il latte, così come gli interni, lucidati in ogni anfratto da addetti disciplinatissimi. Copre un’area di oltre 23mila metri quadrati, vanta 108 stanze, suite e comfort simili a quelli già descritti per il Masikryong.
L’area è vergine, il flusso turistico irrisorio. Ed è per questo che Kim ha fatto di tutto per creare edifici ultramoderni e lussuosi. Si diceva che Trump fosse interessato a investire nel turismo nordcoreano, mentre il presidente della Corea del Sud, Moon Jae In, aveva parlato di riavviare il turismo tra le due Coree, bloccato a causa delle citate vicende storiche. Tutto è naufragato in alto mare. Intanto, il sogno di Kim, e di una Corea del Nord versione “Svizzera asiatica”, è in standby.
Da insideover
Foto a cura del Comitato Pace e Riunificazione della Corea di Torino/CIVG